IL LAVORO E L’ORIGINE DELL’UOMO - IL PASSAGGIO DALLA SCIMMIA ALL'UOMO
LA NASCITA DELLA CACCIA

di Giandomenico Ponticelli

* IL LAVORO E L’ORIGINE DELL’UOMO


John E. Pfeiffer, nello scritto The emergence of Man (La nascita dell'uomo), dimostrò che nel passaggio evolutivo dalla scimmia all’uomo, lo sviluppo delle articolazioni precedette lo sviluppo del pensiero. Più precisamente, nel graduale adattamento alla vita sugli alberi, le scimmie prima di conseguire un aumento dell'encefalo, specializzarono le articolazioni superiori ed in particolare le mani.

Circa cento anni prima, Friedrich Engels, nello scritto, rimasto purtroppo incompleto, "Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia", era arrivato alle medesime conclusioni. Per Engels, lo sviluppo del lavoro e della manualità, e conseguentemente della caccia, avevano prodotto un considerevole aumento del cervello umano.

L'evoluzione umana, conseguita per stadi, aveva avuto quattro momenti fondamentali.**** La prima fase, consistette nello sviluppo della stazione eretta. Questa fase si rilevò indispensabile, perchè liberando gli arti superiori dalla locomozione, favorì il secondo stadio dell'evoluzione dell'uomo, la specializzazione delle mani, in cui gli arti superiori si organizzarono come gli organi del lavoro. Entrambi queste modifiche, furono responsabili di un'ulteriore serie di cambiamenti nell'organismo umano, (ad es. lo sviluppo delle corde vocali), che costituirono la base per un ulteriore salto organizzativo dell'umanità, l'ultimo in termini evolutivi, in cui si realizzarono le prime forme di organizzazione sociale e lo sviluppo del linguaggio.

La prima parte dell'evoluzione umana, ed in particolare Il rapporto tra stazione eretta, bipedismo e sviluppo umano verrà sviluppato più avanti nello scritto "Dalla scimmia all'uomo". Analizzeremo nel dettaglio il secondo aspetto, la concezione del lavoro secondo Marx ed Engels, ed i contributi di Amedeo Bordiga, Alan Woods e Ted Grant.

1.1 - Il lavoro e l'origine dell'uomo

Marx, nella III sezione del primo libro del Capitale, diede una prima definizione di "lavoro" umano:
«Per farza-lavoro o capacità di lavoro intendiamo l'insieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità, ossia nella personalità vivente d'un uomo, e che egli mette in movimento ogni volta che produce valori d'uso di qualsiasi genere» (Marx, 1867).
Marx, Nella IV sezione del primo libro del Capitale, diede un'ulteriore definizione di "lavoro" ed il suo rapporto tra uomo, natura:

«In primo luogo il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo, per mezzo della propria azione, media, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per appropriarsi dei materiali della natura in forma usabile per la propria vita» (Marx, 1867).

Il lavoro, secondo Marx, è l'insieme di tutte le azioni utili all'uomo per interaggire con la natura. L'umanità, a differenza degli altri esseri viventi , diventa una "potenza della natura", perchè attraverso la sua azione sul mondo naturale è in grado di modificare a suo vantaggio le proprie condizioni di vita. Allo stesso modo, la natura condiziona l'evoluzione umana, favorendo cambiamenti fisici e culturali. Marx, osservando che: «Operando mediante tale moto sulla natura fuori di sè e cambiandola, egli cambia allo stesso tempo la natura sua propria», individua una legge che appartiene a tutto il mondo animale, e non soltanto all'uomo. La differenza, sta che gli uomini sono dotati di una marcia in più. Noi siamo capaci di programmare progetti sul lungo periodo, di elaborarli, e di condizionare la nostra volonta nell'esecuzione di azioni precise. «Non che egli effettui soltanto un cambiamento di forma dell'elemento naturale; egli realizza nell'elemento naturale, allo stesso tempo, il proprio scopo, da lui ben conosciuto, che determina come legge il modo del suo operare, e al quale deve subordinare la sua volontà». L'uomo manifesta, in maniera non accidentale, una "volontà conforme allo scopo" per tutta la durata del lavoro (Marx, 1867).

Friedrich Engels, approfondì la relazione esistente tra uomo, lavoro e natura, cercando di approfondirne l'origine paleontologica, dando una base storico-empirica agli studi del Capitale di Karl Marx.

Il "lavoro" di Engels, "...è la fonte di ogni ricchezza…accanto alla natura, che offre al lavoro la materia grigia che esso trasforma in ricchezza" (Engels, 1876).

Engels riuscì ad elaborare una legge generale, senza che nessuna delle grandi scoperte nel campo della paleontologia, fosse stata ancora realizzata. Oggi sappiamo, ad es. che gli Homo ergaster, a differenza delle altre specie, erano dediti alla caccia, costruivano arnesi di pietra e sapevano usare il fuoco, senza avere un cervello particolarmente sviluppato. Questa è una conferma postuma a quanto ipotizzava Engels, quando affermava che lo sviluppo culturale e fisico dell'uomo, (coincidente con il passaggio dalla forma Australopithecus a quella Homo Habilis), si ebbe attraverso il progressivo sviluppo delle tecniche di lavorazione, dello sviluppo della mano e della sua articolazione, e non del suo cervello. Avvenne così che il lavoro creò lo stesso uomo (Engels, 1876). Engels, come nota Amedeo bordiga, si pone agli antipodi della concezione "cerebrale" ed "idealista" dell'evoluzione umana. Nella sua concezione "materialista" e "dialettica", «l'uomo non è definito da testa, coscienza e spirito, ma dalla facoltà specifica e sociale di produrre gli strumenti di produzione al fine di trasformare la natura e piegarla ai suoi bisogni» (Bordiga, 1973).

La più grande conferma alle teorie engelsiane avvenne negli anni '70 del secolo scorso, quando vennero scoperti i resti fossili di Australopithecus e di Homo Habilis. Queste due specie, nonostante avessero una capacità cranica di poco differente, dimostrarono di avere capacità tecniche molto diverse. Mentre i primi avevano capacità identiche a quelle delle scimmie, gli Homo habilis erano abbastanza abili da costruire arnesi di pietra, anche se molto rudumentali, conosciuti come choppers di Olduvai. Il ritrovamento di utensili di pietra accanto a fossili umani dimostrarono che "la tecnica [Il lavoro] è una caratterristica specifica umana che ha giocato un ruolo decisivo come agente dell'evoluzione" (Bordiga, 1973).

1.2 - Le articolazioni ed i mutamenti ambientali

Se potessimo mettere una scimmia, un "selvaggio" ed un uomo moderno. Scopriremo che questi tre primati hanno molte caratteristiche fisiologiche comuni. Tuttavia, gli homo sapiens sapiens dimostrano di avere una grande capacità di articolazione degli arti superiori. La vera differenza tra gli uomini e le scimmie, consiste nella diffente capacità di usare le mani. L’uomo, come osserva Engels, anche il più selvaggio, riesce ad utilizzare le mani in un'infinità di modi differenti (Engels, 1876). L'abisso creato tra l'uomo e gli altri primati fu determinato dall'adattamento a nicchie ecologiche differenti. Mentre le scimmie si specializzarono in una comoda vita sugli alberi, gli ominidi si riadattarono alla vita nella savana e in ambienti silvicoli più aperti, di fatto più avventurosa. Tutte le articolazioni subirono un lento riadattamento, dovuto alla nuove sollecitazioni a cui vennero costantemente sottoposti. Lo sviluppo del cervello fu una conseguenza dell'eleborazione di nuove attività.

"La mano non è quindi soltanto l’organo del lavoro: è anche il suo prodotto" (Engels, 1876).

La specializzazione degli arti superiori, venne preceduta dallo sviluppo la stazione eretta e del bipedismo, entrambi conseguenza dell'adattamento agli spazi aperti. In questo processo, lo svantaggio di essere più lento si trasformo nel vantaggio "difensivo" di vedere molto più lontano. Quando gli arti superiori vennero liberati dalla locomozione, la loro specializzazione fu possibile. Tutte le attività dell'uomo migliorarono: la raccolta del cibo, l’utilizzo di strumenti, i rapporti sociali. Come anche Pfeiffer, disse "il miglioramento della presa precede il miglioramento del pensiero" (Pfeiffer, 1971).

Curiosamente, l'uomo, insieme alla specializzazione degli arti superiori, sviluppò anche l'utilizzo preferenziale di una mano rispetto ad un'altra. Oggi, il 90% degli uomini e delle donne utilizzano la mano destra mentre negli altri primati vi è assoluta parità. Secondo Alan Woods e Ted Grant, questà particalorità umana è in relazione lo sviluppo del linguaggio. Coloro che usano la mano destra, hanno le funzioni celebrali localizzate nell’emisfero cerebrale opposto. In questo emisfero si trovano anche i centri responsabili del linguaggio, mentre l’emisfero destro è specializzato nelle capacità connesse allo spazio.**** Secondo i due autori, un ulteriore traccia della relazione tra linguaggio e manualità, si può riscontrare nello sviluppo iniziale del sistema nervoso del bambino, in cui le aree connesse all’uso dei strumenti e del linguaggio sono unite alla nascita, e si separano soltanto dopo i due anni di vita. "il linguaggio e l’abilità manuale si sviluppano insieme a questa evoluzione si riproduce nello sviluppo odierno dei bambini" (Woods e Grant, 1997).

1.3 - Lo sviluppo del cervello


Dall' homo habilis agli uomini di Cromagnon «l'evoluzione della specie umana basata sul bipidismo appare come la risultante e il contraccolpo degli effetti del lavoro sulla morfologia del cranio e la capacità encefalica, con la sparizione progressiva della prominenza sopraorbitale, l'apertura del ventaglio corticale e l'affinamento della corteccia - modificazioni che a loro volta reagiscono dialetticamente sulle possibilità tecniche della specie» (Bordiga, 1973).

La struttura del cervello degli ominidi, come ribadisce Bardiga, è dunque "in stretto rapporto con l'esercizio della tecnica [lavoro]", cioè con il grado tecnologico raggiunto dalle specie. In particolare, la porzione del cervello che si è sviluppata sotto gli stimoli dell'attività umana è la regione fronto-temporo-parietale media che, già con i primi ominidi, ha subito il continuo aumento della superficie della corteccia cerebrale (Bordiga, 1973).

"L'evoluzione della tecnica [lavoro] e quella, parallela della struttura del cervello, sono concepibili soltanto all'interno di uno stesso processo dialettico che si svolge in questo modo: il lavoro si ripercuote sulla funzione cerebrale, la quale, affinandosi, dà luogo a una tecnicità più elaborata e complessa che comporta una vita di relazioni più ricca, causa a sua volta di una nuova differenziazzione dell'encefalo, e cosi via, fino al raggiungimento dell'attuale profilo d'equilibrio cerebrale medio" (Bordiga, 1973).

Bibliografia
Bordiga A., Come Monod distruggerebbe... la dialettica. Parte II; I criteri distintivi umani e il ruolo avuto dal lavoto nel processo di trasformazione della scimmia in uomo. In Programme Communiste - n° 58 del 1973*****
Diamond J., Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni. Einaudi editore, 1998 (*12)
Engels F., Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia. ** Probabilmente del 1876
Engels F., Lecter of Engels to Pyotr Lavrov In London. London, Nov. 12-17, 1875. Online Version: Marx/Engels Internet Archive (marxists.org) 2000. (*8)
Fedele F., (a cura di), Aspetti dell'evoluzione umana. Guida editori, 1985 (*11)
Giusti F., La scimmia e il cacciatore. Interpretazioni, modelli e complessità nell'evoluzione umana. Donzelli editore, 1994 (*6)
Lewontin R. C., Biologia come ideologia. La dottrina del DNA. Bollati Boringhieri editore s.r.l.,1993 (*10)
Marx K., Il capitale. Critica all'economia politica.* Editori Riuniti, II ristampa dell'edizione anastatica del 1989. Vol.1 (Ed. orig. 1867)
Marx K. e Engels F., Dialettica della natura, Opere complete, Libro XXV. Editori Riuniti. (*9)
Morris D., La scimmia nuda. Studio zoologico sull'animale uomo. XV edizione Tascabili Bompiani marzo 2002 (*7)
Pfeiffer J. E., La nascita dell'uomo***. Arnoldo Mondadori editore, 1971.
Woods A. e Grant T., La rivolta della ragione. Filosofia marxista e scienza moderna.**** A C Editoriale coop arl, luglio 1997

 

IL PASSAGGIO DALLA SCIMMIA ALL'UOMO


2.0 - Breve premessa


Passeggiare per i vicoli di Napoli qualche volta può portare a qualche gradita sorpresa. Infatti tra le tante stradine che si incrociano senza un ordine preciso, si nascondono delle piccole librerie in cui molto spesso si possono comprare a poco prezzo dei libri molto interessanti e alcuni di questi, con il tempo, sono diventati la base dei miei studi. Questo è il caso di "The Emergence of Man" di John E. Pfeiffer, pubblicato in America nel 1969 e tradotto in italiano nel 1971 con il titolo "La nascita dell’uomo". Dalle pagine ingiallite di questo vecchio libro emerge l’analisi concreta dell’evoluzione dalle scimmie agli uomini.

"Nell'evoluzione la pressione è sempre presente: la vita non si immobilizza mai, ma tende continuamente a mutare, a sviluppare nuove forme adattate a nuove e più varie condizioni" (Pfeiffer, 1971).

2.1 - L'evoluzione delle scimmie

I principali artefici dell'evoluzione sono due: le mutazioni casuali e la selezione naturale. I geni contenuti nei cromosomi sono i responsabili della trasmissione delle caratteristiche particolari di ogni specie dai progenitori ai propri figli. In questo modo si salvaguardano le distinzioni tra le specie.
Questo meccanismo rende la realtà statica, "conservatrice", avversa ad ogni cambiamento. Ma questo meccanismo non è perfetto. Ogni tanto si inceppa. Nella trascrizione delle informazioni genetiche si verifica qualche errore di copiatura, questo può portare a variazioni insignificanti oppure costituire la base per dare inizio ad un'altra varietà della specie.

Questi errori sono chiamati mutazioni e sono assolutamente casuali. Su tutte le specie interviene l'azione della natura che elimina quelle meno adatte all'ambiete costituito. "Le possibilità di sopravvivere dipendono dall’avere i geni giusti al momento giusto" (ibidem). Una combinazione puramente casuale di fattori può determinare la sopravvivenza di un individuo o della sua specie. Per gli uomini, il discorso è diverso, non dipende soltanto dai suoi geni come negli altri animali. Alla trasmissione dei geni, nel tempo si è aggiunta anche la trasmissione della conoscenza accumulata da una generazione all'altra. "L’evoluzione culturale è giunta a predominare sull’evoluzione genetica...la tradizione cominciò a prevalere sulle forze genetiche divenendo la maggior determinante del comportamento umano" (ibidem).

Questa particolarità prettamente umana ha reso gli uomini maggiormente immuni ai meccanismi di selezione della natura. Ma l'uomo non si è fermato a questo. Con lo sviluppo della tecnologia e del linguaggio è stato possibile modificare la natura stessa, anche se spesso in modo maldestro.
" L'evoluzione è un intricatissimo sistema di adattamenti e riadattamenti" (ibidem): piuttosto che ridisegnare completamente le strutture che compongono un organismo, come vedremo più avanti, vi è una continua opera di adattamento alle condizioni che vanno determinandosi di volta in volta.

La storia dell'evoluzione dell'uomo così come quella degli altri mammiferi, incomincia con il declino dei grandi rettili che avevano dominato ogni angolo della terra fino a quel momento. L'arma segreta di questi animali si dimostrò essere il sistema circolatorio sanguigno che riusciva a tenere la temperatura del corpo più stabile, in modo da farli sopravvivere e farli muovere liberamente entro una gamma di temperature molto più ampia di quella dei rettili, sia di giorno che di notte.
I cambiamenti climatici, il clima più freddo e arido, si combinarono con l'aumento delle specie vegetali, degli insetti e di funghi patogeni diffusori di malattie. Molto probabilmente queste furono le cause della denatalità nei grandi rettili. Con la scomparsa dei dinosauri, i mammiferi ebbero la possibilità di diffondersi ovunque e soprattutto aumentò la loro varietà. Gli antenati delle proscimmie ebbero come competitori i piccoli roditori. Questi si fecero un'accanita concorrenza sia sugli alberi che sul terreno. Alcune specie di proscimmie si adattarono a vivere al suolo dove in un primo momento proliferarono ma alla fine si estinsero. Quelle che scelsero la vita sugli alberi ebbero maggiore fortuna ma non riuscendo ad eliminare i loro diretti concorrenti, furono costretti a dividerne lo spazio.

Con il diffondersi delle foreste anche le piccole proscimmie si diffusero ovunque. L'uomo è nato nelle foreste e quindi ogni componente del suo organismo si è formato per rispondere alle esigenze della vita in questi luoghi. Più precisamente "... le loro strutture di base, il cervello, gli organi di senso, gli arti e gli organi riproduttivi si svilupparono nelle foreste. Il corso degli eventi successivi rese necessarie in genere modifiche e rielaborazioni di quelle strutture , piuttosto che strutture completamente nuove" (ibidem).

Rispetto ai volatili, i mammiferi che scelsero la vita tra gli alberi o sulla terra svilupparono corpi più grandi e cervelli più complessi. Questo perché a differenza degli uccelli che insieme ad una corporatura piccola e molto leggera associarono un comportamento routinario, le specie arboricole potevano evolversi con cervelli abbastanza grandi da permettere loro una notevole attività di apprendimento ed inoltre le dimensioni erano tali da contenere i tessuti celebrali in grado di generare uno sviluppato potere visivo e una buona coordinazione sensoriale e muscolare. La vita sugli alberi, con i suoi cambiamenti di condizione, bruschi ed imprevedibili, generò "una nuova e permanente insicurezza o incertezza" (ibidem). In questo modo si sviluppò una notevole capacità di decisione e di apprendimento. I secondi necessari per intraprendere una scelta, favorirono gli individui in grado di prendere decisioni rapide. La conseguenza era che, quelli che avevano meno incidenti, vivevano più a lungo.

L'azione combinata delle mutazioni casuali e della selezione naturale, determinò un graduale adattamento delle prime proscimmie al loro habitat. Secondo Pfeiffer tale cambiamento fu dovuto ad una serie di "micromutazioni successive", avutesi nel corso di numerose generazioni (ibidem). Esse svilupparono nelle articolazioni degli arti, un meccanismo prensile in grado di aumentare l'agilità di locomozione tra i rami. Agli artigli si sostituirono le unghie appiattite, le dita si allungarono ed il pollice divenne opponibile per una presa anulare attorno ai rami. Per saltare da un ramo all'atro, era necessario avere una vista migliore: gli occhi diventarono più grandi e si spostarono in avanti, al centro della faccia, conseguentemente anche il muso si accorciò. Con queste modifiche, le proscimmie potevano vedere meglio, anche di notte, e soprattutto, molto più lontano. Anche il cervello subì dei cambiamenti, vi fu una notevole espansione della membrana esterna del cervello, la corteccia celebrale, che aveva cominciato a svilupparsi già con i primi mammiferi. Quest'organo è il responsabile dell'analisi dei messaggi inviati dagli organi dei sensi e invia gli impulsi che regolano il comportamento del sistema muscolare. Le proscimmie avevano un cervello molto piccolo ma la corteccia cerebrale si era espansa su tutta la sua superficie. Due zone in particolare si erano sviluppate: una più antica, situata verso la fronte, che analizzava gli impulsi olfattivi. Un'altra parte del cervello sviluppata più di recente, si trovava sul retro del cervello e coordinava le informazioni visive (ibidem).

Fu così che: "il miglioramento della presa precedette il miglioramento del pensiero", prima si svilupparono i muscoli e i sensi, come la vista e l’olfatto, successivamente si sviluppano i nervi al loro servizio (ibidem).
Circa 35 milioni di anni fa' i cercopitechi e le scimmie antropoide riuscirono ad avere il sopravvento sulle proscimmie. In 5 milioni di anni le scimmie si erano gradualmente diffuse in tutte le foreste, sviluppando le basi per una nuova visione del mondo.

"Ogni mutamento rientrava in un complesso di mutamenti correlati, in un modello evolutivo in via di formazione..." (ibidem). Mentre l'olfatto perdette parte della sua importanza si svilupparono gli altri sensi. Anche in questo caso vi furono una serie di cambiamenti importanti: il nervo olfattivo, che porta i messaggi dal naso al cervello, diminuì di diametro; il muso si accorciò ulteriormente e i baffi tattili andarono perduti; nelle mani le cellule e le fibre nervose aumentarono sviluppando il tatto e le dita diventarono più agili in modo da potersi procurare più facilmente il cibo o raccogliere più facilmente gli oggetti. Le scimmie incominciarono ad utilizzare gli oggetti prima degli uomini (ibidem). Questo cambiamento fu possibile soltanto grazie allo sviluppo della visione frontale, indispensabile per avere una percezione tridimensionale della realtà. Diversamente, le specie che hanno gli occhi posizionati ai lati della testa, percepiscono una realtà piatta, bidimensionale. In tale condizione è difficile individuare gli oggetti inerti sullo sfondo o che si muovono frontalmente verso l'osservatore.

Anche la visione a colori venne ereditata dalle scimmie antropoidi e i cercopitechi. I loro organi visivi riuscivano a fornire una percezione della realtà abbastanza completa. Tutte le attività diventavano più semplici: la ricerca del cibo, in primo luogo; la difesa dei predatori; la locomozione tra gli alberi. Uno stimolo forte ebbe anche la memoria, visto che è molto più semplice distinguere gli oggetti in base al colore e non soltanto in base alla forma. Il cervello si sviluppò in seguito a questi cambiamenti: la corteccia subì una forte espansione, acquistando dimensioni doppie o forse triple rispetto a quelle originali. Le nuove aree si sovrapposero ai vecchi centri celebrali dell'olfatto, mentre altre aree subirono delle modifiche. Una sottile striscia della corteccia celebrale, posta sul lato destro, si sviluppò per controllare le dita della mano sinistra ed una striscia identica sul lato sinistro per controllare le dita dell'altra mano (ibidem).

Come negli altri casi "il grado di differenziazione sulla mappa della corteccia dipende dallo stadio evolutivo raggiunto dalla specie" (ibidem). Mentre le proscimmie muovevano le dita tutte insieme, le scimmie, trenta milioni di anni fà, svilupparono una maggiore articolazione della mano, ed in più, potevano utilizzare il pollice e l'indice come un pinza per raccogliere i piccoli insetti o i semi. La loro mappa corticale venne modificata sviluppando cinque diverse aree per ogni dito. La specializzazione delle aree della corteccia celebrale aumentò fortemente visto che doveva controllare singolarmente il movimento di molte parti del corpo come braccia, polsi, piedi e dita annesse, ecc. Anche la pelle si arricchiva di un numero sempre maggiore di cellule nervose destinate a registrare sempre più sensazioni tattili. Anche il cervelletto, collocato alla base del cervello nella parte posteriore del cranio, subì delle modifiche. Questo organo ormai coordinava l'equilibrio e le tensioni di più di 150 coppie di muscoli antagonisti (ibidem).

Il cervello uscì fortemente specializzato per servire alle esigenze di una nuova specie di animali. Si arricchì di numerose strutture utili per coordinare con estrema rapidità il movimento dei muscoli impegnati in complesse manovre legate alla locomozione sugli alberi. Queste strutture normalmente possono ricevere ordini dalla corteccia celebrale ma possono essere capaci anche di operazioni automatiche. Fu"uno speciale e altamente dinamico adattamento alle foreste" (ibidem).
Le scimmie antropomorfe svilupparono un adattamento particolare al mondo delle foreste, ed un tipo diverso di organizzazione biologica. La differenza più marcata dalle altre scimmie consiste nell'aver elaborato un modo diverso di usare i rami per procurarsi il cibo, che solitamente, pendono all'estremità dei rami. La struttura degli arti è tale da permettergli di rimanere appesi ai rami, in modo da potere raggiungerne l'estremità per raccogliere il cibo. Distribuendo il suo peso su tre rami, utilizzando due piedi e una mano, riesce ad avere una maggiore stabilità. Il più abile acrobata è il gibbone, che ha ridotto fortemente la sua taglia per aumentare la sua agilità, anche rispetto a molti cercopitechi (ibidem).

Non tutte le scimmie antropomorfe hanno scelto questa strada. Alcune specie sono arrivate ad un compromesso evolutivo fra il peso del corpo e l'abilità acrobatica Uno dei vantaggi di avere una corporatura più robusta è di scoraggiare gli aggressori: nessun predatore attacca il gorilla. Ma vi è un'altra spiegazione. L'aumento di statura fu un meccanismo di difesa verso le altre specie di primati che si stavano diffondendo più rapidamente. Fu quindi una conseguenza della lotta per l'autodifesa contro gli altri primati. Una prova importante a suffragio di questa tesi è che in Asia dove i cercopitechi sono poco numerosi gli antropodi conservano una corporatura minuta.
I grandi primati godevano di un maggiore grado di libertà, per procurarsi il cibo si muovevano in spazi più vasti e passavano più tempo sul terreno, per procurarsi il sostentamento necessario potevano percorrere anche 40 - 50 kmq (ibidem).

In conseguenza di questa nuova gamma di esperienze si svilupparono nuove fibre e nuovi gangli nervosi, come espressione celebrale di nuove possibilità. Si svilupparono soprattutto la corteccia cervicale ed il sistema attraverso i quali passano tutti gli impulsi nervosi degli organi di senso verso i muscoli.
Nelle proscimmie la corteccia era formata da uno strato piatto e grigio, steso quasi completamente sulla superficie del cervello. Negli antropodi la corteccia si riempie di solchi. Questo perché la crescente necessità di tessuti celebrali, dovuta ad una maggiore varietà di movimenti e crescente coordinazione fra l'occhio e la mano, entrava in conflitto con la possibilità di aumentare ulteriormente il volume del cranio. Si formarono lunghi solchi che penetrarono nella materia bianca sottostante. Questo processo è presente anche nei cercopitechi, ma con una differenza: mentre per gli antropodi il 25 - 30 % della corteccia si trova nei solchi, nei cercopitechi è soltanto il 7 %. Vi è un ultima osservazione da fare, insieme alle altre capacità si sviluppa una caratteristica molto umana, la capacità di inibizione, ossia di non fare le cose. Caratteristica che è alla base del ragionamento e dell'apprendimento (ibidem).


Bibliografia

Bordiga A., Come Monod distruggerebbe... la dialettica. Parte II; I criteri distintivi umani e il ruolo avuto dal lavoto nel processo di trasformazione della scimmia in uomo. In Programme Communiste - n° 58 del 1973
Diamond J., Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni. Einaudi editore, 1998
Engels F., Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia. Probabilmente del 1876
Engels F., Lecter of Engels to Pyotr Lavrov In London. London, Nov. 12-17, 1875. Online Version: Marx/Engels Internet Archive (marxists.org) 2000.
Fedele F., (a cura di), Aspetti dell'evoluzione umana. Guida editori, 1985
Giusti F., La scimmia e il cacciatore. Interpretazioni, modelli e complessità nell'evoluzione umana. Donzelli editore, 1994
Lewontin R. C., Biologia come ideologia. La dottrina del DNA. Bollati Boringhieri editore s.r.l.,1993
Marx K., Il capitale. Critica all'economia politica. Editori Riuniti, II ristampa dell'edizione anastatica del 1989. Vol.1 (Ed. orig. 1867)
Marx K. e Engels F., Dialettica della natura, Opere complete, Libro XXV. Editori Riuniti.
Morris D., La scimmia nuda. Studio zoologico sull'animale uomo. XV edizione Tascabili Bompiani marzo 2002
Pfeiffer J. E., La nascita dell'uomo. Arnoldo Mondadori editore, 1971.
Woods A. e Grant T., La rivolta della ragione. Filosofia marxista e scienza moderna. A C Editoriale coop arl, luglio 1997

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LA NASCITA DELLA CACCIA


Gli studi sull'evoluzionismo di Friedrich Engels Part. III
Di: Giandomenico Ponticelli (Versione del Maggio 2004)

3.1 - L'uomo e la caccia

Lo sviluppo della tecnica e la specializzazione degli arti aumentarono il margine di controllo dell’uomo sulla natura. Gli uomini, partendo dagli Homo Ergaster, passarono dall'essere prede a predatori. Gli individui di ogni gruppo familiare diventarono più collaborativi, soprattutto in riguardo al reperimento del cibo, e meno individualisti, ad esempio favorendo un consumo sociale del cibo procurato. La caccia, nella sua forma più avanzata, diventò un azione di gruppo molto elaborata, che rese necessaria la comunicazione e lo sviluppo del linguaggio. "Il bisogno sviluppò l’organo ad esso necessario: le corde vocali" (Engels, 1876). Il lavoro ed il linguaggio insieme, favorirono un ulteriore crescita del cervello, che passò dai 600-650 cc. degli Homo habilis, ai 800-850 cc. degli Homo ergaster ed i 1000 cc. degli Homo erectus. Raggiungendo, quasi, le dimensioni del cervello dell'uomo moderno.

Questo sviluppo, come abbiamo già visto, venne scaturito da una serie di fattori: la stazione eretta, la specializzazione degli arti inferiori, lo sviluppo della comunicazione e del linguaggio, la propensione dell'uomo alla caccia e molti altri aspetti che abbiamo già analizzato precedentemente (Ponticelli, 2004). Il contributo maggiore venne dato probabilmente dalla caccia e dalle modifiche all'organizzazione sociale del gruppo che tale pratica determinò. Una conferma di tale balzo si ha, proprio, dal confronto del volume del cervello dei diversi ominidi. Il cranio degli ominidi quasi raddoppio durante lo sviluppo della tecniche della caccia, passando da meno di 600 cc degli Australopithecus agli oltre 1000 cc degli Homo erectus.

"La caccia riplasmò il cervello, arricchendo l'esperienza e premiando in modo particolare la capacità di apprendimento" (Pfeiffer, 1971).

Gli Homo erectus, gli inventori dei bifacciali, si muovevano in gruppi molto piccoli e cacciavano animali di piccola taglia. La loro organizzazione sociale, costituita da piccoli nuclei familiari che integravano caccia e raccolta, anche se era molto semplice, era comunque molto più complessa di quella degli Homo habilis, costituita da branchi molto competitivi e principalmente necrofili (Ponticelli, 2004).

3.2 - Lo sviluppo delle società dei cacciatori - raccoglitrici

Le società umane subirono un notevole sviluppo nel paleolitico medio, quando si svilupparono le tecniche per cacciare gli animali di grossa taglia. Tracce importanti dei meccanismi messi in opera per la caccia al mammut furono scoperti in Spagna a Torralba ed Ambrona, mentre a Nizza, in Francia, furono trovati i resti di alcune delle loro abitazioni (Pfeiffer, 1971).

John E. Pfeiffer sottolinea l'importanza di questo processo, definendolo fondamentale per l'evoluzione culturale dell'uomo: "se il vitto di carne si fosse sempre limitato alla selvaggina minuta, il corso dell'evoluzione umana sarebbe stato assai meno spettacolare, e sarebbe rimasto piuttosto nella tradizione dell'evoluzione per mutamenti generici piuttosto che per mutamenti culturali" (ibidem).

La disponibilità di erbivori di grossa taglia nella savana, circa 23 mila chili per kmq, ne favorì la loro caccia. Queste grandi riserve di carne stimolarono i progressi tecnici nella costruzione degli utensili nuovi, come i percussori, e dell'organizzazione della caccia vissuta come pratica sociale. Gli uomini attraverso di essi avevano un occasione per sfidare se stessi e la natura, "vi era nella caccia un eccitamento, una sfida che trovarono rispondenza nei primi ominidi, i quali inoltre dovettero ben presto apprezzare il vantaggio economico di cacciare grossi animali invece che selvaggina minuta" (ibidem).

La crescente richiesta di risorse alimentari allargò progressivamente gli orizzonti dei primi ominidi, ampliandone il raggio d'azione. Come è noto, i cercopitechi vivono tutta la loro vita in un'area grande soltanto 1 kmq. I gorilla, che possiedono una corporatura maggiore, vivono in un territorio molto più largo, compreso tra i 40 e i 50 kmq. Gli uomini avevano bisogno di spazzi molto più grandi, paragonabili a quello di altre specie cacciatrici, come i lupi e cani selvatici, che si muovono su una superficie che varia da 1300 a 4000 kmq (ibidem).

Le nuove dimensioni del territorio, portarono gli uomini ad approfondirne la conoscenza, fin nei minimi particolari. I boscimani dell'Africa meridionale, per esempio, conoscono perfettamente le abitudini di vita di più di cinquanta specie di animali differenti. Sono in grado di riconoscere anche impronte di zoccoli, ed altri segnali, poco visibili. Riconoscono le zone che formano il loro territorio di gruppo, anche se non sono segnate da alcun confine (ibidem). Anche se non sanno leggere e scrivere, "imparano e ricordano". I cambiamenti generati dallo sviluppo della caccia grossa permisero all'uomo di sviluppare "cultura e tradizione", fattori sempre più determinanti nell'evoluzione umana a discapito delle mutazioni genetiche e dalla selezione naturale. La conseguenza fu, che il volume del cervello aumentò perché stimolato dalla necessità di una maggiore capacità mnemonica, di un numero di unità memoriali maggiori (ibidem).

3.3 - I mnemoni di Young

John Young, della University College di Londra, definisce queste unità (mnemoni): un circuito elettrico naturale, che nel caso del octopus, comprende... "una mezza dozzina di cellule celebrali collegate e destinate a immagazzinare ricordi elementari di cose passate. L'elemento principale di un mnemone è una cellula classificatrice, che riceve impulsi elettrici nervosi da un organo di senso e ha due fibre che trasmettono impulsi ai muscoli. Gli impulsi trasmessi attraverso una delle due fibre fanno avanzare l'animale verso l'oggetto, mentre l'altra fibra trasmette solo messaggi di «ritirata». In altre parole, le fibre rappresentano l'espressione anatomica di schemi comportamentali alternativi...Così a livello di base la memoria comprende l'inibizione di una fra due possibili alternative" (ibidem).

Il mnemone, secondo John E. Pfeiffer, deve essere considerato come l'elemento primario di tutti i sistemi mnemonici, compreso quello dei primi cacciatori. L'evoluzione favorì la sopravvivenza dei gruppi umani in cui vi erano individui capaci di ricordare di più, cioè con un numero maggiore di mnemoni. D'altronde, nel comportamento umano, come nel mnemone, esiste un rapporto molto stretto tra memoria ed autocontrollo. Non è forse una caratteristica umana la capacità di inibire un comportamento non desiderato? La capacità di sapersi frenare è il frutto dell'esperienza umana, della capacità di fare progetti per il futuro e della capacità di ricordare. "Gli eventi della vita quotidiana eliminavano senza pietà gli individui che avevano una capacità di imparare e di ricordare inferiore alla media. La caccia richiede pazienza, richiede di saper aspettare la preda vicino alle pozze d'acqua dove va ad abbeverarsi...e aspettare dopo l'uccisione, per non divorare tutta la carne sul posto ma conservare la maggior parte per gli altri, che attendono al campo base. L'uomo è l'unico primate che regolarmente divida il cibo" (ibidem).

La considerevole crescita del cervello, che da solo consuma il 20 % dell'energia prodotta dall'organismo, verificatasi nell'uomo non sarebbe stata possibile senza il consumo di carne. La carne, il cui consumo era nato casualmente, con il suo contenuto di calorie, proteine e grassi fornì una serie di sostanze importantissime per l’organismo umano. Gli antenati dell'uomo vennero trasformati, fisicamente, psicologicamente e socialmente dalle attività che elaborarono per procurarsi questo nuovo cibo. "Rispondendo a un semplice bisogno essi crearono nuove condizioni, un nuovo ambiente dovuto in parte alla mano dell'uomo, e tutto un complesso di bisogni" (ibidem).

Alcune parti del cervello si svilupparono di più di altre. "Dovette provocare un aumento nelle capacità dei circuiti integrati del cervello, centri che aiutano ad analizzare l'incessante flusso di messaggi provenienti dagli organi di senso, e a far scattare l'azione appropriata in base a tali analisi" (ibidem). Le aree frontali della corteccia, legate alla capacità di progettare, subirono una maggiore espansione.

3.4 - La nascita e la crescita degli esseri umani

La crescita delle dimensioni della testa dei neonati avrebbe richiesto un allargamento notevole del bacino femminile, ma le pressioni evolutive che avevano spinto l'umanità verso il bipedismo, non permisero che nella donna si sviluppassero delle anche troppo larghe che le impedissero la mobilità. Infatti, anche se il bacino ideale per la corsa è quello maschile, le donne conservarono comunque un elevato grado di mobilità. Ma i bambini che nascevano prematuri, (la mortalità tra i bambini con un peso inferiore ai due chili e mezzo, è circa tre volte più alta che nei bambini nati a termine), avevano minori probabilità di sopravvivenza: "più presto un individuo nasce, minori sono le sue probabilità di sopravvivere".*** L'evoluzione umana si è diretta verso una soluzione di compromesso, facendo nascere i neonati con un cervello, abbastanza grande per consentire la sopravvivenza, ma non ancora sviluppato completamente (Woods e Grant, 1997; Pfeiffer, 1971).

Una scimmia appena nata ha una testa che è i 3/4 del volume di un adulto, negli Homo erectus questo rapporto è di 1/4. Negli uomini la maggior parte della crescita del cervello avviene dopo la nascita. La conseguenza di questo ritardo è il prolungamento dello stato di infanzia. Molti mammiferi sono capaci di provvedere a se stessi a pochi mesi dalla nascita, altri come le scimmie cercopitecidi dipendono dalla loro madre per circa un anno, mentre gli antropodi per due o tre anni. L'infanzia degli Homo erectus durava circa quattro o cinque anni, mentre negli uomini moderni questo periodo, in cui i bambino è completamente dipendente dagli adulti, è il più lungo di tutti, circa 6-8 anni.

Il neonato, che nella maggior parte dei casi fa parte di un parto singolo, diviene così un centro d'interesse come individuo, potendo ricevere più attenzioni e più cure. Nella riproduzione umana la quantità si trasforma in qualità. Come dice Campbell "L'evoluzione ha selezionato nell'uomo un processo riproduttivo che gli consente di mantenere i suoi vantaggi in un ambiente ostile non con la produzione di massa, ma con la protezione prenatale e le cure postnatali" (Pfeiffer, 1971).

L'infanzia prolungata è parte di un processo evolutivo più amplio che ha portato anche all'allungamento dell'adolescenza e della vita stessa; Il rallentamento della crescita favorirono un apprendimento maggiore, indispensabile per assimilare le tecniche e le regole complesse della società (Engels,1876). Il gruppo ed in particolare la famiglia, diventarono il nucleo attorno alla quale i giovani crescevano ed apprendevano, e dove probabilmente nacque il linguaggio (Pfeiffer, 1971).

Alan Woods e Ted Grant, sostengono che i primi uomini ad elaborare un linguaggio furono gli homo habilis (Woods e Grant, 1997). A sostegno di questa tesi ci sono una serie di caratteristiche del cranio, indispensabili per lo sviluppo della parola. Gli Homo habilis avevano la faccia piatta e la base del cranio corta e ripiegata, che secondo Francesca Giusti, erano le caratteristiche necessarie affinchési sviluppassero le capacità di linguaggio ed il rimodellamento della gola ed il riposizionamento della laringe in basso (Giusti, 1994). Per John E. Pfeiffer Il linguaggio venne elaborato durante il periodo di transizione fra la caccia alla selvaggina minuta e la caccia grossa, quando la vita degli uomini stava allungandosi. É probabile che esista un legame, tra la lenta maturazione degli uomini e l'acquisizione della capacità di linguaggio: "Un fanciullo docile e un adulto esperto dovevano essere un'efficiente combinazione per l'instaurarsi di comunicazioni sociali, almeno in tempi preistorici" (Pfeiffer). L'Homo ergaster aveva elaborato quelle strutture sociali complesse, originate dalla nascita della caccia, indispensabili per lo sviluppo della parola.

3.5 - Il dimorfismo sessuale

La formazione di gruppi stabili non conflittuali all'interno di famiglie o di tribù ha come indicatore il dimorfismo sessuale, la differenze di dimensioni tra i maschi e le femmine. Nei primati strutturati in gruppi guidati da un maschio dominante questa differenzaè molto marcata. Nel caso degli Australopitecus Afarensis, troviamo un dimorfismo sessuale abbastanza accentuato, probabilmente la loro organizzazione sociale era basata sulla competizione tra maschi, come per molti primati. Gli scimpanzé sono gli unici primati, insieme all'uomo, in cui tra maschi e femmine vi è soltanto una differenza del 15 ­ 20%, ed infatti è riscontrabile un organizzazione sociale che diverge dalle altre scimmie (Ponticelli, 2004). In queste ultime, come nel caso dei babbuini della savana, i maschi lasciano il gruppo originario appena raggiunta la maturità sessuale, migrando in altri gruppi dove entrano in competizione con gli altri maschi. La competizione tra maschi, secondo il principio selettivo "il più forte si accoppia", fa aumentare la mole dei maschi, mentre la dimensione delle femmine rimane stabile. Gli scimpanzé maschi, contrariamente a quanto fanno le altre specie, restano nel gruppo originario mentre le femmine emigrano. I maschi di scimpanzésono più collaborativi e la dimostrazione più evidente è nella crescita più contenuta dei maschi rispetto alle femmine. A partire dagli Homo habi
lis, e maggiormente negli Homo ergaster, il dimorfismo sessuale si riduce rispecchiando certamente un cambiamento intervenuto nell’organizzazione sociale.

3.6 - La sessualità

I rapporti familiari vennero modificati dalla nuova organizzazione sociale determinata dalla caccia, in particolare il rapporto tra gli uomini e le donne divenne più stretto, tendendo probabilmente verso relazioni monogamiche. Il motivo principale fu che con il prolungamento dell'infanzia, ed il prolungamento del periodo della dipendenza degli figli dalla madre, questa veniva ridotta per lunghi periodi all'immobilità. Inevitabilmente le donne dipendevano a loro volta dal proprio compagno. "Quanto più lungamente e intensamente un piccolo ha bisogno della madre, tanto più lungamente e intensamente la madre ha bisogno di un maschio adulto di cui si possa fidare" (Pfeiffer, 1971). Lo sviluppo della caccia rese necessario la formazione di legami più forti tra maschio e femmina. La tesi dei cacciatori monogamici è sostenuta da Desmond Morris che fa risalire innamoramento e fedeltà, tendenza diffusa in molti animali ad esclusione dei primati, allo sviluppo delle società di cacciatori. "Le femmine rimanevano legate e fedeli ai loro maschi mentre questi erano lontani a caccia e le gravi rivalità sessuali tra maschi diminuirono, agevolando così lo sviluppo dello spirito di collaborazione. Cacciando insieme con successo, sia il maschi più debole che quello più forte dovevano fare la loro parte" (Morris, 2002).

Un'agevolazione alla costituzione di rapporti stabili, fu la scomparsa dell'estro sessuale. Molti mammiferi durante l'ovulazione, o poco dopo, entrano in estro (calore) anche se stanno allattando ancora la prole. Durante questo periodo le cure parentali sono sospese. Questo comportamento "sconsiderato" da parte della donna sarebbe estremamente rischioso per la vita dei sui figli, che come abbiamo visto, hanno bisogno di molte attenzioni. La selezione naturale operò a salvaguardia della prole già nelle scimmie cercopitecidi e antropoidi. In queste specie l'estro sessuale si interrompe durante l'ultima fase della gravidanza e la prima fase dell'allattamento. Nella donna, questo processo evolutivo si completò circa un milione o mezzo milione di anni fa quando si formarono le bande di cacciatori-raccoglitori del genere Homo Ergaster-Erectus, in cui si ebbe la scomparsa dell'estro e comparsa dell'orgasmo femminile. La donne diventarono ricettive sessualmente in ogni momento, riuscendo a porre un limite all'aggressività dell'uomo. La comparsa dell'orgasmo femminile contribuì ad accrescere l'interesse per l'altro sesso, generando nella donna delle spinte monopolizzatrici e contrapposte alle tendenze associazioniste di soli maschi. Il cambiamento del comportamento femminile, contribuirono a legare più stabilmente il maschio al gruppo madre-figlio, creando le premesse per la nascita d
ella famiglia:"Erano queste le prime fasi della preistoria dell'amore, almeno dell'amore in senso umano" (Pfeiffer,1971).

In queste società venne a crearsi una divisione del lavoro tra gli uomini "cacciatori" e le donne "raccoglitrici", diversità che tendeva a rimarcare maggiormente le differenze sessuali. I rituali propiziatori per la caccia e le assenze prolungate dall'accampamento, lontano da altre femmine, portò alla formazione di associazioni per soli uomini. Ugualmente, all'interno del villaggio, le donne costituiscono le loro associazioni femminile, creando le basi per le società matriarcali che si sviluppavano nel paleolitico superiore (ibidem). La scelta sessuale "cosciente" e la formazione di associazioni maschili o femminile determino la nascita di pratiche omosessuali e lesbiche."In un ambiente di forze potenzialmente distruttici il problema evolutivo era quello di creare una struttura sociale sicura e stabile, un tipo del tutto nuovo di società, forte e flessibile abbastanza da includere associazioni fra maschio e femmina non meno che associazioni fra soli maschi", o sole femmine (ibidem).

"Il cambiamento dei modelli di comportamento sessuale portò con sè nuovi ordini di complessità sociale, nuove cose da imparare e ricordare, nuove inibizioni e proibizioni" (ibidem). I cacciatori e le raccoglitrici svilupparono tabù incestuali, sistemi e regole anticoncezionali, riuscendo a stabilire un controllo demografico. La procreazione, come nei cacciatori-raccoglitrici contemporanei, veniva rinviata attraverso l'istituzione di cerimonie e pratiche rituali, in modo che l'uomo avesse il tempo di imparare a cacciare ed a provvedere a se stesso ed alla sua famiglia. La nascita del tabù dell'incesto, aveva uno scopo in più, quello di eliminare le gelosie e le rivalità che potevano nascere all'interno della famiglia. Queste restrizioni riducevano i conflitti sia all'interno della famiglia, che al suo esterno, attraverso le unioni esogamiche (ibidem).

3.7 - Collaborazione ed Organizzazione

La caratteristica più importante dell'uomo, come osserva Pfeiffer, è la sua attitudine alla collaborazione con altri suoi simili, diversamente dagli altri primati riesce a controllare la sua aggressività ed a trarne benefici in termini evolutivi, quindi paragonare semplicemente gli uomini agli altri animali può essere pericoloso (ibidem). Le teorie Darviniane, sintetizzate nella formula "Struggle for life"; non trovano nessuna conferma nella organizzazione sociale degli uomini, neanche nelle epoche più remote. F. Engels aveva già notato i limiti delle teorie social-evoluzioniste in una lettera scritta a Pyotr Lavrov del 17 novembre 1875: "Of the Darwinian doctrine I accept the theory of evolution , but Darwin's method of proof (struggle for life, natural selection) I consider only a first, provisional, imperfect expression of a newly discovered fact [una nuova scienza in formazione]" (Engels, 1875).

Nella dialettica della Natura, leggiamo:"Fino a Darwin, coloro che sono attualmente suoi seguaci mettevano appunto in evidenza l'armonico coordinamento del lavoro nel mondo organico: come il regno vegetale offre agli animali cibo e ossigeno, e questi ultimi alle piante letame e ammoniaca e acido carbonico. Appena le teorie di Darwin vennero accettate, le stesse persone videro ovunque e soltanto lotta. Tutt'e due le concezioni giuste entro certi limiti, ma tutt'e due ugualmente unilaterali e limitate" (Marx e Engels, ...).

"The interaction of bodies in nature — inanimate as well as animate — includes both harmony and collision, struggle and cooperation [L'interazione dei corpi nella natura - inanimati quanto quelli animati - include contemporaneamente armonia e collisione, lotta e cooperazione.]" (Engels, 1875).

"Tutta la teoria della lotta per l'esistenza è semplicemente il trasferimento dalla società al mondo organico della teoria hobbesiana del bellum omnium contra omnes, e della teoria della concorrenza dell'economia borghese, come pure della teoria di Malthus sulla popolazione" (Marx e Engels, ...).

Mentre le idee di Darwin, riassunte nel concetto: "struggle of life", essendo una trasposizione degli ideali ottocenteschi della borghesia europea in ascesa, senza nessun fondamento scientifico, riscuotevano grande successo. Le tesi Engels sintetizzate nel concetto di "struggle and cooperation", vennero presto dimenticate.

Richard C. Lewontin condivide in pieno le osservazioni di Engels. "Quel che fece Darwin fu di prendere l'economia politica dell'inizio del secolo XIX e di espanderla fino a includere tutta l'economia naturale" (Lewontin, 1993). In particolare "Con il cambiamento dell'organizzazione sociale indotto dallo sviluppo del capitalismo industriale, comparve una concezione completamente nuova della società, in cui l'individua era fondamentale e indipendente...La società viene a questo punto pensata come la conseguenza, e non la causa, della proprietà dell'individuo. Sono gli individui che fanno le società". Per questo tipo di società si formò una nuova visione "riduzionista" della natura (ibidem).

Le doti collaborative degli uomini si tradussero nell'elevato grato di complessità della sua organizzazione sociale. Anche gli altri primati possono essere altamente organizzati, ma questi sono in grado di esprimerla soltanto all'interno del gruppo, il loro sistema sociale è generalmente chiuso, non riescono ad esportare all'esterno la loro organizzazione. Le diverse bande di scimpanzéo di gibboni tendono ad ignorarsi, o a combattersi. L'uomo è l'unico primate che riesce a costituire "organizzazioni di organizzazioni", unioni tribali e confederazioni (Pfeiffer, 1971). Alcuni aspetti di questa apertura all'esterno, furono i matrimoni esogamici e lo sviluppo della caccia grossa.

Secondo Washburn, il territorio di caccia di ogni tribù venne definito in base ad accordi con le bande vicine, perché le discussioni per i confini, oltre a disturbare la caccia, disperdevano le energie dei cacciatori. Gli scambi matrimoniali tra gruppi vicini contribuì ad instaurare relazioni amichevoli, attraverso la diffusione dei legami di sangue su una vasta area (ibidem).

Un salto considerevole nell'organizzazione degli uomini venne fatto quando questi scoprirono che era possibile controllare il fuoco, e che il suo impiego poteva essere molto vantaggioso. L'utilizzo del fuoco, permise all'umanità di compiere il primo grande passo verso la comprensione delle leggi della natura, e dall'emancipazione da essa. I vantaggi acquisiti riguardavano sia miglioramenti della vita nelle dimore che nelle tecniche di caccia.

All'interno delle caverne e nelle capanne vennero create zone di sonno, calde e luminose di notte, in cui era possibile difendersi dai grossi predatori. La fobia del fuoco degli animali venne utilizzata all'interno delle strategie di caccia, in cui venne impiegato per spingere gli animali in una trappola, come si faceva nel paleolitico medio nella valle di Torralba. L'uso delle fiamme nella fabbricazione di lance e giavellotti rese questi strumenti più duri ed efficaci.

"Quanto più l’uomo si allontanava dalla pianta, tanto più si elevava anche al disopra della bestia" (Engels, 1876).

Come dice Pfeiffer, avvicinandosi alle conclusioni di F. Engels: "Con la pratica della caccia l'uomo primitivo si trovò sempre più staccato dal resto del regno animale... La caccia spalancò un abisso fra l'uomo e le altre specie, creando effettivamente due mondi là dove prima ce n'era uno solo...L'uso di mangiar carne condusse, impercettibilmente, a tecniche di caccia sempre più elaborate e gradualmente trasformo l'uomo. In lui per la prima volta la cultura e la tradizione divennero sempre più responsabili dei mutamenti che una volta erano provocati quasi esclusivamente da mutazioni genetiche e dalla selezione naturale" (Pfeiffer, 1971).

Si pensa che l'uso di cuocere le vivande risalga a circa 80 mila anni fa. Prima di allora, i denti utili per macinare e frantumare tendono a rimanere grandi. Ma l'usanza di cuocere il cibo può aver contribuito a rimodellare i contorni del volto umano. "I cibi più morbidi sollecitano meno la mascella e i muscoli mascellari, che divennero più piccoli insieme ai molari. Questo a sua volta si ripercosse sul disegno dell'intera faccia: le grosse e prominenti sporgenze ossee sopraorbitali, e altre spesse protuberanze ossee, sostegno dei potenti muscoli mascellari, si ridussero di molto quando il volume dei muscoli diminuì. Il cranio divenne più sottile, favorendo un'espansione della calotta cranica che doveva ospitare un cervello di maggior volume" (ibidem).

Per Alan Woods e Ted Grant, la modifica delle relazioni sociali è in relazione con il consumo di carne, l'organizzazione della caccia e l’aumento del volume del cervello (Wood e Grant, 1997). Quest’ultimo consuma il 20% dell’energia prodotta dall’organismo, nonostante costituisca soltanto il 2% del peso totale. A sostenere incremento dell'encefalo, come conferma anche Francesca Giusti, vi fu il passaggio all'alimentazione carnea (Giusti, 1994). La carne con il suo contenuto di calorie, proteine e grassi fornì una serie di sostanze importantissime per l’organismo umano, soprattutto per il rinnovamento dei tessuti (Engels, 1876). Inoltre, tale alimentazione, e la sua cottura, accorciò i tempi di digestione e i processi vegetativi. In definitiva, la carne "portò all’acquisto di tempo, di sostanze e di energia" (ibidem).

Insieme ai cambiamenti fisici si verificarono nuovi stimoli alla vita di gruppo. Gli uomini potevano passare più tempo nelle loro dimore attorno al focolare, mangiando insieme agli altri membri del gruppo oppure passando il tempo a chiacchierare. Le ore dopo il tramonto, di relativo riposo, potevano essere impiegate per progettare le attività sempre più complesse del giorno successivo. Questa nuova complessità richiedeva l'evoluzione di più elaborati e raffinati mezzi di comunicazione. "Il linguaggio, la forma più umana dell'umano comportamento, deve aver preso un enorme impulso quando la caccia si sviluppò e i focolari ardevano allegri dopo il tramonto" (Pfeiffer, 1971).

Il focolare, luogo di incontro giornaliero del gruppo, dove si consumava il cibo frutto dell'organizzazione sociale e della caccia, fu probabilmente il posto dove si sviluppo il linguaggio umano. L’uomo elaborò una forma di comunicazione straordinariamente complessa, riuscendo a dare ad ogni cosa un significato specifico. Questo perché, l’uomo riuscì ad articolare suoni più complessi grazie all’uso delle consonanti, possibile soltanto con lo sviluppo della stazione eretta (Wood e Grant, 1997). Con il bipedismo, l'uomo sviluppo una serie di modifiche che riguardarono la testa. La sua posizione rispetto al corpo cambiò, diventando anch'essa eretta ed allineandosi con la spina dorsale. La mandibola subì un ridimensionamento. La posizione della lingua cambiò, invece di essere situata completamente all’interno della bocca, una parte di essa si posizionò all’interno della gola andando a formare la parte posteriore del tratta orofaringeo. La mobilità della lingua consentì la modulazione della cavità orifaringea. "La forma dell’apparato vocale e la capacità fisica di combinare vocali e consonanti sono i presupposti fisici del linguaggio umano, ma niente di più. Solo lo sviluppo della mano, connesso inscindibilmente con il lavoro e la necessità di sviluppare una società altamente cooperativa, ha reso possibili l’aumento delle dimensioni cerebrali e del linguaggio" (ibidem).

Il fuoco, come vedremo più avanti, ebbe un ruolo centrale nelle prime esperienze mistico-religiose dell'uomo. Nascono nel Paleolitico inferiore, nei più remoti meandri delle caverne, i primi dipinti o graffiti di animali all'interno di scene di caccia.

Da una serie di circostanze che si verificarono contemporaneamente modificarono la vita degli uomini attraverso la nascita della caccia, del linguaggio, dell'arte e di relazioni familiari complesse. Favorendo, piuttosto che un processo lento e graduale, un balzo rivoluzionario (ibidem).

"La materia diventa cosciente di sé. L’inizio della storia si sostituisce all’evoluzione inconsapevole" (ibidem).


Bibliografia

Bordiga A., Come Monod distruggerebbe... la dialettica. Parte II; I criteri distintivi umani e il ruolo avuto dal lavoto nel processo di trasformazione della scimmia in uomo. In Programme Communiste - n° 58 del 1973
Diamond J., Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni. Einaudi editore, 1998
Engels F., Parte avuta dal lavoro nel processo di umanizzazione della scimmia. Probabilmente del 1876
Engels F., Lecter of Engels to Pyotr Lavrov In London. London, Nov. 12-17, 1875. Online Version: Marx/Engels Internet Archive (marxists.org) 2000.
Fedele F., (a cura di), Aspetti dell'evoluzione umana. Guida editori, 1985
Giusti F., La scimmia e il cacciatore. Interpretazioni, modelli e complessità nell'evoluzione umana. Donzelli editore, 1994
Lewontin R. C., Biologia come ideologia. La dottrina del DNA. Bollati Boringhieri editore s.r.l.,1993
Marx K., Il capitale. Critica all'economia politica. Editori Riuniti, II ristampa dell'edizione anastatica del 1989. Vol.1 (Ed. orig. 1867)
Marx K. e Engels F., Dialettica della natura, Opere complete, Libro XXV. Editori Riuniti.
Morris D., La scimmia nuda. Studio zoologico sull'animale uomo. XV edizione Tascabili Bompiani marzo 2002
Pfeiffer J. E., La nascita dell'uomo. Arnoldo Mondadori editore, 1971.
Woods A. e Grant T., La rivolta della ragione. Filosofia marxista e scienza moderna. A C Editoriale coop arl, luglio 1997

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