INTRIGANTE, NUOVA, INEDITA 

ALDO C. MARTURANO

LA MAFIA NELLA RUSSIA ANTICA

LA MAFIA DELL’ACQUA


Premessa e Capitoli dell'opera

1. Una difficile ricerca - 2. L’ipotesi mafiosa
3. Le fonti --- 4. Scena prima
5. Scena seconda --- 6. Gli eterni migranti
7. Un nuovo villaggio --- 8. Ecco gli antenati
9. Vichinghi e Slavi s’incontrano - 10. Il ruolo degli ebrei
11. L’occhio di Bisanzio --- 12. Cirillo e Metodio
13. Una mafia chiamata Rus’ --- 14. Il magazzino blindato
15. Una famiglia di città --- 16. La grande Kiev
17. Il nuovo ordine di Helgi-Oleg --- 18. Il poljudie
19. L’alba della grande svolta --- 20. Cala il sipario
21. I nuovi rus’: un’altra mafia ? --- 22. Il codice d’onore
Conclusione di questo periodo e Bibliografia

vedi anche " I VARIAGHI" l’organizzazione mercantile mafiosa
del primo Medioevo in Terra Russa

Un'appassionante opera storica dello stesso autore:
ALDO C. MARTURANO "aldo" <[email protected]>
"OLGA LA RUSSA"
- ( vedi qui recensione )
l'autore ha inoltre pubblicato numerose opere ( 9 )
ponendosi alla ribalta come una dei più importanti conoscitori
europei del Medioevo Russo (epoca mirabile pressoché sconosciuta in occidente)
L'ultima fatica è recentissima (ottobre 2006) "Rasdrablienie - La Storia di Kiev"

< < altro articolo dello stesso autore "La Chiesa Russa"

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PREMESSA: Due parole agli amatori di storia russa

Dopo molti anni di studi di storia antico-russa, sono stato quasi costretto a fare delle riflessioni (non sempre originali, lo confesso !) sulle origini del popolo russo...
(o meglio dei tre popoli russi:
Bielorussi, Ucraini e Grandi Russi)
.... che oggi popola l’immensa pianura orientale europea. I dubbi erano sul sistema di società antico di queste genti e le riflessioni su come potesse nascere nel X sec. uno stato che, trasformatosi nei secoli seguenti fino a giungere al Principato di Moscovia, concluse il ciclo antico della storia russa.
E’ difficile ammettere oggi, dove tutto cambia così rapidamente davanti ai nostri occhi, che qualche secolo fa la gente che abitava la Terra Russa era ancora riconoscibile ad un osservatore curioso (e ce ne furono !) come un insieme delle diverse anime derivate dai popoli che s’incontrarono (e si scontrarono) su questo immenso territorio.

Io però, che questo mondo conosco ed apprezzo già da anni, ho creduto non solo di percepire queste anime, ma di riconoscerle nei volti e negli atteggiamenti dei russi d’oggi e ho visto che esse sopravvivono ancora nelle abitudini, nelle credenze, nelle superstizioni e … nella cultura materiale, specialmente dei Bielorussi ! Persino dopo oltre dieci secoli di storia e malgrado 70 anni di politica dell’appiattimento delle coscienze col passato stato sovietico, lo “spirito russo antico” sembra essere ancora lì !
Era un qualcosa di malinconico e di misterioso, ma assolutamente impercettibile per chi ha troppa fretta, che m’attrasse anni fa, quando lo sentii alitare, attraverso mia moglie e i miei suoceri a Sorocì (in Bielorussia), su di me, estraneo al mondo contadino del nord Europa, e che mi spinse, già allora, ad andare alla ricerca delle sue origini.

Logicamente i popoli russi, come gli altri, sono il retaggio del loro passato, ma credo che bisogna riconoscere loro un’originalità particolare ed unica fra gli Slavi del nostro comune continente.
I russi sono storicamente speciali già per il fatto che “si adattarono al resto della cultura europea” solo nel 1700, ai tempi di Pietro il Grande, quasi “svegliandosi” da un lunghissimo e buio medioevo che li aveva divisi dalle culle della loro civiltà: Novgorod, Kiev e Mosca.

Dopo i primi successi dello stato leniniano, con Stalin e successori, i popoli russi si sono di nuovo addormentati ed oggi, dopo anni di silenzio forzato, eccoli ritornare alla ribalta, più importanti che mai, anch’essi alla ricerca delle loro origini.

Come popoli del nord, secondo me, le radici non possono che cercarsi e trovarsi nel nord europeo, visto come un’area culturale multietnica unita dalle circostanze geografiche, perché qui i russi hanno avuto sempre un peso storico grandissimo.

Lo “spirito russo” però non è interamente assimilabile ad un generale spirito del nord, se si può definirne uno, perché i russi sono riusciti a mescolare e a consolidare nel loro territorio il nord con il sud e questi con la steppa asiatica e lo spirito libero e un po’ anarchico dei suoi abitanti, mentre gli altri popoli del grande nord europeo continuavano a restare isolati.

Nè la steppa ucraina, poi, può essere separata dal grande nord, avendo questo sempre convissuto con le genti che da essa provenivano. Nella steppa inoltre è sempre esistito un fattore storico di etnogenesi, potentissimo e sempre in atto, che da tempi immemorabili ha apportato “sangue nuovo” al resto d’Europa (e del mondo). Di conseguenza come si possono trascurare le assimilazioni e la slavizzazione dei popoli che vissero nel bacino del Volga e nel nord del Caucaso, costantemente attirati e proiettati verso la Terra Russa, se si vuol capire lo “spirito russo” ?

Si può abbracciare questo mondo così complicato che nell’ultimo secolo ha rivoluzionato la nostra vita e la civiltà universale, se non si fa una riflessione su tutti questi suoi aspetti ?
La risposta è: No ! Purtroppo gli storici nostrani, o deformati dai loro punti di vista “mediterranei” o troppo “occidentalizzati”, poco sanno (e non cercano di sapere)
sulla storia “dell’Est Europeo” e dei rapporti così intimi che questo ebbe con l’Europa in tutte le direzioni.

In particolare ci sono parecchi pregiudizi che circolano sui russi: Si dice di loro che è gente del freddo, si parla della loro paurosa Siberia, confino gelido e spietato, o si spalancano gli occhi sulla bellezza delle loro donne e sui loro costumi sessuali troppo liberi, o ancora fa impressione l’enorme numero di persone che vivono nelle loro grandi città, e (perché no ?) sui tenebrosi e impassibili (e non ancora completamente scomparsi, né tantomeno dimenticati) “comunisti sovietici trinariciuti”. Addirittura si è scoperta oggi … la potente mafia russa che, a quanto mi consta, ha da sempre, in un modo o nell’altro, avuto nelle sue mani tutto il potere in questo immenso paese !

Pochi di noi tuttavia si rendono conto che ogni stereotipo che noi esprimiamo o che udiamo espresso da altri, non sono che spezzoni di informazioni, magari obsoletissime, risalenti ad anni e persino a secoli fa.
I popoli russi, quando ancora partecipavano alla storia europea, nel XIII sec. col proprio sacrificio di sangue hanno arginato le invasioni dei bellicosi popoli dell’Asia Centrale ed Estremo-orientale, hanno portato il Cristianesimo nelle terre che andavano scoprendo e, infine, hanno assimilato alla cultura russo-ortodossa i popoli dell’Asia che si affacciavano sempre più numerosi e potenti sul teatro europeo, mentre proseguiva la conquista russa del Dalnyi Vostòk (Estremo Oriente in russo), corrispondente europeo del mitico Farwest americano !

In verità devo confessare che il problema della storiografia occidentale verso la realtà russa è molto più prosaico: E’ l’ignoranza delle lingue slave che in generale rende questi popoli poco accessibili ai nostri ricercatori più avventurosi e con pochissima voglia di imparare – almeno ! - la lingua russa. In più la storiografia sovietica, ottenebrata dall’ideologia e dalla burocrazia, è rimasta limitatissima, in quanto a spunti originali. Spesso i punti di vista degli storici che hanno scritto durante il regime sovietico, per paura personale intrinseca e dunque per autocensura, non si sono mai espressi con sincerità e consapevolezza di dover innovare e bisogna saperli leggere “fra le righe” dei loro scritti. Se si aggiunge poi che costoro, per di più, avevano un limitatissimo accesso a quanto si scriveva sulla Russia in altre parti del mondo, si può ben capire come oggi sia difficile raccontare dei russi e delle loro origini.

Non tutti gli storici sovietici però erano succubi dei loro ideologi comunisti. Un esempio di come storici veramente originali e dallo spirito libero abbiano tentato di far emergere le proprie idee e interpretazioni nei loro libri e come siano stati per questo trattati male dallo stato sovietico è la vita di uno dei più grandi di essi: Lev Gumiljov (1912-1992), di cui in italiano esiste sono qualche opera minore, ufficialmente ammessa dal regime sovietico alla traduzione per l’estero capitalistico.

A parte queste considerazioni tuttavia, le fonti e la bibliografia per fare storia medievale russa ci sono.
Per la storia anticorussa (così è meglio chiamare qui il nostro tanto amato Medioevo) ci si può rifare agli articoli degli archeologi sovietici su lavori di scavo anche molto recenti, mentre per le sintesi storiche si può ricorrere alle monumentali opere di Artamonov, del già nominato Gumiljov, di Kostomarov, Kljucevskii, Solovjov, Belajev o addirittura di Tatiscev, famoso storico dei tempi di Pietro il Grande, o di Karamzin, storico di corte di Alessandro I, per nominare i più noti dei secoli passati (v. bibliografia).

Questi hanno tradotto, classificato e raccontato la storia anticorussa sulla base dei documenti scritti trovati nelle biblioteche dei monasteri o in altri luoghi, dopo averli esaminati e tradotti con grande accuratezza ! Ammirevoli sono anche le opere degli storici russi dell’emigrazione come Vernadskii o Cizhevskii, ma in italiano, e comunque in circolazione qui nell’Europa occidentale, poco esiste di tutta questa mole di scritti ed io, con questa ricerca, voglio dare un mio contributo - modestissimo e non da storico, perché non lo sono, ma da amatore di storia russa - sicuro che l’europeità nostra debba essere riconosciuta anche ai russi, senza i quali l’Europa non potrebbe esistere.

Grazie allo storico di origini armene Henri Troyat possiamo leggere di Caterina o di Pietro il Grande, ad esempio, ma dove trovare opere che parlano di San Vladimiro evangelizzatore dei russi o di Santa Olga inventrice dello stato russo o delle imprese di Sant’Alessandro Nevskii che salvarono il resto d’Europa dall’invasione mongola o della scoperta della Siberia per opera del cosacco Jermak ?
Quanti sanno che l’antenata dei Capetingi, Anna dai Capelli Rossi (la potete ammirare nella chiesa del Monastero di Senlis vicino Parigi) era la figlia di Jaroslav il Saggio, principe di Kiev ? Tutti sanno del PCUS, ma quanti di noi sanno che l’Ortodossia, come comunità di credenti cristiani, è per il 95 % di cultura russa e che ha una “storia tutta russa” di oltre mille anni ?

Tutto questo (ed altro) mi ha spinto a cercare di dare un contributo, ripeto minimissimo !, affinché questi milioni di persone che oggi si riscoprono europee, non siano più guardate come immigrati da chissà quale pianeta nella nostra grande e favolosa Europa, ma siano capite meglio sulla base del loro passato.
Ho imparato che la Russia com’è oggi, è l’evoluzione storica di varie nazioni e di vari stati, iniziata all’incirca nel IX sec. d. C. fino ad arrivare all’unificazione sotto Pietro il Grande e, infine, per sfociare nello stato confederale nato dalla Rivoluzione d’Ottobre e morto con la Gorbaciovscìna (ovvero l’Era della Perestròika che poi vuol solo dire ricostruzione, benché non si sappia più di che).

Quando l’URSS si è sciolta, ha fatto nascere ben sei nuovi stati nella Pianura Russa Europea: Lituania, Lettonia, Estonia, Bielorussia, Ucraina e Federazione Russa (quest’ultima è ancora un mosaico infinito di etnìe antichissime urgo-finniche turco-bulgare etc. dominate dall’etnìa Grande Russa), ma queste nuove nazioni non hanno una continuità storica propria … se non si riferiscono alla Rus’ di Kiev del X sec. !
Se si ammette questo, allora queste nuove nazioni non rappresentano forse alcuni dei tanti volti dei popoli russi ?
Tutta la Pianura Russa ha dato il suo contributo alla formazione di queste realtà politiche di oggi e neanche una delle nazioni che abbiamo appena nominate potrà mai rimanere, quantunque lo voglia, separata dalla cultura russa, sia essa quella dei Grandi Russi (il popolo russo più numeroso e più tardivamente formatosi), dei Piccoli Russi (o ucraini, secondi per numero, ma depositari della più antica tradizione di Kiev) o dei Russi Bianchi (il gruppo più piccolo, ma storicamente il più importante perché conservatosi più puro degli altri finora) !
Consiglio infine al mio lettore di fornirsi di un buon atlante della zona, con i nomi dei luoghi ripristinati dopo le alterazioni sovietiche e di armarsi di tanta pazienza per le parole e i termini nuovi che incontrerà.

 

Aldo C. Marturano. Vignate, agosto 2002

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1. Una difficile ricerca

Nello scrivere di storia russa, anche in chiave divulgativa come faccio io, ho avuto bisogno in primo luogo, di fissarmi un piano di lavoro. Si trattava di investigare la trasformazione e l’evoluzione, attraverso gli eventi conosciuti ed osservati dai contemporanei o raccolti da tradizioni non troppo lontane nel tempo di cronisti posteriori, dell’attività dei popoli della Pianura Russa, prima dell’apparizione sulla scena politica internazionale dello stato chiamato la Rus’ di Kiev ! Un compito veramente immane …
La Rus’ di Kiev …
Questa denominazione, Rus’, in verità é molto antica, ma non sempre è stata attribuita ad un vero e proprio stato, prima del XII sec. d.C.
La denominazione Rus’ (Rhos in greco o altre varianti in altre lingue) in realtà veniva usata secondo l’uso della corte bizantina, la quale, considerando barbari tutti i popoli pagani al di fuori dell’Impero che non sapevano costituire stati organizzati (alla bizantina, naturalmente !), dava loro un nome convenzionale, di solito tratto dalla lingua che essi parlavano. Per questo a certi mercanti-pirati che frequentavano la zona intorno al Mar Nero, fra il Caspio e la Crimea di oggi, fu attribuito il nome di Rhos (rus’) e si seppe che parlavano una lingua del nord come gli Svedesi.
Chi erano dunque costoro ? Erano forse identificabili con gli antenati dei russi di oggi o erano tutt’altro popolo che lasciò il proprio nome ad altri, come avvenne per i Bulgari del Volga che scomparvero nella marea slava della nuova patria danubiana, lasciando in eredità alla futura nazione solo il nome dall’élite turca al potere ?
Dando per scontato che da rus’ venisse il nostro aggettivo russo, quando mi sono avventurato a definire quali fossero gli antenati dei russi fra i popoli che vivevano fianco a fianco nella zona che a me interessava, mi sono trovato nel buio più cupo giacchè non riuscivo ad assimilare i Rhos di Bisanzio con i russi delle origini.
Russo allora che significa ? E’ solo una lingua ? E’ una cultura ? E’ un popolo ?
Era davvero un rompicapo complicatissimo.
L’azione più logica mi è sembrata allora quella di partire dai russi d’oggi e procedere all’indietro nel tempo, lungo il filo rosso delle notizie disponibili. Solo così facendo mi sono reso conto che, fino al X sec. d. C., non esistendo ancora uno stato russo, rus’ non era tanto una denominazione generica per i pirati provenienti dalla zona dei laghi del nord, come avevo prima pensato, quanto invece una vera e propria etichetta o lasciapassare attribuiti ad un tipo di organizzazione banditesca di gruppi scandinavi che viaggiavano lungo il corso dei fiumi russi. Insomma mi sono convinto che rus’ avesse il significato di mafia, racket e non solo pirateria, nel senso moderno in cui ci si immagina una tale organizzazione !
Con questa convinzione sono andato avanti, giacchè la questione del nome per il momento mi sembrava così chiarita …
Mi serviva però ora una definizione di “russità”, per poter scegliere delle caratteristiche che mi dicessero in modo accettabile, durante lo svolgimento delle mie ricerche: Questo popolo tende al russo e quello no ! e poter andare avanti con l’indagine.
Tuttavia l’unica cosa certa che si sapeva dei diversi popoli della Terra Russa fra l’VIII e il X sec. d.C., era il loro uso della lingua veicolare, chiamata paleobulgaro o slavone (usato ancor oggi nella liturgia ecclesiastica ortodossa), ma di qui a dire che chi parlasse questa lingua (o meglio la capisse) fosse già in embrione un russo, era assolutamente azzardato.
L’evidenza documentale è che sicuramente esisteva una comunità di popoli agricoltori di cultura “slava” maggioritaria nel nordest europeo, che erano riusciti a insediarsi in varie ondate migratorie fino alla riva destra del corso superiore del Volga … rubando la foresta ai raccoglitori e ai pescatori che vi abitavano già da prima ! Di questi “nativi” e di altri popoli non slavi, oltre ad una generica lista di nomi e di leggende, l’evidenza comunque era molto minore.
Dovevo quindi usare l’aggettivo russo solo provvisoriamente, per intendere un gruppo umano, un etnos (come lo intende giustamente L. Gumiljov) non ancora differenziatosi, ma che io – oggi a posteriori – sapevo che sarebbe diventato russo, ma … quale popolo scegliere per attribuirgli un tal oneroso compito storico ?
Siccome le genti, ai quali tradizionalmente i russi collegano se stessi, sono i popoli slavi e, semmai sia esistita una patria originaria da cui far irradiare tutti gli Slavi che oggi conosciamo, di primo acchito essa doveva essere localizzabile all’incirca nella zona del bacino del fiume Elba, nell’odierna Germania Orientale !
Le fonti mi hanno suggerito che le genti anticamente menzionate più spesso delle altre in relazione con la Pianura Russa, fra quelle cioè che avevano lasciato tracce più consistenti di sé sia scritte sia nell’archeologia, erano gli Slavi al di qua dei Carpazi e dunque potevo partire da loro per cercare gli antenati dei russi …
Perchè alcune leghe di tribù slave, si trasferirono nella Pianura Russa e diventare così i possibili antenati dei russi ? Non era forse andare verso l’ignoto più ostile e verso climi più duri e difficili ? Perché dunque emigravano ? Quali circostanze le aveva indotte a passare il Bug o i Carpazi per portarsi verso la Pianura Russa dove già abitavano altre genti, alle quali avrebbero dovuto contendere il territorio ? E quale contributo questi popoli già abitanti nell’immensa pianura aveva dato all’origine dei russi?
Dovevo risolvere cioè il problema dell’autocoscienza etnica: Quando un consistente gruppo di uomini residenti nella Pianura Russa avevano scoperto o proclamato una propria identità diversa e distinta, chiamando se stessi russi ?
Anche qui, fino al XI sec. è assolutamente impossibile dirlo e, benchè questo fosse un altro problema posto dalla mia ricerca, per il momento l’ho messo da parte e l’ho rimandato ad uno stadio ulteriore.
Quanto allo spazio o scenario storico, dentro il quale questo popolo che cresceva creò la sua storia nei secoli (prima di riprendere il movimento migratorio verso nordest nel XII sec.), esso non poteva che essere identificato, senza dubbio alcuno, con l’immensa pianura che si estende dal bacino del Volga fino a quello del Bug e del Dnestr: La Pianura Russa più occidentale, cioè ! Infatti oltre il Volga altre etnìe fino al XII sec. vissero, senza assimilarsi con gli Slavi immigrati, etnìe che aggirarono la zona delle grandi foreste da sud (e in minor parte da nord) per migrare già intorno al X sec. verso occidente.
E l’epoca ? Su questa anche non c’erano grandissime oscurità: Se partivo dagli Slavi, la data degli stanziamenti agricoli più antichi era intorno al VII-VIII sec. d.C. !
Non riuscivo però a liberarmi dall’idea che gli “antenati” dovessero essere riconoscibili in qualche modo e che si fosse creato un collegamento reale con la mafia dei rus’ già nelle epoche più remote ed ho cercato ulteriori informazioni. Ma dove attingerne per avvenimenti di 12 o 13 secoli fa ? Qui si è presentata la prima semplice (in apparenza) soluzione: Cercare le fonti adatte e compulsarle. Fortunatamente per me, gran parte di questo lavoro di cernita e di critica delle fonti, come io volevo, è stato già fatto da studiosi molto più competenti di me, e quindi mi è bastato rivolgermi ai loro scritti e alle loro osservazioni e a citarli di tanto in tanto nel testo.
Ho dovuto tuttavia restringere lo scorrere degli eventi che a me interessavano in un arco di tempo, fra l’800 e gli ultimi anni del X sec. d.C., all’incirca dall’epoca di Carlomagno fino alla morte dell’ultimo rus’, Svjatoslav (971 d.C., v. oltre), e mi sono messo al lavoro …
Provvisoriamente dalle fonti ho notato il primo fatto singolare ! Solo presso la corte del Gran Principe di Kiev, concretamente a partire dal regno di Jaroslav il Saggio (ca. 978 – 1074) si era cominciato a scrivere dei russi come tali ! Attenzione però, non si parlava di tanti popoli russi, ma di un unico popolo che aveva nomi diversi nelle diverse regioni dell’immenso paese, con una civiltà comune riconducibile ad elementi di base simili, da Novgorod a Kiev e addirittura fino alla lontana Tamatarka (Tmutorokan in russo), sul Mare d’Azov.
Andando avanti poi, mi sono trovato davanti al secondo fatto singolare !
I russi, come nazione, sembravano essere solo un progetto ideologico dei principi di Kiev già “nell’aria” nell’XI sec., quando costoro cercavano di governare e dominare un’evoluzione e una mescolanza delle varie genti nella Terra Russa, dopo la conversione alla fede di Cristo.
A quale scopo si stava conducendo questa campagna ideologica ? Quale ruolo aveva il Cristianesimo ? Se di fatto il popolo russo, idealizzato dal compilatore delle Cronache dell’XI sec., non esisteva nella realtà, perché dargli un nome “unitario”, di rus’ ?
Mi accorsi che l’identità nazionale, così attribuita in puro stile bizantino dai principi variaghi a tutti i popoli, slavi e non slavi, gravitanti sull’asse Kiev-Novgorod, era un’anacronistica falsa identità, un fantasma nazionalistico unitario il cui scopo ultimo era di dare una consistenza ad uno stato immenso e potente, ma ... perché usare un nome così malfamato come rus’ ? Perché proprio questo era il nome col quale i principi di Kiev con gran spavalderia presentavano se stessi e il loro dominio ai regnanti degli stati con i quali venivano a contatto, da Jaroslav in poi !
Voglio sottolineare subito qui che sull’autocoscienza nazionale e sull’ideologia statale “russa” propagandata da Kiev a quel tempo, ci sarà fra i villaggi e le sedi del potere “del principe” nella Terra Russa una divergenza permanente di valori per secoli, perchè nella realtà, l’unica patria che il singolo abitante, non appartenente alla casta al potere, riconosceva (tradizionalmente ancora oggi), era sempre e solo il proprio villaggio (ves’ mir) di provenienza, che di solito portava il nome dell’avo o del capoclan che l’aveva fondato.
Mi sono anche accorto che i russi di oggi sono sicuramente gli eredi diretti della civiltà bizantina che fu usata per “compattarli” e per secoli (all’incirca dal XII sec. fino ai giorni nostri), continuando questa civiltà, hanno influenzato le aree dal grande nord finno-scandinavo fino al sud delle steppe, ma anche oltre, al di là degli Urali, quando conquistarono alla civiltà cristiana europea la Siberia. Ai loro inizi però, quando uno stato ancora non esisteva e i popoli “russi” erano ancora in maggioranza pagani, la casta dei rus’ riuscì ad assurgere al ruolo di gruppo leader. Come fecero dunque a diventare la parte più importante della società, cancellando culturalmente tutti gli altri ?
Vogliamo dunque avventurarci in quest’area storico-geografica del Grande Nord, compresa fra il Mar Baltico e il Mar Nero, che gli antichi chiamavano fino ad un certo punto, Scizia, ed oltre, il Paese degli Iperborei ?
Nel lasso di tempo da noi scelto quest’area è un mondo variegato (oggi un po’ meno che nei secoli passati) dalla presenza di tante genti, diverse per lingue e costumi, che hanno soltanto una cosa in comune: Sembrano continuamente convergere dai quattro punti cardinali, spinti chissà da chi e chissà per quale disegno misterioso o divino, proprio verso il bacino del Dnepr …
Come mai ?
Dall’Occidente migrano gli Slavi che ormai non trovano più posto nella Mitteleuropa occupata dai Germani, visitata dagli Unni e dagli Avari. Nell’estremo nordest, i finni nomadi già frequentano i Grandi Laghi del Nord e c’è già qualche loro stanziamento non più stagionale in quest’area. Dal nordovest gli Scandinavi, al principio come visitatori stagionali, frequentano le coste del Mar Baltico per vedere se è conveniente insediarvisi. Dal sudest invece, prima i Bulgari del Volga, poi i Magiari, sempre dal bacino superiore del Volga (ma anche altri popoli, turchi e ugrofinnici), come abbiamo detto, aggirano l’enorme e vastissima pianura per portarsi ad Occidente, passando dal sud. Che cosa attrae queste migrazioni ?
Per quanto riguarda lo scenario internazionale, all’epoca da noi contemplata, vediamo che sulla Pianura Russa sono appuntati gli occhi dell’Impero Bizantino e quelli dell’Impero dei Cazari, oltre agli interessi, seppur impraticabili dal punto di vista della conquista materiale a causa delle grandi distanze, del mondo musulmano del Califfato di Baghdad. Perché mai ?
E dopo, all’improvviso, così lo vedo io, un regime strano di poche persone originarie dalla Scandinavia si instaura lungo l’asse Novgorod-Kiev e tiene duro, con pochissimi cambiamenti, fino a quando non viene fondato lo stato cristiano di Kiev, con la pretesa di dominare tutto e tutti.

2. L’ipotesi mafiosa

Ho una teoria a riguardo che, a brevi linee, è questa: Slavi, Finni, Balti, Variaghi, Cazari e altri popoli nomadi della steppa meridionale vissero per qualche tempo separati culturalmente, anche se più o meno vicini (!!) geograficamente. Ad un bel momento però i Variaghi (o Vichinghi dell’est), intorno al VIII sec. d.C., cominciarono a visitare le coste del Baltico orientale sempre più massicciamente, organizzati in bande di coetanei legati da un patto di ferro (da cui il loro nome di Variaghi o Väringar) ad un capo e principalmente giovani di origini svedesi, provenienti dalle coste orientali danesi o addirittura dalla vicina Isola di Gotland. Queste bande razziavano i villaggi, slavi o balto-finnici che fossero senza differenza, generalmente all’inizio della bella stagione, sicuramente cercando di imitare i più fortunati congeneri che si muovevano dalle coste norvegesi e danesi occidentali verso le coste del Mare del Nord.
Quando le razzie erano fruttuose, alcune bande si dirigevano al sud per commerciare il bottino raccolto, di solito schiavi e pellicce, ma sempre in tutta fretta per fare in tempo a ritornare agli inizi della stagione cattiva in patria e prima di cadere in qualche agguato lungo il cammino di altri predoni come loro.
E’ però sbagliato pensare che i Variaghi avessero lo stesso peso storico degli Slavi o dei Balti nello svolgersi degli avvenimenti, perché, se così credessimo, non metteremmo in giusto risalto il reale ruolo di ciascuno. E mi spiego meglio. Dalle fonti e dai reperti archeologici sappiamo che gli Slavi migranti erano di numero consistente (tutte le fonti concordano su questo punto !), mentre i Balti autoctoni e i Finni provenienti dal nordest, pur contando sempre villaggi interi di persone, erano gruppi di minor consistenza numerica. I Variaghi in particolare, erano solo bande, al massimo composte di un centinaio di persone alla volta, che si accampavano sulle rive dei fiumi e d’inverno praticamente scomparivano ! La superiorità dei Variaghi sugli altri si basava sulla loro bellicosità o forse meglio sul loro scopo stagionale di frequentare le coste baltiche e per questo, splendidamente armati con armi di ferro, riuscivano facilmente ad avere la meglio sui contadini o sui raccoglitori, che, al massimo !, potevano opporre strumenti di legno per la propria difesa o, alla peggio, fuggire nel fitto della foresta !
A quel tempo poi, oltre agli scarsi villaggi, le uniche comunità organizzate di una certa importanza, che avrebbero potuto contrastare queste imprese piratesche, erano o Kiev sul fiume Dnepr, situata molto più a sud rispetto alle zone battute dalle bande variaghe dei Grandi Laghi, o Bolghar, sempre a sud, ma sul fiume Volga, oppure l’Impero Cazaro, anch’esso situato in direzione sudest ai piedi del Caucaso, che invece aveva stabilito buoni rapporti con questi pirati.
Kiev in particolare era l’unica grande città organizzata con i centri vicini che da essa più o meno dipendevano ed era a predominanza slava e stava diventando (nel VIII-IX sec.) sempre più importante per i suoi contatti con l’Impero Romano d’Oriente e d’Occidente e con l’Impero Cazaro. Tuttavia gli Avari prima, i Magiari e i Cazari dopo, fra il VI e il IX sec. d.C. avevano portato lo scompiglio nel suo territorio e, imponendo nuovi regimi e nuove servitù, avevano impedito a Kiev di legarsi più intimamente con le vicine potenze cristiane e così la città subiva passivamente il potere dei Cazari, non avendo un esercito proprio.
Quando le razzie sempre più pesanti delle bande variaghe nel nord, cominciarono a restringere le forniture dei prodotti di alto prezzo che Kiev trattava, attraverso gli slavi dei Grandi Laghi, e a mettere in pericolo la sua economia, sicuramente l’èlite slava locale cercò un modus vivendi coi minacciosi predoni stranieri del nord, affinché costoro permettessero, ma in modo pacifico, che gli articoli di lusso del nord continuassero ad arrivare nel loro porto fluviale, vista la domanda crescente dei mercati più vicini. Certamente tentativi in questa direzione furono fatti attraverso le tribù slave consanguinee dei Krivici e degli Slaveni che erano a più stretto contatto coi Variaghi, dato che anch’esse erano cointeressenti nelle razzie e negli sfruttamenti pirateschi messi in atto dalle bande svedesi.

L’Impero Cazaro invece, gestì questa situazione in altro modo. Cercò di controllarla tempestivamente e meglio, fornendo tutte le possibili agevolazioni affinché i traffici continuassero attraverso il bacino del Volga-Don sia in direzione Persia che in direzione Bisanzio. Infatti con varie diversioni riuscì a far confluire le aspettative dei Variaghi verso il proprio territorio, attirò queste bande sia a fare i mercenari per la corte cazara sia a convogliare verso i propri mercati le merci che le bande trattavano, prelevando dazi forse meno esosi, ma sicuramente costringendo Kiev ad un ruolo secondario, in chiave antibizantina.

Le bande del nord, finchè si mossero nei territori sotto il controllo dell’Impero Cazaro, per lungo tempo “godettero” dei mercati della “Persia” e dell’Asia Centrale (facevano base ad Abaskun sulla costa orientale del Caspio !). Poi le miniere d’argento persiane si esaurirono e i Cazari cominciarono a decadere, sotto i colpi del nuovo califfato. A questo puntola scelta per i Variaghi era obbligata ed essi cercarono guadagni altrove e, dovendo ora cambiare gli itinerari per dirigersi verso i nuovi mercati, i loro sguardi avidi e interessati si volsero verso Kiev. La città aveva continuato a svilupparsi sempre più vicina all’orbita bizantina, ma, anche se frequentata da tanta gente diversa, era rimasta sempre nelle mani dell’élite slava, con una breve parentesi di dominazione magiara, mentre i Magiari, alleati dei Cazari, era in migrazione verso la Pannonia.
I Variaghi, è bene ribadirlo, non erano una realtà unitaria, né un popolo in migrazione. Erano bande quasi sempre diverse fra loro e da quelle dell’anno precedente. Arrivavano in primavera e scomparivano d’autunno e probabilmente, anche se una spartizione di sfere d’influenze sul territorio dei laghi del nord ci fu, essa fu certamente provvisoria e basata sulla forza di cui poteva disporre ciascuna banda per imporsi alle altre !
In seguito però (inizio IX sec.) alcune bande si unirono in un racket mafioso e il territorio “rapinabile” fu diviso “rigorosamente”. E’ anche pensabile che qualcuna di queste, più lungimirante o più potente, abbia pensato addirittura di insediarsi stabilmente in Terra Russa, anche se s’accorse subito del ruolo troppo impegnativo necessario per gestire un insediamento stabile, per il quale la sua organizzazione non era assolutamente adeguata.

Da secoli intanto, intorno ai grandi laghi, un’agricoltura molto povera, a causa del clima, si era diffusa qui nel nord e i villaggi contadini erano diventati più numerosi, favorendo la venuta da ovest degli Slavi. Questi, attaccati alla terra, dovettero abituarsi alla presenza occasionale dei predoni baltici e il fatto di essere periodicamente disturbati da loro li aveva costretti a cercare di venire a patti, ogni villaggio con i Balti vicini che li taglieggiavano periodicamente. Le predazioni dei Balti erano comunque sopportabili e cominciarono a diminuire con l’assimilazione graduale nella società slava. La situazione peggiorò all’apparire dei Variaghi, meglio armati. Questi ultimi non limitavano le rapine alle derrate alimentari, ma catturavano bambini e giovani e tutto quanto c’era di più prezioso e, per di più, tutto il frutto del lavoro invernale andava perduto. Gli Slavi dunque, a causa della loro economia agricola, non potevano abbandonare i campi e fuggire sempre nella foresta come facevano i Balti, e dovettero cercare altre soluzioni, contro i pirati svedesi.

Tuttavia, se all’inizio le razzie piratesche erano spietate e senza quartiere, quando i Variaghi davano fuoco a tutto e uccidevano tutte le persone “inutili” dei villaggi, a poco a poco si accorsero che questi atti di pirateria praticati troppo a lungo e ripetutamente era troppo pesante per i residenti. Non solo causò ribellioni e tafferugli, ma mettevano in peircolo i traffici, tanto importanti per i Variaghi, e così, per poter continuare a trafficare, i Variaghi trasformarono le razzie indiscriminate … nella riscossione di un “pizzo mafioso” fisso ! Anzi, in cambio di una certa quantità di merce all’inizio di ogni bella stagione, le bande variaghe più forti garantirono, una volta pagato il dovuto, la difesa a tutti contro qualsiasi altra banda eventualmente presente o intrusa, per il resto della stagione.
Tutto questo potè avvenire però finchè l’élite slava locale, specialmente quella che si era insediata sulle rive nord del lago Ilmen, fu loro alleata e finchè non s’accorse delle immense ricchezze che i Variaghi sottraevano loro. Quando il traffico aumentò, gli Slaveni e i Krivici sicuramente s’imposero ora come nuovo partner nel racket variago.
L’allargarsi dei mercati richiedeva sempre più merci e la mafia variaga diventò più esigente, tanto che il racket tentò di diventare monopolistico ed esclusivista, escludendo tutte le altre bande, organizzando depositi ben difesi e guarnigioni armate stabili. Le visite stagionali delle bande si diradarono, man mano che i posti di guardia variaghi diventarono insediamenti permanenti.
Un racket senza precedenti quindi dominò quasi tutto il nord della Terra Russa finché un capo variago, come avvenne per altri Normanni (questo era il nome che si dava ai Vichinghi in Occidente: Uomini del Nord) come lui in altre parti d’Europa più o meno alla stessa epoca, non decise (favorito dalle circostanze) di eliminare in blocco tutte le altre mafie e di trasformare il regime di protezione in un vero stato organizzato (fine del X sec. – inizi del XI sec. d.C.) di cui si fece proclamare principe. Quando questo avviene tuttavia, avviene sempre confluendo nei disegni dell’élite slava locale o di Kiev o di Novgorod o di Polozk, per nominare le più grosse città a maggioranza slava del tempo.

Sicuramente l’idea di un’organizzazione statale, come evoluzione massima delle proprie attività, la mafia variaga non la contemplò mai. I Variaghi erano troppo incolti e scollegati fra loro per guardare con attenzione alle diverse realtà culturali intorno, magari prendendole a ideali di vita per organizzare uno stato.Per loro la Terra Russa era solo una miniera di ricchezza da cui prelevare bottino, senza troppi sforzi. Per il resto i legami dei Variaghi continuavano a rimanere oltremare, nel Baltico occidentale ! Certamente ci fu qualche variago che sognò un dominio per sè, ma era una cosa troppo complicata e anche se cercò di imitare un’organizzazione statale, ad esempio imitando il modello dell’Impero Cazaro, in molte occasioni la “copiatura” restò molto superficiale !
Un’organizzazione statale invece c’era già nell’antico tessuto della società slava e fu questa realtà che dominò meglio di altre e che i capimafia variaghi sfruttarono.

Comunque sia, nel mondo alto-medievale del nord in cui la vita di un uomo era durissima e breve, nessun pirata svedese si poneva compiti così articolati come quello di inventarsi uno stato ex novo, fuori della sua patria, per un teorico piacere del potere. Chi volesse (e potesse !) trasformarsi in principe, se non era (o diventava) il capo assoluto di una vasta e compatta comunità tenuta insieme con la forza, incontrava molte difficoltà ad autonominarsi principe in mezzo ai suoi soci d’affari che nell’impresa piratesca erano suoi pari.
Chi volesse perciò diventar qualcosa di più di un capobanda, addirittura al suo ritorno in Svezia, anche se acclamato dal gruppo degli “amici e parenti” che lo aspettavano, doveva opporsi ai re locali che già prima lo avevano cacciato dalla patria. L’avventura “regale” era solo possibile al di fuori della Scandinavia !
I capibanda variaghi che frequentavano la Pianura Russa erano infatti di solito degli scontenti o dei diseredati e gli unici posti dove poter “giocare al principe” erano le lande di nessuno e cioè le Terre Russe del nord scarsamente abitate e potenzialmente ricche ! In questi luoghi gli unici che avrebbero potuto molestare le loro attività erano lo stato bizantino o, meglio ancora, quello cazaro.

Nel passato circolò l’idea che la Rus’ di Kiev, quale primo stato russo, rispecchiasse un’organizzazione messa insieme dai Variaghi nella grande città slava “alla cazara”, non potendo immaginare un progetto politico autonomo nelle bande variaghe e tano meno fra gli Slavi e il lettone G. Evers nel XIX sec., nella sua opera Dell’Origine dello Stato Russo, affermava che il primo nucleo di stato variago-slavo era formato proprio dai … Cazari !
E qui è saltata fuori una questione tipica della storia russa di cui è bene parlare, anche se brevemente, perché ha influenzato, e talvolta pesantemente, alcune delle nostre fonti.

Nella storiografia russa di qualche secolo fa un’influenza cazara importante per le origini dello stato russo, troppo evidente per essere negata, non avrebbe fatto scandalo, ma che lo stato russo potesse essere stato il prodotto di un’élite variaga, di origini svedesi, certamente sì ! L’Impero Russo e la Svezia nel XVII sec. erano infatti nemici permanenti e quando nel 1613 in una nota di un certo V. Videkind, svedese, che preparava il materiale per le trattative con l’Impero Russo, si osò scrivere che le pretese di una penetrazione nella zona dei Laghi del Nord da parte del suo paese era giustificata in quanto “… un tempo (a Novgorod) c’era stato un principe nato in Svezia …” di nome Rjurik, divise aspramente le opinioni di molti benpensanti e patriottici nobili russi !

Con questa annotazione comunque nacque ufficialmente uno dei due filoni storici sulla questione delle origini dello stato russo: Quello dei normannisti ! A questi si opposero subito gli antinormannisti, con l’altra idea dell’origine strettamente “locale, ma soprattutto slava” dello stato russo.
La questione, come si capisce, nascondeva scopi politici ben precisi e si trascinò per anni senza sbocchi. La teoria normannista addirittura verso la metà del XIX sec. tentò di accomunare gli “arretrati” russi (e il loro stato) al resto degli stati europei in pieno sviluppo tecnologico e militare, cercando una posizione di parità. La teoria antinormannista invece, proclamando l’origine (e l’originalità) dello stato russo come invenzione locale, che partiva unicamente dalla cultura slavo-russa, cercava di fare di Mosca e della Russia un simbolo slavo di superiorità e di potenza, maggiore rispetto a tutti gli altri stati del mondo, che nulla doveva alle altre grandezze europee, estranee alla cultura slavo-russa. Quest’ultima tesi infine fu ereditata e sostenuta proprio dalla storiografia sovietica …
Non è una questione appassionante.

La Terra Russa successivamente, sul suo territorio, ebbe vari tentativi di formazione di stati, ma alle origini, i primi tentativi di controllo del territorio che funzionassero, senza mai diventare uno stato, furono fatti dai Variaghi al nord per una ragione economica molto pratica e tuttora valida: perchè i Variaghi avevano bisogno di sfruttare il più possibile, risorse e uomini, per il proprio tornaconto nel più breve tempo possibile !
E’ inutile quindi cercare altri ideali …

Quando mi capitò fra le mani il libro di J. Diamond, Armi Acciaio e Malattie, improvvisamente capii che ero nel giusto quando avevo concluso che una specie di racket variago, organizzato nel nord della Pianura russa esistette verso il VIII-IX sec. d.C., poiché quel regime era proprio paragonabile a quelli che lo storico australiano chiamava nel suo libro cleptocrazie e così presi in prestito il concetto di società-stato fondato sulla rapina, o cleptocrazia, constatando per di più che un regime simile si instaurò, molto probabilmente proprio con la connivenza degli Slavi del posto e con l’appoggio sia di Bisanzio che dell’Impero Cazaro, nella zona dei Grandi Laghi … perché c’era bisogno di controllare i traffici di merci preziose !
Questa cleptocrazia non fu niente altro che l’odierno sistema di prelievo del “pizzo mafioso”: Tu mi paghi e io ti proteggo (da me stesso e dagli altri come me) … Niente di nuovo sotto il sole !
Val la pena riportare alcune parole dello stesso J. Diamond che descrive qualche tratto di una cleptocrazia per render più chiara l’idea:

“… parte dei beni ricevuti dal popolo non venivano ridistribuiti, ma erano consumati dalla casta dominante e da chi lavorava per loro; si trattava allora di un vero tributo, di un precursore delle moderne tasse che fece la sua prima comparsa … Non solo: il capo poteva chiedere (o imporre con la forza, aggiungiamo noi) al popolo anche di partecipare alla costruzione di grandi opere, sia che queste fossero di utilità pubblica … sia che fossero ad uso e consumo della classe alta.”

Esattamente questo clima di “servitù” esistette prima che nascesse la Rus’ di Kiev !
Oggi noi definiamo una mafia come un potere parallelo “fuori-legge” che agisce all’interno di uno stato o di una comunità istituzionalmente organizzata. La mafia di oggi non si presenta mai come un potere alternativo a quello esistente, ma come un potere parallelo di sfruttamento delle risorse basato sulla forza, senza mezzi termini, che riconosce e usa comunque il potere dello stato in cui agisce. Certamente è uno sfruttamento riservato ai componenti di una specie di società segreta in cui i membri sono legati da un patto di sangue irrescindibile e in cui gli errori, le offese, le deviazioni vengono puniti con la vita.

E’ un regime, in altre parole, come quello che leggiamo sui giornali quando si parla di mafia e di ‘ndrangheta o che vediamo nei film, a Chicago al tempo di Al Capone e di Dillinger, a New York ieri o in Sicilia e in Russia ancora oggi. E non è solo un parallelismo storico che io faccio, ma la constatazione di una realtà ben caratterizzata mille e più anni fa e che probabilmente si è conservata fino ad oggi, con tutti gli ammodernamenti necessari.

Come la mafia moderna si annuncia, prima con la minaccia e il saccheggio (oggi si usa una bomba o una tanica di benzina e il furto con “sfregio” dei locali), poi con le minacce ai congiunti e con il rapimento dei figli e solo alla fine si presenta lo “scagnozzo” che viene ad assicurare la “protezione”, se si paga la tangente adeguata, così fecero i Variaghi, fra il IX e il X sec.

Penso che, a parte i riscontri documentali, non essendoci uno stato organizzato da parte di nessuno dei popoli presenti nella Pianura Russa, per gestire i lucrosi traffici, solo una mafia si poteva instaurare come unico potere territoriale. Anzi, quando l’aumento dei guadagni provocò un boom della rapina, gli Slaveni cercarono l’alleanza, proponendo ai Variaghi di insediarsi qui e confluire “alla pari” in un potere politico più stabile che solo gli Slavi potevano mettere insieme con i loro legami intertribali, col loro numero e con la loro superiorità culturale.
Da una parte i Variaghi avrebbero continuato a partecipare con il loro racket allo sfruttamento, e dall’altra gli Slaveni, avrebbero portato a compimento l’assimilazione dei popoli non slavi. Certamente non dobbiamo pensare agli Slaveni o ai Krivici come un tutto etnico (abbiamo detto che non esisteva uno stato !), ma all’élite che si era stratificata col passar del tempo e col complicarsi delle relazioni interpersonali e interfamigliari.

Quando la cleptocrazia variaga diventa stato slavo ?
Ho accennato al fatto che esistettero per molto tempo vari racket “variaghi” indipendenti nella Pianura Russa: Uno nel nord con centro Ladoga (e poi Novgorod), uno a Polozk, un’altro a Belo Ozero (Lago Bianco) e probabilmente un’altro ancora a Rjazan. Nessun racket variago si affermò al sud invece, dove nel grande centro di Kiev, erano gli Slavi a dominare, né lungo il Volga-Don dove invece erano i Cazari a gestire !
Lo scopo della mia ricerca quindi ora era chiarito e, siccome ho deciso di chiamare le cose col loro vero nome, voglio dimostrare che i Variaghi esercitarono un’attività mafiosa proprio sulle piccole società, slave specialmente, autogovernantisi (come le zadrugi o sklavinìai degli Slavi) dei villaggi del Polesie (le foreste) russo, prima di giungere all’istituzionalizzazione della raccolta dei prodotti di alto prezzo come “tassa per la difesa”, come tributo al principe. Sotto il personale controllo del capomafia per una stagione intera tutte le microunità, contadine e non, slave e non, sparse lungo le rive dei fiumi russi diventavano un’unica grande “colonia” di fornitori di ricchezza, come ancora era immaginabile a quei tempi e in quei luoghi !

La mafia variaga dunque, se non ci fosse stata la successiva conversione al Cristianesimo, avrebbe potuto continuare ad esistere o forse sarebbe abortita in una qualche altra organizzazione similare. Invece avvenne che il giogo cazaro sulla Pianura Russa si allentò; Novogorod riuscì a “far trasferire” il proprio capomafia variago a Kiev, rendendo ora indipendente la mafia slavena locale, e l’intuizione di San Vladimiro, figlio dell’ultimo capomafia, con l’esperienza vissuta in Scandinavia dove era fuggito per qualche mese, costrinse tutta la “cupola” ad abbracciare la Croce e dare una vera realtà politica al suo dominio, degna di essere riconosciuta persino internazionalmente (per quest’ultimo risultato, San Vladimiro, dovette sacrificarsi e abbandonare i vecchi costumi, come ad esempio le centinaia di donne dette sue mogli, e avere un’unica moglie ufficiale, Anna, principessa cristiana e bizantina !).
Il Battesimo di Kiev (1° agosto 988 o 989 d.C.) soffocò così la cleptocrazia variaga e avviò la città a diventare uno stato, ormai slavo e ... russo, con in cima un variago slavizzato: Vladimiro !
Da Vladimiro in poi infatti le Saghe islandesi eviteranno con discrezione di richiamare la discendenza svedese dei principi di Kiev, come invece avevano fatto fino ad allora !
La cleptocrazia variago-slava fu quindi non tanto la base, quanto il trampolino di lancio di tutti gli altri stati russi che seguirono (specialmente quelli del XII-XIII sec.) fino alla Grande Moscovia di Giovanni IV detto il Terribile, quando si estinse la linea “diretta” della casata del variago Rjurik (vedi oltre) e sul trono di Mosca andarono i Romànov (fine del XVI sec.).

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