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CRONOLOGIA

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EPICHE BATTAGLIE NELLA STORIA
in particolare quelle dei Mongoli

HULAO - ANNO 621
Huan Er Tsui - ANNO 1211
FIUME KALKA - ANNO 1223
MOHI - ANNO 1241
Ayn Jalut - ANNO 1260
HOMS - ANNO 1281

VENTI ANNI DOPO

HOMS 1281
La seconda invasione Mongola della Siria.

Data (29 ottobre 1281.)
Luogo: Homs (città della Siria a nord di Damasco)
Contendenti: Mamelucchi e Mongoli

Protagonisti
Qalawun Sultano mamelucco
Isa b. Muthanna e Sunqur: ufficiali mamelucchi

Mengu Temur: fratello dell’Ilkhan Abaqa, comandante nominale dell’esercito mongolo
Tukna, Dolobai, Alinaq: ufficiali mongoli


Forze contrapposte
Mamelucchi: 50000
Mongoli: 50-80000


CONTESTO STORICO

La prima invasione mongola della Siria era stata fermata ad Ayn Jalut, dove i Mamelucchi al comando di Qutuz e Baybars avevano sconfitto e ucciso Kitbuqa, generale di Hulagu. L’intera Siria fino all’Eufrate era tornata sotto il possesso mamelucco mentre i Mongoli, impegnati sul fronte orientale e caucasico contro gli altri Khanati divenuti loro ostili, non riuscirono per molto tempo a pensare alla rivincita.

Nel periodo dal 1260 al 1277 l’Egitto fu governato con mano ferma dal sultano Baybars, che, non contentandosi di difendere il proprio regno, prese spesso l’iniziativa attaccando gli alleati dei Mongoli, soprattutto gli Armeni di Cilicia e il principato di Antiochia. Appoggiò pure un tentativo di riconquistare Baghdad da parte di Ahmad al-Zahir detto al-Mustansir uno dei discendenti Abbasidi rifugiatosi presso di lui, ma gli diede così poche truppe da far pensare che abbia voluto in realtà mandarlo a morte sicura nell’intraprendere un’impresa impossibile. Il pretendente Califfo che forse si illudeva che il controllo dei Mongoli in Iraq fosse assai labile e che molti seguaci potessero aggregarsi al suo misero seguito di 400 guerrieri, fu presto disilluso quando il 28 Novembre 1261 si imbatté nel contingente mongolo guidato da Qara Bugha, forte di 6000 uomini. Ovviamente quasi nessuno del suo seguito scampò alla battaglia, mentre lui stesso scomparve e non fu più rintracciato da vivo o da morto.

Al di là di questo scacco, che gli storici mussulmani attribuirono all’inavvedutezza del califfo nel non procurarsi più seguaci, i Mamelucchi conobbero solo vittorie durante il sultanato di Baybars, riuscendo a rintuzzare tutte le incursioni provenienti oltre l’Eufrate e spingendo le proprie in profondità fino all’Anatolia, dove nel 1277 Baybars sconfisse ad Albulustayn (Elbistan) un’intera armata mongola. Abaqa figlio di Hulagu (1265-81) impegnato sugli altri fronti non riuscì ad assumere un’offensiva strategica fino al 1281. Il Khanato del Chagatay in particolare gli creò seri grattacapi fino a metà degli anni 70’ quando il suo sovrano Buraq conquistò la Transoxiana, l’Afghanistan e parte del Kurhasan prima di essere fermato nella battaglia di Herat (1270) dai generali di Abaqa.
La riconquista dei territori perduti fu comunque laboriosa e distruttiva per quelle città che si erano riprese da poco dalle distruzioni operate da Gengis Khan. Dal 1277 in avanti la situazione si fece certamente migliore per i Mongoli, anche a causa della morte del loro grande avversario Baybars.

IL SULTANO QALAWUN

Una delle gravi debolezze del sultanato mamelucco era l’instabilità del governo e la mancanza di una regola di successione accettata da tutti. Apparentemente il figlio di Baybars, al-Malik al-Said Berke, succedette a suo padre senza problemi, ma ben presto iniziarono a formarsi tensioni quando cercò di mettere nelle posizioni chiave del governo i propri mamelucchi al posto di quelli che avevano servito suo padre. Il suo tentativo di sbarazzarsi di alcuni Amir molto potenti come Qalawun e Baysari ebbe come conseguenza che costoro nel 1279 realizzarono con successo un colpo di stato e lo costrinsero all’esilio nella fortezza siriana di al-Karak. Sul trono venne posto il fratello del sultano Sulemish, mentre Qalawun ne diventava l’atabeg (guardiano). Il 21 novembre 1279 Qalawun, ormai sicuro dell’appoggio della maggioranza dei mamelucchi, lo depose e lo spedì ad al-Karak a far compagnia ad al-Said.
Le tensioni interne non finirono perché il governatore di Damasco, Sunqur a-Ashqar insorse contro Qalawun. Nell’aprile del 1280. Qalawun lo sconfisse in battaglia ma non poté impedirgli di fuggire nel deserto siriano dove continuò ad essere un elemento di disturbo. A quanto pare fu proprio Sunqur, nell’ora della disperazione ad invitare i Mongoli ad invadere i domìni mamelucchi, squassati da lotte intestine e con il nuovo sultano che non aveva consolidato il suo potere. Nonostante che alcuni sostenitori di Sunqur come Isa b. Muthanna lo convincessero a non passare ai Mongoli e a cercare rifugio in un qualche castello nel nord della Siria ad attendere gli eventi, i suoi messaggi giunsero alla corte di Abaqa e lo convinsero che era giunto il momento di una nuova offensiva in grande stile. Una incursione condotta da tre tumen al comando di Qonghurtai, fratello di Abaqa e che comprendeva anche contingenti armeni e anatolici, saccheggiò la Siria fino ad Aleppo che era stata sgombrata dai suoi terrorizzati abitanti e che fu saccheggiata dal 27 al 29 ottobre.

L’incursione però era stata solo d’assaggio e terminò già nel mese di novembre. Ancora una volta come nella campagna del 1260 gli stati cristiani si trovarono nel dilemma se collaborare o no con i Mongoli. Nello stesso periodo in cui gli eserciti dell’Ilkhan razziavano la Siria settentrionale i cavalieri Ospitalieri fecero un’incursione nei domini mamelucchi sconfiggendo tanto le forze locali che un distaccamento di Mamelucchi inviato da Qalawun per punirli.
Tuttavia quando un ambasciatore mongolo giunse ad Acri per informare i Franchi che l’anno successivo una nuova spedizione più vasta di 50.000 cavalieri e altrettanti alleati avrebbe attaccato direttamente le armate del sultano e per richiedere il loro aiuto in uomini e materiali, costoro non risposero, assumendo un atteggiamento di neutralità.
Del resto l’alleanza con i Mongoli non aveva prodotto che desolazione e rovine nei regni d’Armenia e nel principato d’Antiochia, rimasti indifesi alla reazione mamelucca. La neutralità dei Franchi e una benevolenza dimostrata dal fatto che segnalarono pure una congiura ai suoi danni, resero sicure le retrovie di Qalawun. Nell’imminenza dell’invasione il sultano si riconciliò pure con Sunqur che ricevette in cambio della sua sottomissione i feudi di Antiochia e Apamea. Con questa politica conciliante il nuovo sultano aveva corretto i disordini civili che agitavano il mondo mamelucco da almeno un triennio e poteva fronteggiare con le spalle sicure la nuova aggressione.

LE FORZE CONTRAPPOSTE

Nel settembre 1281 Qalawun a Damasco ricevette la notizia da un prigioniero mongolo che l’esercito in avvicinamento comprendeva 8.0000 uomini e che l’invasione era prevista per metà ottobre. Chiaramente le difese di frontiera, che già non avevano tenuto contro l’invasione dell’anno prima, non potevano bastare a fermare gli invasori; essi andavano fronteggiati con l’intera forza a disposizione del sultano.
Entro il 12 ottobre tutti i Mamelucchi e i contingenti alleati di beduini erano pronti per la battaglia. In tutto dovevano essere 50.000 uomini. I Mongoli si erano radunati ad Abulustayn. Essi erano sotto il comando nominale del giovane Mengu Temur, fratello di Abaqa, che gli aveva però affidato come tutori con l’effettivo comando dell’esercito gli anziani ufficiali Tukna e Dolobai. Abaqa stesso non prese parte all’invasione, rimanendo con una forza di 3.000 uomini ad al-Rahba presso l’Eufrate, in attesa dell’esito della battaglia. La forza principale mongola assommava a tre tumen, circa 30.000 uomini, ma a questi andavano aggiunti anche i contingenti dei vassalli Georgiani, Selgiuchidi di Rum, Armeni , Franchi della Cilicia e Armenia Minore. I Georgiani e gli Armeni erano guidati dai rispettivi re, Dimitri e Leone, a sottolineare l’importanza del loro contingente. C’erano persino combattenti mussulmani nelle file mongole, chiamati rinnegati dalle fonti mamelucche, probabilmente provenienti dagli stati vassalli della Jazira. L’esercito deve aver superato come numero quello dei Mamelucchi, anche se la stima di 80.000 uomini può essere considerata un’esagerazione data la difficoltà di foraggiare e trovare rifornimenti per un contingente di tale dimensione.

In realtà la campagna non poteva che essere breve, data l’impossibilità della regione di sostenere un tale numero di truppe e i Mongoli, ignorando l’assalto ai castelli o alle città fortificate puntarono direttamente contro l’esercito mamelucco. Nella loro marcia passarono per Marash e Ayn Tab, ma non entrarono né ad Aleppo né ad Hama. Giustamente i Mongoli avevano calcolato che se avessero distrutto l’armata nemica il resto del paese sarebbe facilmente caduto nelle loro mani, ma d’altra parte, se fossero stati sconfitti la presenza di città ostili alle loro spalle avrebbe reso le loro perdite molto più gravi durante la ritirata. Il rischio che si assumevano era quindi molto alto.
Qalawun in un primo tempo aveva pensato di attendere l’attacco presso Damasco, per poter usufruire della cittadella come rifugio in caso di sconfitta. Furono i suoi amir ad opporsi a lui: non potevano sopportare l’idea di vedere l’intera Siria settentrionale nelle mani dei Mongoli. Qalawun cedette soltanto quando gli amir minacciarono di partire senza di lui e si avviò verso Homs molto di malavoglia. La sua leadership non si avvicinava nemmeno a quella di Baybars e il rischio di essere deposto dai suoi ufficiali era molto alto. Tutto dipendeva dall’esito della battaglia.

Alla fine Qalawun e il suo esercito presero posizione nella piana a nord di Homs (Emesa) non molto distanti dal luogo in cui l’imperatore Aureliano affrontò le forze palmirene nel 272. Era il 26 Ottobre del 1281. All’estrema ala destra Qalawun dispose i contingenti beduini di cavalleria leggera, circa 4000 uomini al comando di Isa b. Muthanna. Al loro fianco le truppe siriane di Hama, e Damasco, al comando di al-Mansur e i contingenti Mamelucchi guidati dagli amir Baysari, Aydegin, Taybars, Aybeg e Kushtoghdi. Il centro era costituito di due corpi: l’avanguardia “jalish”, guidata da Turantay, composta da guerrieri scelti, e dietro di essa i 800 Mamelucchi reali e 4000 halqa (truppe montate non mamelucche che dovevano fungere da riserva strategica. All’ala sinistra fu collocato l’infido Sunqur con i suoi alleati, fra cui molti ex combattenti della guardia di Baybars, protetta all’estrema ala sinistra da cavalieri Turcomanni.

I Mongoli partirono da Hama tra il 28 e il 29 ottobre. Per necessità di foraggiamento dovettero sparpagliarsi per una vasta area ma comunque raggiunsero la pianura di Homs la mattina del 29 divisi in tre formazioni principali. L’ala destra, guidata da Alinaq comprendeva tutte le truppe ausiliarie dei Selgiuchidi, dei mongoli Oiraiti e i contingenti armeni e Georgiani al comando di Leone e Dimitri, nonché Qara Bugha (da identificare col governatore di Baghdad). Al centro si trovavano le formazioni principali mongole al comando di Tukna e Dolobai con Mangu Temur e all’ala sinistra un contingente, presumibilmente più debole degli altri due guidato da Mazuq Aqa e Hinduqur.

LA BATTAGLIA

Mentre i Mamelucchi avevano passato la notte sul campo di battaglia, nella piana a nord di Homs i Mongoli arrivarono sul posto la mattina del 29 Ottobre dopo aver cavalcato tutta la notte, raccogliendo faticosamente le truppe sparse sul campo di battaglia. Molto probabilmente il contatto tra le formazioni menzionate sopra era piuttosto labile e appare che i comandanti delle rispettive ali non avessero idea di cosa stava accadendo nel resto del campo di battaglia, un problema di comando tipico di tutti gli eserciti premoderni. Nonostante la presumibile stanchezza delle loro cavalcature i Mongoli lanciarono subito l’attacco, o meglio partì l’ala destra al comando di Alinaq che caricò l’ala sinistra di Sunqur con effetti spettacolari.
L’intero schieramento mamelucco all’ala sinistra si sciolse, forse nemmeno aspettando di venire a contatto col nemico e iniziò una fuga che condusse alcuni Mamelucchi fino a Damasco, Gaza e persino in Egitto, mentre altri Amir sganciatisi dagli inseguitori riuscirono a riguadagnare il centro. I Mongoli cercarono solo di inseguire le truppe che si ritiravano davanti a loro senza intervenire contro il resto dell’esercito mamelucco, in particolare contro il centro scoperto. L’intera ala destra Mongola con i contingenti alleati raggiunse il lago di Homs, a sud della città dove fece riposare le cavalcature esauste, convinta che i loro compagni li avrebbero raggiunti presto. L’ala sinistra Mongola ebbe molta meno fortuna. Il suo attacco contro l’armata di Hama e Damasco fu respinto, e alcuni contingenti dell’avanguardia comandata da Turantay e persino alcuni Amir della sconfitta ala sinistra mamelucca che erano sfuggiti agli inseguitori, passarono al contrattacco.

Quando anche i Beduini di Isa b. Muthanna si scagliarono contro il fianco dei Mongoli, essi cercarono scampo nella fuga. Rimaneva scoperto il centro mongolo che a causa della cattiva coordinazione con le due ali non era ancora entrato in battaglia. A quanto pare alla migliore condotta della battaglia da parte dei Mamelucchi si aggiunse la fortuna perché Mengu Temur fu subito ferito, o perse la testa ed ebbe una crisi di panico, causando confusione nel centro mongolo. A quanto pare l’azione dei beduini che, dopo la sconfitta inflitta all’ala sinistra, stavano imperversando nelle retrovie saccheggiando i bagagli dei loro avversari, indusse i Mongoli alla fuga. Alcuni si portarono dietro Mengu Temur, altri smontarono dai cavalli preparandosi a combattere fino alla morte. Pare che Tukna e Dolobai non ebbero alcuna possibilità o capacità di influenzare il corso della battaglia. Prima di sera la rotta mongola era completa e i Mamelucchi, eccetto la guardia personale di Qalawun, si gettarono all’inseguimento.
Intanto i Mongoli dell’ala destra che, dopo il successo iniziale, era rimasti oziosi a sud di Homs, non vedendo arrivare il resto dell’esercito iniziarono a sospettare che le cose non fossero andate per il loro verso; mandarono degli esploratori che riferirono come i loro compagni fossero stati messi in rotta. A questo punto Alinaq li condusse in ritirata verso il nord, lungo la rotta che passava proprio nei pressi della posizione di Qalawun che aveva con se un migliaio di uomini. Il sultano, vista la precarietà della propria posizione, fece piegare gli stendardi e tacere i tamburi. I Mongoli gli passarono vicino senza notarlo o senza pensare a combattere di nuovo, essendo la loro priorità quella di raggiungere al più presto un territorio non ostile, e pertanto persero l’ultima occasione di infliggere una serio colpo ai Mamelucchi.

Qalawun terminò la battaglia in un modo non proprio glorioso, ma sicuramente proficuo per lui. I Mongoli finirono per disperdersi in piccoli gruppi durante la fuga, e ciò li rese vulnerabili all’azione dei loro inseguitori e a quella delle guarnigioni dei vari castelli e posti fortificati. Chi tentò di aprirsi la strada verso l’Eufrate e la Mesopotamia mongola ebbe la sorte peggiore. Molti morirono annegati nel fiume o uccisi dalle guarnigioni mamelucche di al-Bira e al-Rahba. Quelli che tentarono la via del deserto furono uccisi dai beduini o morirono di sete. Gravi perdite ebbero anche gli Armeni che tentarono di fuggire verso le montagne anatoliche. Le guarnigioni poste lungo il cammino inflissero loro gravi perdite. La spedizione mongola, come quella del 1260 era terminata in un fallimento completo e questa volta non c’era la scusa dell’inferiorità numerica a giustificare lo scacco.

CONSEGUENZE

Con la battaglia di Homs fallì l’ultimo serio tentativo da parte dei Mongoli di distruggere il regno mussulmano dei Mamelucchi. Abaqa, sconcertato e adirato alla notizia della disfatta promise di ritornare l’anno successivo, ma la morte lo colse nel 1282. Ormai anche all’interno dell’impero degli Ilkhan forti correnti premevano perché i sovrani si convertissero all’Islam.
Nel 1295 Ghazan Khan fece finalmente il passo inevitabile perché i Mongoli conservassero la presa su un regno largamente islamico: divenne mussulmano e iniziò addirittura a perseguitare attivamente i cristiani del proprio regno, che avevano fino ad allora goduto di protezione e prestigio. Le ostilità con i Mamelucchi non cessarono, ma entrarono su un piano meramente politico. Ghazan riuscì finalmente a sconfiggere le truppe del sultano nella battaglia del wadi al-Khaznadar nel 1299, ma l’impossibilità logistica di mantenere l’esercito in Siria indusse i Mongoli alla ritirata dopo pochi mesi. Infine i Mamelucchi vinsero la battaglia decisiva presso Saqqab nel 1303 chiudendo la partita che aveva come posta la Siria fino al confine dell’Eufrate.

In questo periodo terminava pure il capitolo dei regni cristiani in Siria. Liberi dal pericolo mongolo, Qalawun e il figlio al Ashraf poterono dedicarsi alla conquista delle ultime città e fortezze crociate, distruggendo tutti gli insediamenti vicini alla costa per non dare un facile approdo alle flotte crociate. I Franchi d’Outremer lasciarono passare tutte le occasioni che ebbero di allearsi con i Mongoli e dovettero fronteggiare la reazione mamelucca che fu spietata nei confronti di tutti quei cristiani che avevano mostrato simpatie nei confronti dei loro temibili avversari.

by ALESSANDRO CONTI

Libri consultati
Amitai-Preiss, Reuven “Mongols and Mamluks”, Cambridge, 1995
Grousset, René, “The Empire of The Steppes”, New Jersey, 1970
Runciman, Steven, “Storia delle Crociate”, trad. italiana Torino 1966
Turnbull, Stephen, “Mongol Warrior, 1200-1350”, (Osprey Warriors 84) Oxford, 2003

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