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110 a - NASCITA DEGLI STATI UNITI - IL PERIODO COLONIALE


Sottoscrizione della dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America, Filadelfia 14 luglio 1776
(Affresco al Campidoglio di Washington nella Sala dell'Indipendenza)
La bozza autografa preparatoria di Jefferson QUI >
La pergamena originale a grandezza naturale con le firme QUI >

Le imprese dei primi scopritori del Nuovo Mondo le abbiamo viste nei numeroso precedenti capitoli inerenti "esplorazioni e scoperte". Qui ci occupiamo invece solo del Nord America, a partire dal vero e proprio periodo coloniale e, con una serie di capitoli, giungeremo fino a metà degli anni del '900 (1947).
Onde voler essere imparziale, la prima serie proviene da fonte americana (dalla Usis, "United States Information Service"), la seconda serie - dove ovviamente ripeteremo molti episodi della prima - la fonte è invece tedesca, compilata dal Prof. Dott J. von Pflugk Harttung, nei 6 volumi in Storia Universale - Lo sviluppo dell'Umanità - edita prima delle due Guerre Mondiali - quindi una esposizione obiettiva sul tema, non certo influenzata dall'esito dei successivi due conflitti).

Altra premessa:
Questo riassunto attinente la storia americana in forma breve e concisa vuole solo tracciare un quadro dei principali avvenimenti e delle principali correnti di pensiero che hanno accompagnato lo sviluppo della Nazione americana.
In nessun modo pretende essere una storia completa degli Stati Uniti. Tuttavia, gli argomenti che qui si trovano condensati in ciascun capitolo nello spazio di poche pagine sono stati oggetto di studi e di ricerche approfondite. Nella bibliografia, il lettore potrà trovare una lista di alcune fra le fonti più autorevoli, per uno studio più esauriente della storia americana.
Ci si augura che questo riassunto possa comunque costituire un'utile introduzione all'argomento e che non manchi di portare il suo contributo ad una più diffusa conoscenza degli Stati Uniti, anche ai fini di una maggiore comprensione reciproca fra il popolo italiano e quello americano.

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Nel breve periodo di un centinaio di anni circa, tra il secolo XVII e gli inizi del XVIII, una corrente migratoria tra le più forti che la storia ricordi si diresse dall'Europa verso l'America. Questo movimento, le cui cause erano profonde e diverse, creò dal nulla una nazione e forgiò, per la sua stessa natura, il carattere e il destino di un continente inesplorato.
Gli Stati Uniti rappresentano infatti il prodotto di due forze principali l'immigrazione di gruppi di popolazioni europee che recavano idee, consuetudini e caratteristiche nazionali già ben definite, e l'influsso ambientale di un paese nuovo che modificò col tempo questi aspetti caratteristici della civiltà europea.

L'America dell'epoca coloniale rappresentava una proiezione dell'Europa: gruppi di inglesi, francesi, tedeschi, scozzesi, irlandesi, olandesi, svedesi, italiani e di altre nazionalità attraversarono successivamente l'Atlantico nel tentativo di trapiantare nel nuovo mondo i loro costumi e le loro tradizioni; inevitabilmente però la forza stessa di condizioni geografiche particolari, il mescolarsi l'uno con l'altro dei vari gruppi nazionali e la difficoltà insuperabile di conservare in un continente vergine consuetudini del vecchio mondo provocarono mutamenti significativi, graduali nelle loro fasi e dapprima appena percepibili: ne risultò, comunque, un nuovo ambiente sociale che, quantunque ricordasse sotto molti aspetti la vecchia società europea, possedeva un carattere nettamente "nuovo" cioè "americano".

Le prime navi cariche di emigranti diretti verso quel territorio che costituisce oggi gli Stati Uniti cominciarono ad attraversare l'Atlantico circa un secolo dopo che le esplorazioni del XV e XVI secolo avevano portato alla scoperta del Nord America. Nel frattempo fiorenti colonie spagnole erano sorte nel Messico, nelle Indie occidentali, e nell'America Meridionale. Coloro che emigravano verso il Nord America traversavano l'Oceano su piccoli battelli stracarichi e nel lungo viaggio che durava dalle sei alle dodici settimane non avevano come sostentamento che scarse vettovaglie. Molti battelli scomparvero nella tempesta, molti emigranti morirono di malattia e ben raramente i fanciulli riuscirono a sopravvivere al duro viaggio. Talvolta la tempesta allontanava le navi della rotta consueta e spesso periodi di piatta bonaccia prolungavano all'infinito la traversata.

Ma, infine, l'intravedere da lontano il lido dei nuovo mondo costituiva un sollievo inesprimibile per l'ansioso viaggiatore. Un cronista racconta che «l'aria a dodici leghe di distanza (58 chilometri) era dolce e profumata come quella di un giardino in fiore». Foreste rigogliose e fitte si offrivano come primo spettacolo all'occhio del nuovo colonizzatore: la foresta vergine con la sua profusione variata di alberi costituiva un'autentica riserva di ricchezza che si estendeva per più di duemila chilometri dal Maine, a nord, alla Georgia nella regione meridionale.
La foresta rappresentava legname e combustibile, materia prima per le future case, i mobili, le navi, gli attrezzi, i coloranti vegetali, la potassa.
«Mai cielo e terra si fusero in più perfetta armonia per creare un luogo ideale di dimora per l'uomo», scriveva John Smith in lode della Virginia, la colonia che egli aveva contribuito a fondare. «L'aria è dolce e trasparente, il cielo sereno», cantava William Penn, il fondatore della Pennsylvania.

Lo stesso piacevole invito giungeva dai cibi offerti dal suolo: i lidi abbondavano di ostriche e di granchi; c'erano tacchini «grassi e di enorme peso»; inoltre le quaglie, i fagiani, i daini, le anatre e i caprioli erano così facile preda, che in alcuni luoghi «la caccia veniva considerata come un cibo troppo comune». Noci, frutta, bacche crescevano ovunque rigogliose ed i coloni scoprirono ben presto che legumi assai più nutrienti, come i piselli ed i fagioli potevano essere coltivati con molta facilità, al pari del granturco e delle zucche. E così per i cereali e per gli alberi da frutto, che, trapiantati, attecchivano rapidamente. Anche il bestiame - capre, pecore, maiali e bovini - si acclimatava presto e senza sforzo nella nuova terra.

Ma, nonostante il fatto che il nuovo continente si presentasse incredibilmente ricco di risorse naturali, il commercio con l'Europa rappresentava ancora un elemento vitale per quegli articoli che i nuovi abitatori non potevano produrre ed erano costretti ad importare. La costa del nuovo mondo si prestava mirabilmente allo scopo: lungo tutta la spiaggia si presentavano innumerevoli baie e porticcioli e solo due zone - la Carolina del Nord e il New Jersey meridionale - erano sprovviste di porti in cui potessero ormeggiare vascelli destinati al traffico transatlantico.
Fiumi maestosi, come l Kennebec nel Maine, il Connecticut, l'Hudson, il Susquehanna che bagna la Pennsylvania, il Potomac in Virginia e numerosi altri corsi d'acqua collegavano le pianure costiere ai porti, e quindi all'Europa. Uno solo dei grandi fiumi della costa orientale nord-americana, il S. Lorenzo, il cui bacino era posseduto dai francesi, costituiva un passaggio fino all'interno del continente.

La mancanza di vie d'acqua e la formidabile barriera costituita dai monti Appalachiani dissuasero per un lungo periodo gli emigrati dall'abbandonare le pianure lungo la costa. Solo i cacciatori e pochi coraggiosi commercianti che riponevano le loro mercanzie in leggeri bagagli si avventuravano più lontano: per un secolo, infatti, tutti i coloni costituirono i loro centri lungo i lidi orientali.

Fu appunto lungo le spiagge ed i corsi d'acqua che la popolazione cominciò a spargersi, sia a nord che a sud, lungo la striscia di costa attraversata dalle correnti di traffico; le numerose colonie costituivano centri indipendenti forniti ognuno di sbocchi sul mare. Questa vita indipendente, e la distanza che correva da una colonia all'altra, impedivano lo sviluppo di un governo unico e accentrato.

Ogni colonia costituiva infatti un'entità separata, con caratteristiche individuali e marcate che dovevano più tardi alimentare il concetto dei "diritti degli Stati". Ma nonostante questa marcata tendenza all'individualismo, fin dai primissimi tempi i problemi riguardanti il commercio, la navigazione, l'industria e la moneta superavano i confini e rendevano necessaria la creazione di. un complesso di regolamenti comuni, necessità che, una volta conquistata l'indipendenza, portò come conseguenza inevitabile la Federazione.

Occorrevano mezzi di trasporto che permettessero loro di attraversare tremila miglia di mare; occorrevano utensili, biancheria, vestiario, semi, arnesi, materiale da costruzioni, bestiame, armi e munizioni. L'Inghilterra, contrariamente alla politica colonizzatrice di altre nazioni ed alla sua stessa in altri periodi, non favoriva l'emigrazione.

L'iniziativa partiva quasi sempre da individui privati, da gruppi che non avevano alcun riconoscimento ufficiale: le due colonie della Virginia e del Massachusetts vennero fondate da società, debitamente registrate, i cui fondi, forniti da privati, venivano adoperati per l'equipaggiamento, il trasporto ed il sostentamento dei futuri coloni. La colonia del New Haven, che doveva più tardi far parte del Connecticut, venne creata mediante il finanziamento che emigranti benestanti offrivano essi stessi per trasportare ed equipaggiare le loro famiglie ed i loro servi.

Altri centri di colonizzazione, come il New Hampshire, il Maine, il Maryland, le Caroline, il New Jersey e la Pennsylvania, appartennero in origine a proprietari privati, membri della nobiltà e della borghesia inglese cui erano stati donati dal Re, alla stessa modo di una proprietà terriera in patria. Quali proprietari anticipavano essi stessi i fondi perché i loro affittuari e i loro servi potessero installarsi sulle nuove terre.
Carlo I, ad esempio, concesse a Cecil Calvert (Lord Baltimore) ed agli eredi di lui, quasi per intero, i due milioni e mezzo di ettari che costituirono più tardi lo Stato del Maryland; Carlo II donò a sua volta le Caroline e la Pennsylvania. Teoricamente, questi proprietari e queste società erano degli affittuari del Re d'Inghilterra, ma il pagamento che essi effettuavano era puramente simbolico: Lord Baltimore, ad esempio, inviava ogni anno al Sovrano due punte di freccia indiana, e William Penn due pelli di castoro.

Numerose colonie sorsero come propaggini di altre più antiche: il Rhode Island ed il Connecticut furono infatti fondate da gente del Massachusetts, la colonia madre di tutta la nuova Inghilterra. La Georgia sorse ad opera del filantropo James Edward Oglethorpe e di altri caritatevoli inglesi i quali progettarono di far liberare dalle prigioni della madre patria i debitori ed inviarli in America a fondare una colonia che servisse da baluardo contro gli spagnoli, stabiliti nella parte meridionale. Fondata nel 1624 dagli olandesi, la colonia del New Netherlands cadde sotto il dominio britannico quaranta anni più tardi, e allora le venne mutato il nome in New York.

Il desiderio e la speranza di maggiori possibilità economiche costituivano il motivo principale che spingeva gli emigranti a lasciare la patria in Europa. Questo motivo impellente era di frequente sostenuto da altre considerazioni non meno profonde, quali il desiderio di libertà religiosa, la decisione di sfuggire ad oppressioni di carattere politico o, più semplicemente, il fascino dell'avventura.
Una crisi economica particolarmente grave travagliò l'Inghilterra negli anni tra il 1620 e il 1635, e una enorme quantità di persone rimase senza lavoro: persino gli artigiani migliori riuscivano a guadagnare appena quel tanto che era necessario per vivere. Annate cattive e scarsi raccolti contribuirono ad aggravare la situazione. L'industria della lana in grande espansione aveva inoltre bisogno di quantità sempre maggiori di materia prima per mantenere in moto i suoi telai, e gli allevatori di ovini cominciavano a sconfinare con i loro greggi sui terreni fino allora destinati alle colture.

Contemporaneamente, durante le sollevazioni religiose dei secoli XVI e XVII, un gruppo di uomini e donne chiamati Puritani aveva cercato di riformare nella sua intima essenza la Chiesa d'Inghilterra. Essi progettavano una riforma della chiesa nazionale onde renderla più profondamente protestante, in particolar modo per quanto riguardava i compiti della chiesa nella condotta dell'individuo. Le loro idee assai severe minacciavano di dividere i fedeli e di minare la stessa autorità sovrana, distruggendo l'unità della chiesa di Stato. Una setta radicale, quella dei Separatisti, riteneva che la Chiesa d'Inghilterra non avrebbe mai potuto essere riformata appieno secondo i loro desideri: durante il regno di Giacomo I, un piccolo gruppo di appartenenti a questa setta, umile gente di campagna, abbandonò l'Inghilterra e si stabilì in Olanda, a Leida, ove fu loro permesso di osservare la loro religione secondo le regole che essi stessi si erano imposte.

Alcuni anni più tardi, parte della piccola congregazione decise di emigrare nel nuovo mondo ed qui fondava, nel 1620, la colonia cosiddetta dei Pellegrini, di New Plymouth.
Subito dopo la salita al trono di Carlo I, nel 1625, i capi del movimento puritano si videro soggetti a persecuzioni, a loro giudizio sempre crescenti: fu impedito, ad esempio, a numerosi ministri del culto di predicare; ed essi, radunato il gregge dei fedeli, li decisero a seguirli nel nuovo mondo.
A differenza di coloro che li avevano preceduti, questo secondo gruppo di pellegrini, che fondarono nel 1630 la colonia di Massachusetts Bay, era formato di persone appartenenti per censo e per cultura ad una classe sociale piuttosto elevata. In dieci anni i puritani impressero così il loro marchio su una mezza dozzina di colonie inglesi. Essi non furono però i soli coloni emigrati per motivi religiosi.

Motivi di scontento sorti nell'ambiente quacquero in Inghilterra indussero William Penn ad emigrare ed a fondare la colonia della Pennsylvania; preoccupazioni della stessa natura nell'ambiente cattolico costituirono uno dei fattori preponderanti nella fondazione delle colonie del Maryland da parte di Cecil Calvert, mentre dalla Germania e dall'Irlanda affluivano in Pennsylvania e nella Carolina del Nord altri coloni mossi dal desiderio di maggiore libertà religiosa e di migliori possibilità economiche.

Non minore influenza esercitava la situazione politica. II dominio dispotico di Carlo Il contribuì a suscitare un nuovo flusso emigratorio negli anni che seguirono il 1630, e la ribellione ed il trionfo degli oppositori di Carlo capeggiati da Oliver Cromwell costrinse nel decennio successivo numerosi cavalieri, i cosiddetti "uomini del Re", a tentare la loro fortuna nella Virginia.
La politica di oppressione di numerosi principotti in Germania, soprattutto in questioni religiose, nonché la devastazione prodotta da un ininterrotto susseguirsi di guerre, facilitarono l'emigrazione dei tedeschi verso il nuovo mondo alla fine del secolo XVII e nei primi anni del XVIII.

Molto spesso, anche uomini e donne che non sentivano un profondo bisogno di crearsi una nuova vita in America venivano indotti a partire dall'abile opera di persuasione e di propaganda svolta dai promotori del movimento migratorio. William Penn sapeva illustrare le possibilità che si offrivano a coloro che si recavano nella colonia della Pennsylvania con una tecnica pubblicitaria più suggestiva di quella oggi in uso. I capitani delle navi mercantili, che riscuotevano larghi compensi sulla vendita di contratti di lavoro di emigranti sforniti di denaro, si servivano delle promesse più stravaganti e mirabolanti, e talvolta anche di sequestri di persona, per assicurarsi il massimo numero di passeggeri.
Giudici e personale carcerario traevano da ciò incoraggiamento ad offrire ai reclusi di emigrare in America, invece di scontare la condanna in prigione.
Ben pochi, nella massa di emigranti che attraversava l'oceano, erano in grado di pagare il prezzo del biglietto per loro e la famiglia e di procurarsi quanto era necessario per iniziare la nuova vita. Per i primi coloni queste spese venivano in genere anticipate e sostenute da agenzie di colonizzazione, come la Compagnia della Virginia e la Compagnia della Massachusetts Bay; i coloni, a loro volta, si impegnavano a lavorare per l'ente come salariati.
Ben presto, però, coloro che emigravano a tali condizioni si rendevano conto che erano destinati a rimanere per sempre dei servi e al massimo degli affittuari, motivo per cui avrebbero guadagnato di più a rimanere in Inghilterra, dove almeno sarebbero state loro risparmiate le traversie di cui era ricca la selvaggia vita di frontiera.

li sistema si dimostrò ben presto controproducente agli effetti di una riuscita colonizzazione; ne venne quindi sorgendo un altro che poteva meglio incoraggiare i futuri emigranti. Società, proprietari e famiglie contrattavano direttamente con il futuro colono: in cambio delle spese di viaggio e del mantenimento egli era obbligato a lavorare per colui che l'aveva ingaggiato per un determinato periodo di tempo, che variava generalmente dai quattro ai sette anni.
Allo scadere del contratto egli era libero da ogni impegno e gli veniva talvolta anche dato un piccolo appezzamento di terreno della superficie, generalmente, di venti ettari.

Gli emigranti che giungevano nel nuovo mondo sotto questa forma di contratto venivano detti « indentured servants », e si calcola che essi fossero almeno la metà di coloro che popolarono a poco a poco le colonie a sud della Nuova Inghilterra. Essi adempivano in genere ai loro obblighi con assoluta fedeltà; e quanto ai pochi che alla prima occasione favorevole riuscivano a sottrarsi al padrone con la fuga, essi potevano facilmente assicurarsi un pezzo di terreno nella colonia stessa o in quelle vicine.
Questo sistema non importava per l'emigrato, nonostante i legami di quasi servitù, separazioni sociali o stigmate d'altro genere: in tutte le colonie, infatti, i cittadini più importanti si può dire fossero stati degli « indentured servants » o fossero dei figli di emigrati a quelle condizioni. Essi rappresentavano del resto, come tutti gli altri coloni, il patrimonio migliore di una terra che aveva bisogno soprattutto di essere popolata: infatti le colonie, e i gruppi in esse interessati, prosperavano in ragione diretta del numero di coloro che vi emigravano. Le risorse naturali ed i terreni erano senza limiti, e l'unica condizione necessaria per un rapido sviluppo era la quantità di braccia disponibili per valorizzare le une e gli altri.

La maggioranza di coloro che emigrarono nel continente nei primi 75 anni del secolo XVII erano inglesi; nelle regioni centrali vi fu qualche afflusso sporadico di olandesi, svedesi e tedeschi; pochi Ugonotti francesi si spinsero fino alla Carolina meridionale e piccoli gruppi di spagnoli, italiani e portoghesi si sparsero un po' dovunque. Queste aliquote, prese tutte insieme, non superavano però il dieci per cento dell'intera popolazione emigrata.

Verso il 1680 l'Inghilterra cessò di essere la sorgente principale della corrente migratoria, che si spostò invece verso la Germania, Irlanda, Scozia, Svizzera e Francia. Le ragioni erano numerose e varie: migliaia di tedeschi lasciavano l'Europa per sfuggire alla guerra incalzante; gruppi di scozzesi-irlandesi furono costretti ad abbandonare l'Irlanda settentrionale per sfuggire alla povertà provocata dall'oppressione sia del governo che dei grandi proprietari terrieri; lo spettro della miseria costrinse allo stesso modo emigranti svizzeri e francesi.

Fino ad allora l'emigrazione si era svolta ad ondate, senza tramutarsi mai in una vera e propria corrente; ma mentre nel 1690 la popolazione delle colonie ammontava complessivamente a 250.000 abitanti, dopo venticinque anni essa era raddoppiata e, seguendo lo stesso ritmo, nel 1775 era salita a 2.500.000.
Anche i coloni non provenienti da paesi anglo-sassoni si adattarono ben presto e per la massima parte alle abitudini dei primi emigrati, senza per questo trasformarsi in veri e propri inglesi espatriati: essi ne accettarono e assimilarono lingua, leggi, costumi, abitudini mentali, ma nella forma già modificata dalle nuove condizioni ambientali.
Altri mutamenti avvennero man mano durante lo svolgersi di questo processo di assimilazione dei nuovi immigrati tra gli antichi coloni; ne risultò una civiltà unica in cui si erano fuse caratteristiche etniche inglesi e dell'Europa continentale, che avevano a loro volta già subito influenze e mutamenti dovuti al nuovo ambiente.

Le varie colonie non si differenziavano molto l'una dall'altra, ed un nuovo arrivato poteva spostarsi facilmente con la famiglia dal Massachusetts alla Virginia, dalla Carolina del Sud alla Pennsylvania, senza trovarsi costretto a mutamenti di vita radicali; esistevano però distinzioni tra colonia e colonia e queste erano ancor più evidenti tra un gruppo di colonie e l'altro. I diversi centri di colonizzazione potevano essere classificati in trame categorie ben distinte.
Ad una di esse corrispondeva appunto la Nuova Inghilterra, che divenne man mano prettamente commerciale e industriale, mentre al sud si veniva invece sviluppando una società a carattere prevalentemente agrario. La posizione geografica costituiva indubbiamente un fattore determinante; la Nuova Inghilterra, ad esempio, zona molto fredda, era disseminata di rocce: il terreno, in genere povero con un sottile strato di humus, se si eccettuano piccole zone lungo i corsi dei fiumi, le pochissime aree pianeggianti, le sfavorevoli condizioni stagionali con estati assai brevi ed inverni lunghi e duri la rendevano scarsamente adatta e redditizia come zona agricola.

Gli abitanti seppero comunque valorizzare altre più favorevoli possibilità incanalandone i corsi d'acqua onde sfruttarne la forza motrice, costruendo mulini e segherie dove macinavano grano e granturco e segavano legname da esportare. Le coste frastagliate offrivano porti naturali che facilitavano il movimento commerciale; le risorse forestali incoraggiavano il sorgere di cantieri ed il mare stesso rappresentava una fonte di enorme ricchezza in potenza. La sola industria della pesca del merluzzo formò ben presto una delle più solide basi di ricchezza per tutto il Massachusetts.

Vivendo in villaggi e piccoli centri sorti nelle vicinanze dei porti, i coloni della Nuova Inghilterra adottarono ben presto abitudini cittadine. I pascoli e gli appezzamenti boschivi venivano utilizzati a soddisfare le necessità dei centri urbani e spesso acquistati da privati cittadini che li trasformavano in fattorie; l'attività agricola veniva esercitata come elemento sussidiario al commercio e agli affari in genere. D'altra parte il vivere raggruppati in centri di una certa entità permise ai coloni di creare una scuola e una chiesa, di riunirsi per discutere gli affari e gli interessi del piccolo centro, di poter scambiare di frequente opinioni e notizie. Essi condividevano così ansie e traversie, coltivavano la stessa terra piena di rocce, esercitavano gli stessi semplici mestieri e i medesimi traffici : influenze ambientali, materiali e spirituali che li resene ben presto molto simili fra loro e differenti dagli altri.

Le loro caratteristiche e le loro qualità traevano origini lontane: risalivano a quei centodue «Pellegrini» che erano giunti a Cape Cod da Leyda e da Plymouth, sfiniti dalla lunga traversata. Il Mayflower , il famoso vascello su cui si erano imbarcati sotto gli auspici della London (Virginia) Company per emigrare nella Virginia, aveva toccato terra molto più a nord; dopo alcune settimane trascorse esplorando la zona, i coloni decisero di rinunciare alla Virginia e di rimanere dove erano sbarcati, scegliendo il porto di Plymouth come luogo per la loro futura colonia. L'inverno fu particolarmente duro, ma il piccolo nucleo di colonizzazione poté sopravvivere.

Mentre Plymouth lottava strenuamente per l'esistenza, altri piccoli centri venivano sorgendo nelle vicinanze, uno dei quali, creato nella regione di Massachusetts Bay dopo il 1630, era destinato a volgere una parte significativamente importante nello sviluppo della Nuova Inghilterra e della nazione stessa. Fondato da un gruppo di 25 uomini che avevano ottenuto una concessione reale - alcuni dei quali erano venuti personalmente, pergamena alla mano, a prendere possesso dei terreni - esso aveva potuto sopravvivere e prosperare grazie alla tenacia di coloro che avevano affrontato risolutamente ogni ostacolo e sopportato ogni delusione - tra cui il rimpatrio di molti compagni scoraggiati dalle varie difficoltà - decisi com'erano a dedicare ogni loro energia al duro compito di crearsi un'esistenza nuova e di costruire un ambiente degno dei loro carattere tenace e volitivo.

Nello spazio di appena 10 anni erano intanto giunti 65 eruditi predicatori particolarmente versati in teologia, ed il concetto di teocrazia si sviluppò rapidamente nel Massachusetts come conseguenza logica, delle convinzioni religiose profondamente radicate nelle menti e nei cuori dei principali cittadini e dirigenti. Chiesa e Stato erano, in teoria, separati, ma formavano nella realtà un tutto unico, dato che tutti gli istituti erano subordinati alla religione, onde il sorgere rapido di un sistema di governo teocratico e autoritario.

Nelle riunioni civiche i coloni potevano tuttavia discutere i problemi di interesse comune e venivano così acquistando una certa esperienza di autogoverno; mentre lo sviluppo di una vita civica, che aveva come fulcro la chiesa, non impediva che l'intera popolazione, per le esigenze stesse di una vita di frontiera, condividesse quelli che erano gli obblighi del cittadino e partecipasse alle assemblee consultive.

Il clero ed i gruppi conservatori cercarono per anni di mantenere una stretta osservanza alle leggi stabilite, ma non riuscirono comunque ad incatenare le menti di tutti i cittadini né a far tacere la parola ispirata di alcuni temerari. Tra questa categoria di ribelli va annoverato il ministro del culto Roger Williams, uomo di specchiate virtù e giurista brillante e profondo, che pose in dubbio e la legittimità del privare gli indiani delle loro terre, e la saggezza del tenere riuniti in un tutto unico Stato e Chiesa.
Condannato all'esilio per aver diffuso le sue «teorie nuove e pericolose, miranti a scuotere l'autorità dei magistrati», Williams trovò asilo presso tribù indiane amiche nei pressi di Rhode Island, e fondò qui una colonia le cui regole si ispiravano al concetto che gli uomini fossero liberi di credere quello che preferivano e che Stato e Chiesa dovessero restare ormai separati per sempre.

Tra coloro che abbandonarono il Massachusetts non vi furono soltantogli eretici in cerca di libertà di coscienza: molti Puritani ortodossi tentarono nuove vie in cerca di terre più fertili e di possibilità migliori; molti agricoltori che lottavano con la povertà dei loro campi si lasciarono attrarre dal diffondersi di notizie incoraggianti sulla fertilità del bacino del Connecticut e, pur di conquistare terreni pianeggianti ricchi di humus, affrontarono coraggiosamente il pericolo rappresentato dagli indiani.
Tutti questi gruppi, man mano che venivano creando nuovi centri, e con essi nuovi ordinamenti civici, si facevano promotori di più ampie libertà ed eliminavano - provvedimento quanto mai significativo - dai requisiti necessari per esercitare il diritto di voto l'appartenenza alla chiesa quale membro praticante.

Nello stesso tempo altri coloni del Massachusetts emigravano sporadicamente verso regioni più a nord, e uomini e donne in cerca di terra e di libertà colonizzavano ben presto il New Hampshire e il Maine.
Lo sviluppo economico e commerciale della Massachusetts Bay progrediva di pari passo con quello della sua influenza indiretta sulle regioni circostanti; nella seconda metà del secolo XVII la colonia si accrebbe rapidamente e Boston divenne uno dei porti più importanti di tutta l'America.
Le vicine foreste fornivano in abbondanza legname di quercia per gli scafi, tronchi di pino per le alberature, pece per le calafature; cantieri sorgevano lungo la baia, navi scendevano in mare costruite dalle abili mani dei mastri d'ascia locali e solcavano gli oceani trasportando mercanzie e gettando le basi di un traffico destinato ad aumentare costantemente di importanza.

Basti dire che alla fine del periodo coloniale nei porti americani un terzo del naviglio che batteva bandiera inglese era stato costruito nei cantieri americani. Prodotti alimentari eccedenti il fabbisogno locale, attrezzature per la navigazione, legname, alimentavano le esportazioni: ben presto gli abili commercianti marittimi della Nuova Inghilterra scoprivano che anche il rum e gli schiavi potevano rappresentare un'ottima e redditizia mercanzia.

Nelle colonie della parte centrale, formanti la seconda delle summenzionate categorie, il modo di vivere era più variato, più cosmopolita e più tollerante che non nella Nuova Inghilterra. La Pennsylvania e il Delaware, sua appendice naturale, dovevano la loro prosperità iniziale a William Penn, quacquero, dall'intelligenza pratica e realizzatrice, che si era proposto di attrarre nella vasta regione concessagli da Carlo II coloni appartenenti a nazionalità e fedi religiose diverse.
Penn, desideroso di fare della sua colonia un esempio di politica di onesto e buon vicinato con gli indiani, strinse con loro accordi che, scrupolosamente rispettati, permisero che la pace fiorisse nella sperduta contrada: un anno dopo il suo arrivo, Penn già contava nella colonia 3000 nuovi cittadini.
Filadelfia era il cuore pulsante della contrada, città ben presto famosa per le sue ampie vie alberate, le sue solide case in pietra e mattoni, i suoi moli in piena attività; verso la fine del periodo coloniale la sua popolazione ammontava già a 30.000 individui che parlavano le lingue più diverse, praticavano liberamente i loro culti e si dedicavano ai vari commerci; verso la metà del settecento i quacqueri, dall'aspetto austero, operosi e caritatevoli, dotati di talento e di fiuto comrciale, avevano fatto della città la prospera metropoli dell'America coloniale.

Se Filadelfia poteva essere considerata una città quacquera, in altri luoghi e centri della Pennsylvania si erano stabilite ed avevano prosperato anche colonie di altra origine. I tedeschi, ad esempio, erano giunti in gran numero e, profughi da terre devastate dalla guerra, non domandavano di meglio che guadagnarsi il pane: agricoltori abili e versati in molti utili mestieri, tessitori, fabbricanti di ceste, calzolai, ebanisti, essi seppero integrare la vita rurale contribuendo così in misura importante allo sviluppo della colonia.

Una forte corrente migratoria scozzese-irlandese trovò anch'essa il suo sbocco in Pennsylvania: coraggiosi e forti, i nuovi coloni, armati di fucile e di Bibbia, si stabilivano su terreni di loro scelta, pronti a difendere a colpi d'arma da fuoco e di citazioni della Sacra Scrittura i diritti acquisiti.
Incapaci spesso di obbedire alle leggi, essi rappresentavano un motivo di preoccupazione per i pii quacqueri, ma i loro stessi difetti li resero tutti insieme
una forza di importanza incalcolabile. Fermamente convinti dei valori rappresentati dalla religione, dalla cultura e da una forma di governo rappresentativo, essi costituivano la sentinella avanzata della civiltà, che procedeva con loro sempre più oltre, in terre sperdute ed incolte.

Ma per quanto variata fosse la popolazione colonizzatrice della Pennsylvania, mai alcun centro preannunciò come New York, fin da quell'epoca lontana, il futuro carattere poliglotta di buona parte dell'America. Già nel 1646 dodici lingue differenti si intrecciavano sulle rive dei fiume Hudson, dove la popolazione era formata di olandesi, fiamminghi, valloni, francesi, irlandesi, tedeschi, polacchi, boemi, portoghesi ed italiani, precursori dei futuri milioni di loro compatrioti che sarebbero giunti più tardi; alacri tutti nel procurarsi con il commercio i mezzi di sostentamento necessari e creatori, con la loro attività, di quella civiltà a carattere commerciale in cui erano racchiuse in germe le caratteristiche delle future generazioni.

Gli olandesi tennero per quarant'anni il possesso di New Netherland (Nuova Olanda), che più tardi si sarebbe chiamata New York. Essi non erano però un popolo che sentisse necessità migratorie di carattere economico o morale: l'Olanda aveva terre sufficienti e possibilità di vita prospera, politicamente e religiosamente libera, senza che i suoi cittadini fossero costretti ad andare cercando questi beni essenziali altrove; a ciò si aggiungano difficoltà di carattere tecnico amministrativo incontrate dalla Dutch West India Company, l'ente che aveva cura della colonizzazione delle terre nel nuovo mondo e che riusciva con molto stento ad accaparrarsi funzionari capaci di regolare saggiamente il funzionamento della colonia.

Nel 1664 si ebbe un improvviso rifiorire di attività coloniale da parte degli inglesi, i quali si impadronirono con la forza del possedimento olandese; i coloni emigrati dai Paesi Bassi continuarono però ad abitare il paese e ad esercitare in esso un'importante influenza sociale ed economica: le loro abitazioni dai tetti fortemente inclinati divennero parte integrante del paesaggio ed i mercanti che in esse abitavano ed esplicavano i loro traffici impressero alla città quel suo caratteristico aspetto attivo e indaffarato. Abitudini e consuetudini importate dagli olandesi resero la vita urbana anche proclive a godere i piaceri della vita di ogni giorno, e crearono un'atmosfera assai differente da quella che permeava l'austera Boston.

A New York i cittadini trascorrevano le vacanze in allegre feste: fu così che molte tradizioni olandesi, tra le quali la consuetudine di scambiarsi visite e di bere insieme con i vicini nell'attesa dell'anno nuovo, e di festeggiare la venuta di "Saint Nicholas" (San Nicola) nella notte della vigilia di Natale, si radicarono nel paese e sono tuttora vive e rispettate.

Con il passaggio dell'autorità in mano britannica, un amministratore inglese e, fu preposto al governo della colonia ed egli si accinse al non facile compito di riplasmare la struttura amministrativa di New York secondo gli schemi della tradizione inglese: seppe però agire con tale tatto e saggezza, procedendo per fasi e senza brusche scosse, da conquistarsi l'amicizia e il rispetto sia degli inglesi che degli stessi olandesi.
L'amministrazione civica godeva di quell'autonomia che era caratteristica di tutti i centri della Nuova Inghilterra; nello spazio di pochi anni fu possibile ottenere una sufficiente e operante fusione tra la residua legislazione olandese e le consuetudini e procedure britanniche.


Piantina di New York nell'anno 1742 - (L'originale è alla Pubblica Libreria di N. Y)
(la riga nera alle spalle della città vi è il muro (the wall) che divideva gli abitati
dai campi coltivati, ma soprattutto dalle scorrerie degli indiani.
In seguito estendendosi la città, la strada che correva a ridosso del muro divenne
una delle più importanti strade di New York - The Wall Street.

Nel 1696 la popolazione della provincia di New York aveva raggiunto quasi le 30.000 anime: vaste aziende agricole fiorivano nelle fertili vallate dello Hudson,
del Mohawk e degli altri fiumi vicini; affittuari e piccoli proprietari contribuivano indistintamente allo sviluppo agricolo della regione. Le praterie e i boschi fornivano pingui pascoli durante quasi tutto l'anno al bestiame bovino ed ovino, ai cavalli e alle mandrie di suini; il tabacco ed il lino crescevano rigogliosi e la frutta - in particolar modo le mele - abbondavano ovunque.
Altro fattore di ricchezza non meno importante era il commercio delle pellicce, che sfruttando il corso dello Hudson, fioriva ininterrotto tra Albany, centro di raccolta della produzione delle regioni settentrionali, e New York, porto d'imbarco e centro di smistamento dell'esportazione.

Il carattere preminentemente agricolo delle colonie meridionali, Virginia, Maryland, Caroline e Georgia era invece in netto contrasto con quello della Nuova Inghilterra e delle Colonie centrali. Il primo centro di emigranti destinato a sopravvivere fu Jamestown, nella Virginia; verso la fine del dicembre del 1606 uno sparuto gruppo di un centinaio di uomini si accingeva a partire, sotto l'egida di una società colonizzatrice inglese, alla ricerca di grandiose avventure. Il sogno di questi uomini non era rappresentato da un focolare in terre sperdute e selvagge, ma da ricchezze rapidamente conquistate scavando oro e pietre preziose. Il capitano John Smith, spirito avventuroso e dominatore, ne divenne il capo, e nonostante le frequenti liti, la fame e la minaccia continua degli indiani, la sua volontà di ferro seppe tenere unita la piccola colonia.

Agli inizi della colonizzazione la società organizzatrice dell'emigrazione, avida di rapidi guadagni sui capitali investiti, imponeva ai colonizzatori di accentrare la loro attività sui prodotti destinati all'esportazione, legname ed altri articoli destinati ai mercati di Londra e non permetteva che essi si dedicassero comunque all'agricoltura o provvedessero altrimenti alla loro esistenza. Dopo pochi anni molto duri, tuttavia, la società cominciò a diminuire le sue richieste, distribuì appezzamenti di terreno e permise che gli emigrati dedicassero la maggior parte della loro attività a imprese e iniziative private.

Un avvenimento assai importante aveva intanto, nel 1612, rivoluzionato l'economia non soltanto della Virginia ma anche di tutta la regione circostante: era stato scoperto un metodo per conciare il tabacco coltivato nella zona, rendendolo gradito al gusto europeo. Il primo carico di tabacco conciato giunse a Londra dalla Virginia nel 1614: dieci anni dopo la coltivazione della preziosa pianta non lasciava dubbio di rimanere una fonte duratura di reddito abbondante e sicuro.
La nuova industria agricola necessitava di terreno fresco e fertile: campi sui quali fosse stato piantato per tre anni di seguito del tabacco risultavano così impoveriti da produrre soltanto pochi e deboli steli; gli agricoltori avevano quindi bisogno di vaste estensioni per la rotazione, non lontane dalle normali vie di comunicazione onde facilitare il trasporto del prodotto; essi si sparsero quindi rapidamente lungo i corsi dei fiumi organizzando nella vasta regione ove non sorgevano nuclei cittadini - la stessa Jamestown non era che un agglomerato di poche case - un commercio di vasta portata i cui mercati erano costituiti da Londra, Bristol ed altri porti inglesi.

La maggior parte di coloro che si erano stabiliti in Virginia aveva emigrato per migliorare la propria posizione economica. Nonostante ciò, vari fattori religiosi ed economici fecero sì che meglio prosperasse la vicina colonia dei Maryland: qui la famiglia Calvert aveva cercato di creare un asilo sicuro e duraturo ai profughi europei di religione cattolica; ma essendo anche interessata a creare una struttura economica terriera che le apportasse un buon reddito, e desiderosa al tempo stesso di evitare noie da parte del governo britannico, aveva incoraggiato ugualmente colonizzatori protestanti a stabilirsi nella regione.

Nell'organizzare la struttura sociale e amministrativa del paese i Calvert avevano cercato di fare del Maryland una terra aristocratica secondo le antiche tradizioni, terra che essi aspiravano a governare esercitando prerogative del tutto regali: ma quel senso di indipendenza che é inevitabile e innato in ogni ambiente di frontiera, quale che sia la struttura organizzativa di esso, non favoriva l'irretimento in pastoie di carattere feudale. Nel Maryland, come in altre colonie, le autorità locali non riuscirono a circuire e soffocare nei cittadini quel senso profondamente radicato di diritto alla libertà personale sanzionato dal diritto consuetudinario inglese, e i diritti naturali dei sudditi a partecipare al governo della cosa pubblica attraverso organi rappresentativi.

Lo sviluppo sociale e civile del Maryland non differiva da quello della Virginia: colonie ambedue a struttura prevalentemente agricola in cui dominava una classe costiera di grandi agrari, dotate entrambe di un retroterra in cui piccoli coltivatori diretti venivano stabilendosi con ritmo costante, con una economia che risentiva in ambedue le conseguenze di un sistema agricolo a cultura unica.

Prima della metà del secolo XVIII la civilizzazione di entrambe aveva subìto profondamente le ripercussioni della schiavitù esercitata sui negri. Sia nella Virginia che nel Maryland gli agrari assolvevano con molta serietà le loro responsabilità sociali, prestando la loro opera come giudici di pace o come colonnelli nella milizia o come membri delle assemblee legislative; ma anche i coltivatori diretti sedevano nelle assemblee popolari, e trovavano il modo per accedere alle cariche politiche: la loro evidente indipendenza di spirito costituiva per l'oligarchia degli agrari un monito costante acciocché essi non cercassero di spingere troppo avanti i loro tentativi miranti a limitare i diritti di uomini liberi.

Verso la fine del 1600, e nei primi anni del 1700, la struttura sociale del Maryland e della Virginia aveva assunto quegli aspetti interni ed esterni che sarebbero rimasti immutati fino al tempo della guerra civile. Gli agrari, forti del lavoro degli schiavi, detenevano la maggior parte del potere politico e possedevano le terre migliori : costruivano grandi case, avevano abitudini aristocratiche e si tenevano in contatto con il mondo culturale europeo.

Subito dopo di loro nella scala sociale, venivano gli agricoltori che contavano sulle vergini terre della parte più interna per la loro futura prosperità. Meno fortunati invece i piccoli agricoltori che lottavano per l'esistenza in continua concorrenza con gli agrari possessori di schiavi. In nessuna delle due colonie si era sviluppata una importante classe commerciale, poiché gli agrari trattavano direttamente gli scambi solo con Londra.

Centro del traffico per la parte meridionale del continente erano invece le due colonie delle Caroline, e Charleston ne era il porto principale; coloro che vi si erano stabiliti appresero rapidamente a fondere agricoltura e commercio e la colonia doveva molta parte della sua prosperità ai mercanti. Anche le fitte foreste circostanti costituivano una buona fonte di reddito e il catrame e la resina estratti dai pini erano tra le migliori mercanzie del mondo.
Non legate ad un solo tipo di coltivazione come la Virginia, le Caroline producevano ed esportavano vari tipi di cereali, ed altri prodotti. Verso il 1750 la popolazione della Carolina del Nord e di quella dei Sud ammontava complessivamente a più di 100.000 anime.

Intanto il retroterra, la cosiddetta frontiera, aveva cominciato ad assumere uno sviluppo assai significativo sia nel sud che in tutte le altre colonie: dalle montagne del Vermont alle radure delle foreste sulle rive del Mohawk, lungo le pendici orientali dei monti Allegheny fino alla valle dello Shenandoah, nella Virginia, uomini in cerca di più ampia libertà di coscienza di quanta non ne esistesse nei piccoli centri costieri, avevano a poco a poco spostato i loro confini sempre più ad ovest. Anche i meno fortunati, che non erano riusciti ad assicurarsi terreni fertili lungo la costa, o che avevano ormai sfruttato quelli che già possedevano, cercavano sulle colline verso ovest un più sicuro rifugio. A poco a poco il retroterra si veniva cospargendo di piccole e prospere fattorie dove lavoravano uomini economicamente e spiritualmente indipendenti quanto gli abitanti dei centri più antichi.

Ma non erano soltanto i piccoli e più umili agricoltori a sistemarsi nel retroterra: Peter Jefferson ad esempio, un energico ed abile agrimensore padre di Thomas Jefferson, il terzo Presidente degli Stati Uniti, si stabilì nella zona delle colline comperando per una tazza di punch 162 ettari di terra.

Anche i grandi proprietari di terre si affacciavano sporadicamente qua e là nella zona delle colline, ma la maggior parte di coloro che si stabilirono nel retroterra era costituita da modesti pionieri ricchi solo di spirito di indipendenza. Vivendo ai margini del territorio indiano, le loro capanne e i tronchi costituivano al tempo stesso casa e fortezza, e a protezione delle loro vite essi non avevano che i fedeli moschetti e lo sguardo acuto con cui perlustrare i dintorni.

Per necessità di vita essi divennero rapidamente un popolo tenace, che contava soltanto su se stesso: essi disboscavano tratti di foresta ancora vergine, bruciavano le stoppie e coltivavano granturco e grano tra le ceppaie; gli uomini vestivano pantaloni di pelle di daino e giacche da caccia, le donne sottane di tessuto filato in casa. Il loro cibo consisteva principalmente in maiale, farina di granturco grossolanamente macinata e prodotti della caccia, come tacchino selvatico, pernici e talvolta anche pesce dei vicini corsi d'acqua.
Avevano naturalmente anche le loro distrazioni, semplici e rumorose: feste all'aperto in cui venivano arrostiti buoi interi, allegre cerimonie per le nozze, balli e gare di tiro.

Le demarcazioni tra l'est e l'ovest, la parte nuova e quella più vecchia, le regioni già colonizzate sulla costa dell'Atlantico e la zona di frontiera, erano già molto evidenti ma talvolta anche in pieno contrasto. Ciò nonostante ogni regione proiettava la sua influenza sull'altra poiché malgrado la separazione materiale vi era un continuo incrociarsi di forze; i pionieri che avanzavano verso ovest portavano con loro qualcosa della più vecchia civiltà e creavano nei nuovi centri con tradizioni che erano parte di un retaggio comune; molti di questi avventurosi ritornavano e i loro racconti infiammavano la fantasia di coloro che erano rimasti nelle tranquille case della costa. Gli uomini delle regioni occidentali facevano sentire la loro voce nelle discussioni politiche e combattevano l'indifferenza inerte delle abitudini e delle convinzioni.

Ancor più importante era il fatto che chiunque si fosse stabilito in una colonia poteva facilmente crearsi una nuova casa nella zona di frontiera: ciò rappresentava un potente fattore che impediva alle autorità dei centri di costituzione più antica di ostacolare progressi ed evoluzioni. I personaggi che dominavano la vita sociale nelle zone costiere erano così costretti a riforme di carattere sempre più progressista nelle direttive politiche, nella concessione delle terre e nelle pratiche religiose, visto che le richieste dei cittadini erano sempre appoggiate dalla minaccia diretta o indiretta di un esodo in massa verso le zone di frontiera. L'acquiescenza non era la caratteristica più saliente di una società forte e vigorosa, prodotto di un paese in espansione.
Il movimento migratorio verso la zona delle colline avrebbe avuto una importanza enorme per la storia a venire dell'America intera.

Importanza pari per il futuro del paese ebbero le basi, allora gettate, di una cultura ed istruzione americane. Nel 1636 venne fondato lo Harvard College, nel Massachusetts ....

... e verso la fine del secolo il College William and Mary nella Virginia; pochi anni dopo, con provvedimento legislativo, il Connecticut decideva la fondazione della Yale University. Ma la pietra miliare nella storia dell'istruzione in America è rappresentata dall'istituzione del sistema di scuola pubblica, il cui merito va attribuito per la massima parte alla Nuova Inghilterra. Fu in questa zona, appunto, che i colonizzatori riunirono le loro risorse per il mantenimento di un sistema scolastico unico e pubblico.
Nel 1647 la legislazione della Massachusetts Bay stabilì l'istruzione elementare obbligatoria, seguita subito dopo da quella di tutte le colonie della Nuova Inghilterra, ad eccezione del Rhode Island.

Nel sud, invece, fattorie e piantagioni sorgevano a così grande distanza le une dalle altre, che la creazione di scuole comuni per tutti, come era avvenuto in altri centri, non era possibile. I proprietari si univano talvolta ai vicini più prossimi ed assumevano alle loro dipendenze maestri che potessero fare scuola ai loro ragazzi; spesso questi venivano mandati in collegio in Inghilterra. Nelle zone più popolate esistevano alcune scuole che provvedevano all'istruzione della gioventù, ma in genere il proprietario dell'azienda era obbligato ad assumersi la spesa e la responsabilità di maestri privati; nelle famiglie più povere erano i genitori stessi che tentavano di impartire ai figlioli i primi rudimenti del sapere.

Nelle colonie del centro la situazione educativa era assai variata. Gli abitanti di New York, troppo indaffarati nel promuovere il progresso materiale, non avevano molto tempo da dedicare alle questioni culturali, e la città, sotto questo punto di vista, era assai più indietro sia della Nuova Inghilterra, che delle altre colonie vicine. Le scuole erano misere ed i cittadini benestanti erano costretti ad assumere precettori per educare i loro figlioli. Nessuna organizzazione di scuola pubblica esisteva di cui potessero beneficiare la maggior parte dei ragazzi della città; il Governo reale si limitava in questo campo a tentativi saltuari e solo verso la metà del '700 vennero istituiti il College dei New Jersey a Princeton, il King's College (ora Columbia University) e il Queen's College (Rutgers).

La Pennsylvania fu indubbiamente una delle colonie più attive nel campo culturale. La prima scuola in essa istituita nel 1683 insegnava ai suoi alunni a leggere, a scrivere e a far di conto. Ogni centro quacquero provvide da allora in poi, in un modo o nell'altro, a che fosse impartita ai ragazzi una istruzione elementare. Un grado superiore di istruzione - lingue classiche, storia e letteratura - veniva impartito alla Friends Public School, che esiste ancora oggi a Filadelfia con il nome di Willian Penn Charter School: l'insegnamento era gratuito per i poveri, mentre i genitori in grado di farlo dovevano pagare delle tasse scolastiche per i loro figlioli.
Numerose scuole private sorsero poi a Filadelfia, ove, indipendentemente dalla religione praticata dagli alunni, venivano insegnate lingue, matematica e scienze naturali; né mancavano le scuole serali per gli adulti. Anche l'educazione femminile non era dimenticata: insegnanti privati impartivano infatti alle figliole dei cittadini più ricchi lezioni di francese, musica, ballo, pittura, canto, grammatica e talvolta anche di contabilità.

Questo sviluppo intellettuale e culturale della Pennsylvania rappresentava, in larga misura, la proiezione della forte personalità di due uomini. Uno di questi fu James Logan, segretario della colonia, nella cui biblioteca Beniamino Franklin sapeva di poter trovare le opere scientifiche più recenti. Nel 1745, Logan costruì un edificio apposito per conservarvi le sue collezioni e lo donò insieme con tutti i suoi libri alla città. Ma fu indubbiamente Franklin stesso colui che contribuì più di ogni altro cittadino ad incrementare l'attività intellettuale in Filadelfia. A lui si devono istituti che diedero un durevole contributo culturale non solo alla città, ma a tutte le colonie: egli creò, ad esempio, un circolo, denominato Junto, che formò l'embrione della Società Filosofica Americana. Ai suoi sforzi si deve inoltre la creazione di un'accademia pubblica che si trasformò più tardi nella Università della Pennsylvania; la sua opera costante in favore della cultura portò anche alla istituzione di una biblioteca circolante che fu chiamata in seguito «la madre di tutte le biblioteche circolanti americane».

La sete di sapere varcava i limiti dei centri già costituiti: anche nelle zone di frontiera il solido scozzese-irlandese, pur vivendo, in primitive capanne di tronchi in mezzo alla foresta (e in una di queste nacque Lincoln), si rifiutava di cadere nelle tenebre dell'ignoranza: convinto assertore della cultura, esso si sforzava di attirare sul luogo eruditi ministri del culto e riteneva che tutti, senza distinzione di sorta, dovessero coltivare le loro menti.
Nel sud i grandi proprietari mantenevano contatti con il mondo culturale attraverso i libri che, portati dall'Inghilterra, venivano prestati da una fattoria all'altra diffondendo così nozioni di storia, di lingue classiche, di scienza e di diritto. Nel 1700, veniva creata a Charleston la prima biblioteca provinciale. Anche le arti, la musica ed il teatro erano in grande favore e gli attori consideravano questa città come la loro beniamina, sicuri di trovare sempre in essa un'accoglienza più calda che non nelle altre città coloniali.

Nella Nuova Inghilterra i primi emigranti avevano portato con sé le loro piccole biblioteche e continuavano ad importare libri dall'Inghilterra; i Puritani, lettori incorreggibili di scritti religiosi, non limitavano però a questo campo il loro interesse per la lettura, tanto é vero che verso il 1680 i librai di Boston facevano ottimi affari smerciando lavori ed opere di letteratura classica, di storia, politica, filosofia, scienza, teologia, dialettica religiosa e belle lettere.
Cambridge, nel Massachusetts, ebbe ben presto un impianto tipografico e nel 1704 usciva il primo giornale di Boston, cui dovevano seguire rapidamente numerosi altri non solo nella Nuova Inghilterra ma anche in altre regioni.

Fu a New York, ad esempio, che si svolse uno degli avvenimenti più significativi ed importanti nello sviluppo della stampa americana. Si tratta del caso di Peter Zeng (di origine cinese) il cui giornale, il New York Weekly Journal, che aveva iniziato le pubblicazioni nel 1733, era il portavoce della opposizione governativa. Due anni dopo il Governatore coloniale, non desiderando tollerare più a lungo gli attacchi satirici di Zeng, lo fece gettare in prigione, sotto l'accusa di diffamazione. Zeng continuò a pubblicare il suo giornale dalla prigione durante i nove mesi del processo, che suscitò un enorme interesse in tutte le colonie: lo difendeva Andrew Hamilton, grande avvocato, il quale sostenne che le accuse stampate da Zeng erano vere e non poteva quindi riscontrarsi diffamazione nel senso esatto del termine.
La giuria emise verdetto di assoluzione e Zeng fu liberato. Le conseguenze di questa sentenza furono assai vaste e non si limitarono all'America del periodo coloniale; esse infatti dovevano ripercuotersi anche nel futuro del paese. Quella decisione rappresentò la pietra miliare del principio, poi saldamente stabilito, della libertà di stampa.

La produzione letteraria coloniale si può dire fosse limitata alla Nuova Inghilterra: essa si concentrava soprattutto su soggetti religiosi; difatti i sermoni rappresentavano la massima parte delle nuove edizioni. Il Reverendo Cotton Mather, famoso ministro ecclesiastico che atterriva i lettori con la minaccia delle fiamme dell'inferno, fu autore di circa 400 opere ed il suo capolavoro, Magnalia Christi Americana, era un'opera così voluminosa che fu necessario stamparla a Londra. In quest'opera viene ampollosamente narrata tutta la storia della Nuova Inghilterra, un lungo seguito di eventi che sfilano come un fastoso corteo visto dagli occhi non sempre sereni del suo prolifico e pedante autore.

L'opera che riscosse maggior favore in quell'epoca fu il lungo lavoro poetico del Reverendo Michael Wigglesworth, The Day of Doom (Il Giorno del Giudizio), in cui il giudizio universale veniva descritto in termini brucianti e paurosi. Veniva letto da tutti ed in ogni casa esisteva una copia di questa tremenda opera.

L'aspetto più impressionante, in tutte le fasi dello sviluppo coloniale, fu l'assoluta mancanza da parte del Governo inglese di qualsiasi influenza e controllo. Durante tutto il periodo di assestamento le colonie furono generalmente libere di svilupparsi a seconda delle loro inclinazioni o delle circostanze ambientali. Il Governo inglese non ebbe parte diretta nella fondazione di alcuna delle numerose colonie, se si eccettua la Georgia, e solo più tardi, e gradualmente, si assunse parte della direzione politica nel governo di esse.

II fatto che il Re avesse trasferito a società e proprietari la sua sovranità diretta sulle colonie del nuovo mondo non significava che i colonizzatori d'America fossero necessariamente esenti, in parte o del tutto, da un controllo esterno. In base alle carte costitutive della Virginia e della Massachusetts Bay, ad esempio, l'autorità completa di governo era trasferita alle società interessate ed era stabilito che queste avessero sede in Inghilterra. Coloro che abitavano in America avrebbero dovuto quindi, per quanto riguardava gli affari del governo, avere quella stessa voce in capitolo di cui avrebbero goduto se il Re fosse rimasto il loro governante diretto.

In un modo o nell'altro, comunque, questi regolamenti a carattere assoluto vennero infranti: il primo passo in questo senso é costituito da una decisione della London Company (per la Virginia) con la quale veniva permesso ai colonizzatori della Virginia di essere rappresentati nel governo locale. Istruzioni dirette nel 1619 dalla compagnia al governatore designato sul posto stabilivano che i liberi abitanti delle piantagioni potessero eleggere rappresentanti che collaborassero con il governatore e con il «Consiglio>, nominato per designazione, nell'approvazione di ordinanze interessanti il benessere della colonia.
Le ripercussioni di questo provvedimento si dimostrarono quanto mai vaste: da quel momento in poi il principio che i colonizzatori avessero diritto a partecipare al governo dei loro centri fu generalmente accettato e nella maggior parte dei casi il Re sanciva, nei documenti di donazione o di concessione dei nuovi possedimenti, che gli uomini liberi della colonia in questione avessero il diritto di partecipare alla stesura delle leggi che li riguardavano.

Nei documenti, ad esempio, riguardanti le concessioni elargite a Cecil Calvert nel Maryland, a William Penn nella Pennsylvania e a vari proprietari nelle due Caroline e nel New Jersey era specificato che la legislazione che avrebbe regolato la vita civile dei nuovi centri avrebbe dovuto ottenere "il consenso dei liberi cittadini". Questa clausola era stata omessa soltanto in due casi: per New York, in quanto tale possedimento era stato concesso personalmente al fratello di Carlo II, il Duca di York, che doveva salire più tardi al trono sotto il nome di Giacomo II; e per la Georgia, concessa ad un gruppo di consiglieri fiduciari (Trustees). In ambedue i casi però l'eccezione ebbe breve durata, poiché i colonizzatori residenti nelle due zone chiedevano con tanta insistenza di essere rappresentati nei corpi legislativi, che le autorità ritennero opportuno cedere.

Il diritto dei cittadini ad essere rappresentati nel ramo legislativo del loro governo ebbe all'inizio portata assai limitata, ma servì, comunque, come punto d'appoggio al graduale e completo passaggio dell'autorità di governo nelle loro mani. Ciò poté essere realizzato attraverso le assemblee elettive, che seppero per prima cosa impossessarsi del controllo sulle questioni finanziarie e servirsene al massimo grado. A poco a poco, in una colonia dopo l'altra, si venne affermando il principio che non si potessero applicare tasse e imposte, né impiegare i redditi del gettito fiscale - neppure per pagare gli stipendi al governatore ed ai funzionari del governo - senza l'approvazione da parte dei rappresentanti eletti dai cittadini stessi. Se il governatore o altri funzionari del governo della colonia non accettavano di agire conformemente alla volontà dell'assemblea popolare, questa non autorizzava gli stanziamenti necessari e si verificarono perfino casi in cui governatori di carattere intransigente videro il loro stipendio cancellato dei tutto o stabilito nella cifra di un penny.

Di fronte a tale minacciosa prospettiva, governatore e funzionari tendevano rapidamente a mostrarsi acquiescenti verso la volontà popolare.
L'autogoverno fu per molti anni assai più completo nella Nuova Inghilterra che in altre colonie. Se i padri Pellegrini si fossero stabiliti nella Virginia, l'autorità cui avrebbero dovuto sottostare sarebbe stata quella della London Company per la Virginia; nella loro colonia di New Plymouth essi erano invece liberi da ogni giurisdizione. Avendo deciso di organizzarsi politicamente, stilarono a bordo del Mayflower uno statuto di governo chiamato il « Mayflower Compact », in base al quale essi decidevano di «organizzarsi in una forma di governo civile allo scopo di meglio ordinare e preservare le nostre esistente... e in virtù di ciò promulgare, costituire e stilare quelle leggi, ordinanze, costituzioni, procedure e istituire quelli uffici... che saranno ritenuti più consoni ed opportuni al bene generale della colonia... ».

Per quanto i Pellegrini non avessero base giuridica per costituire di loro iniziativa una forma di autogoverno, quanto da loro compiuto non fu mai contestato e in conformità del loro « Compact », i coloni di Plymouth poterono per molti anni governarsi e badare ai loro affari senta interferenze e ordini dall'esterno.
Una situazione analoga si era venuta sviluppando nel Massachusetts dove era stato concesso alla Massachusetts Bay Company il diritto di governare. I componenti la società si erano essi stessi trasferiti in America, portando con loro il legale documento di concessione, e quindi la piena autorità rimaneva nelle mani di persone che risiedevano nella colonia.
In un primo tempo la decina di uomini circa che formavano il complesso originario della società trasferitasi in America avevano tentato di governare in forma autocratica il resto della colonia, ma ben presto tutti gli altri avevano chiesto di partecipare all'amministrazione dei pubblici affari lasciando chiaramente intendere che, qualora ciò fosse stato rifiutato, essi avrebbero emigrato in massa verso altre regioni.

Davanti a tale minaccia i soci della compagnia si videro costretti a cedere ed il controllo dell'amministrazione governativa passò nelle mani di rappresentanti debitamente eletti dal popolo. Poco dopo anche le colonie della Nuova Inghilterra - New Haven, Rhode Island e Connecticut - riuscivano a costituire un autogoverno sostenendo che esse erano indipendenti da qualsiasi autorità ad esse superiore e presero a modello per la loro organizzazione il sistema politico adottato dai Pellegrini di New Plymouth.

Le autorità britanniche non lasciavano prosperare così facilmente l'autogoverno così ampio esercitato dalle colonie. Il documento originario di concessione del Massachusetts venne impugnato per via giuridica e, nel 1684, annullato.
Tutte le colonie della Nuova Inghilterra furono allora sottoposte al controllo regio, esercitato con le più ampie prerogative o da un governatore nominato dall'alto.

I colonizzatori avversarono strenuamente questo fatto e quando, dopo la rivoluzione scoppiata in Inghilterra nei 1688, Giacomo II perdette il trono, essi scacciarono il governatore reale. Il Rhode Island ed il Connecticut, ai quali era allora incorporata la colonia di New Haven, poterono ristabilire su base permanente la loro posizione di virtuale indipendenza, mentre il Massachusetts fu ben presto ricondotto sotto l'autorità inglese, pur ottenendo in cambio che i cittadini potessero partecipare all'amministrazione civica.
Questa «partecipazione», come era già avvenuto nelle altre colonie, si venne gradualmente estendendo, fino a diventare virtualmente predominio, attraverso l'uso più intelligente e più completo del controllo sulle finanze.

I governatori continuavano pertanto a ricevere istruzioni secondo le quali avrebbero dovuto costringere la popolazione a rispettare direttive conformi agli interessi inglesi; il Consiglio Privato inglese esercitava nel contempo il diritto di revisione su tutta la legislazione coloniale, ma i colonizzatori si mostrarono molto abili nell'evitare e sfuggire queste limitazioni, ogniqualvolta esse venivano a ledere gli interessi da loro ritenuti fondamentali.

Con la stessa tattica essi riuscirono a superare quasi sempre i tentativi britannici miranti a regolare le loro relazioni con l'estero, e in purticolar modo i rapporti commerciali, ogni qualvolta reputavano che tali tentativi fossero dannosi ai loro interessi.
Fin dal 1651 il governo inglese aveva cominciato ad emanare di tanto in tanto delle leggi destinate a regolare alcuni aspetti della vita commerciale od economica delle colonie: taluni di questi provvedimenti importavano benefici per l'America, ma la maggior parte favoriva gli interessi britannici a danno di quelli americani. I colonizzatori fingevano in genere di ignorare quelli più dannosi, ed anche se le autorità britanniche, indispettite, cercavano di applicarli con maggiore efficacia, ogni tentativo in questo senso finiva per avere breve durata, e le stesse autorità adottavano a poco a poco una politica di «salutare abbandono».

L'indipendenza politica goduta in così vasta misura dalle colonie doveva per necessità di cose aumentare il graduale distacco della Gran Bretagna e far sì che esse divenissero sempre più americane che inglesi. Questa tendenza era rafforzata singolarmente dal continuo fondersi di altri gruppi ed altre civiltà nazionali. Le fasi di questo processo durante il quale si venivano formando le basi di una nuova nazione furono descritte con straordinaria precisione da un intelligente agricoltore (di origine francese, naturalizzato americano nel 1765) J. Hector St. John de Crévecoeur:
"Cosa é mai l'Americano, questo uomo nuovo? - egli si domandava nelle sue
Letters from an American Farmer (Lettere de un agricoltore americano) - Egli è in genere un europeo o un discendente diretto de europei; da ciò la spiegazione di quella strana mescolanza di sangue differenti che non é possibile riscontrare in alcun altro paese... Potrei mostrarvi una famiglia ove il nonno era inglese e la nonna olandese; il loro figliolo sposò una francese e i quattro figli nati da questa coppia hanno a loro volta sposato donne de quattro nazionalità differente. Americano può dirsi chi, lasciati antichi pregiudizi e consuetudini, ne acquista di nuove sorgenti dal modo di vivere che egli ha liberamente scelto, dalla nuova forma di governo cui obbedisce, dalla nuova posizione ufficiale che egli occupa... ".

E' da questa nuove sorgenti di libertà, quest'uomo vuole ora che siano concessi alcuni diritti inalienabili, e tra questi sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità.
Insomma è in atto una rivoluzione, ma come scriverà John Adams in seguito
"questa rivoluzione era in atto prima che la guerra cominciasse nella mente e nei cuori di tutti"

LA CONQUISTA DELL'INDIPENDENZA > >

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