STORIA DELLA RUSSIA

11. L’occhio di Bisanzio
12. Cirillo e Metodio

 

11. L’occhio di Bisanzio


Quale banda variaga però non è attratta, dopo le prime esperienze di viaggio lungo i fiumi russi, a cercare di andare oltre nell’esperienza di accumulo di ricchezze ?
Bisogna però superare alcuni ostacoli, anche politici e ideologici …
Se l’apertura della Via dai Variaghi ai Greci verso l’808 d.C., è un evento molto nebuloso, che interessa in particolare Kiev, sicuramente la frequentatissima Via del Volga-Don verso Itil, la città capitale della Cazaria, l’ultima tappa autorizzata dai Cazari ai rus’ fu da loro conosciuta meglio di qualsiasi altra. Si sa addirittura di una specie d’accordo (v. L. Gumiljov) fra i rus’ e i cazari, quando la mafia di Novgorod prese il sopravvento su tutte le altre bande.
La più antica menzione dei rus’ in cui si riflette già l’influenza dei Cazari sui Vichinghi dell’Est sono le Cronache di San Bertino, redatte da Prudenzio, cappellano dell’Imperatrice Giuditta, moglie di Ludovico il Pio. In queste cronache si dice che nell’829 l’Imperatore di Costantinopoli Teofilo inviò un’ambasciata al figlio di Carlomagno di cui facevano parte dei personaggi che non vennero riconosciuti immediatamente come Vichinghi se non avessero dichiarato che “Rhos vocari dicebant. … Rex illorum Chacanus vocabulo…” cioè si facevano chiamare Rus’ e il loro capo si faceva chiamare kagan … come il Principe ebreo di Itil ! Inoltre nello stesso articolo si dice che “… eos gentis esse Sueonum …” e cioè dicono di essere venuti dalla Svezia ! Purtroppo non c’è una descrizione diella loro foggia del vestire o altro, ma molto probabilmente avevano i capelli tagliati alla “bulgara”, come l’ultimo Variago Svjatoslav (v. oltre la descrizione di Leone Diacono agli inizi del XI sec.). E’ sicuro dunque che la Cazaria influenzò moltissimo la cleptocrazia variaga.
Di questo Impero Cazaro, nella zona fra il Caucaso e le foreste russe, purtroppo sappiamo molto poco e quasi tutto si basa sull’archeologia e sulla corrispondenza (una lettera) fra l’andaluso ebreo Hasdai ibn Shaprut e il kagan cazaro Giuseppe, anch’egli ebreo, databile fra il 954 e il 961 d.C. quando questo Impero era già in decadenza. Nella lettera si parla anche dei Rus’ e si dice:

“Io faccio la guardia alla foce del fiume (Volga o Itil come lo chiamavano i Cazari) e non lascio passare per il mare (Caspio) i Rus’ che giungono nelle loro navi diretti agli Ismailiti (musulmani). Sono in guerra con loro. Se io li lasciassi da soli anche una sola ora, distruggerebbero tutto il paese ismailita fino a Bagdad.”

Quindi ancora alla metà del X sec. l’Impero Cazaro è frequentato dai rus’ e il kagan Giuseppe li teme, probabilmente non solo perché romperebbero lo status quo con Baghdad o con Bisanzio, ma anche perché i rus’ stanno già accarezzando chissà quali altri progetti a danno della Cazaria stessa ! Il kagan Giuseppe ci dice che i rus’ sono un popolo guerriero e rapinatore, che vengono per commerciare con regole proprie e che quindi bisogna tenerli sempre sotto tiro ! L’epoca di Giuseppe è il periodo in cui la cleptocrazia variaga si sta trasformando, ma le frasi nella lettera, ci fanno capire che le interrelazioni, stabili fra Itil e i Variaghi da molti anni (829 – 961 d.C.), probabilmente hanno già i primi segni di incrinature.
Dal rapporto di viaggio di Ahmed Ibn Fadhlan, segretario diplomatico arabo di una missione del giugno del 921 diretta a Bolgar, che viaggiava lungo il Volga e che forse aveva soggiornato a Itil, leggiamo quanto segue:

”Ho visto i rus’ venuti per commerciare … Dopo che le loro imbarcazioni sono giunte all’ancoraggio assegnato, ogni rus’ sbarca con pane, cipolle, carne, latte e bevanda fermentata (probabilmente è il mjod o idromele oppure birra) e si dirige verso un grosso palo là innalzato, che ha il viso d’uomo ed è circondato da piccoli idoli a loro volta contornati da paletti. Ogni rus’ si dirige dunque verso il grande idolo e si inginocchia dicendo: Signore, vengo da un paese lontano con tante giovani schiave e tante pelli di martora. E si mette ad elencare tutte le merci che ha con sé. Poi aggiunge: Ti offro questi doni. E depone le sue offerte davanti al palo. Dice ancora: Desidero che mi mandi un mercante con molti dinar e dirham che compri tutto ciò che voglio vendergli e che non mi contraddica su quel che dirò. Poi si ritira.” (v. F. Gabrieli).

La relazione poi continua specialmente accennando alla cremazione di un capo rus’ ed è sorprendentemente fedele a quanto corrisponde dai reperti archeologici e dalle descrizioni di altre fonti contemporanee ! A parte questo notiamo che i rus’, hanno anche un posto al mercato e un posto per il loro santuario in una delle tre città che componevano Itil. Ciò conferma i rapporti esistenti con lo stato cazaro e i rus’ e che costoro circolavano in quel paese con frequenza ormai da decenni.
In verità sono però gli ultimi rapporti pacifici fra rus’ e Cazari perché sappiamo che nel 945 ci sarà una spedizione dei rus’ contro Itil e già la missione di Ibn Fadhlan annuncia un certo scollamento dei Bulgari del Volga dai Cazari, nominati quasi come nemici.

Com’era invece il rapporto degli Slavi della Pianura Russa coi Cazari ? Per quanto riguarda questi ultimi, i più vicini ad Itil sono i Vjatici e, dalle informazioni dello stesso kagan cazaro Giuseppe, sappiamo che gli pagavano tributo, confermandoci una volta di più che rus’ e Slavi avevano trattamento politico separato.
Se questo è vero per i Cazari, sulla base di quanto letto nelle Cronache di San Bertino, chiediamoci anche fino a qual misura Bisanzio si confrontava con i rus’ ?
L’Impero Romano d’Oriente, benchè abbia perso quasi ogni dominanza sul Mare d’Azov a causa dell’avanzata e del consolidamento dei Cazari, ha mantenuto saldi i legami con Chersoneso in Tauride, il più grande porto internazionale del Mar Nero del tempo, e, benchè questa città si amministri autonomamente, Bisanzio continua a tenerla nella sua sfera d’influenza, attraverso i legami religiosi cristiani.
E proprio in Crimea (la Tauride dei greci) ci fu la più antica razzia fatta da pirati rus’ provenienti dell’estremo nord ! Essa è registrata nella Vita di Santo Stefano di Surozh (Sudak o la Soldaja di Marco Polo). In questa Vita (esiste in lingua anticorussa chiamata “la versione estesa” con più particolari), si narra come una banda armata (rat’) proveniente dal nord della Russia assaltò la Tauride da Chersoneso fino a Kerc’ (nel Mare d’Azov). Ecco cosa scrive l’agiografo:

“Il principe guerriero e potente di Novgorod, città dei rus’, … Bravlin … con un numerosissimo esercito devastò tutta l’area da Chersonneso (Korsun’ in russo) in Tauride (vicino alla Sebastopoli odierna) fino al Bosforo Cimmerio (Kerc’), con grandi forze venne a Surozh (nome russo della soldata di Marco Polo) … abbattè le porte di ferro, entrò nella città con la spada in mano, penetrò in Santa Sofia … e saccheggiò tutto ciò che trovò nella tomba (del santo) …

Il testo prosegue descrivendo come, per intervento miracoloso del santo, Bravlin (probabilmente è una lettura greca del nome variago Orso), si pentì dell’affronto fatto alla santa tomba e, convertitosi al cristianesimo, restituì tutto il mal tolto alla chiesa e al santo. La Vita è stata scritta molti secoli dopo l’avvenimento ed è per questo che viene citata Novgorod, che nel tempo dell’evento - dovrebbe essere il 790-800 d.C - ancora non esisteva, ma possiamo tranquillamente attribuirlo ai Variaghi.
Come mai però questa banda si muove così tranquillamente nel territorio cazaro ed hanno il permesso di Itil per una tale operazione ? E’ un ripicco verso Bisanzio ? Oppure è un’azione isolata di una banda vagante ? Probabilmente in quest’epoca la cleptocrazia variaga di Ladoga non si è ancora affermata sulle altre bande che frequentano i fiumi russi, e che una di queste … dopo migliaia di chilometri, finalmente … ha trovato un’abbazia da saccheggiare !

Che questa non sia la sola banda “sciolta” dei rus’ ce lo prova che, più o meno della stessa epoca, è condotto un altro assalto dei rus’ ad Amastrida, in Paflagonia (Anatolia), sul convento di San Giorgio dove è detto che i rus’ sono venuti “dal Mare d’Azov” (e non dalla Propontide come erroneamente dice l’autore della Vita di San Giorgio,), hanno saccheggiato e desolato la zona e poi (questo è uno stereotipo delle vite dei santi) per l’intervento del santo si sono fermati e hanno adorato le reliquie del santo vescovo ! Dunque ancora una volta i rus’ sono in libero movimento nella zona cazara …

Quel ch’è peggio è che verso quest’epoca i rus’ addirittura osano saccheggiare la zona intorno a Costantinopoli, come ci informa la Vita del Patriarca Ignazio …
La domanda che mi sono riproposto è: Come mai i Cazari hanno permesso tali mosse “inconsulte” ? Come mai è stato concesso ai rus’ di sviare dall’itinerario fissato lungo il Volga verso il Don e il Mar d’Azov ?
In effetti il sistema su cui si fonda l’Impero Cazaro è una specie di lega militare fra popoli diversi quasi tutti di ceppo turco che riconoscono la predominanza dei Cazari, ma lasciando che ciascuno popolo si amministri autonomamente. Quindi il passaggio dei rus’ attraverso la zona cazara potrebbe essere anche un’iniziativa di qualche signore locale che vuole irritare Bisanzio o mettere i cazari in difficoltà diplomatiche.

Tuttavia, verso il principio del IX sec., la Cazaria, sta cercando di controllare meglio questa situazione e, volendo far cessare gli sconfinamenti (anche dei pirati rus’ diventati più esigenti a causa del declino del mercato di Baghdad e quindi alla ricerca di nuove aperture), nell’833 chiede a Bisanzio di dare un aiuto tecnico per costruire un avamposto in mattoni e pietra sul grande volok fra il Don e il Volga (zona odierna di Volgodonsk), la famigerata fortezza di Sarkel o Forte Bianco, che dovrebbe chiudere tutte le possibilità di passaggio dal Volga verso i fiumi d’occidente.
Bisanzio, senz’altro d’accordo su queste misure, manda Petronio Kamatiros, cognato dell’Imperatore Teofilo, che porta la costruzione di Sarkel a compimento (salvo la chiesa cristiana, rimasta incompiuta, visto che l’èlite al potere in Cazaria è ebrea), ma durante il suo soggiorno costui studia appieno la zona e capisce che i fiumi russi stanno diventando troppo “affollati” (di rus’ ?) e suggerisce, al suo ritorno a Bisanzio, di avere un occhio di riguardo maggiore sui possedimenti di Cherson, che si trovano proprio sotto Sarkel. Così le città autonome bizantine della Tauride (oggi Crimea) vengono unite in un unico distretto amministrativo-militare (thema) e Petronio ne diviene lo stratega o comandante in capo.

Ma sappiamo che ciò non basterà a fermare i rus’ …
Nell’860 infatti, il 18 giugno (anno bizant. 6368), con duecento barche i rus’ attaccano la capitale dell’Impero e, benchè questa volta siano completamente annientati e debbano tornarsene battuti da dove sono venuti, ritorneranno appena possibile ...

12. Cirillo e Metodio

L’860 d. C. è dunque l’anno in cui Bisanzio ha messo di nuovo lo sguardo sul Caucaso e sulla territorio della Cazaria. Abbiamo visto come allo scopo di riavvicinare questa potenza a sé, vi ha mandato in missione diplomatico-ideologica Costantino il Filosofo.
A quanto sembra però a Bisanzio la Pianura Russa non interessa molto in questi anni, perché altrimenti avremmo notizia di contatti più stretti con Kiev almeno ! Si sa benissimo che molti attacchi dei rus’ da queste parti partono anche da Kiev …
Dalla Vita di Costantino (Cirillo) sappiamo che costui trova a Chersoneso un Vangelo ed un Salterio in lingua rusuk che, giacchè Costantino conosce lo slavo del tempo, non riconosce come a lui nota. Non è forse una prova che i rus’ non erano ancora slavizzati ?
E allora, come mai Costantino è mandato in Cazaria e non a Kiev per lo stesso scopo che avrebbe dovuto raggiungere a Itil ? E ancora: Come mai quest’ultimo fu un viaggio senza gran successo ? Secondo me, Bisanzio non aveva rinunciato a penetrare nella Pianura Russa, ma da Chersoneso in Tauride si sapeva della difficoltà di introdursi in queste terre e della pericolosità delle bande dei rus’ e che, inoltre, non esistendo ancora in quell’area uno stato organizzato col quale interloquire (Kiev era soggetta alla Cazaria), la missione sarebbe immancabilmente fallita. Era meglio conquistare le anime dei Cazari dove già il Cristianesimo esisteva da tempo intorno al Bosforo Cimmerio (Kerc’ odierna) e dove la missione avrebbe trovato buona accoglienza, viste le relazioni esistenti. Di là si poteva poi partire per Kiev … Sappiamo comunque che qualche conversione a Itil’ ci fu, ma l’èlite al potere rimase attaccata alla sua religione ebraica e alla sua indipendenza politica.

Bisanzio però non disperava di avere contatti con Kiev, ormai una città-mercato ben conosciuta, e forse tentò di avvicinarsi da un’altra strada, al di qua dei Carpazi. Probabilmente Bisanzio sa delle interrelazioni fra le diverse genti slave e della loro quasi raggiunta stanzialità lungo i confini dell’Impero, ma ciò non costituisce una ragione di tranquillità ancora. Il potere secolare bizantino tutt’uno con quello spirituale, si era già fatto carico dell’evangelizzazione degli Slavi dell’Impero allo scopo di poter influenzare questi popoli politicamente, e non appena il Gran Principe moravo Rostislav chiede all’Imperatore Michele III di mandare missionari cristiani nelle sue terre, l’idea lo entusiasmò subito. Chissà, avrebbe raggiunto Kiev da questo lato della catena carpatica …

E chi mandare ? Scelse di nuovo lo sperimentato Costantino. E come nel passato, non da solo, ma con suo fratello Metodio. Questi due funzionari di Tessalonica (l’odierna Salonicco, conosciuta dagli Slavi come Solun’) che conoscevano bene la lingua slava, partirono al di là dei Carpazi perché predicassero il Vangelo fra i barbari slavi, ma soprattutto affichè allargassero l’influenza di Bisanzio nei Balcani, al di là dei Carpazi.
Val la pena fermarsi un momento ancora su questi due personaggi chiamati dalla Chiesa Cristiana gli Apostoli degli Slavi, poichè Costantino e Metodio sono personaggi fondamentali per la storia dei popoli russi.
Metodio era più anziano di Costantino ed entrambi erano figli di un cosiddetto drungarios (capitano più o meno) della città di Tessalonica di nome Leone. In questa città, la seconda per importanza dell’Impero, tutti parlavano sia il greco che la lingua slavo-macedone (da cui deriva la lingua parlata ancora oggi nella Macedonia indipendente). Metodio, nella sua giovinezza, era stato probabilmente un governatore (exarchon) proprio fra gli Slavi di Macedonia e quindi aveva una certa dimestichezza con i loro usi, mentre Costantino si era dedicato allo studio a Costantinopoli e aveva lavorato come chartofilattos (bibliotecario) al Patriarcato.

Dopo un certo tempo Costantino viene incaricato della prima missione“all’estero” in Cazaria come ho detto prima. La chiamata dell’862 lo sorprende ancora sul nord del Mar Nero dove ha fatto qualche riorganizzazione delle chiese locali. Sulla via del ritorno dopo un breve momento di riflessione dell’Anatolia, insieme a suo fratello Metodio in un convento va in Moravia da Rostislav che accoglie benevolmente i due. Qui si mettono al lavoro per la traduzione dei testi cristiani in lingua slava, fondano una scuola per i nobili, ma soprattutto fissano la lingua standard che noi oggi chiamiamo anticoslavo o paleoslavo e che allora tutti capivano dal nord al sud nei territori slavi ! Fu proprio Costantino infatti nel IX sec. d.C. a studiare e a mettere a punto l’alfabeto affinché l’élite di lingua slava potesse imparare a leggere e a scrivere, “assoggettandosi alla religione di Cristo”.

I due decidono per varie ragioni di andare a Roma presso il papa Adriano II e qui viene riconosciuto il loro lavoro di traduzione come autentico e sincero e la lingua slava usata (lo slavone) viene ammessa come lingua liturgica della nuova chiesa morava (ecco perché viene chiamata anche slavone ecclesiastico) e, mentre Costantino si fa monaco col nome di CIRILLO e muore a 42 anni nell’869 e viene fatto poi santo (la sua tomba è nella Chiesa di San Clemente dietro il Colosseo a Roma), Metodio continua il suo lavoro ritornando in Pannonia dove viene fondata l’Eparchia slava di Sirmium per la Pannonia e la Moravia. Lo stesso Metodio ne diviene vescovo ed eparca. Questo fatto irrita i vescovi di rito latino delle diocesi confinanti che per invidia catturano Metodio e lo mettono in prigione. Su ordine del papa però Metodio viene liberato tre anni dopo e ritorna alla sua eparchia, stavolta col titolo di Arcivescovo decano, senza darsi peso della contrarietà dei vescovi latini e delle loro accuse contro di lui di eresia e neppure dell’ostilità del principe locale Svjatopolk che teme di cadere nella rete politica bizantina.

Metodio muore il 6 aprile 885 e benché la scrittura “cirillica” continuasse ad essere in uso per ancora qualche anno, essa fu sostituita in quella zona a poco a poco dall’alfabeto latino. In verità non si sa quale alfabeto abbia inventato Cirillo: se la più antica e diffusa (nell’VIII sec.) glagoliza o la successiva e più semplice kirillìza, che poi è quella da cui derivano gli alfabeti cirillici odierni, messa a punto da suoi discepoli nell’892. Più o meno in una variante di kirillìza e di paleobulgaro fu scritta la CTP …
Siamo già verso la fine del IX sec. d. C.

Nel IX-X sec. i Bizantini hanno perso molte basi lungo la riva settentrionale del Mar Nero, ma hanno sotto controllo ancora quasi tutta la Crimea (in greco Tauride) e specialmente la città di Chersoneso, emporio importantissimo e affollatissimo.
Per i visitatori di questo mercato però, l’impressione che si ha dell’Impero Bizantino non è molto accattivante, perché mette in evidenza tutte le debolezze di Costantinopoli a controllare la situazione nel Mar Nero contro la Cazaria e le penetrazioni degli Arabi dall’Asia Minore. Il resto della costa settentrionale del Mar Nero infatti fino al Mar d’Azov è ormai in mano ai cazari e agli altri nomadi, sempre diretti verso occidente e che continuano a minacciare l’Impero Bizantino.

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