STORIA DELLA RUSSIA

13. Una mafia chiamata Rus’
14. Il magazzino blindato

13. Una mafia chiamata Rus’


E qui può cominciare la storia di Rjurik lo svedese, capostipite di quella che diventò la casata principesca di Kiev che regnò nella Terra Russa per ben sette secoli, fino a Giovanni il Terribile (Ivan Groznyi in russo). La CTP racconta che gli Slaveni del Volhov mandarono a chiamare lui e i suoi fratelli, d’oltremare, affinché aiutassero a tenere a bada le locali popolazioni che “disturbavano” il loro quieto vivere.
Che cosa dovevo allora immaginare ? Che in una certa primavera (aprile-maggio) questo Rjurik coi suoi knörrar (le navi vichinghe talvolta erroneamente chiamate drakkar) approfittando del regime ventoso abbastanza buono si diriga di tutta corsa verso la Nevà (il fiume di San Pietroburgo) perché invitato da non ben noti “capi locali” ?
Ed ecco la falsificazione storica eseguita al tempo di Jaroslav. I Variaghi, antenati del principe committente, non erano stati invitati a “regnare”. In realtà i Vichinghi dell’Est avevano da tempo un caposaldo nel Lago Nevo alle foci del Volhov. Ho già accennato a questo punto d’incontro coi finni Ciudi che le saghe islandesi chiamano Aldeigja o Aldeigjuborg (trasferendo nella loro lingua il nome finnico di Bassofiume ovvero Álode Jogi, la foce del Volhov). Che i Variaghi controllassero i finni del luogo, ce lo conferma una variante della CTP quando dice:

“Anno 6367 (859 d.C.) I Variaghi (venuti) d’oltremare prendevano il tributo dai Ciudi e dagli Slaveni e dai Meri e da tutti i Krivici.” (i Meri sono altri finni abitanti un po’ più ad est e oggi localizzati ad est di Mosca nella Repubblica Autonoma Mari).

Ma come mai un caposaldo proprio qui, invece che più all’interno ? Mi riferisco ora alla posizione della città di Ladoga (come pronunciavano gli Slaveni Aldeigja) la Vecchia (Staraja Ladoga in russo) rispetto a Novgorod.
Il Baltico (come ho già detto) in pratica è un grande lago salato. Il regime delle sue acque, specialmente nelle parti più settentrionali come il Golfo di Botnia o di Finlandia, dipende moltissimo dal clima e da queste parti d’inverno le coste gelano completamente per mesi. In particolare il Golfo di Finlandia dipende dall’equilibrio idrologico fra il Baltico e un’altra specie di mare, l’immenso Lago Ladoga (chiamato dai finni Nevo ovvero palude) di ben 18400 km quadrati di superficie ! Questo lago si scarica parzialmente nel Baltico per mezzo della breve corrente del fiume Nevà (oggi lungo solo 74 km, dal lago al suo estuario). Se un inverno ha nevicato molto e la temperatura è caduta significativamente, si formerà una crosta di ghiaccio tale sia sulle rive del Baltico sia sul lago che, allo scioglimento primaverile, si scioglierà in una massa d’acqua che tenderò a scaricarsi dal lago posto leggermente più in alto (solo 5 m di dislivello col Mar Baltico !) muovendosi verso il mare, mentre nel Baltico sempre per lo stesso disgelo un’altra massa d’acqua si muoverà in senso opposto. Le due masse d’acqua scontrandosi provocano così un innalzamento improvviso del livello del fiume Nevà, che tracimerà oltre gli argini inondando le rive disastrosamente per chilometri.

E’ chiaro che stabilirsi ad esempio subito dopo l’estuario della Nevà significa correre il rischio continuo di inondazioni periodiche (come oggigiorno San Pietroburgo che ha anch’essa la sua acqua alta ogni decina d’anni !) e della distruzione dell’eventuale caposaldo, per cui non è conveniente un approdo in questa zona. Inoltrandosi si costeggia la riva meridionale del lago e si giunge fino alle foci del fiume Volhov, immissario meridionale del lago, dietro una specie di ampio promontorio. Qualche km più a monte (verso sud quindi) dalla foce a quota più alta le inondazioni dal lato del lago sono facilmente prevedibili e meno pericolose. Proprio qui i Ciudi avevano pensato di metter su un loro accampamento o residenza stagionale ed è qui che anche i Variaghi fanno tappa: la città di Ladoga.

Questa sarà la base di partenza della banda di Rjurik. Gli scavi fatti nella zona ci danno le dimensioni di una città fortificata di media grandezza, con presenza prevalente di scandinavi e finni e pochissima presenza slava verso il IX-X sec. Si nota inoltre che la gente che là viveva era in maggioranza formata da gente che commerciava, dato che moltissimi reperti risultano importati da molto lontano.
Come abbiamo visto, i Variaghi hanno avuto informazioni che risalendo il Volhov si va a sud verso la ricchezza dei mercati meridionali.
Ho anche accennato al fatto che gli Slaveni si sono attestati vicino alle sorgenti del Volhov e cioè al lago Ilmen/Ilmer, a ca. 200 verste da Ladoga quindi, e che all’interno della loro società si sono avute le prime stratificazioni sociali, fra le quali è nata la classe dei proprietari terrieri ovvero i bojari !
Per quanto son riuscito a capire, questa èlite si confronta già da tempo con quelle dei Finni locali e dei Balti e nella zona dove oggi sorge Novgorod esisteva allora una collina detta degli Slaveni dove questi ultimi avevano il proprio centro (v. A. Rybakov, Grekov et al.) ben separato da tutti gli altri. Sicuramente con costoro i Variaghi dovevano fare i conti, se volevano condurre i loro traffici col sud, ed è per questo che Ladoga e il futuro nucleo di Novgorod erano fra di loro antagoniste.

Molto tempo prima che si insediassero i Variaghi nella
zona dei Grandi Laghi, esisteva fra gli Slaveni una certa organizzazione con un capo riconosciuto che organizzava altri capi e Tatiscev, nella sua Storia della Russia, cita la redazione Jakimovskaja di Novgorod della CTP in cui c’è la genealogia di ben 9 di questi capi dei capi governanti slavi, fino a giungere al più noto Gostomysl, il cui ruolo vedremo poco oltre.
Con un calcolo di ca. 35 anni per la durata in carica di ogni capo, si arriva al VII sec. d.C., cioè in un’epoca che ben coincide con i reperti archeologici in cui i Variaghi non sono ancora attestati.
Sembra perciò che i rus’ da una parte e gli Slavi (insieme agli altri popoli a loro affini e non) dall’altra convivessero per qualche tempo, non certo in armonia, ma ben separati fra di loro.
Gli Slaveni però, vedendo aumentare le intrusioni degli scandinavi lungo le coste del Baltico e la bellicosità dei finni, sono costretti ad allearsi (in parte effettivamente assoggettandosi) con gli scandinavi.
Succede però che l’alleanza col passar del tempo si deteriora e che nell’“Anno 6730 (862 d.C.) I Variaghi furono cacciati al di là del mare e non si dette loro più il tributo e (gli Slaveni) cominciarono a governarsi da soli.” dice la CTP.

E’ evidente che ci sono stati dei seri litigi nelle spartizioni del racket locale. D’altra parte gli Slaveni come faranno a cavarsela col commercio per il sud senza i Variaghi ? Manca la forza armata per le scorte ai convogli, specialmente perché le armi di ferro migliori le hanno solo i Variaghi, in più sono loro che hanno i contratti con gli ebrei radaniti e non si possono perdere tante “stagioni”. I notabili slaveni a questo punto, visti i disordini che si susseguono, riuniscono una vece (l’assemblea degli uomini liberi) e decidono: “Cerchiamoci un principe che ci governi e ci giudichi secondo la legge !” Si mette insieme un’ambasciata che viene mandata in Scandinavia (probabilmente a Birka dove c’è più probabilità di avere gli incontri giusti). Lì trovano i rus’ che gli Slaveni già hanno conosciuto in passato, ma per attirarli soprattutto a stabilirsi presso di loro, pubblicizzano le ricchezze delle loro terre e offrono alleanza e cedono sulle divisioni del potere. La CTP riporta le loro parole: “La nostra terra è grande e ricca, ma non c’è ordine. Venite con un vostro principe e governateci.” E’ vera questa storia ? Oppure dietro i racconti della CTP si nascondono altri eventi?

Sicuramente la storia non è esattamente come l’ha riportata Nestore o Nicone, perché non saprei immaginare un capo slavo che va a chiedere ad un Vichingo di assoggettarlo, con la fama di avidità e ferocia che avevano questi ultimi. Sappiamo invece di un improvviso boom nel commercio di schiavi e delle altre merci di provenienza dal nord russo, questo sì !, per questo periodo. Secondo me, è evidente che l’élite dei proprietari terrieri slaveni chiamò in causa la mafia locale e la incaricò di andare a chiedere aiuto ai loro colleghi d’oltremare per dominare la situazione e che l’aiuto fu concesso da una mafia variaga chiamata o soprannominata “rus’”, che si affrettò ad armare una spedizione per Ladoga e stavolta con la prospettiva di trasferire in seguito donne e bambini per un eventuale insediamento permanente.
Ho cercato anche di inoltrarmi nella selva delle ricerche fatte per definire la personalità e la più esatta provenienza di questo Rjurik, ma mi sono trovato di fronte ad ipotesi immaginarie e troppo poco verosimili.
Val la pena di ricordare, visto che è riportata da una delle fonti dello storico Tatiscev, l’antefatto alla venuta di Rjurik che giustifica la presenza di Rjurik nella Terra Russa, ma non di altri capi scandinavi.

Sembra infatti che l’ultimo capo slaveno della futura Novgorod fosse un certo Gostomysl. Costui ebbe un figlio, Vybor, che però morì prima di suo padre, e una figlia, Umila che invece sposò un certo Godoslavo, figlio di un’Obodrita (popolo slavo della zona intorno all’isola di Rügen, per intenderci) e di un variago di nome Vitislavo. Fu da Umila e da Godoslavo che nacquero i tre fratelli Rjurik, Sineus e Truvor che poi furono incaricati di metter ordine in Terra Russa !
Purtroppo le fonti di Tatiscev sono scomparse e l’unica conclusione che posso trarre, interpretando questa notizia (e fidandomi dello storico di Pietro il Grande), è che un’alleanza fra Variaghi e Slaveni esisteva, magari con dei matrimoni misti, prima che RJURIK arrivasse nella Terra Russa.
Comunque sia, i Variaghi giunsero, con più di una banda, sotto il comando di Rjurik lo Svedese.
La CTP riporta che Rjurik giunse a Ladoga con i suoi fratelli Sineus e Truvor e che pose Sineus rispettivamente a capo della città sulla via del Lago Peipus, Izborsk, e all’estremo nordest a Lago Bianco (Belo Ozero in russo), nella già nota Terra di Perm, vi mandò Truvor.

Innanzi tutto diciamo che probabilmente questi fratelli di Rjurik con tali nomi non esistettero. Sineus, secondo la CTP, viene mandato nella lontanissima Lago Bianco, nella Terra di Perm (il Bjarmaland delle saghe islandesi), dove la probabilità di fare razzie di prodotti della foresta è ridotta solo alla raccolta delle zanne di tricheco dai finni e Truvor a Izborsk, invece che a Pleskov molto più ben piazzata più a sud del lago Peipus (Pleskov è l’odierna Pskov) … Insomma perché i fratelli di Rjurik avrebbero dovuto accettare una simile divisione così poco conveniente per ognuno di loro ? Solovjov condivide perciò una versione molto più verosimile in cui le parole di un qualche scritto andato perso, ma accessibile ancora ai monaci della CTP, in lingua norrena (la lingua dei Variaghi), si leggessero: Rjurik med brodhrum sine hus ok thru var … e cioè Rjurik con i fratelli, i suoi parenti e i suoi accoliti … e che il monaco redattore abbia tradotto sine hus - la sua parentela - e thru var - i confederati, gli accoliti - con due nomi propri: Sineus e Truvor.
Rjurik però non si trasferisce subito dove ci sono gli Slaveni, nella zona della futura Novgorod, ma rimane a Ladoga, la sua base. Dopo qualche anno comunque tutto il potere si concentra nelle mani di Rjurik (la CTP dice: perché morirono i due fratelli sopracitati) e Rjurik comincia a pensare di prendere in mano la situazione di tutte le città sotto la sua protezione senza altri indugi.

Dice però la CTP: “I Variaghi in queste città sono degli estranei, perché i primi abitanti a Novgorod sono gli Slaveni, a Polozk i Krivici, a Rostov i Meri, a Murom i Muromi, ma tutti erano governati da Rjurik.” La situazione è chiara: La banda di Rjurik è riuscita ormai a consolidare la propria posizione, ma siccome è vitale controllare non solo le forniture delle merci, ma anche le vie d’acqua lungo i diversi itinerari, sempre prudente verso gli Slaveni che sono i suoi fornitori principali della logistica e dei trasporti, finalmente decide di non ritornare più in Svezia, come ha fatto finora, e comincia ad accarezzare la possibilità di costruire una città tutta per sé. Farà venire allora suo figlio IGOR…
Dove costruire la nuova città ?

Per il momento la banda variaga è solo una mafia armata in permanente assetto di guerra e quindi il tipo di insediamento che serve non è una vera e propria città. Più che altro ci vuole una caserma e una soluzione logistica per la raccolta e la custodia temporanea delle merci preziosissime che vanno portate al sud.
Chi costruirà loro questo tipo di costruzione e su quali modelli ? Gli stessi cazari non saprebbero farlo, visto che proprio in quegli anni la fortezza di Sarkel sul Don sarà costruita dagli ingegneri bizantini !
E la capitale dei Bulgari del Volga non potrebbe essere un modello da imitare ? In particolare dai reperti archeologici (chiamata nella CTP Brehimov - Ibrahimo - la Gloriosa), sappiamo che Bolghar a ca. 30 verste dalla confluenza della Kama nel Volga non solo aveva una popolazione permanente di ca. 50 mila abitanti, ma anche delle rispettabili difese con un muro di terra, palizzata di legno di quercia e fossato, e nella parte sud esisteva persino una cittadella sopraelevata con mura sempre di legno e fossato relativo !
Il desiderio sarebbe naturalmente di imitare Costantinopoli, ma chi l’ha mai vista e in quale veste si può avvicinare l’Imperatore per chiedergli il favore di mandare degli ingegneri ? Non resta che affidarsi ai carpentieri slavi che sono ben noti per la loro abilità in tutto il nord.
Dagli scavi nel bacino dell’Elba l’archeologo tedesco J. Hermann alla ricerca delle tracce degli Slavi nel suo paese dice testualmente:

“Castelli e fortezze. Il viaggiatore che passava alla fine del primo o al principio del secondo millennio d.C. incontrava ovunque castelli e insediamenti fortificati. Possedevano parecchie particolarità, in grandezza e forme architettoniche. Oggi sono solo un mucchio di rovine nel paesaggio, chiamate mura. … La maggior parte dei castelli sono del IX e X sec. immediatamente anteriori alla formazione del primo stato slavo dell’ovest.”

Le fortezze quindi sono di legno e rappresentano un’architettura abbastanza diffusa in terra slava ! Se ne sono trovate negli scavi a Behren-Lübchin nel Meclemburgo, antica zona degli slavi Obodriti-Vilzi. Probabilmente anche il cosiddetto Danewerk, la difesa in mura di legno che si stendeva da Hollingsted sulla foce dell’Eider fino a Tyraborg, a poche miglia da Haithabu, e persino la stessa Haithabu che aveva un anello di mura, sempre di legno, che terminava sulle rive del piccolo golfo davanti alla città chiamato Slien (o Schlei in tedesco), era stata costruita da carpentieri slavi.
Dai reperti archeologici sappiamo che gli Slavi avevano cinque modelli di costruzioni tipiche in legno:

• La casa seminterrata o (zemljanka) ad un’unica stanza abitabile
• L’izbà a livello terra, con camera abitabile, camera deposito e vestibolo, più cantina sotterranea
• Più famiglie abitavano nel dvor (corte) o oghnisce (fuoco, per l’amministrazione) più ampio con granaio e orto, deposito per gli arnesi etc., chiamato affettuosamente anche “nido” (gnezdò)
• Le case a corridoio più rare come tipo di “casa comune” (obscezhitie in russo) per riunioni particolari o altri usi collettivi. Negli scavi di Borscevo ne segnaliamo una tipica degli Slavi Orientali, ma che è presente anche presso quelli Occidentali (la cosiddetta Casa a corridoio o Hallenhaus conosciuta pure presso i Vichinghi). Il sito di Borscevo occupa un rilievo sulla riva alta (destra) del Don ed è formato da capanne, l’una poco discosta dall’altra e ciascuna seminterrata e, fin qui, niente di strano. Le capanne sono collegate da passaggi coperti, in modo che un individuo possa passare da una capanna all’altra senza dover uscire all’aperto! Tutt’intorno c’è un muro di legno contro l’intrusione del nemico eventuale. E’ una curiosa conferma di quello che scrive Maurizio (Strategikon) sugli Slavi già nel VII sec. d.C. ! L’insediamento poi si dimostra abitato da raccoglitori e cacciatori, più che da contadini !
• La grande casa a più ambienti e a più piani: camera riscaldata, vestibolo, camera fredda etc. o horomy (vocabolo poi passato ad indicare solo la chiesa o casa di Dio, hram) per il capo.

Tuttavia per la difesa dalle incursioni gli Slavi costruiscono anche fortezze di legno …
Diamo la parola ad un viaggiatore di cent’anni dopo, circa 965 d.C., un intermediario ebreo di Tortosa del Regno di al-Andalus (Spagna), Ibrahim ben Jaqub, che si recava alla corte di Ottone I attraverso il Meclenburgo e che ne vide alcune:

“Ecco come costruiscono gli slavi la maggioranza delle loro fortezze. Vanno in una radura nella foresta, ricca di acqua e di arbusti, liberano qui un’area rotonda o quadrata secondo la forma e l’ampiezza del forte che hanno in mente (di costruire), vi scavano tutto intorno e ammucchiano la terra scavata su un lato, sul quale con tavole e pali al modo di un bastione essa viene fissata finchè il muro non abbia raggiunto l’altezza voluta. Per il forte viene anche misurato una spazio (nelle mura) per una porta attraverso la quale da quel lato su un ponte di legno si può entrare ed uscire.”
Tutto dunque conferma che, in Terra Russa, i Variaghi potevano contare su espertissimi e sopraffini maestri d’ascia di tradizione antica e conosciutissimi in tutta l’Europa del nord, sia che volessero costruire un forte o un palazzo per viverci !


14. Il magazzino blindato


La parola russa gorod/grad attualmente designa la città, più o meno come la immaginiamo noi oggi, ma mille anni la stessa parola designava un luogo fortificato, recintato o difeso.
In effetti fino alla prima metà del IX sec. la CTP ricorda solo terrapieni o muri di terra di difesa compattati chiamati spom e solo in seguito la parola gorod (sicuramente slava, anche se analoga al norreno gårdhr o al gotico gardh che significano luogo recintato, fortilizio o caserma), nel X sec., si affermerà per indicare una struttura edilizia caratterizzata da mura “di legno” intervallate con torri quadrate di rinforzo e con torri-porte, con o senza ponte (levatoio o fisso) circondata da fossato e terrapieno (v. V. V. Jakovlev).
Furono dunque i Variaghi dell’Est che si fecero per primi costruire il gorod classico, costruzione unica nel suo genere rispetto a tutte le altre simili che si trovano nel resto delle terre slave. Il gorod, secondo me, non è una fortezza né un posto da dove s’intraprendono guerre e neppure un luogo di rifugio, in origine.
Esso ha tre altri grandi motivi per esistere:

1. Deve dominare una zona libera da alberi e rappresentare con grande evidenza il simbolo del potere mafioso
2. E’ un deposito blindato
3. Deve trovarsi isolato e separato dal resto degli insediamenti civili.

Per queste destinazioni d’uso, prima d’ogni altra, i Vichinghi dell’Est si fanno costruire i gorod sul punto più alto possibile di una confluenza fluviale scelta, designata in russo con la parola norrena holm (in norreno altura, isola in mezzo al fiume e in russo collinetta) in modo che per due lati sia separato dal fiume dal resto della terra e da un lato ci sarà la comunicazione “di servizio” con l’hinterland, comunque lontana e nascosta da tutti gli insediamenti vicini, estranei.
Leggendo uno storico dell’arte dell’Antica Russia, Rappaport, ci si può immaginare come questa costruzione venga su, eseguita ad opera d’arte da tutti gli artigiani slavi disponibili.
Una volta trovata l’altura giusta sulla confluenza o sullo spartiacque adatto, si traccia un perimetro del gorod interno e un perimetro esterno alla distanza l’uno dall’altro di circa 1,5 o più metri. Ad intervalli regolari, lungo ciascun perimetro, si piantano verticalmente coppie alti pali, che “si guardano”. Lungo uno stesso perimetro, queste coppie di pali sono intervallate a distanze più o meno minori della lunghezza dei tronchi da impilare. I tronchi più grossi infatti vengono impilati orizzontalmente fra i pali verticali dopo aver creato un incastro longitudinale nei tronchi orizzontali in modo da tenerli meglio insieme l’uno sull’altro.
Si formano così due muraglie di legno parallele (tyn in russo, dal norreno tun o recinto di pali di legno) correnti lungo i due perimetri. Nell’intercapedine si ammucchiano terra e ciottoli di fiume ben compattati. Arrivati pià o meno alla cima del muro così ottenuto, si ha un camminamento continuo con parapetto doppio (oppure unico, solo dalla parte esterna), talvolta aggettante verso l’esterno, che serve alle ronde dei guardiani (gridi in russo dal norreno gard o guardiani). Questo camminamento verrà poi coperto con un tetto continuo e fornito di scale di accesso dall’interno e di garitte di sosta ad intervalli regolari.
Ad intervalli e in posizioni strategiche vengono innalzate torri quadrate dette vezha per l’avvistamento in lontananza (se a più piani vengono allora chiamate vysc’ka) e per l’uso di fuochi segnaletici.
Le porte di accesso sono torri quadrate come le altre, a più piani, intimamente connesse con i muri, più larghe alla base e un po’ più piccole in cima. Esse sono notevolmente più alte dei muri e servono principalmente per consolidare la struttura, ma anche per poter vedere chi sta arrivando e manovrare le aperture. In cima alla torre infatti c’è una piazzola quadrata, coperta da un tetto a quattro spioventi, e delle scale interne per scendere al piano inferiore. A terra nei lati, interno ed esterno, sono incardinate massicce porte (voròta) con coperture di metallo. Le porte sono sempre molto lontane dal fiume o dal fossato, per motivi di sicurezza. Davanti ad una delle porte si costruisce un ponte (most) levatoio o anche fisso. Il materiale di riporto, fino ad una certa altezza, ricopre all’esterno le mura per impedire l’azione del fuoco (v. Sobolev).

All’interno si erge il Detinez, il cuore del gorod ovvero il “magazzino blindato”. La parola è slava e sicuramente fu coniata dagli Slaveni, forse con una certa amara ironia, per indicare che in questa costruzione venivano rinchiusi i loro figli (in russo detjà) come ostaggi, presi a garanzia dai mafiosi variaghi contro loro eventuali rivolte. Oltre a questi figli di nobili il “magazzino” custodiva anche i ragazzi catturati per essere successivamente venduti come schiavi al mercato e poi tutte le ricchezze che venivano accumulate, prima di formare il convoglio commerciale diretto al sud.
Per questi motivi il Detinez si può tradurre, secondo me, con un neologismo ad hoc: Ragazzaio.
Il Detinez è ben chiuso a chiave (le serrature russe erano famose già a quei tempi per la loro resistenza allo scasso ! v. Kolesov) perché gli schiavi sono una delle merci più preziose di quel tempo e perchè qui ci sono anche le armi, accessibili solo a chi è della compagnia. Anzi il ruolo del magazziniere, chiamato (in russo kljucnik l’uomo delle chiavi), diventò uno dei ruoli più importanti alla corte russa di Kiev.
In seguito Detinez significherà e diventerà la residenza del principe con tutti i palazzi e i servizi annessi che al sud sarà chiamato più appropriatamente Cremlino (russo Kreml ovvero fortezza) …
Nel gorod infine è vietato assolutamente l’ingresso alle donne, salvo che non siano da vendere come schiave !
Intorno a questa possente struttura, al di là del fossato o dalla parte delle comunicazioni con la terra ferma, sarà concesso che si stabiliscano gli artigiani e gli operai che costruiscono e che lavorano per la mafia dei rus’. L’archeologia ci conferma anche questa separazione fra i padroni Variaghi armati e gli altri (v. A. Mongait, Grekov).
Dobbiamo però immaginare che questo gorod originariamente non fu costruito per essere abitato in continuazione. Esso era abbandonato alla brutta stagione vuoto, forse a qualcuno dei locali più fidati, quando i signori variaghi se ne tornano nelle loro terre svedesi.
Un dato archeologico strano è che si sono trovate vere e proprie città artigiane a 10-15 km dai gorod oggi tradizionalmente conosciuti, dette Gorodisce (cittadella in russo), stranamente troppo lontane dal “centro città” … I rus’ avevano sempre paura delle rivolte !

Questi gorodisce addirittura furono abbandonati verso la fine del dell’XI sec. come Gnjòzdovo vicino a Smolensk, Sar vicino a Rostov ed altri. Secondo me, questi primi nuclei di cittadine artigiane, abitate da persone strappate temporaneamente all’agricoltura nella bella stagione, confluiranno più tardi intorno ai centri del potere, quando crescerà l’importanza politica di ogni gorod. Alcune saranno abbandonate, solo perchè non si unirono ai gorod, ed altre invece confluiranno nelle città nuove (in russo novgorod).
Di gorod se ne costruiranno numerosi e diverranno tipici aspetti del paesaggio russo, come ho accennato prima.
Il primo gorod variago naturalmente è quello di Ladoga, come ci informa la redazione Ipatievskaja della CTP, fatto costruire proprio da Rjurik e che gli scavi ci hanno fatto trovare a ca. 13 verste dalla foce del Volhov, dopo un ampio promontorio che lo nasconde da chi entra nel lago dalla Nevà .

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