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in particolare quelle dei Mongoli

HULAO - ANNO 621
Huan Er Tsui - ANNO 1211
FIUME KALKA - ANNO 1223
MOHI - ANNO 1241
Ayn Jalut - ANNO 1260
HOMS - ANNO 1281

I MONGOLI IN EUROPA

La BATTAGLIA DI MOHI: - ANNO 1241


Data: 11 Aprile 1241
Luogo: Mohi, fiume Sajo
Contendenti: Mongoli e Ungheresi

Protagonisti
Mongoli: Batu, Subotai

Ungheresi: Bela IV, Koloman, arcivescovo Ugolino
Forze impegnate
Mongoli: 70000
Ungheresi: 100000

I Mongoli erano tornati dal grande raid esplorativo del 1221-1223 con numerose informazioni riguardanti i paesi Europei. Pur non essendosi spinti oltre il Dnieper, sapevano che fino all’Ungheria avrebbero trovato steppe e praterie adatte al loro stile di guerra estremamente mobile e che, una volta stroncata la resistenza dei principati russi, le cui truppe erano state decimate nella battaglia del Kalka (1223), l’unico regno che avrebbe potuto concentrare contro di loro un esercito considerevole era quello d’Ungheria.

La nuova grande invasione venne organizzata nel 1236. All’epoca regnava come capo supremo dei Mongoli Ogodai, figlio di Gengis Khan, che esercitava autorità sui fratelli Ciagatai e Tolui e su Batu, figlio del defunto fratello Jochi. Essi si erano divisi l’immensa eredità lasciata dal padre. L’Europa orientale era considerata parte dell’appannaggio di Batu, ma era un territorio ancora da conquistare.
Ogodai era restio a scendere di persona in campo (si era impegnato personalmente soltanto nella campagna finale contro l’impero Jin del 1231-32) ma poteva contare su validi condottieri e collaboratori, alcuni dei quali avevano già fatto parte dello staff di suo padre. Per aiutare Batu a conquistare quella regione, venne organizzato un immenso esercito. Secondo E.D. Phillips :”In aggiunta alle sue truppe, Batu ricevette un quinto degli armati mongoli da ognuno degli altri “ulus”; inoltre i suoi Mongoli che raggiungevano così il numero di circa cinquantamila, furono rinforzati da circa settantamila Turchi sotto il comando di ufficiali mongoli. Tra i suoi comandanti vi erano i figli di Ogodai, Guyuk e Kadan, e il figlio di Tolui Mongka”. In Renè Grousset leggiamo che anche i fratelli di Batu, Orda, Berke e Shayban nonché Baidar e Buri, figli di Ciagatai e Khaidu nipote di Ogodai parteciparono alla campagna, ma il vero comandante era il sessantenne Subotai, unico superstite del formidabile gruppo di ufficiali creato da Gengis Khan, ancora perfettamente in grado di condurre campagne a largo respiro.

LA GRANDE INVASIONE

I Mongoli iniziarono la loro spedizione nell’inverno 1236-1237. Il loro obiettivo era di spazzare via il regno dei Bulgari, che avevano la loro base nella regione attraversata dal Volga e del suo affluente Kama. Nel 1223 i Mongoli avevano invaso il loro territorio senza riuscire a conquistarlo e lo smacco subito bruciava ancora. Questa volta le cose andarono diversamente.
La capitale bulgara fu distrutta e l’intero popolo sterminato o reso schiavo. Analogo trattamento ebbero i Qipchaq Polovzi che ancora risiedevano in quelle zone. Essi vennero attaccati nella primavera del 1237 e la campagna per la loro sottomissione richiese due anni, fino al momento in cui Mongka riuscì a catturare il loro capo Batchman in un’isola nel basso corso del Volga e lo fece tagliare in due. Numerosi giovani Qipchaq furono catturati per essere venduti al mercato degli schiavi. Molti di loro finirono poi in Egitto dove sarebbero diventati i famosi Mamelucchi, decisivi nel fermare l’assalto mongolo alla Palestina nella battaglia di Ayn Jalut (1260).

Un altro capo Qipchaq, Koten Khan, che aveva già sperimentato la forza mongola nella battaglia del Kalka, ritenne opportuno emigrare in Ungheria con 40000 famiglie dove, pur di sfuggire al pericolo, si convertì al cristianesimo e si insediò là stabilmente. Subotai condusse l’esercito mongolo contro i principati russi del nord, lasciando per il momento da parte Kiev le regioni meridionali. Infatti dopo la battaglia del Kalka del 1223 e lo sterminio dei loro uomini validi i principati del sud non costituivano un pericolo per gli invasori. Quanto ai principati settentrionali, Subotai contava di ridurli in rovina uno ad uno per evitare che riuscissero a unire i loro eserciti, e così difatti avvenne.

Effettuando la sua incursione in pieno inverno, sotto la neve, dove i suoi cavalli erano addestrati a scavare e trovare pastura, Subotai aveva un immenso vantaggio strategico. Tra il 1237 e il 1238 i Mongoli avanzarono incontrastati distruggendo tutte le città che opposero loro resistenza: Ryazan, Kolomna, Mosca, Vladimir, Sudzal, Rostov e molte altre subirono questo destino.
Il granduca Yuri di Vladimir Sudzal, le cui truppe non avevano partecipato alla battaglia del Kalka, cercò di fermare i Mongoli sul fiume Siti (Sita). Il suo campo fu circondato e le sue truppe annientate, mentre lui stesso non sfuggì alla caccia dei Mongoli che gli tagliarono la testa.

I Mongoli verso Marzo si avvicinarono a Novgorod, l’ultima città di una certa importanza che non era ancora stata attaccata, ma lo scioglimento delle nevi rese l’intera regione un pantano e la cavalleria si trovò impossibilitata ad avanzare. Subotai diede l’ordine di tornare indietro nelle steppe dell’Ucraina orientale.
Il resto del 1238 fu occupato dalla sottomissione delle restanti tribù Qipchaq della Russia meridionale e dell’Ucraina, mentre le operazioni contro i principati russi meridionali ripresero soltanto nell’autunno del 1240. La prima a cadere fu la città di Chernigov, seguita da Pereyaslav: entrambe furono distrutte. I Mongoli di Batu e Subotai raggiunsero finalmente i sobborghi di Kiev nel novembre 1240.

La città aveva una cinta muraria in pietra e non di legno, come quella delle altre città russe, ed era un po’ meglio protetta contro gli assalti di un assediante.. I cavalieri delle steppe attraversarono il Dnieper gelato e investirono la città dalla parte della porta polacca. L’esercito mongolo era dotato di mangani, trabucchi ma anche razzi incendiari e fumogeni, cannoncini di bambù che sparavano cocci di ceramica e vetro. Queste macchine d’assedio erano state in grado di prendere le città fortificate cinesi, che erano estremamente meglio difese di quelle europee.
Di fronte al massiccio bombardamento di proiettili il 5 dicembre la grande porta e i bastioni crollarono. La cavalleria pesante mongola partì all’assalto della breccia ma venne fermata dalla strenua difesa condotta dal Dimitri, luogotenente del principe Danil che era invece fuggito. Il giorno dopo però l’assalto non poté essere fermato e la città venne messa a ferro e fuoco. La popolazione fu sterminata, chiese e palazzi di una florida civiltà furono rasi al suolo; come unico gesto di clemenza Batu decise di risparmiare la vita a Dimitri, in virtù del suo valore.

Subito dopo Kiev venne il turno della Galizia e della Volinia. I nobili russi abbandonarono la popolazione e si rifugiarono in Polonia e Ungheria, mentre con la conquista e devastazione di Kremenets, di Vladimir e di Przemysl si concluse la trionfale avanzata mongola. Presso la città di Halicz sulla Vistola nel Gennaio del 1241 Subotai riunì il suo comando per un nuovo piano d’azione.

I MONGOLI IN POLONIA E UNGHERIA

I maggiori poteri riconosciuti in Europa, il Sacro Romano Impero e il Papato, rappresentati da Federico II e Gregorio IX, erano impegnati in una guerra senza quartiere per la supremazia, che impediva loro di dare un fattivo aiuto alle popolazioni dell’Europa Orientale. Lituani, Svedesi e cavalieri Teutonici apparivano più impegnati a trarre profitto delle disgrazie dei Russi che a fronteggiare i loro invasori. La Polonia e l’Ungheria rimanevano gli obiettivi militari maggiori.

L’Ungheria era governata da Bela IV della dinastia degli Arpadi. Se avesse ricevuto l’aiuto della Polonia e dei principi Germanici, con cui aveva legami di parentela avrebbe potuto costituire un ostacolo insormontabile, per cui si rendeva necessaria una strategia che gli impedisse di ricevere rinforzi.
Subotai organizzò l’invasione su due direttrici principali. 30000 Mongoli vennero lasciati di retroguardia per controllare le zone russe appena conquistate. I rimanenti 100000 uomini vennero divisi in quattro corpi. 30000 guerrieri al comando di Baidar e Khaidu, nipote di Ogodai sarebbero dovuti penetrare in Polonia e neutralizzare le forze colà presenti, impedendo loro di portare aiuto al regno d’Ungheria che venne stato attaccato dalle altre tre colonne. La colonna più settentrionale era guidata da Shayban e passò tra la Polonia e la Moravia. Più a sud Batu mosse attraverso la Galizia, forzando i passi dei Carpazi tra Ungvar e Munkacs. Sul suo cammino trovò delle formazioni ungheresi comandate da un conte palatino che furono sconfitte e messe in fuga il 12 marzo.. La colonna di Qadan attraversò invece la Moldavia e la Transilvania; cosa che fece lasciando una scia di morte e distruzione nelle città di Oradea e Csanad. I tre corpi d’armata puntarono quindi verso la capitale, la città di Pest.

LE VITTORIE DI KHAIDU

Per le operazioni della colonna al comando di Khaidu, diventate famose per la battaglia di Leignitz ma che coinvolsero solo ¼ dell’esercito mongolo può bastare un breve riassunto. Il Grousset ne parla in questi termini.
“... parte dell’armata mongola sotto Baidar e Khaidu, lanciò un attacco in Polonia. Durante l’inverno del 1240-1241 i Mongoli attraversarono la Vistola ghiacciata (13 Febbraio 1241), saccheggiarono Sandomir e avanzarono fino ai dintorni di Cracovia. Essi sconfissero un’armata poalacca a Chmielnik il 18 Marzo 1241, e marciarono su Cracovia, da dove il re polacco Boleslao IV fuggì in Moravia. Trovando Cracovia abbandonata dai suoi abitanti i Mongoli la diedero alle fiamme. Essi penetrarono in Slesia sotto il comando di un principe che gli storici polacchi chiamano Peta – sicuramente Baidar- attraversarono l’Oder a Ratibor e si scontrarono con il duca polacco Enrico di Slesia che comandava un’armata di 30000 uomini che consisteva di Polacchi, crociati tedeschi e cavalieri teutonici. Il 9 aprile questa armata fu annientata e il duca ucciso a Wahlstatt vicino a Liegnitz (Legnica). Dopo questa vittoria i Mongoli si diressero in Moravaia e devastarono la regione, ma non furono in grado di prendere la città di Olomuc, difesa da Yaroslav di Sternberg. Dalla Moravia questo corpo si ricongiunse alle altre armate mongole che operavano in Ungheria”

Come si vede l’incursione in Slesia e la vittoria di Liegnitz erano servite solo come un’azione di copertura magistralmente condotta per l’attacco principale che era rivolto contro l’Ungheria. Forse sfuggì ai Mongoli o forse la cosa non importò ai fini dei loro piani che dopo Liegnitz tra la Polonia e la Francia non c’era una sola forza organizzata in grado di contrastarli.

LA BATTAGLIA DI MOHI

Mentre i Mongoli ai primi di Aprile riunivano le loro colonne davanti a Pest, vicino alla sponda orientale del Danubio, Bela concentrò tutte le forze disponibili a Buda. La grande avanzata mongola non era riuscita a impedire al Re ungherese di concentrare le proprie forze e a renderlo in grado di dare battaglia almeno in condizioni di parità. Le fonti parlano di un esercito di 100.000 ungheresi anche se, riguardo alle battaglie medievali, raramente si raggiungevano cifre superiori ai 30.000 uomini.
L’armata ungherese contava contingenti di cavalleria pesantemente armata, tra cui dei reparti di Templari, ma anche numerosi arcieri a cavallo, Magiari e Cumani appartenenti ai profughi di Koten Khan. Per la verità costoro si erano amalgamati piuttosto male, dal momento che le depredazioni da loro fatte nel territorio degli Ungheresi, avevano spinto i nobili a risentirsi apertamente contro Bela. Inoltre il loro khan Koten era morto (c’è divergenza tra le fonti se sia stato assassinato o si sia tolto la vita) e parte di loro avevano disertato.

Nonostante i problemi di coesione tra reparti e la mancanza di alleati, trattenuti dalla spedizione di Khaidu, l’esercito ungherese era sufficientemente forte da non poter essere affrontato alla leggera. Subotai mise in atto la tattica che aveva dato così buoni frutti alla battaglia del Kalka: fece ritirare lentamente le armate mongole finché non raggiunse il fiume Sajo; si accampò sulla sponda orientale, lasciando bene in vista un distaccamento mongolo a guardia dell’unico ponte sul fiume, il ponte di Mohi.
Sicuramente Subotai intendeva attirare gli Ungheresi in un attacco contro il ponte per poi coglierli con le spalle al fiume una volta che fossero passati dall’altra parte, ma re Bela, forse istruito dai contingenti di Cumani che ricordavano lo scontro del Kalka, non passò il fiume e pose il campo sulla sponda occidentale. Gli Ungheresi si limitarono a occupare il ponte di Mohi, scacciandovi il presidio dei Mongoli, per installarvi una propria testa di ponte. Il presidio ungherese sul fiume era guidato da Koloman, fratello del Re, e dall’arcivescovo Ugolino col fiore della cavalleria, mentre il grosso dell’esercito di Bela era nell’accampamento dietro il cerchio dei carri.
La posizione dell’esercito sarebbe stata sicura se il Sajo fosse stato abbastanza profondo da garantire protezione, ma a valle del ponte c’era un guado di cui i Mongoli erano a conoscenza e gli Ungheresi ignari. Il guado non era ampio e il fiume era gonfio per le piene invernali, ma Subotai riuscì a far passare nella notte tra il 10 e l’11 aprile 1241 circa 30000 guerrieri sulla sponda occidentale. Batu e Subotai ascesero su un’altura per contemplare l’accampamento nemico, e Batu osservò che i loro avversari erano concentrati come bestiame in una stalla troppo piccola. Poi il nipote di Gengis Khan invocò Tangri, il cielo, affinché gli concedesse la vittoria. Ancora prima dell’alba l’”artiglieria” mongola si fece sentire contro il presidio ungherese del ponte. Vennero lanciati razzi, frecce incendiarie, proiettili fumogeni, che consentirono alla cavalleria di avanzare protetta da una sorta di nebbia artificiale.

I Mongoli, guidati da Batu caricarono il presidio e riuscirono a impadronirsi del ponte. I cavalieri di Koloman e di Ugolino contrattaccarono, mentre dal campo principale uscirono i rinforzi di Bela, indotti ad intervenire dal rumore della battaglia. Ma nel momento in cui si ricongiunsero al distaccamento ungherese che combatteva presso il ponte, le tre toumen di Subotai arrivarono sul campo di battaglia e attaccarono alle spalle gli Ungheresi. Questi riuscirono in qualche modo a ritornare al campo, ma si ritrovarono assediati dai Mongoli che scagliarono contro di loro pietre, proiettili e frecce incendiarie.
L’assedio fu portato avanti per alcune ore, finché i difensori del campo videro un’apertura, un punto non presidiato nel cerchio di ferro degli attaccanti. Dapprima cavalieri singoli, poi gruppetti, infine interi reparti si precipitarono nel varco, mentre i Mongoli sembravano ignorare i fuggiaschi. Naturalmente si trattava di una trappola per indurre il nemico accerchiato alla fuga, ed evitare che resistesse dietro al riparo offerto tra i carri, rendendo difficile il compito di snidarlo. Soltanto i cavalieri templari si batterono fino all’ultimo uomo e furono uccisi sul posto. Cadde con loro l’arcivescovo Ugolino, mentre Koloman venne ferito mortalmente e sarebbe spirato più tardi.. La carica decisiva dentro il cerchio di carri fu condotta da Shayban, fratello di Batu.

I Mongoli non appena si furono liberati dei pochi combattenti che avevano opposto loro resistenza iniziarono la caccia ai fuggiaschi che durò per due giorni. Sui risultati di questo inseguimento una plastica immagine è data da un cronista locale citato dal Turnbull: ”Un testimone oculare scrisse.- Durante una marcia di due giorni non avresti potuto vedere lungo la strada altro che guerrieri caduti i cui corpi giacevano come pietre in una cava-“ Le perdite ungheresi sarebbero ammontate a più di 50000 uomini, compresi due arcivescovi, tre vescovi e molti dignitari. Quanto al re Bela, dopo essere sfuggito miracolosamente alla catastrofe, riparò prima a Pozsony, poi a Haimburg e infine partì alla volta di Zagabria, in Croazia da dove cercò di riorganizzare la resistenza contro le orde mongole e iniziò la lunga serie di appelli all’Imperatore e al Papa che rimasero desolatamente inascoltati. Senza più un esercito a difenderlo il regno sembrava perduto, in balia dei brutali conquistatori.

CONSEGUENZE

Pochi giorni dopo la battaglia giunse in Ungheria la colonna guidata da Khaidu che portava la notizia della vittoria di Liegnitz. I Mongoli raggiunsero Pest che venne data alle fiamme. Per tutta l’estate e l’autunno del 1241 i Mongoli scorazzarono per l’Ungheria che sicuramente ricordava loro le amate steppe asiatiche. Quasi tutte le cittadelle furono prese, con l’eccezione di Alba Julia e Gran.

All’inizio del 1242 mandarono una colonna all’inseguimento di Bela IV che dalla Croazia trovò più sicuro rifugiarsi a Trau, un’isola dell’Adriatico. Sul continente i Mongoli si spinsero fino a Spalato e a Cattaro. Quest’ultima città fu saccheggiata nel marzo del 1242. Alcune avanguardie mongole risalendo il Danubio erano giunte a Neustadt non lontano da Vienna senza trovare resistenza apprezzabile.

I regni cristiani non mostravano alcuna intenzione di unire le forze per cacciare gli invasori, nonostante i reiterati appelli di Bela IV a Federico II, al Papa Gregorio IX, a Corrado IV di Germania e a Luigi IX. Gli storici ungheresi raccontano che, nella miseria della sua condizione, Re Bela fece voto di offrire la sua prossima figlia al convento di Santa Caterina di Veszprém se i Mongoli avessero lasciato l’Ungheria. E inaspettatamente la sue preghiera venne esaudita.

L’11 dicembre del 1241 era morto il Khan Ogodai e la notizia giunse ai Mongoli agli inizi del 1242 grazie all’efficiente servizio di corrieri. Nessuno dei capi mongoli voleva mancare alla Quriltai, l’assemblea che avrebbe eletto il successore e pertanto le conquiste in Ungheria e i piani per un’ulteriore espansione in Europa furono abbandonati.

L’esercito ritornò in Ucraina e l’Europa si salvò grazie a questo caso provvidenziale da un’invasione che ne avrebbe cancellato la civiltà. La sola Ungheria contò 300.000 morti tra la popolazione civile, mentre le contrade meno fortunate della Russia e dell’Ucraina avrebbero subito il tallone mongolo per secoli e la florida civiltà kievana non sarebbe mai rinata dalle sue ceneri.

by ALESSANDRO CONTI

Libri consultati
Gabriel, R. A.”Subotai the Valiant”, Westport, 2004
Grousset, René, “The Empire of The Steppes”, New Jersey, 1970
Papo, Adriano; Papo Nemeth, Gizella, “Storia e Cultura dell’Ungheria”, Catanzaro, 2000
Phillips, E.D. “The Mongols”, 1969, ed. italiana “Genghiz Khan e l’impero dei Mongoli”, Roma, 1998
Tesi, Luca, “L’esercito imperiale cinese”, Montespertoli, 2000
Turnbull, Stephen, “Mongol Warrior

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