STORIA DELLA RUSSIA

7. Un nuovo villaggio
8. Ecco gli antenati

7. Un nuovo villaggio

Se esaminiamo una carta geografico-storica dell’Impero Romano al tempo di Diocleziano, III sec. d.C., nella zona vicino a quella che a noi interessa possiamo notare nel bacino inferiore dell’Elba alcune tribù germaniche che stanno migrando verso ovest: Sono Angli, Sassoni, Franchi, Alamanni.
All’est, lungo la costa baltica meridionale (dal Golfo di Finlandia fino alla Danimarca di oggi) troviamo invece gli Aestii (forse dei Balti che poi, colonizzati dai Finni, diventarono gli Esti e poi gli Estoni di oggi), a sud di questi i Vendi che abitano fin sotto le Alpi, poi i Chuni etc.
A sud di Kiev invece ci troviamo Ostrogoti ed altri Germani, in migrazione verso l’impero bizantino.
Successivamente, al tempo della conquista araba del Nordafrica, VII sec. d.C., ecco che il quadro è cambiato e nelle stesse zone gli Aestii si sono spostati verso est e l’Elba è ormai un fiume slavo, mentre le steppe ucraine sono ora abitate da Peceneghi e Cazari che controllano tutta la zona fino sotto Kiev.
Insomma la Mitteleuropea, a parte l’incunearsi di Unni, Avari e Magiari che o scomparvero o non si slavizzarono mai, è ormai slava.

Abbiamo visto che questi popoli sono diventati principalmente agricoltori e nei loro spostamenti cercano, sempre e solo, terra da coltivare anche se le tecniche agricole che portano con sé sono ancora quelle più primitive di “rubare” il terreno alla foresta. Già abitano zone forestali dove oggi è la Turingia e dove scorre l’Elba e la Saale e sanno come trattare con essa, ma quando superati i Carpazi, i Tatra o il Bug Occidentale, si trovano ad affrontare “questa” foresta, quella della Pianura Russa, le cose si complicano …
Immaginiamoci una carovana di una cinquantina di persone (nutà), o forse più, in viaggio. Come guida per questa ricostruzione mi riferirò all’archeologia.

Nelle tombe scavate intorno a Kiev e intorno a Polozk, appartenenti ai secoli VII-VIII d.C., sono state ritrovate scarse masserizie, fra cui gli importantissimi strumenti per tagliare, per spaccare, per scavare, per arare, per zappare, le macine per far la farina e vari recipienti di coccio e persino di prezioso rame. I cadaveri sono calzati con scarpe ricavate dalle cortecce degli alberi, vestiti con tuniche, lunghe per le donne e un po’ più corte per i maschi, capelli lunghi e pendenti fino alla cintola.
Le donne sono state sepolte coi loro gioielli d’argento: fibule che fermano le pieghe e le cinture, fermagli fra i capelli, anelli appesi sulle tempie e collane d’argento. I maschi invece sono vestiti più semplicemente con coltello in cintola e con la barba che orna il loro viso.
Sono queste persone che m’immagino di vedere in cammino.

La strada che si segue è la riva del fiume costeggiando la fitta foresta fra i mucchietti di neve ancora ghiacciata che, quando si scioglie, forma rivoli che impicciano un po’ la marcia. Hanno con sé un trio di cavallini lituani attaccati con collare di legno, senza morso, ad una treggia-slitta e non si vedono carri con le ruote perché queste negli acquitrini sono inservibili. Pochi sono gli animali da allevamento: qualche capra, delle oche, maialetti e qualche scrofa più grossa. Vanno piano perché ci sono i bambini e le donne che si stancano presto e poi perché comincia a far caldo ed è umido e bisogna difendersi dalle zanzare, molto pericolose perché portatrici di malaria fulminante. Sicuramente cantano lungo il cammino per darsi un po’ di coraggio e tenersi su con la vita, ma soprattutto per annunciare il loro arrivo a qualsiasi persona ostile che li abbia avvistati o per tener lontane le belve, eventualmente in agguato nel fitto.
A capo della carovana c’è il patriarca o ciur (o sciur, non sappiamo con sicurezza come si chiamasse questo capo, ma abbiamo scelto questa parola che indicava l’antenato mitico o totemico di ogni grande gruppo famigliare slavo) che fa da guida, non perché conosca la strada, ma perché è lui che decide sempre la direzione da prendere, anche se è un uomo molto vecchio e secco come il bastone di comando che agita davanti a sé.

Ogni tanto il ciur si arresta perché ha visto un fil di fumo in lontananza e teme che possa essere qualche villaggio dei nativi. Sono i balti che forse non vedono di buon occhio questi arrivi inaspettati di estranei e, nascosti fra gli alberi, li guardano passare cercando di capirne le intenzioni. Il ciur è all’erta e pronto a parlamentare con loro per fare qualche accordo, magari passando qualche dono o proponendo un matrimonio con una delle tante figlie a disposizione, ma … di solito (anche questo è evidente dall’archeologia) non saranno accolti ostilmente.

Ed ecco una radura nella foresta.
Qui ci si può per il momento accampare e magari, esplorando meglio l’ambiente, potersi stabilire definitivamente. E’ quello che viene fatto. Si radunano i carri-slitta in cerchio e sulla base di quel che si è rilevato (razvedka), mandando gli esploratori in giro, si fa una riunione e si discute. Il ciur è sempre attento a non prendere mai le grandi decisioni da solo e lascia che siano discusse in assemblea, la cosiddetta vece, partecipata da tutta la comunità. Solo così può regnare la pace (
pace e comunità di villaggio in russo antico è la stessa parola: mir) !
La foresta sembra attaccabile da questo lato per ricavare un appezzamento di terreno (uciastok) e anche gli alberi sembrano essere buoni per poter costruirsi un riparo, le izbe, per le famiglie. Alcuni dei giovani sono subito mandati nella foresta per cercare frutti da mangiare, badando bene di non raccogliere le bacche che non conoscono, perchè potrebbero essere velenose. Chissà che non si trovi anche del miele ! Se lo trovassero devono subito segnarlo col loro simbolo magico, così che un altro cercatore si accorga che l’alveare è già di proprietà di qualcuno. Viene loro raccomandato di non allontanarsi troppo nel fitto per non perdersi, anzi si raccomanda di segnare bene i sentieri perché quei segni serviranno in futuro. Si raccomanda loro anche di dare un’occhiata in giro, alla selvaggina, se ne vedranno, e ai segni di presenze umane. Anzi, nel caso che incontrassero qualcuno che lo affrontino pacificamente, che lo invitino a mangiare con loro.

Il ciur, penserà lui a parlamentare ! Se l’incontro sarà ostile, evitare assolutamente la lotta fuggendo via (le vite dei giovani sono troppo preziose per il lavoro dei campi per spenderle in lotte sanguinose) per non farsi prendere prigionieri ed essere poi venduti schiavi !
La prima cosa che il ciur farà è quello di assaggiare l’acqua del fiume, di sentire se è troppo salata oppure se è buona da bere. Gli animali però sono già alla riva ad abbeverarsi alla prima sosta e ciò è buon segno perché già questo vuol dire che l’acqua è potabile ! Bisognerà sacrificare agli dèi che li hanno accompagnati fin là, magari uccidendo qualche gallo e spargendo il sangue sul luogo dove si vuol fondare il villaggio …
Scelta l’area dove insediarsi, il ciur segna i confini e fa tagliare dagli uomini abili, gli alberi che si trovanmo lungo le linee chde ha segnato e a poco a poco si dà fuoco a tutta la vegetazione all’interno del tracciato. Si aspetta che le scintille roventi si siano estinte e quanto rimane, rimescolando le ceneri con la terra e con l’acqua, con l’aiuto di vanghe e bastoni, sarà la terra da coltivare, tanto agognata. Solo dopo, si procederà alla seminagione, all’innaffiamento e così via, e si aspetteranno le messi.

Ed ecco in qualche settimana nascere il villaggio contadino. Le capaci izbe (case in russo) l’una accanto all’altra secondo regole e prescrizioni religiose antiche. I frontoni rivolti verso sud, l’entrata laterale e la divisione in due ambienti: uno caldo e uno freddo, col vestibolo in mezzo e sottoterra una capace cantina. Per consacrare il tutto … sotto la prima izbà si seppellirà un neonato (v. A. Sobolev) !
Per ora bisognerà revisionare tutti gli arnesi e scegliere le sementi e poi … via ! Al lavoro ! La stagione non è lunga e non si può perdere altro tempo ! Principalmente l’avena (Avena sativa) e la segala (Secale cereale), insieme al lino (Linum usitatissimum) e alla canapa (Cannabis), sono le piante che gli Slavi riescono a coltivare, quasi fin sotto il Circolo Polare Artico.
L’ambiente freddo dell’izbà accoglierà le derrate alimentari, mentre quello caldo, dove per il riscaldamento si sta costruendo nell’angolo la stufa (pec’ka) monumentale con argilla e ciottoli impastati, accoglierà la gente e gli animali tutti insieme.
La casa è stata costruita con alle spalle la foresta, e non lungo la riva, ma abbastanza lontana dal fiume e, intorno alle izbe, viene elevata una palizzata con pali appuntiti. per evitare intrusioni inopportune o inondazioni inaspettate.

Qualcuno tornato dal giro di ricognizione ha trovato una sorgente a fior di terra che si potrà usare … In seguito qui si scaverà un pozzo per l’acqua di ogni giorno, dato che non è tanto comodo andare e venire dal fiume con tutti i pericoli che ci sono per ragazze, donne e bambini.
La coltivazione si fa dividendo il campo in strisce, che alternativamente (da un anno all’altro) si seminano o si lasciano riposare a maggese (par). Di solito la terra da coltivare da parte di ciascun gruppo di famiglie è una lunga striscia larga più o meno la larghezza della casa e si estende davanti all’izbà.
Gli arnesi sono ancora di legno e non si è ancora adottato il vomere di ferro più largo, che rivolta e aera le zolle, ma che costa moltissimo per i mezzi d’acquisto del tempo. Si scava perciò poco profondamente e si zappa come si può, con rese in cereali naturalmente bassissime !
Il contadino perciò non disdegna di pescare i grossi pesci dei fiumi o di raccogliere bacche e frutti nella foresta o cacciare piccoli animali, ma ciò richiede uno studio più approfondito del nuovo ambiente che certamente seguirà al più presto …

Se tutto procederà per il meglio, il ciur l’anno prossimo manderà ad avvisare le altre famiglie del villaggio da dove era partita la nutà l’anno scorso, per invitarle ad insediarsi anche loro da queste parti …
La società è molto più semplice rispetto a quella d’oggi ed è assolutamente paternalistica. Certo ci sono delle disparità, degli individui che stanno meglio di altri e che cominciano ad accumulare più degli altri, ma la comunità è ancora la grande famiglia col suo capoclan, padre e padrone !
In effetti questo è un caso ideale, ma nella realtà, siccome il fiume era una via di comunicazione frequentatissima nella buona stagione, è logico che la compagnia di migranti, senza crearsi troppi problemi per la scelta e l’acquisto del terreno, aprirà in anticipo la trattativa col capo nativo locale. Incontrerà così i Balti che, benché arretrati nell’agricoltura, si mostreranno molto curiosi di imparare l’arte del coltivare (v. M. Gimbutas). Essi però conoscono i prodotti della foresta e quindi possono aiutare a star meglio e d’altronde, se non ci fosse questo connubio fra genti diverse, come si spiegherebbe l’intimo avvicinamento e la successiva assimilazione dei Balti agli Slavi ?

Gli Slavi si avventureranno fino alla riva destra del Volga, non andando oltre perché la zona è già occupata e altri immigranti non sono bene accetti !
La migrazione poi si trasformerà in insediamenti più o meno fissi, tenendo comunque presente che ogni 6 o 7 anni il villaggio comunque dovrà andare alla ricerca di terra nuova, finché l’economia agricola non evolverà e l’artigianato e il commercio non favorirà una stabile occupazione di coloro che non fanno i contadini.
Questa ricostruzione, trova conferma nei reperti archeologici e nei racconti delle bylìne, oltre che nelle notizie della CTP e di quelle dateci particolarmente da Procopio di Cesarea (VI sec.) e dalle testimonianze di Ibn Dasta (X sec.) e, di poco posteriori, di Al Masudi, Ibn Wakhscija o Ibn Fadhlan.
Il fiume evidentemente riveste un ruolo importantissimo, poiché non solo il nuovo insediamento sfrutterà la corrente per gli usi d’ogni giorno, ma incoraggerà l’esplorazione e le comunicazioni. Lungo la corrente sorgeranno luoghi di incontro per scambiare e commerciare coi locali, col commercio muto (vedi oltre) finché non s’imparerà la lingua dell’altro. S’incontreranno famiglie e villaggi di affini per le feste agricole, per i matrimoni e per le cerimonie religiose, proprio lungo i corsi d’acqua !


8. Ecco gli antenati

Giordane (VI sec.) nella Storia dei Goti parla delle tribù slave vicine ed alleate dei Goti e dice con uno schematismo tipico del suo tempo:

“Dalle sorgenti del fiume Vistola su immense aree si insediarono i Venedi (Vendi, Veneti etc.). Benché il loro nome va cambiando ora a causa delle tribù numerose che si sono formate e dei loro spostamenti in altre zone, comunque vengono chiamati principalmente Sklavini e Anti. Gli Sklavini vivono un po’ lontano dalla città di Novietun e dal lago che si chiama di Mursiano, fino al Danastro (Dnestr) e nel nord fino alla Vistola, gli Anti invece, più in gamba dei primi, vivono nel golfo del Ponto (delta del Danubio) e spaziano dal Danastro fino al Danapro (Dnepr).”

Dopo due secoli da questo scritto, possiamo dire che i Krivici e Slaveni (nord della Pianura Russa) sono i discendenti degli Sklavini e che gli altri gruppi slavi del sud sono i discendenti degli Anti ? Dalle fonti e dai reperti sembra che le prime colonie sicuramente slave, furono impiantate proprio nell’estremo nord, a sud del Lago di Pskov-Lago dei Ciudi, intorno al Lago Ilmen, a metà corso della Dvina, tutte rigorosamente lungo le rive dei fiumi !
La componente etnica nativa che gli Slavi incontrano nell’area fra la Vistola e il Bug Occidentale e oltre, sono principalmente i Balti (Pruzzi, Lettigalli, Semigalli etc.) e ciò lo prova l’idronimica. Più in là verso il Volga, gli Ugrofinni premono da est e gli Slavi da ovest, comprimendo insieme i Balti locali.
Dice, a proposito dei Balti, la storica lituana Marija Ghimbutas:

”L’espansione slava non spazzò in un colpo tutti i Baltici Orientali. Essi restarono in territori più o meno estesi per molti secoli. E’ molto probabile che prima che gli slavi Krivici, Dregovici e Radimici dominassero il bacino superiore del Dnepr, esistesse qui (nella stessa area) una popolazione baltica la cui cultura era legata ai Lettigalli della Lettonia Orientale. …. Il processo di slavizzazione iniziato in tempi preistorici, continuò nel IX sec. … L’etnografia nel distretto di Kaluga, Mosca, Smolensk, Vitebsk, Polozk e Minsk fino alla metà del IX sec. è altamente indicativa del carattere baltico.”

Per il lettore “mediterraneo” facciamo notare che l’espressione orientale per l’autrice, per noi è meglio traducibile con nordest e che preistorico non si riferisce ad un’epoca remotissima, ma soltanto ai sec. VI-VII d.C. o poco anteriori.
I monumenti archeologici più importanti dei primi Slavi giunti nel nord, sono i cosiddetti kurgany (a Novgorod sono chiamati sopki perché sono di solito molto alti e di forma circolare) cioè le tombe a tumulo a cui ho già accennato prima. I resti cremati dei morti e gli oggetti di corredo funebre ci confermano l’economia prevalentemente agricola di queste popolazioni. I kurgany sono anche di tipo lungo nel nord, oltre a quelli riservati alle persone più importanti, e circolari nell’est. Nei kurgany più ricchi si trovano reperti che denunciano un buon sviluppo (ma non eccellente !) dell’artigianato casalingo coi metalli leggeri e preziosi: fibbie, anelli, collane, braccialetti, pendagli etc. mentre, è interessante notarlo, è raro l’uso del ferro. Si nota che i cadaveri dei morti sono interrati insieme agli oggetti più cari al defunto, perchè gli servano nella continuazione della vita nell’aldilà. Persino la moglie o la schiava più affezionata o anche le persone che, senza il defunto, non hanno più alcun ruolo nella vita, a volte sono bruciati e interrati nello stesso kurgan. Rari sono i reperti di armi.

Fra la Bielorussia e il lago Ilmen specialmente, se ne trovano a centinaia di questi tumuli che denunciano con sicurezza la presenza crescente degli Slavi colonizzatori.
Negli scavi nella zona di Pskov (Lago Peipus) e aree viciniori, si cominciano a trovare reperti slavi già nel VI sec. d.C. e ciò conferma la presenza dei primi gruppi pionieri nella zona di incontro coi balti autoctoni delle aree “invase” già in quel periodo.
E’ notevole comunque che nel VI e nel VII sec. negli scavi fatti in Lituania, nelle tombe sicuramente “baltiche” aumenta improvvisamente la quantità dei reperti d’argento. Da dove veniva quest’argento ? Lo portarono gli slavi migranti che compravano le terre oppure è proprio il segno di un incrementato traffico con gli Scandinavi che toccano le coste baltiche ?
Hanno forse già cominciato anch’essi a “lavorare” per le bande scandinave, raccogliendo e vendendo pellicce e altre merci di gran valore ? Sappiamo che i Baltici erano persone molto schive e di fronte agli estranei, soprattutto se armati e decisi, preferivano ritirarsi nel coperto del bosco, ma sappiamo anche che si usava il modo di commerciare cosiddetto “muto” … Come ? Lungo le coste del Baltico si usava farlo così: Si sceglie uno spiazzo davanti alla spiaggia. Prima gli uni pongono le proprie merci e si ritirano nascondendosi. Arrivano gli ora gli altri che esaminano i prodotti esposti e pongono accanto a quelli scelti per l’acquisto altri oggetti o valori equivalenti, secondo il loro apprezzamento e si ritirano. Se il “prezzo” è accettato, esso viene ritirato e l’acquisto è concluso, altrimenti si ricomincia la cerimonia, non ritirando il “prezzo”, ma senza mai incontrarsi.

Comunque sia, l’arrivo degli Slavi è sostanzialmente pacifico e i tentativi di popolamento, qui nel nord, sono lenti e continui.
A questo punto possiamo già dare un nome agli antenati dei tre popoli russi ?
Sedov, d’accordo con A. A. Sciakhmatov, è sicuro poi che i migranti slavi della Pianura Russa siano proprio i discendenti degli Anti, che prima abitavano nella pianura polacca attuale. E non solo ! E’ sicuro anche che gli Anti, espandendosi anche verso sud, avessero avuto poi contatti con le tribù iraniche dell’Anticaucaso a nord del Mar Nero, dato che il nome dato loro dai Bizantini, è d’origine iranica e lo storico ucraino M. J. Braicevskii ha stabilito che Anti in persiano significa “quelli della pianura, gli agricoltori”.
I contatti degli Anti col mondo caucasico spiegherebbero anche la presenza, nel pantheon slavo-russo, che esamineremo più in là, di deità d’origine prettamente irano-caucasico-osseta, poco note agli altri Slavi rimasti nel bacino del fiume Elba.

C’è un problema: Giustiniano I si fregia a suo tempo (sec. VI d.C.) dell’epiteto Ántico (millantando di aver sconfitto gli Anti) e l’ultima menzione degli Anti (Teofilatto Simocatta) è del 602 d.C., quando comincia il loro smembramento ad opera degli Avari e perciò di loro, dopo quella data, non si sa più nulla. Svaniscono nel nulla !
Degli incontri fra i discendenti degli Anti con i Balti (e con i Finni, anch’essi in migrazione da nordest verso la zona dei Grandi Laghi) sappiamo poco o nulla dall’archeologia perché, data la natura boscosa e acquitrinosa - ad esempio della Bielorussia - dove potremmo trovare qualche preziosa informazione a riguardo, gli scavi sono quasi impossibili o forse inutili, visto che non è tradizione abitare negli acquitrini e nelle paludi.
Dobbiamo allora pensare che, ad un bel momento, le tribù rimaste della lega degli Anti siano completamente scomparse o che, smembrati dagli scontri con gli invasori delle steppe, dalla loro nuova patria subcarpatica abbiano continuato il movimento verso nordest ? Sicuramente è così.

E’ da notare però che i reperti delle tombe scavate a Smolensk e a Polozk, non sono soltanto e tipicamente slavi, ma, denunciando in una certa misura anche la presenza del gusto e della fattura baltica, ad ulteriore prova di una fusione dei due popoli pienamente in atto ! E non solo nell’estremo nord, devo aggiungere, perché si nota la stessa cosa nelle tombe scavate lungo il corso del Dnepr più a sud e persino fin nella lontanissima Rjazan’, visto che anche qui i Balti e i Finni abitavano da sempre !
La situazione dunque sembra abbastanza chiara, gli Anti (o meglio le tribù da loro derivate) antenati dei popoli russi, verso il VII sec. sono ormai stabilmente penetrati fin nell’estremo nord della Pianura Russa (Belo Ozero o Lago Bianco, Perm a nordest di Novgorod), fino ai margini sud della riva baltica (Pskov, Izborsk), senza però mai arrivare al mare, dove invece si sono “rifugiate” le popolazioni baltiche e finniche che hanno rifiutato l’assimilazione.

A questo punto i balti (e i finni) - come tali - non prenderanno più parte alla storia russa delle origini, se non come russi assimilati, e, dalle rive del Baltico, ricompariranno solo verso il XII e XIII sec. d.C. come “popoli selvaggi” ancora pagani, contro i quali il Papa di Roma condurrà le sue crociate in chiave antiortodossa e i baltici Curoni addirittura diventeranno famosi come pirati, quando disturberanno i traffici dell’Hansa.
I Baltici però nella cultura russa lasceranno molti dei loro dei, che saranno adorati dagli Slavi Orientali, mentre i finni lasceranno ai russi le loro tradizioni e i riti sciamanici.

Vediamo allora chi sono gli Slavi che nel IX sec. d.C. si sono ormai stanziati nella Pianura Russa, tenendo presente che a rigor di logica gli insediamenti più antichi appartengono alle tribù slave che si trovano più ad est e, se l’origine è la Mitteleuropa, le tribù stanziate più ad est, conserveranno una rassomiglianza culturale maggiore con gli Slavi Occidentali...

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