STORIA DELLA RUSSIA

5. Scena seconda
6. Gli eterni migranti

5. Scena seconda

La storia che voglio raccontare in effetti non si svolge soltanto nell’immensa Pianura Russa, ma inizia nel Baltico o Mar dei Variaghi, come questo mare interno è chiamato nella CTP.
Se osserviamo questo “mediterraneo” del nord, ci accorgiamo che l’unica comunicazione delle sue acque con il mare aperto - il Mare del Nord – è solo attraverso l’Arcipelago Danese, per il resto esso non è che un grande lago con due grandi bacini. Un bacino allungato verso nord (oggi Golfo di Botnia) e un bacino orientale che finisce in un angolo remoto (oggi Golfo di Finlandia). Oltre le isole danesi verso est ci sono altre isole di notevole estensione, come Gotland o le isole Estoni che chiudono il Golfo di Riga. Nel Baltico si versano fiumi di grossa portata come la Dvina o la Vistola, ma non sono paragonabili ai grandi fiumi che ad esempio si versano nel Mar Nero e perciò non ne diminuiscono molto la salinità, ma costituiscono un ambiente favorevole ai salmoni e alle aringhe.

Le coste baltiche settentrionali, notevoli per la presenza di foreste e laghi innumerevoli di grande superficie subito dietro la larga striscia sabbiosa delle spiagge ha, oggi come ieri, una scarsissima popolazione litoranea e questa gente, oltre alla pesca e all’allevamento di animali resistenti ad un clima preartico, da dove trarrebbero sostentamento ? L’agricoltura si può praticare solo con fatica sulle coste sabbiose di questo mare … desertificato persino dai famosi e forti venti estivi ! Più o meno lo stesso aspetto hanno le coste baltiche opposte, salvo la presenza dei grandi fiumi come l’Elba (Laba), la Vistola (Visla), l’Oder (Odra) etc. !
Detto questo, il mondo intorno a questo mare nell’VIII sec. d.C. è comunque un mondo in forte espansione e le popolazioni che lo frequentano in questo periodo sono quasi tutte germaniche sulle coste nord, anche se si incuneano da nordest tribù finniche e sulle coste meridionali si affacciano Slavi e Balti. Alcune tribù germaniche hanno già trasmigrato nel sud (nell’Impero Romano soprattutto) e hanno così confermato ai congeneri rimasti indietro le notizie tramandate di climi dolci e di vita più ricca e perciò hanno alimentato le aspettative di chi è rimasto a nord, in un angolo di mondo in cui la civiltà e la natura fanno fatica a mantenere in vita grandi gruppi di uomini.

La società del nord ha conservato un legame famigliare molto forte. Si vive raggruppati in grandi gruppi di parenti, proprio affinchè tutto il gruppo aiuti ogni suo membro dalla vita alla morte in una natura temuta ed ostile. Ogni estraneo è un “diverso” e potenzialmente pericoloso e fa molta fatica, prima di accedere all’intimità di una famiglia che non è la sua.
La realtà esterna è sentita quasi come una nemica, la si deve soggiogare, perché è necessaria per la sopravvivenza di tutti. E’ popolata di spiriti, sempre pronti a colpire a morte chi la offende, e le leggende e le favole di mostri umani e belve ferocissime che gironzolano intorno ai luoghi abitati nascosti fra gli alberi sono numerosissime e quindi l’unico rifugio sicuro è la casa o il villaggio. Il fatto che le stagioni calde e luminose siano brevi fa sì che l’oscurità diventi un evento terribile e pauroso. La foresta, dominante quel paesaggio, è il miglior simbolo di questo buio cupo quale luogo intricato e oscuro che circonda la casa e la comunità, quasi in un assedio minaccioso e continuo, abitata com’è da animali famelici e da folletti pericolosi e gli unici spazi dove si respira libertà sono le distese dei laghi, specialmente quando questi sono ghiacciati.
Chi vive sulla costa sud, naturalmente vive forse un po’ meglio degli altri perché guardando il mare aperto può addirittura progettare di partire sulle navi alla ricerca di mondi nuovi e meravigliosi. Quante saghe islandesi non sono altro che questo inno all’avventura sul mare verso luoghi sconosciuti, ma sicuramente pieni di ricchezze !

Le città-mercato del Baltico svedese o danese sono sempre sull’acqua, sia per la difesa, sia perché l’acqua degli enormi laghi interni svedesi (il Mälaren ad esempio) o delle lagune in prossimità del mare sono l’unico passaggio possibile verso il mondo esterno !
La situazione di alcune di queste città, le rese molto prospere coi loro mercati periodici, tanto che furono visitate da gente esotica, dai vestiti e dai tratti del volto insoliti e che ci hanno lasciato impressioni e testimonianze scritte su questo nord.
Dalla Svezia o dalle isole, ogni volte che è possibile, la gente accorre verso queste città, proprio perché vi si trovano sempre cose belle e strane, portate dai vicini paesi del sud: Insomma sulla costa è l’avventura, il futuro radioso di chi vive di stenti !

Il mondo germanico del nord in verità è rimasto chiuso in sé stesso da secoli. Il suo isolamento dal resto del continente fa sì che questi uomini non abbiano grandi contatti con le altre realtà culturali del resto dell’Europa e, a causa di ciò, conserveranno credenze e usi estremamente antichi e rozzi fino al XII-XIII sec. Tuttavia proprio intorno all’VIII-IX sec. d.C., una congiuntura bioecologica favorevole smuoverà tutta la Scandinavia e le sue genti si spargeranno in tutta l’Europa, fino al Nordafrica.
Alcuni gruppi dalla Svezia e dalla Norvegia, più arditi degli altri, già nel VI sec. d.C. si erano mossi e si erano diretti verso le coste meridionali. Probabilmente questi scandinavi si stabilirono sulle coste della Finlandia occidentale o intorno al Golfo di Riga, e saranno conosciuti come uomini resistenti alle fatiche, pronti a farsi ingaggiare per la loro abilità di rematori o di traghettatori in mare aperto o lungo i fiumi. Costoro saranno la prima testa di ponte dei Variaghi sulle coste settentrionali della Pianura Russa …

Gli Scandinavi più avventurosi e più fortunati, sono quelli che si sono mossi dalle coste norvegesi verso sudovest, giungendo facilmente sulle coste della Scozia, dell’Irlanda o su quelle dell’Impero dei Franchi. Probabilmente prima di diventare veri e propri pirati, hanno già tentato di esercitare lo scambio coi popoli della costa opposta del Mare del Nord, ma quello che hanno da offrire è molto poco rispetto alle ricchezze che i popoli cristiani ostentano e così, abbagliati dagli ori e dalle ricchezze delle abbazie che si intravedono nelle nebbie già dalle loro navi, decidono che il modo migliore di fare scambi è quello di saccheggiare tutto con la cieca forza. Anzi, senza sforzarsi più di tanto, cattureranno donne e bambini e poi ne chiederanno il riscatto radunando i tapini impauriti e indifesi in un luogo convenuto e contrattando con i congiunti, sotto la minaccia di mandarli schiavi chissà dove. La congiunzione storica è persino favorevole perché l’Impero dei Franchi è indebolito: è appena uscito dagli scontri coi Mori della Spagna e degli Unni dell’Oriente. Le abbazie sono rimaste isolate e i contadini in gran parte è imbelle, perché o troppo giovani o decimati dalle guerre continue.

Gli Scandinavi, prima di gettarsi in battaglia, si ubriacano per non sentire alcun dolore o per rendersi più irresponsabili mentre combattono e saccheggiano e così si diffonde la fama del Vichingo invincibile e temibilissimo, senza pietà e dalla forza immane e imbattibile, pagano e odioso.
Quelli che si avventurano sul Mar del Nord infatti saranno chiamati Vichinghi (ovvero quelli che vengono dal golfo) e che faranno più fortuna di tutti, tanto che alcuni di loro non ritorneranno più in patria, perchè costituiranno dei veri e propri regni autonomi nelle terre conquistate, dimenticando in parte anche le loro origini (come Rollone/Hrolfr in Normandia) e facendosi legittimare, col battesimo cristiano, come re e principi: Il sogno di una vita !
In verità alcuni degli Scandinavi di origine norvegese saranno così arditi da colonizzare la lontanissima Islanda, mentre i danesi arriveranno fino alla Groenlandia ed oltre, ma saranno rotte poco frequentate ... perché troveranno il deserto ! Anche la rotta che, aggirando la costa settentrionale della Norvegia dall’attuale Capo Nord, risalì la Dvina settentrionale e giunse fino alla Terra di Perm (in norreno Bjarmaland) fu aperta da un certo Oter norvegese, ma fu abbandonata … sempre per la sua poca convenienza economica e, presto dimenticata, fu lasciata alle manipolazioni della leggenda.

L’intento dei pirati scandinavi era il bottino sotto qualsiasi forma, ma queste aree baltiche, inospitali sia a causa del freddo che della rara popolazione che vi si trovava, non hanno niente da offire tanto che nelle Saghe islandesi Perm (Bjarmaland) e la Lettonia (Kurialand) sono dette appartenere al Jotunheimr ovvero la Casa degli Spettri e dei Mostri, perché l’unica impressione che esse hanno lasciato ai visitatori scandinavi è la desolazione della tundra o l’aria di mistero e di pericolo che circondava la foresta fitta di queste parti.
Se gli Scandinavi di origine norvegese hanno davanti il ricco Regno Franco, quelli di origine svedese non possono invece che volgersi nel Baltico ad est e a sud, dove saranno in pratica da soli a dominare. Purtroppo però qui non ci sono ricche abbazie da saccheggiare o palazzi reali da assaltare, ma solo coste dove abita gente che non vive molto meglio di loro. Le coste meridionali (oggi polacche e tedesche) sono anzi, esse stesse, pericolose a causa della presenza di pirati concorrenti, slavi e baltici, che aspettano uno sbarco o un naufragio, nascosti nella foresta retrostante per uscire all’improvviso dal fitto e catturare chiunque cerchi rifugio sulle loro spiagge.

Il bottino delle razzie, rispetto a quello che i loro colleghi ricavano all’ovest, da queste parti è misero e faticoso da mettere insieme e a questo punto sembrerebbe logico che questi Vichinghi dell’est frustrati dall’insuccesso si sentano spinti a proseguire oltre, a cercare la via ai mercati del sud … lungo i fiumi russi ! Logisticamente però anche questa è un’impresa molto complicata e costosa e le vie d’acqua per giungere alla favolosa Costantinopoli, la più grande città del mondo, o nella favolosa Baghdad, altrettanto famosa e ricca, sono sotto il controllo di altre genti con le quali bisogna fare i conti.
Bisogna quindi muoversi bene armati … La pirateria da queste parti è quindi un’impresa difficile e che richiede molto tempo, prima di mettere insieme un buon bottino. Ci sarà la necessità di accordarsi coi locali, di scegliere gli amici e i nemici per assicurarsi la sicurezza del cammino da percorrere all’andata e al ritorno, e, solo così, le bande troveranno le condizioni per avventurarsi all’interno della grande Pianura Russa e per attraversarla fino al grande Mar Caspio ed oltre, dopo essersi districati fra Finni e Slavi, ottenuto l’amicizia dei Bulgari del Volga e i permessi dei Cazari di Itil.
E’ basilare perciò la loro organizzazione. E dunque questi avventurieri costituiranno un gruppo di persone legate fortemente fra di loro, solidali e che non accettano né defezioni, né intrusioni di estranei, e che, soprattutto, sono disposti ad uccidere senza pietà.
Ecco dunque i tre tipi di scelte che offre a questi uomini la Pianura Russa:

• C’è chi sceglie di tentare le spedizioni di rapina. In tal caso deve trovare un buon capitale iniziale e formare un gruppo, sottostando a dure regole di sicurezza personale. Il gruppo sa di correre il rischio di racimolare poco o di morire durante il lungo viaggio, oltre a dover rinunciare a qualsiasi legame affettivo, finchè dura la spedizione. Questi ritorneranno di solito alla base di partenza, prima dell’inverno.
• C’è chi sceglie una vita più pacifica e lega coi locali. Sverna sulle coste o del mare o dei laghi, magari formandosi una famiglia, vive del suo lavoro di artigiano durante l’inverno o del lavoro di rematore/carpentiere navale durante l’estate, partecipando (perché no ?) ai convogli dei suoi connazionali che si dirigono verso il sud. Questi di solito non vanno molto lontano e lasciano il convoglio prima di entrare in territorio cazaro.
• C’è infine chi sceglie di unirsi all’impresa piratesca solo per fare il soldato mercenario per due o tre anni, presso le corti meridionali che pagano bene. Questi non ritorneranno più in patria.

Coloro che hanno scelto di svernare sono probabilmente i più antichi visitatori della Pianura Russa e sono quelli che gli Estoni e i Finni chiameranno Roots/Ruotsi ovvero i rematori e gli Slavi della zona di Pskov K’lbjagi ovvero gli sperticatori. Entrambi le parole sono corruzioni di parole norrene (Rothsman, rematori e Kylfingar, sperticatori) e provano la provenienza di questi Vichinghi dell’Est che, per vivere, sono pronti ad offrirsi per questi lavori stagionali. Sono arrivati alla spicciolata, esplorando o per qualche naufragio, e poi hanno deciso di rimanere, legandosi alla comunità locale.
Quelli che invece cercano un’avventura mercenaria di solito continuano il loro viaggio lungo i fiumi e non appena arrivano in vista di Itil, la capitale cazara, o trovano un convoglio diretto a Bisanzio o a Baghdad, vanno a tentare l’avventura, presentandosi nelle corti come guardie scelte o soldati speciali. Questi “amici” che fuggono di nascosto, perchè rompono il patto e scelgono di non tornare in patria, è forse l’unica contraddizione all’interno degli sparuti gruppi di Vichinghi dell’est … Sono proprio loro che saranno impiegati quali guardie imperiali o corpi militari speciali dai regni mediterranei.

I cosiddetti pirati-mercanti sono invece le bande più selvagge, le druzhìne (da drutt in norreno, che significa banda di coetanei), perché sono sbarcati qui solo per “far soldi” e non hanno altro interesse, se non fare tutto in fretta.
Si comportano da pirati finchè rimangono nel nord a raccogliere le merci, ma arrivati poi in zona cazara, devono mettere le armi da parte e sono costretti a comportarsi da pacifici mercanti, finchè non avranno venduto tutto quello che hanno portato con sé. Le armi le riprenderanno al ritorno …
Per costoro un viaggio per il sud fa parte evidentemente di un progetto di stagione steso “a tavolino” prima di lasciare le coste svedesi, con tappe stabilite a cominciare dal periodo in cui i fiumi russi sono percorribili, dagli accordi con i mediatori ebrei che li accompagnano qualche volta fino ad Itil e dal tempo prefissato per ritornare in Scandinavia all’inizio dell’inverno per gli ultimi grandi mercati dell’anno, prima della grande gelata. Probabilmente hanno raccolto informazioni dai loro connazionali che vivono là, ai quali fa comodo arrotondare i guadagni, collaborando.

I Variaghi che “commerciano” in questo modo non troverebbero alcuna convenienza a stabilirsi in queste plaghe che non sono, dal punto di vista ambientale, tanto migliori di quelle da dove provengono. Gli unici mercati dove convertire il bottino in gemme preziose o oro e argento sono lontani e i pirati preferiscono essere di passaggio. C’è però il problema del ritorno lungo lo stesso fiume e attraverso le stesse genti che hanno rapinato all’andata ed è quindi giocoforza assicurarsi che al ritorno si possa tranquillamente riprendere il mare del ritorno.
Si faranno costruire perciò delle basi, permanenti o provvisorie, dove lasciano qualcuno dei loro di guardia, mentre il grosso della banda è in viaggio nel sud. Sanno bene che, prendere una misura del genere, significa instaurare un rapporto con i locali in qualche modo, poiché costoro, contadini o raccoglitori, Slavi o latri, dovranno “mantenere” il gruppetto rimasto di guardia alla postazione, costretti a fornire, oltre alle merci già sottratte, anche da mangiare e magari, perché no ?, le loro figlie, dato che costoro sono giovani e vogliosi. E’ chiaro che tutto sarà pagato “a bassisimo costo” … cioè estorto sotto la minaccia delle armi !
Ogni altro contatto con i locali, salvo l’indispensabile, è proibito alla guarnigione e soprattutto si dovrà stare attenti alla circolazione di armi o arnesi di ferro al di fuori della postazione. Sappiamo dai documenti che il fabbro rimarrà un artigiano molto sorvegliato che lavora solo per i Variaghi e che le lame di ferro sono uno degli articoli migliori che i rus’ portano a Itil’ sin dalla lontana Svezia.

Si costruiscono così dei fortini lungo i fiumi su alture da dove sia visibile lo spazio tutto intorno e rigorosamente lontani dal fitto della foresta ! Questa serie di fortini, quando diventeranno città permanenti, darà il nome alla Terra Russa nelle saghe islandesi: Gardariki - la Terra dei Fortini - o semplicemente Gardar - i Fortini (v. l’Edda di S. Sturluson) !
Gli abitanti locali, gli originari baltici, saranno quelli che soffriranno di più e si rinchiuderanno in se stessi fino al XIII sec. quando ritorneranno alla ribalta della storia.
I Balti sentiranno questa intrusione molto più negativamente di quelle quasi contemporanee degli Slavi dal sudovest e dei Finni dal nordest perché le razzie variaghe portano disordine, morte e deportazione e li privano delle risorse della loro foresta, ma, essendo gente debole militarmente, rinunceranno per il momento a qualsiasi rivincita organizzata.
Logicamente i Balti (come pure i Finni), raccoglitori e seminomadi, vessati dai Variaghi selvaggi, non appena sarà possibile e conveniente, ricorreranno o si coalizzeranno con gli Slavi per cacciare gli intrusi stranieri, con il risultato (che non si è mai concluso completamente neppure oggi) della loro assimilazione con questi ultimi, che sono in numero molto maggiore ! Questa situazione maturerà poi nello stato di Novgorod, come dirò.
I Variaghi non si cureranno di questi problemi locali e, approfittando della loro superiorità militare, la faranno da padroni con facilità, senza alcun riguardo, ma in questo modo porranno anche le basi della loro scomparsa culturale.

6. Gli eterni migranti

Gli Slavi nella storia scritta d’Europa appaiono più tardi degli altri popoli e nella Pianura Russa sono addirittura gli ultimi ad arrivare.
Sicuramente erano conosciuti, non distinti molto bene dagli altri popoli, da Roma classica, e non è tanto fantastica l’ipotesi che gli antichissimi e misteriosi Veneti nostrani e i Venedi o Vendi della costa baltica meridionale fossero figli di uno stesso popolo, anche se divisi da secoli di storia diversa. Questo spiegherebbe così ad esempio come mai, già in epoca classica (Plinio, Strabone), sia presente una città di nome Tergeste (oggi in italiano, Trieste) che altro non è che la parola anticoslava t’rgosc’te ossia “mercato”.
Il professor Alexandr Jeliseev (Gli antichi Russi: Popolo e Casta) pensa poi che la rassomiglianza fra la denominazione anticorussa dei russi di Kiev rus’iny, quella greca rosenis (anche per i russi di Kiev) e ancora rasenis per gli Etruschi (gli Etruschi chiamavano se stessi Rasenna) non sia casuale e che per questo motivo i popoli russi non sono arrivati così tardi alla storia come sembra. Sia questo vero oppure no, non mi è stato possibile verificarlo e … chissà qual è la verità in questi casi così remoti nel tempo !

In Germania tuttavia l’idronimica e la toponomastica mostra ben chiaro l’antichissimo substrato slavo fin sotto la riva sinistra del Reno (ad es. Lubecca, Rügen, il fiume Elba sono tutti nomi slavi) e questo non è dovuto solo alla deportazione degli slavi Vendi al tempo di Carlomagno, ma nella stragrande maggioranza dei casi è sicuramente di gran lunga anteriore. Dall’altra parte dell’Europa, lungo le coste orientali del Mar Nero e nel Caucaso e fin nel lontano Iran, le tracce degli slavi continuano ad apparire qua e là, persino nei tratti del viso della gente locale, benché qui si possa pensare ad infiltrazioni molto più tarde (XI-XIII sec. e oltre).
Con questi elementi dovevo perciò stare molto attento perché è vero che in una ricerca si trova di solito quel che si vuole trovare e non bisogna scivolare nelle trappole anche etimologiche, ma sicuramente questi popoli delle foreste che noi abbiamo chiamato Slavi, sin da tempi antichissimi abitarono la parte nordorientale dell’Europa, più o meno dal bacino dell’Elba fino alla catena delle Alpi Dinariche, e, successivamente con la loro migrazione verso nordest, arrivarono ad occupare tutta l’area meridionale dal Mar Baltico fino alla laguna della Vistola, spostando avanti a sè i locali Balti. Più tardi erano poi sciamati fino alla riva sinistra del Volga e fino al Mar d’Azov, dove si trovano ancora ai nostri giorni ! Un esercito arabo verso la metà dell’VIII sec. mentre insegue il kagan cazaro ne cattura un bel po’ nelle terre dei Burtasi lungo il corso medio del Volga (v. M. Artamonov) !

E non solo …
Nei loro spostamenti fin da tempi lontani, i Goti, gli Unni, e altri nomadi che passavano a sud di Kiev nella steppa ucraina, s’imbattevano costantemente, con i popoli slavi stanziati in quelle zone, e li trascinavano con loro nelle migrazioni verso ovest.
Insomma posso tranquillamente affermare che gli Slavi l’Europa li conosce da lunghissimo tempo …
Tuttavia se gli Slavi, insieme a Goti, Vandali etc., strariparono già con le Völkerwanderungen (invasioni barbare le chiamiano noi) germaniche prima del VII sec. d.C. nell’Impero Romano e se i romani chiamarono questi popoli “invasori” senza distinzione, selvaggi e barbari, perché distrussero quello che rimaneva del loro decadente Impero, gli Slavi (insieme agli altri) portarono con sé - comunque ! - ricchissime e antichissime culture proprie, materiali e spirituali, elaborate cosmogonie e credenze sull’aldilà, costumi e “superstizioni” che ancora oggi vivono e permeano la nostra vita.

Non voglio qui insistere sull’introduzione delle mutande e dei pantaloni dal mondo slavo nel vestire dei romani o sulla cravatta, sciarpa usata come segno di distinzione dagli Croati, o ancora su quel vestito lungo e semplice chiamato sclavina (degli Slavi) che fu così diffuso nel Medioevo europeo e neppure sul fatto che quasi ogni casa ricca dell’Europa Occidentale, specialmente dei regni arabi della Spagna e della Sicilia, ci fossero quasi esclusivamente schiavi provenienti dalla Pianura Russa (Schiavo e Slavo infine sono la stessa parola !) fino alla fine del Duecento e oltre, ma non dobbiamo mai dimenticare che questi popoli con le loro “novità” hanno contribuito alla costruzione dell’Europa, com’essa è oggi !
Gli Slavi, nome senz’altro ambiguo anche dal punto di vista antropologico, abitavano perciò la zona (oggi in gran parte tedesca) del bacino dell’Elba fino al X sec. d.C. (solo qualche minoranza è sopravvissuta alla “germanizzazione” cominciata già nel regime imperiale degli Ottoni del X secolo !). Gli Slavi possono essere divisi abbastanza bene, sulla base delle loro lingue, in due gruppi principali: Slavi Occidentali e Slavi Orientali e un sottogruppo: Slavi Meridionali, più affine al gruppo orientale. Le lingue slave (sono circa una ventina quelle documentate, insieme a quelle parlate ancora oggi) non erano (e non sono) molto differenziate fra di loro e ciò denuncia una loro separazione molto recente dalla parlata originaria, una separazione fra di esse databile al massimo intorno al VI sec. d.C.

Per questa ragione, durante il tempo della nostra storia (IX-X sec.) e della diffusione del Cristianesimo nella Rus’ di Kiev, il paleobulgaro (paleoslavo o slavone ecclesiastico) era la lingua unica per gli Slavi Meridionali e Orientali, capita senza fatica dalla Tracia fino alla lontanissima Novgorod !
Alcuni popoli slavi mossero verso sud già nel VI sec., superando i Carpazi e i monti della Transilvania e penetrarono talmente in profondità nei territori dell’Impero Romano da giungere a popolare il Peloponneso e Creta: Sono le invasioni slave del 581-586 d.C. ! Col tempo questi Slavi però furono “grecizzati” dalla superiore cultura ellenico-romana attraverso i programmi di “deslavizzazione” del territorio intrapresi da alcuni imperatori bizantini, come Maurizio. Altri invece, spinti dai Germani da occidente e da nord, si diressero a nordest, verso le coste del Mar Baltico, ed altri ancora, superati i Carpazi Orientali, migrarono verso est nell’immensa Pianura Russa.

Successivamente in un’ondata di ritorno, molto contenuta in verità, altri Slavi arrivano in Occidente, trascinati prima dai Bulgari di Asparuch, divisosi da suo fratello Batbai e diretto verso occidente lungo la riva settentrionale del Mar Nero alla metà del VII sec. e poi ancora coi Magiari, diretti in Pannonia sotto la guida di Almosc’, verso gli inizi del X sec. Se però i Bulgari del Volga di stirpe turca verranno addirittura sommersi nella popolazione slava quando si stabilirono nell’Alta Tracia, in Ungheria invece gli Slavi che accompagnano i magiari furono una minoranza e scomparirono nell’etnos magiaro completamente.
Gli Slavi non erano però solo delle popolazioni in perenne movimento come può sembrare. Ebbero anche degli stati organizzati …. Il più antico stato slavo nel cuore dell’Europa è il regno fondato da un leggendario personaggio (forse un mercante) franco, di nome SAMO, ricordato dalla tradizione proprio come Regno di Samo, primo nucleo del Regno di Boemia (Cechia) del VI sec. Segue poi il Regno (o Impero) di Bulgaria “autorizzato” in Tracia da Costantino VI nel 681 d. C. nel cuore dell’Impero e solo dopo apparirà la Rus’ di Kiev, con grandi influenze bulgare, riconosciuta da Costantino VII Porfirogenito nel 945 d.C.
Per quanto riguarda i polacchi infine, il primo nucleo di stato a Cracovia è di poco successivo alla Rus’ di Kiev !

Nei secoli VI-IX d.C. delle migrazioni slave, l’Impero Bizantino aveva attraversato anni difficili, travagliati da continue pestilenze e carestie e conseguenti tracolli economici tanto che molti imperatori avevano dovuto quasi incoraggiare la venuta di popoli nuovi nelle zone devastate e spopolate. Il problema che poi si era posto era stato un altro: Alcuni popoli che arrivavano dall’est purtroppo erano nomadi e non praticavano l’agricoltura sistematica, come invece si richiedeva per il ripopolamento delle terre dell’Impero, mentre facevano più comodo le invasioni lente e continue degli Slavi che erano contadini, anche se molto primitivi rispetto all’agricoltura bizantina !
Dice lo storico medievale Gregorovius, a mio avviso con una certa esagerazione e ingiustamente, che le invasioni slave avevano causato:
“La povertà e la devastazione della Grecia, la lotta del suo popolo con i barbari invasori, l’annichilamento dell’elemento greco in alcune province, il ritirarsi e il rifuggire nelle città fortificate o sulle montagne o nelle isole …”

Se queste furono le sensazioni fino alla vittoria di Stauracio, sceso contro gli Slavi per incarico della moglie dell’Imperatore Leone IV, Irene, nel sec. VIII d.C., Bisanzio già al tempo di Giustiniano II Nasotagliato (689 d.C.) tuttavia si accorse che ormai era ora di trasformare i popoli slavi stanziatisi nei territori imperiali in soggetti o alleati dell’Impero, se voleva evitare il proprio tracollo. Iniziarono così le procedure per la deportazione e l’evangelizzazione degli Slavi sia nei territori interni, e qui l’ellenizzazione fu abbastanza rapida come a Creta e nel Peloponneso, sia nei Balcani, dove era urgente portare questi popoli confinanti “a più miti consigli” e fissarli definitivamente nelle sedi dove ora si trovavano senza ulteriori spostamenti.
Gli Slavi perciò, non solo si stabilirono nelle terre assegnate, ma portarono con loro anche alcuni cambiamenti importanti nel sistema agricolo-sociale bizantino.

Se per tutto il VII-VIII sec. nell’Impero dominò il latifondo delle chiese e dei monasteri e successivamente quello dei grandi senatori-proprietari terrieri, con la penetrazione slava si allargò e rafforzò la classe dei contadini liberi. La costumanza slava infatti era di coltivare la terra in comune, dividendosela fra le famiglie di ciascun villaggio, e per questo si richiedevano appezzamenti separati per ogni “grande complesso famigliare” (o sklavinìa, greco per comunità slava) e senza che si costituisse un latifondo con un solo grande padrone. Addirittura quegli slavi che venivano impiegati nell’esercito bizantino che aveva bisogno di coprire un numero di ca. 120.000 uomini in servizio (l’imperatore Leone VI, nel 912, lamenta di non trovar gente che sappia maneggiare arco e frecce !), erano compensati dal governo, finite le ostilità, come “proprietari-concessionari a vita” di un pezzo di terra da coltivare e già nel IX-X sec. i nuovi coltivatori slavi crearono una classe di ex-soldati “ausiliari” (symmachoi in greco, v. L. Kazhdan), che aumentava sempre di più …

Ritorniamo un momento un po’ più indietro nel tempo …
Verso la fine del VII sec., come abbiamo visto, lo scopo di fermare le migrazioni dal nord nell’Impero sembrava infine raggiunto. Tuttavia proprio questo causò lo spostamento della direzione dei migranti e gli Slavi si diressero al di là dei Carpazi orientali, verso la Pianura Russa !
Siccome a me interessavano in particolare gli Slavi Orientali, mi sono convinto che la zona di partenza e di differenziazione degli antenati dei popoli russi fu proprio l’area subcarpatica intorno alla Volynia (più o meno la Galizia dell’ex Impero Austro-ungarico).
Ci sono già dei tratti tipici distinguono questi Slavi che passano i Carpazi dagli altri ? Sicuramente parlano una lingua slava. Il fatto di esser pagani o di lavorare la terra possono renderli diversi ? Per fortuna abbiamo alcuni stereotipi lasciatici dai generali e dagli imperatori bizantini che li hanno incontrati che ci aiutano ad immaginarceli meglio.
Ad esempio l’Imperatore Maurizio nello Strategikon dice, più o meno:

“Gli slavi benché barbari sono mansueti, amabili e gentili coi prigionieri. Amanti della libertà e quindi si mostravano spesso insubordinati persino ai loro capi. Le loro comunità, chiamate dai greci sklavinìe, avevano un capo e ogni comunità era sempre in lite con l’altra accanto. Inoltre erano male organizzati e male armati e perciò a volte costituivano una preda facile.”

Più caratteristica ancora è invece la descrizione che gli Slavi del Nord danno di se stessi nella cronografia bizantina del VI sec. (citato da N. Karamzin):

“I Greci hanno fatto prigionieri tre stranieri che avevano insieme alle armi delle cetre chiamate gusli. L’Imperatore ha chiesto loro chi fossero. Essi hanno detto: Siamo slavi e viviamo alla lontanissima fine dell’Oceano Occidentale (cioè il Mar Baltico). Il Khan degli Avari dopo aver mandato dei doni ai nostri anziani ci hanno richiesto degli eserciti perché si muovessero contro i greci. Gli anziani hanno accettato i doni, ma hanno mandato noi dal Khan con molte scuse di non poter dare l’aiuto richiesto a causa della grandissima distanza. Noi stessi siamo stati in viaggio per ben 15 mesi. Il Khan senza tener conto dell’intoccabilità degli ambasciatori non ci ha lasciato tornare in patria. Avendo noi udito della ricchezza e dell’amichevolezza delle genti greche, sfruttammo l’occasione per recarci in Tracia. Noi non siamo usi alle armi e suoniamo solo il nostro gusli. Non c’è ferro nelle nostre terre e non conosciamo guerre e amiamo la musica e conduciamo vita pacifica e tranquilla. L’imperatore ha ammirato le qualità dei costumi pacifici di queste genti, la loro altezza corporale e la loro forza e così ha fatto loro buona accoglienza e poi li ha riforniti per il viaggio di ritorno nella loro patria.”

E ancora Procopio di Cesarea (VI sec.) nella Guerra contro i Goti dice degli Slavi e degli Anti: “Il colore della loro pelle e dei capelli non è molto chiaro o dorato, ma neppure scura e quindi più o meno rosso scuro.” Però, aggiunge, si distinguono per l’altezza e per la forza, entrambe grandi !
Quanto di questi giudizi risponde all’indole del futuro popolo russo che lo rende distinto dagli altri ? Come rintracciare con questi ultimi criteri “razziali” gli antenati dei popoli russi ? Mi sono subito accorto che queste informazioni non mi bastavano e ho dovuto perciò ricorrere all’aiuto dell’archeologia che, al di là della lingua parlata in un certo luogo e in un certo periodo, esamina e classifica la cultura materiale di quel luogo e di quel periodo e la confronta con le altre conosciute, deducendone così originalità e affinità e evoluzione.
Grazie allo sforzo di generazioni di archeologi che hanno scavato e classificato per anni i reperti del bacino del fiume Elba e della zona subcarpatica in particolare, l’unica cosa che si è potuto definire, è che la patria comune dei popoli slavi di oggi non può essere che la Mitteleuropa. Di qui sono originati gli antenati di tutti i popoli slavi.

L’archeologia ha cercato la presenza di una certa cultura materiale tipica, che potesse essere indubbiamente attribuita agli Slavi e allo stesso modo gli archeologi sovietici ne hanno cercato un’altra tipica per le aree della Pianura Russa, che si potessero attribuire agli Slavi Orientali. Gli scavi hanno messo in evidenza qui che, malgrado la data ormai universalmente accettata della migrazione verso nordest intorno all’VIII-IX sec. d.C., già nel VI sec., e forse prima, al di là dei Carpazi c’erano popolazioni slave che si andavano diversificando.
V.V. Sedov, archeologo specialista del Medioevo slavo-russo dice:

“Una delle più grandi forze in movimento del primo Medioevo europeo furono gli Slavi.” e più avanti “Caratteristici per il IX-X sec. furono i kurgany con le sepolture a cremazione. … (e solo) nel X sec., al posto della cremazione, entra l’inumazione che nel secolo seguente diventa dominante … (mentre) nelle regioni di confine del sud dei Volyniani e dei Poliani, i kurgany con cremazione … non sono assolutamente conosciuti"
Concorda più o meno con questo modo di vedere J. Hermann, archeologo tedesco, che data fra il VI e il VI sec. la diffusione generale della cremazione fra gli Slavi. Insomma secondo i dati archeologici, è possibile affermare che almeno un tratto distintivo degli antenati del popolo russo c’è ed è la cremazione dei morti e l’inumazione dei resti con le offerte votive in tumuli caratteristici chiamati generalmente kurgany. E allora come fare per distinguere fra i popoli russi e gli altri Slavi rimasti al di qua dei Carpazi ? Forse dalle tombe e dalle suppellettili o nei gioielli vi potrebbero essere tratti distintivi riconducibili ad una cultura slavo-russa, ma purtroppo una civiltà contadina povera lascia molto poco ai posteri curiosi …
Quel che non si riesce tuttavia a distinguere bene sono i vari gruppi, le varie etnie affini, giunte qui ad ondate successive o contemporanee, elencate dalla CTP, qualche secolo dopo.

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