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109 bis. 01
CADUTA DELL'IMPERO ROMANO E DOMINAZIONI STRANIERE
( Riflessi sul meridione d’Italia (secoli IV-XI) )

di Franco Savelli

Sommario
* - Le premesse della caduta dell’Impero, divisione tra Impero d’Occidente ed Impero d’Oriente. il potere si sposta in oriente, Costantinopoli-Bisanzio.
* - Le invasioni barbariche : i Visigoti di Alarico a Roma e nel meridione. I Vandali in Sicilia. Invasione degli Ostrogoti e guerra gotico-bizantina, l’ Italia provincia di Bisanzio.
* - Insediamento dei Longobardi: Longobardia major, Longobardia e minor ed Italia bizantina. I Franchi abbattono il regno longobardo : sopravvivono i ducati di Spoleto e Benevento.
* - Ducato di Benevento e proiezione nel meridione bizantino
* - Puglia, Lucania e Calabria bizantine
* - Gli Arabi invadono la Sicilia bizantina.

La caduta dell’Impero Romano
Le premesse

Fin dai tempi di Marc’Aurelio (161-180), più che i conflitti di potere che coinvolsero Imperatore, Senato ed esercito, fu l’impatto con le popolazioni germaniche che premevano ai confini, regioni del Reno e del Danubio, a far presagire che l’Impero Romano non sarebbe durato a lungo.
Un contributo non trascurabile lo diedero lo spostamento del baricentro del potere a Costantinopoli, conseguente alla divisione delle aree di competenza su diversi comandanti, sovente in contrapposizione, oltre ai continui ed estenuanti scontri cui l’esercito era chiamato per contenere rivolte in province lontane (Africa, Asia minore, Caucaso, Gallia, Britanna) che fecero emergere un quadro di difficile gestione.

L’imperatore Diocleziano (284-305), consapevole della inarrestabile pressione barbarica ai confini dell’Impero, aveva avviato una riforma con l’istituzione di una “tetrarchia” per cui, tenendo per se il controllo dell’oriente, si era associato al potere Massimino affidandogli il controllo dell’occidente ed assegnato a due fedeli collaboratori, la difesa e l’amministrazione di due province in ciascun settore (1). Questo può essere ritenuto il germe che portò alla divisione dell’Impero in due parti che divennero distinte ed in contrasto fra loro. Dopo un ventennio di potere, Diocleziano e Massimino si dimisero, ritirandosi il primo a Salona (l’attuale Spalato) ed il secondo nella villa siciliana di Piazza Armerina.

La successione che Diocleziano aveva impostato in termini automatici (nota 1) non avvenne senza contrapposizioni da cui, dopo conflitti, prevalse Costantino (306-337) come imperatore, affiancato da tre sostituti (2). Costantino, seguendo l’organizzazione di Diocleziano, articolò l’impero in prefetture conferendo una impostazione monarchica alla sua funzione. La sua attività si svolse soprattutto nei settori orientali, i più nevralgici per la difesa dell’Impero per cui pensò di fondare sul sito in cui sorgeva Bisanzio (3), una città a modello di Roma, Costantinopoli, quale segno della sua grandezza.
Costantino, in cui era radicata la convinzione della necessità di una successione ereditaria, morì senza aver precisato nulla circa la successione che restò affidata alla selezione praticata dall’esercito, mediante eliminazione dei pretendenti non graditi.

Valentiniano (364-75), un generale della regione austriaca, Pannonia, nominato imperatore avvia un evento storico: tiene per se le regioni occidentali che definisce Impero d’Occidente, e si associa al potere il fratello Valente (375-78) cui assegna le province orientali, Impero d’Oriente (4). Nei due settori dell’impero si poteva legiferare differentemente e l’unità fu mantenuta solo nominalmente, in quanto le due capitali, Roma e Costantinopoli rispettivamente, divennero rivali inconciliabili.
Graziano, succeduto a Valentiniano, nominò, dopo la morte di Valente, un comandante spagnolo Teodosio (379-395) che, insediatosi a Costantinopoli, cercò subito di rinvigorire l’esercito con larghi arruolamenti di Goti (5) al fine di fronteggiare le orde di barbari, Alemanni e Franchi, che premevano nelle regioni del Reno, ed Ostrogoti, Visigoti e Vandali che premevano sul Danubio. Alla guerra frontale, Graziano e Teodosio preferirono la collaborazione, accogliendo i barbari come “federati” (alleati in appoggio all’esercito) ed istituendo, al di qua del Danubio, un vero e proprio stato germanico cuscinetto che rappresentò la prima unità politica barbarica che avvierà la seguente frantumazione dell’Impero d’Occidente.

Alla morte di Teodosio gli successero i figli, Onorio (395-423) in qualità di Imperatore Romano d’Occidente, insediato a Milano (dove Teodosio aveva installato la corte) ed affiancato da un prode generale dell’esercito, Stilicone (semibarbarus, di padre vandalo e madre romana) ed Arcadio (395-408) come Imperatore Romano d’Oriente, affiancato da Rufino. In quel tempo il mondo romano, trovandosi in un periodo di trasformazione sociale ed economica, era in uno stato di debolezza che Alarico, capo dei Visigoti cui Teodosio aveva assegnato per il suo popolo la Mesia (un striscia di terra al di qua del Danubio), colse l’occasione per trarne vantaggio, invadendo in più occasioni i territori greci. Stilicone intervenne a contenimento ma, per via di operazioni condotte in un settore considerato di pertinenza dell’oriente, fu fermato da Arcadio. Questi, superando ogni formalismo e coll’intento di controllare Alarico, lo aggregò alle forze orientali dell’Impero, ponendolo nominalmente a difesa dell’Occidente ma, in effetti, come minaccia per esso. Infatti, a seguito di contese scoppiate in Oriente fra le fazioni di diversa ascendenza culturale (barbara ed ellenica) Alarico, non ricevendo più il tributo pattuito, si diresse verso l’Italia (401) in cerca di spazi vitali per il suo popolo, fra cui vi erano anche Gepidi ed Alani.

 

I Visigoti in Italia – Alarico a Roma e nel meridione


Alarico, nel 401, conquistata Aquileia, marciò verso Milano, costringendo al trasferimento la corte di Onorio prima ad Arles e poi a Ravenna che, ritenuta più difendibile, divenne nuova capitale dell’impero (402). Alarico si acquartierò nelle Venezie ed, in primavera (402), si scontrò con Stilicone a Pollenzo con un esito non definitivo per cui gli scontri si ripeterono finché Alarico fu costretto a ritirarsi oltre le Alpi, nel Norico (presso la Pannonia, attuale Austria).

Stilicone in quegli anni si mosse con abilità fermando in vari settori dell’Impero tribù barbare (Ostrogoti, Alani, Vandali, Alemanni e Suebi) che si muovevano, premuti a loro volta dagli Unni, con famiglie e beni al seguito. Ritenendo arduo poter controllare da solo tanti nemici, Stilicone preferì stabilire un accordo con Alarico, nominandolo (407) magister militum (nota 14) per l’Illirico (regione balcanica affacciata sull’Adriatico). I successi conseguiti da Stilicone e la lealtà mostrata verso Onorio, cui aveva dato in moglie la figlia Terenzia, non valsero a salvarlo da sospetti ed animosità che gli fecero perdere il consenso dell’inetto Imperatore, il quale lo fece giustiziare (408) venendo a privarsi di un elemento di forza e stabilità nella politica dell’Impero d’Occidente.

In seguito alla eliminazione di Stilicone, sia gli elementi barbari che quelli pagani ed ariani, peraltro discriminati, abbandonarono l’esercito romano, diminuendone la potenzialità, per andare a mettersi alle dipendenze di Alarico. Questi, non avendo ricevuto conferma delle attribuzioni ricevute da Stilicone, nel 408, attraversò le Alpi e, senza incontrare resistenza, abbandonandosi a devastazioni e saccheggi, si diresse verso Roma che pose in assedio. La carenza di viveri e le pestilenze sorte costrinsero il Senato a pagare parte dell’ingente tributo preteso da Alarico che tolse l’assedio e avviò trattative con Onorio per ricevere, quale insediamento per il suo popolo, parte di territori del Norico ed un tributo annuo. Le trattative infruttuose indussero Alarico a cingere, di nuovo e con ingenti forze, in assedio Roma che, conquistata (6), fu per tre giorni devastata con incendi, massacri e violenze (sacco di Roma).

Le necessità non risolte di insediamento del suo popolo costrinsero Alarico a proseguire la sua avanzata verso il meridione d’Italia da dove intendeva raggiungere l’Africa. Fiorenti città della Campania e della Calabria (tra cui Reggio) furono devastate e l’occasione di una tempesta che distrusse la flotta, impedì il traghettamento in Sicilia. Subito dopo, in sosta nel Brutio (territorio Cosentino), si ammalò ed, ancora trentenne, morì.

Alarico, avido e generoso, nobile e crudele, idolatrato dal suo popolo, fu seppellito nel letto del fiume Busento con modalità che hanno alimentato la leggenda . (7)
Il popolo visigoto dopo aver vagato per breve tempo nel meridione, guidato da Ataulfo che, avendo prigioniera Galla Placidia (8) sorella di Onorio, risalì la penisola dirigendosi verso la Gallia dove fondò il regno di Tolosa che, alla fine del V sec., raggiunse la massima espansione (9).


I Vandali in Sicilia

I Vandali di Genserico (428-77) si erano insediati in un lembo meridionale di Spagna fondando un proprio regno, Vandalusia (odierna Andalusia). Essi in cerca di terre fertili, nel 429 attraversarono Gibilterra, invasero Mauritania e Numidia, ponendo in assedio Ippona (430) (nel corso del quale morì il vescovo S. Agostino) e fondando un regno, prima federato con Roma (435) quindi completamente autonomo (442) che si estendeva dal Marocco alla Tripolitania e che resistette fino a metà del VI sec, allorché fu conquistato dai Bizantini. I Vandali, essendo abili navigatori ed avendo conquistato Cartagine (439), ebbero a disposizione i cantieri idonei a costruire una flotta con cui sbarcarono prima in Sicilia (440), quindi estesero il loro dominio su tutto il Mediterraneo occidentale, conquistando Sardegna, Corsica e Baleari e ricevendo (455) il riconoscimento della piena sovranità sui territori conquistati, da parte dell’Imperatore Valentiniano III (425-455).

Alla morte di questi, i Vandali, a seguito di un conflitto sorto con i Romani, raggiunsero Ostia via mare ed assediarono Roma (455) che si arrese, senza opporre resistenza. Papa Leone I (10) , pur essendo riuscito a risparmiare alla città mali maggiori, non potè impedire un saccheggio che durò 15 giorni né riuscì ad evitare che molti personaggi, tra cui moglie e figlie dell’imperatore Valentiniano III, fossero trattenute col fine di ricavare riscatti.
La conquista vandala della Sicilia, iniziata nel 440 con lo sbarco a Palermo che razziarono e distrussero, senza risparmiare il territorio dell’intera Sicilia e della Calabria dove si abbandonarono ad una inutile violenza la cui maniera rimase proverbiale (vandalismo), si protrasse fino a che Odoacre (v. seguito), dopo una sanguinosa guerra, riscattò con un tributo buona parte dell’isola che garantiva l’approvvigionamento cerealicolo di Roma.
Tra il 484 ed il 496 la Sicilia fu riconquistata dagli Ostrogoti di Teodorico. In possesso dei Vandali rimase l’ultimo caposaldo, Lilibeo (territorio dell’attuale Marsala), caduto poi, assieme alla Sicilia ed al resto d’Italia, in mano Bizantina nel 533 (v. seguito).


Caduta dell’Impero Romano

Alla morte di Onorio (423) lo stato dell’Impero era ancora più precario e negli anni successivi la pressione barbarica, iniziata con i Visigoti, divenne sempre più forte in quanto, pur resistendo la struttura sociale e culturale romana, l’esercito, che in buona parte era composto da barbari, era chiamato a continue ed estenuanti prove. Le invasioni di tribù germaniche provenienti da est, in cerca di spazi vitali, assunsero i caratteri dell’emergenza permanente, provocando la rottura di precedenti equilibri e favorendo la nascita di nuove formazioni politiche (regni romano-barbarici) che costituirono un complesso di aggregazioni, eterogenee per lingua e cultura, la cui sopravvivenza fu legata ai fragili rapporti stabiliti con le società locali. Allorché prevalsero le lacerazioni interne, i regni romano-barbarici si dissolsero sopraffatti (Vandali, Ostrogoti) dall’offensiva militare di Bisanzio.

E’ Odoacre (434-493), capo germanico della tribù danubiana degli Eruli, che, con la deposizione di Romolo Augustolo (476), divenne responsabile dell’atto che segnò la caduta dell’Impero d’Occidente . (11)
Odoacre, re delle milizie barbare al servizio dell’esercito romano, accampato tra Milano e Pavia, chiese ai Romani la concessione di terre a titolo di compenso per i servigi resi. L’esercito romano era guidato dal generale di origine germanica, Oreste che, detentore col titolo di patricius (nota 14) del potere effettivo conferitogli dall’imperatore Giulio Nepote (474) (12), aveva posto sul trono imperiale il figlio tredicenne Romolo, detto Augustolo (13). Oreste, avendo respinto la richiesta avanzata dalle truppe barbare di Odoacre, fu da questo fatto catturare e decapitare mentre il giovane imperatore veniva destituito ed estromesso.

In occidente il potere imperiale, rimasto vacante veniva riassorbito dall’imperatore di Oriente, Zenone (474-91) il quale, pur volendo reintegrare Giulio Nepote che, rifugiatosi in Dalmazia, conservava ancora il titolo di Imperatore d’Occidente, si rese conto che ciò era possibile solo usando la forza contro Odoacre. Il quale, una volta scomparso Nepote (480) finì con l’assumere egli stesso il titolo di patricius, esercitando in Italia il potere derivante dalle forze barbare di cui disponeva.

L’ Italia Ostrogota

Gli Ostrogoti, una popolazione germanica che già nel III sec. si era insediata prima nelle steppe della Russia meridionale e nella Pannonia poi, liberatisi dalla servitù degli Unni dopo il disfacimento del regno di Attila, erano entrati nella regione balcanica della Tracia. L’Imperatore Zenone, temendone la pericolosità, li inserì nell’esercito imperiale e concesse loro risorse e spazi da sfruttare. E quando questi si rivelarono insufficienti, il loro re Teodorico (497-526) (14) avanzò altre richieste, minacciando di occupare Costantinopoli. Per scongiurare ciò Zenone gli propose l’Italia (488) quale nuovo spazio vitale che, ove l’avesse conquistata, avrebbe potuto governare con l’investitura di patricius. l’Italia era in quel momento governata, con equilibrio e tolleranza, da Odoacre, i cui rapporti con l’Imperatore si erano deteriorati al punto da essere dichiarato usurpatore.

Teodorico si mosse con 50.000 armati e l’intero popolo al seguito (15) e giunse dopo un anno in Italia, sconfiggendo Odoacre sull’Adda (490) e costringendolo a rifugiarsi a Ravenna che, assediata, si arrese dopo due anni (493). Dopo un iniziale accordo di divisione del potere, Teodorico uccise Odoacre e fece eliminare le sue truppe, subentrandogli nel governo dell’Italia con il riconoscimento del successore di Zenone, Anastasio I (491-518). Egli confermò Ravenna capitale ma risiedette a Pavia, mentre il suo popolo si insediò in tutte le regioni italiane senza integrarsi (notevole era la differenza culturale e comportamentale fra barbari e romani).

Il territori facenti parte del regno Ostrogoto (493) che si era costituito comprendevano le regioni balcaniche a sud del Danubio, fino all’attuale Dalmazia, la Provenza (16) e tutta l’Italia compresa la Sicilia.

Teodorico riservò rigorosamente ai soli ostrogoti l’accesso ed il controllo della milizia ma, nell’intento di stabilire un rapporto di convivenza con le popolazioni romane, governò con moderazione, appoggiandosi all’autorità della Chiesa, alla autorevolezza della cultura romana ed avvalendosi di collaboratori come Boezio, Cassiodoro di Squillace, Aurelio Simmaco (17) ed altri. Teodorico acquisì autorità e prestigio personale tale da divenire riferimento di tutti i regni romano-barbarici che erano sorti dal disfacimento dell’Impero. Tale potere non poteva lasciare indifferente Costantinopoli allorché, risolti i contrasti di supremazia con la Chiesa (18), l’imperatore Giustino I (518) succeduto ad Anastasio I, sferrò una persecuzione contro gli ariani, fede degli Ostrogoti che rappresentava la premessa della loro estromissione. Teodorico si adoperò per evitare una guerra religiosa di cui, essendo vissuto a Bisanzio, conosceva gli aspetti deteriori e reagì perseguitando i collaboratori che riteneva responsabili dell’ostilità antiostrogota (Boezio, Simmaco e Papa Giovanni I; v. nota 17).


Teodorico, prima di morire proclamò re il giovane nipote Atalarico di cui la madre Amalasunta (figlia di Teodorico) ne assunse la reggenza (526-534) educando il figlio ai principi
romani. Per tale motivo le fu sottratto. Morto Atalarico, Amalasunta cercò di salvare la dinastia sposando il cugino Teodato ed aggregandolo al regno. L’intransigente Teodato, ritenendo che Amalasunta tramasse ai fini di potere con l’Imperatore d’Oriente Giustiniano (527-565) la fece imprigionare ed uccidere (535). E’ il casus belli atteso da Giustiniano per aggredire Teodato e dare inizio alla riconquista dell’Italia.


Guerra Gotico-Bizantina - Italia provincia di Bisanzio

Giustiniano, da Bisanzio, aveva affidato le milizie al comandante bizantino Belisario per la riconquista del regno africano dei Vandali di Galimero (533) al fine di eliminare la loro potenza navale, ostacolo al progetto di riconquista dell’Italia che si realizzò a seguito di una lunga guerra (535-553), articolatasi in tre periodi.

- 535-540 Belisario con un contingente esiguo di barbari e confidando sul favore della popolazioni italiane, sbarcò in Sicilia e risalì il continente conquistando, dopo un assedio, Napoli che fu duramente saccheggiata (536), mentre un altro contingente bizantino raggiungeva l’Italia attraverso la Dalmazia. Il re gotico Teodato ritiratosi a Ravenna, viene ritenuto responsabile delle sconfitte subite e sostituito con Vitige che, malgrado abbia cercato di organizzare la difesa di Roma, questa fu agevolmente conquistata da Belisario (536). Mentre in varie parti di Italia si accendevano rivolte (Milano fu distrutta per rappresaglia da truppe di Vitige), Belisario riprese l’iniziativa assediando Vitige a Ravenna che si arrese (540).

- 541-552 Belisario, richiamato a Costantinopoli per contenere una minaccia persiana, non ricevette gli onori dovuti da Giustiniano, invidioso dei suoi successi. Gli Ostrogoti elessero re Totila (541) che, dopo la partenza di Belisario, riprese il controllo dei territori Italiani, comprese Sicilia, Sardegna e Corsica (550) ma non Ravenna, distinguendosi per le devastazioni apportate. Giustiniano (544) per contenere la controffensiva gotica rinviò in Italia Belisario che, con mezzi inadeguati, riuscì solo a riconquistare Roma che era stata espugnata (546) e smantellata delle mura.

- 552-553 Giustiniano inviò allora in Italia con mezzi imponenti Narsete che, giunto attraverso il Veneto, sconfisse a Gubbio, in una cruda battaglia, gli Ostrogoti di Totila che morì in battaglia (sostituito dal nuovo re Teia). Narsete proseguì per Roma, quindi si predispose a disperdere, tra Lombardia e Campania, i nuclei superstiti di Ostrogoti, operazione che si protrasse per un decennio.
Caduto il regno Ostrogoto, Giustiziano emanò, su richiesta di papa Vigilio (537-555), la Pragmatica Sancito (19) per cui l’Italia diveniva provincia dell’Impero d’Oriente, governata dal generale bizantino Longino e dove venivano abrogate le ordinanze dei re ostrogoti.
Ebbe inizio la serie degli Esarcati (20) guidati da funzionari bizantini che imposero il greco come lingua ufficiale e sfruttarono con tasse pesantissime il popolo italiano che arrivò a rimpiangere la dominazione barbara.
L’unità territoriale non sopravvisse alla morte di Giustiniano perché altri popoli premevano ai confini.

 

L’Italia Longobarda e Bizantina

I Longobardi, (21) un intero popolo in parte legato all’ambiente gotico, guidato da Alboino (569-572), provenienti dalle regioni dell’attuale Ungheria, si installarono nei territori italiani, sembra con una tacita autorizzazione dell’impero di Costantinopoli che avevano sostenuto durante la guerra gotico-bizantina e che riteneva di porre, con loro, un argine alle incursioni dei Franchi nella pianura padana.
I Longobardi, nel 568, una orda rilevante (~300.000 con donne, bambini, carri ed armenti), attraversarono il Friuli (la prima città a cadere fu Cividale dove nacque il primo ducato assegnato a Ghisolfo), il Veneto (conquistando Aquileia, Treviso, Verona, Vicenza) e si diressero verso Milano, Torino, Asti, incontrando resistenza solo a Pavia che, conquistata fu eletta a capitale (572-774). Quindi proseguirono verso Emilia, Umbria, Toscana e Campania. Il territorio conquistato veniva diviso in ducati indipendenti dal sovrano e governati da un duca (22). La loro pericolosità forse fu sottovalutata da Bisanzio, fatto sta che solo l’esiguità numerica, insufficiente a controllare il territorio che si apriva alla loro avanzata (23), li indusse ad accordarsi con l’Impero d’Oriente (603) per suddividere l’Italia in:
- Romania (da cui il nome Romagna) comprendente Marche, Lazio, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna. Essa successivamente (751) (24) si ammise l’esarcato di Ravenna (751) e le città dipendenti (la Pentapoli: Rimini, Pasaro, Fano, Sinigallia, Ancona).
- Longobardia major, comprendente il settentrione d’Italia, con capitale Pavia.
- Longobardia minor, comprendente il centro-sud d’Italia con il ducato di Spoleto ed il ducato di Benevento (570-774, trasformato in principato, 774-1081). Questi, per la loro ampiezza si daranno un ordinamento diverso dagli altri ducati.

Dopo la scomparsa di Alboino vittima di una congiura ordita dalla moglie Rosmunda (25) , si ebbe un periodo di anarchia e depressione politica fino alla nomina di Autari (584-590) a cui i duchi, temendo la pressione dei Franchi e dei Bizantini, per consentirgli autorevolezza nell’organizzazione del regno cedettero metà delle terre che vennero amministrate dai suoi agenti (gastaldi). Autari sposò Teodolinda ed instaurò un sistema di governo basato sulla collaborazione con i romani. Politica che trovò continuatore Agilulfo (591-616) il quale favorì una continua penetrazione di elementi romani nelle istituzioni.

I Longobardi erano di origine ariana ma temevano la potenza della Chiesa che, incentrata sul monachesimo e sulle figure dei vescovi, esercitava un ruolo fondamentale sia sul piano economico che culturale. Essi stabilirono pertanto un accordo con la Chiesa di Gregorio Magno (540-604) (26) e si convertirono al cattolicesimo, cercando di integrarsi sul piano delle relazioni sociali, ma, diversamente da quanto avvenne con i Franchi, senza riuscirvi.

Fra i successori di Agilulfo, assunsero importanza Rotari (636-652) per l’editto (27) che recuperò una impronta germanica solo in parte mitigata dalle idee cristiane e dal diritto romano. Si devono quindi registrare, con l’alternarsi di molti sovrani, una serie di crisi di ordine politico, legati a contrasti interni per l’indipendenza in cui si muovevano i ducati. Finché Liutprando (712-744) intraprese una opera di restaurazione dell’attività dello stato con centralizzazione del potere in cui i duchi divennero funzionari controllati dal re. Ciò malgrado i ducati di Spoleto e Benevento difesero la loro autonomia accordandosi di volta in volta con i Bizantini o con la Chiesa che non era aliena all’accordo se questo poteva giovarle.

Poiché i Bizantini governavano sull’Esarcato e la Pentopoli che, uniti al Lazio, si inserivano nel territorio Longobardo, dividendolo e rendendolo difficilmente difendibile, Liutprando, essendo riuscito con una offensiva a conquistare una porzione di territorio bizantino, per non alienarsi il consenso della Chiesa a consolidare i progressi compiuti dal regno, fece dono al Papa (728) dei castelli di Sutri, Ameria, Bomarzo ed Orte . (28)

Con Liutprando il regno raggiunse il suo massimo fulgore e quando re Astolfo (749-756) occupò Ravenna (751) ed accentuò la pressione sui territori controllati dal papa Stefano II (752), questi, nel timore che venisse compromessa l’autonomia della Chiesa, invocò l’aiuto dei Franchi, favorendo la discesa di Pipino il Breve (29) che sconfisse una prima volta i Longobardi schierati in val di Susa (754). Due anni dopo Astolfo che, arroccato a Pavia, aveva ripreso le ostilità contro il Papa, fu di nuovo sconfitto e dovette cedere l’esarcato (Ravenna e la Pentopoli) che i Franchi consegnarono al Papa come Patrimonio di San Pietro.
I ducati di Spoleto e di Benevento si affrettarono ad allearsi con i vincitori.

Desiderio (756-771), duca di Tuscia e successore di Astolfo, cercò di avviare con i Franchi e la Santa Sede relazioni amichevoli recuperando il controllo del territorio Longobardo, e quando Pipino morì, la regina Berta cercò di consolidare le relazioni con i Longobardi, dando in sposa ai figli Carlo (futuro Carlo Magno) e Carlomanno le figlie di Desiderio, Ermengarda (30) e Gerbera. Desiderio volendo interferire negli affari dei Franchi diede ospitalità ai due figli di Carlomanno che, dopo la morte del padre (771) erano stati estromessi da Carlo. Questi, ripudiata Ermengarda, attaccò Desiderio che, imprigionato, deportò in Francia dove si ritirò in un monastero con la figlia Ermengarda, mentre il figlio Adelchi trovò rifugio a Costantinopoli. La pressione esercitata da Carlo (742-814), cui i posteri attribuirono il nome di Magno in riconoscimento del ruolo di sovrano unificatore della cristianità europea, culmina con il trattato di Pavia (774) con cui egli divenne Re dei Franchi e dei Longobardi.

I ducati longobardi del sud (Longobardia minor), si mantennero indipendenti e dal ducato di Benevento, il cui duca Arechi II (v. nota 34), assunse il titolo di principe (774) elevando il suo dominio a principato (774-1077), si staccarono i ducati di Capua e Salerno che permisero di salvaguardare, fino all’insediamento dei Normanni (1077), l’identità culturale longobarda.
Il regno longobardo del centro-sud, nella sua massima espansione comprese Campania, Molise e Lucania, parte della Puglia e della Calabria. La Sicilia, Napoli con le costiere amalfitana e sorrentina e Gaeta rimasero sempre Bizantine.


Ducato di Benevento, proiezione nel meridione Bizantino

La costituzione del Ducato di Benevento è fatta risalire al 576, allorché Zattone, a capo di un esiguo contingente che stava scendendo lungo la penisola per raggiungere il meridione, si impossessò dell’antica cittadina romana di Benevento e del suo territorio di cui costituì un Ducato che comprendeva la Campania (a meno di Napoli e riviere), Molise e nord della Puglia (Gargano fino all’Ofanto) che nel volgere di pochi anni arrivò ad annettersi, sottraendoli alle deboli guarnigioni bizantine e confiscando i beni delle chiese e delle comunità monastiche, la Lucania (31) (Pescopagano, Vietri, Venosa, ecc. in cui istituirono vari gastaldati), il Brutio (territorio del cosentino calabro, Rossano escluso) e la parte centrale della Puglia (esclusi Lecce, Otranto e Gallipoli).

Questa che rappresentava la regione più meridionale dei territori longobardi, era divisa dalla longobardia major dai possedimenti papali delle regioni centrali della penisola e, pur sottomettendosi all’autorità regia longobarda ed alle sue leggi, mantenendo, a parte il principio della successione ereditaria (a Zattone successe il nipote Arechi), una propria identità che, garantita dalla separazione territoriale, conservò anche dopo la caduta del regno longobardo.
Il dissidio fra ducati meridionali e potere centrale si acuì con Desiderio che cercò di occuparli ma la sconfitta, subita ad opera di Carlo Magno (774), offrì al duca Arechi II (734-787) l’occasione di fregiarsi del titolo di principe, elevando il suo dominio a principato. Ad Arechi II successe il figlio Grimoaldo che Carlo Magno costrinse a mantenere nella sfera di influenza dei Franchi . (32)

I bizantini, interessati a sfruttare i territori d’occidente che presidiavano con scarse truppe, impegnate piuttosto nella difesa dei territori d’oriente, operarono nell’immediato (Costante II, 663) tentativi infruttuosi di recuperare territori pugliesi del ducato di Benevento.
Il principato di Benevento raggiunse, nel IX sec., l’apice della sua grandezza (33) , conquistando Amalfi ed arrivando ad imporre tributi a Napoli, allorché una guerra civile, scoppiata per una congiura di palazzo che aveva portato all’uccisione del duca Sicardo, si concluse con una scissione da cui nacque il Principato di Salerno. Al Principato di Benevento restarono legati il Sannio, il Molise e la parte nord della Puglia.

La guerra civile determinò comunque una situazione confusa che, colta da alcune città quale occasione per garantirsi spazi di autonomia, (Capua si rese indipendente), si accrebbe con l’intensificarsi delle incursioni saracene (34) sollecitate dagli stessi principi in guerra tra loro. In questo contesto di mutevoli alleanze avvenne che, nel 836, la Napoli bizantina, per un tributo negato ai longobardi di Benevento, venne assediata per mesi e liberata dai saraceni, mentre, nel 849, furono i saraceni (35) , dopo il saccheggio della basilica di S.Paolo Fuori le Mura di Roma, ad essere respinti dalla flotta bizantina di Napoli.

Dopo l’827, anno in cui gli Arabi iniziano la conquista della Sicilia, le incursioni saracene nel meridione continentale diventarono più frequenti con insediamenti e razzie a Capua, Salerno, Benevento e Montecassino, da cui furono cacciati (866) per intervento dell’imperatore del Sacro Romano Impero Ludovico II (855-875) sorretto dal duca di Spoleto, ed a Napoli, da cui furono respinti (882) dallo stesso duca bizantino di Napoli, sostenuto da quello di Salerno.

Alla fine del IX sec. i principi longobardi sollecitano, al fine di fronteggiare le incursioni saracene, l’intervento dell’imperatore bizantino Basilio I (867-886) che conduce un campagna per affrancare le regioni meridionali dalle scorrerie degli arabi, ristabilendo (885) il dominio bizantino nel meridione. I Longobardi tentarono ancora di recuperare i territori perduti finché, alla fine del X sec., a seguito di un suo intervento nel meridione, l’imperatore del Sacro Romano Impero, Ottone II (973-983) accorda all’imperatore di Costantinopoli Giovanni I Zimisce (969-976) il riconoscimento della sovranità sulla Puglia, Lucania, Calabria.

Alla fine del X sec. la Longobardia minor comprendente i ducati di Benevento e Capua ed il principato di Salerno, furono unificati da Pandolfo Testa di Ferro prima che, per successione, si verificasse un nuovo smembramento (Benevento con Capua; Salerno a parte).


Puglia, Lucania e Calabria bizantine

La Puglia, Lucania e Calabria, con la disintegrazione dell’Impero Romano (476), a parte il periodo di dominazione gotica (prima metà del VI sec.), rimangono interamente soggette alla dominazione bizantina fino alla espansione longobarda della metà del VII sec. che ingloba, come detto in precedenza, i territori pugliesi più settentrionali ed il territorio cosentino della Calabria, con esclusione di Rossano ionico.

La storia di queste regioni attraversa periodi in cui l’appartenenza territoriale fu soggetta al continuo sovrapporsi degli eventi dettati da alleanze e contrapposizioni che coinvolsero Longobardi e Bizantini e durante le quali si alternarono sviluppo e decadenza. I territori bizantini più settentrionali di Puglia e Calabria, oppresse dalle vessazioni finanziarie dei funzionari, furono soggetti a ripetute ribellioni in cui si invocò spesso l’intervento dei principi longobardi della Campania.

Nell’VIII sec. le regioni pugliesi del Salento ed alcune valli Lucane rappresentarono un rifugio per migliaia di monaci che, per sottrarsi alle persecuzioni e massacri conseguenti alla guerra iconoclasta, (36) fuggirono dall’oriente (in particolare dalla Cappadocia) per fondarvi numerosi conventi basiliani (37) (il più celebre dei quali è quello di San Nicola di Casole in Otranto) che divennero fiorenti centri di cultura dove affluirono, spinti dalle invasioni saracene, anche i monaci che si erano rifugiati in Sicilia e Calabria.

Alla fine del IX sec., l’imperatore Basilio I, dopo aver ristabilito il dominio bizantino (v. sopra) costituisce i Thema di Longobardia, di Lucania e di Calabria, organizzazioni politico-amministrative rette da strathegos, successivamente sostituiti dal Catapanato d’Italia, retto da un Catapano, con sede a Bari. Questo provocò, dalle regioni periferiche dell’impero bizantino, una massiccia migrazione volta ad occupare terre incolte e fondare villaggi dando vita, nel Salento, ad una comunità con costumi greci e religione greco-ortodossa.

- Puglia

I territori della Puglia mentre erano contesi da Longobardi e Bizantini, furono soggetti, fin dal 700 alle aggressioni saracene che, di volta in volta, conquistarono Brindisi (838), si impadronirono di Taranto (840-871) istituendovi un emirato. Da qui e da Bari, occupata nel 842 partirono spedizioni per incursioni più profonde nella penisola (Salerno, Capua, Benevento, fino anche a Grado e Comacchio).

Nel X sec. le incursioni dei saraceni, potendo partire dalle basi in Sicilia (contribuirono a sviluppare attività marinare e spirito mercantile) si intensificarono verso le città costiere pugliesi, vittime del malgoverno bizantino che, peraltro, non garantiva alcuna protezione e culminarono, nel periodo 924-928, con i saccheggi di Siponto e più volte di Oria e Taranto (976). e contribuirono a sviluppare rapporti con la Sicilia e l’Oriente, stimolando attività marinare e spirito mercantile.

Bari con il suo castello fu sede, oltre che del Thema (v. prima), di un ducato longobardo (VII sec.) nominalmente dipendente dai Bizantini che ne mantennero il controllo anche dopo l’occupazione araba (842 e 975). Bari fu anche la porta d’oriente, sede di emiri musulmani e confluenza di culture dove gente d’oriente che professava diverse religioni (Greci, Slavi, Armeni, Siriani, Arabi ed Ebrei) vissero in un clima di tolleranza accanto agli occidentali (Longobardi) costituendo una società multietnica e multiculturale. Era ricca di Chiese dedicate a santi orientali (Demetrio, Gregorio, Eustrazio, Sofia, Pelagia) su cui, in epoca romanica, furono edificati Chiese cristiane i cui resti stanno affiorando nella città antica.
La dominazione bizantina, caratterizzata da malgoverno e da una opprimente politica fiscale diede origine a molte rivolte, ultima delle quali quelle di Melo, nobile di stirpe longobarda, che, sorretta da mercenari normanni, furono soffocate dai bizantini, (1009 e 1018). Queste lasciarono comunque la strada aperta alla conquista normanna (1071) da parte di Roberto il Guiscardo.

- Calabria (38)

I Longobardi di Benevento avevano incluso (v. sopra) il territorio del cosentino (39) prima della riconquista bizantina (885, da parte del generale Niceforo Foca) in cui si era costituito il Thema di Calabria che i Saraceni sottoposero a frequenti aggressioni di cui furono vittime Cosenza (saccheggiata nel 986 e 1009), Vibo (nel 850 e 983), Tropea. Amantea, S. Severina, ecc. in un susseguirsi di vicende di entità meno rilevante che altrove.
L’impero Bizantino, avendo mantenuto la sua presenza in parte della Calabria dal tempo della guerra gotica (553) fino all’avvento dei Normanni (XII sec.), ebbe un ruolo preminente nello sviluppo storico e culturale della regione i cui canoni architettonici risultano arricchiti da elementi risalenti alla cultura araba importata da monaci ed eremiti provenienti da oriente. Le tracce più rilevanti di questi influssi si ritrovano a Rossano, Stilo, Gerace e Santa Severina.
Rossano, nel suo periodo d’oro, vide nascere sette monasteri abitati da religiosi orientali, fu capoluogo bizantino del Thema di Calabria e dimora del governatore, oggi è sede della Diocesi di rito greco-bizantina più importante d’Italia e della Chiesa bizantina di San Marco. Stilo, fondata dai siracusani, divenne una fortezza bizantina che conserva una chiesa, La Cattolica, del X sec., così come Gerace, la Cattedrale dell’Assunta. Santa Severina fu un importante centro Bizantino che (884) resistette ai saraceni.

 

Gli Arabi in Sicilia

Durante le fasi che precedettero la caduta dell’Impero romano, la Sicilia provò i traumi delle invasioni barbariche, essendo stata per circa mezzo secolo (440-490) percorsa e devastata da orde di Vandali che erano giunti dall’Africa prima che essa fosse conquistata dagli Ostrogoti (a parte capo Lilibeo, nota 43). Caduto il regno Ostrogoto ad opera di Giustiniano (535), la Sicilia rimase per circa tre secoli sotto la dominazione bizantina (40) durante i quali il greco rimase la lingua ufficiale e la Chiesa, anche se mantenne l’uso del latino, adottò i riti greci e si sottopose all’ubbidienza al patriarca di Costantinopoli.

Le lotte interne fra fazioni (VII sec.) che travagliarono Costantinopoli, le guerre che la impegnarono in Sira e Palestina contro i Persiani Sassanidi, i tentativi di contenere la espansione araba e gli ingenti costi per il mantenimento delle guarnizioni, indussero Bisanzio a ritirare gran parte del suo esercito e della sua flotta dal Mediterraneo centrale, lasciando la Sicilia esposta all’aggressione araba/saracena i cui primi e ripetuti episodi si verificarono già a partire dal 652 (41).

Solo nel 827, dopo aver conquistato Creta (825), inizia, da parte degli arabi Aghlabiti, la conquista della Sicilia con incursioni che interesseranno anche le regioni costiere del meridione. Essa si completerà solo nel 965 con la caduta di Rometta, nel Messinese, evento che mutò la situazione geopolitica del Mediterraneo.
La forza di invasione, sollecitata da Eufemio da Messina, un generale dell’esercito bizantino insoddisfatto della propria condizione (42) e composta da arabi, berberi, musulmani spagnoli e presumibilmente da negri sudanesi, sbarcò a Mazara e, dopo aver occupato Marsala (43), si diresse verso la capitale bizantina dell’isola, Siracusa che fu depredata senza subire danni strutturali alle sue difese. Nel 831 fu conquistata Palermo, seconda città della Sicilia dopo Siracusa. Nel 835 fu presa Pantelleria, nel 840 vengono conquistate Platani, Caltabellotta, Corleone e Gerace. e nel 843, con la caduta di Messina, i musulmani ebbero il controllo dello stretto con cui riuscirono ad impedire l’accesso dei bizantini al Mediterraneo occidentale. Enna (44) fortificata e posta su un’altura che dominava l’interno della regione, fu espugnata (859) penetrando attraverso le fogne. La potenza di Siracusa che per 1500 anni rappresentò il centro politico e culturale più avanzato della Sicilia e rivaleggiato per splendore con Atene ed Alessandria e, per cinque anni capitale dell’Impero Bizantino (660-665), fu espugnata (878) al seguito di un implacabile assedio, depredata di un immenso bottino ed i suoi abitanti trucidati.

Alla fine del IX sec., a parte qualche sacca di resistenza, tutta la Sicilia era stata conquistata, ultime prime di Rometta, Catania (900) e la fortificata Taormina (902) che è stata devastata dall’emiro Ibrain ibn Ahmed che, quindi, proseguì a razziare la Calabria fino ad assediare Cosenza dove improvvisamente morì.

La conquista della Sicilia da parte degli arabi non avvenne senza conflitti fra loro sia per la divisione del bottino e sia per i diversi obiettivi della loro azione. Infatti i berberi (originari della Tunisia) che, stabilitisi nella zona sud-ovest, presso Agrigento (ribattezzata Girgenti) ristrutturata a fortezza, erano contadini in cerca di terre da coltivare rivaleggiarono con gli arabi guerrieri che, stabilitisi nella zona nord di Palermo, sfruttavano per i loro bisogni la popolazione cristiana. I contrasti si accentuarono negli anni successivi in occasione di una nuova invasione araba volta a depredare le favolose ricchezze della Sicilia, ormai esaurite.

Nel corso di un secolo, le conquiste arabe, propiziate, oltre che dal valore degli eserciti e l’abilità dei capi, dalle divisioni e debolezze degli avversari, avevano aperto al mondo musulmano una immensa sfera economica. I popoli assoggettati, come i siciliani che provenivano da secoli di autocrazia e tassazioni bizantine, avevano accettato di buon grado i nuovi padroni sia per la loro tolleranza, se rapportata a quella iconoclastica di Costantinopoli, sia per la loro relativa oppressione se confrontata a quella longobarda e franca del continente.

Gli arabi furono abbastanza accomodanti lasciando diverse città senza guarnigione e praticamente indipendenti e conservando le istituzioni locali, malgrado molte chiese fossero trasformate in moschee. Malgrado questi elementi apprezzabili, nella dominazione araba, non mancò l’impronta settaria che andò via via affermandosi, così Cristiani ed Ebrei dovevano portare segni di riconoscimento, non suonare le campane né portare la Croce in processione, né leggere la Bibbia entro il raggio di ascolto di un musulmano ed inoltre: non portare armi, non andare a cavallo ecc.. L’eccessiva arabizzazione finì con il causare ribellioni e far sorgere contrasti fra le stesse famiglie saracene . (45)

Tuttavia ciò che maggiormente contribuì alla convivenza fu una illuminata politica economica che, garantendo una raccolta delle imposte equamente ripartita fra i tributari (gézia), poté eliminare diversi balzelli e, con la tassa sulle terre incolte, incentivare la produzione. Questa fu favorita da un sistema di irrigazione che, già efficiente, fu ancor più sviluppato con tecniche importate dalla Persia e coll’introduzione di nuove colture (riso, agrumi, canna da zucchero, cotone, gelsi e bachi, palme, papiro, ecc.) in sostituzione della monocoltura cerealicola risalente al tardo impero. D’altro canto, incentivando l’allevamento di capre, impedirono la crescita di foreste e quelle esistenti furono depauperate per ricavare legname da spedire in Africa per la costruzione di navi.
Si sviluppò anche l’industria della pesca e presumibilmente risale a quel tempo la tecnica della pesca del tonno, in uso ancora oggi. La industria mineraria era efficiente con l’estrazione di argento, piombo, solfo e sale di ammonio e marino.

Gli arabi, con la dinasta Aghlabide che si era insediata ed a cui successe (X sec.) la dinasta Fatimide, fecero della Sicilia (Siqilliyya) una sede di emirato e la divisero in tre grandi distretti amministrativi, val di Mazara nella parte centro occidentale, val Demone nella zona nord-ocidentale e val di Noto nella porzione meridionale.
Anche il commercio si sviluppò facilitato dalla posizione centrale della Sicilia rispetto all’impero economico arabo che si estendeva dalla Spagna alla Siria ed alla Tunisia in cui i siti di approdo costiero erano collegati, attraverso le vie carovaniere con i ricchi mercati interni del Sudan e Senegal.

La Palermo araba (Balarm), sede dell’Emiro (palazzo che poi fu “dei normanni”) che nominava i governatori della varie città, si distinse per uno splendore tutto orientale e divenne cosmopolita per la presenza di greci, longobardi, ebrei, mediorientali ed africani berberi e negri e si avviava a diventare una delle maggiori città del mondo, con numerose moschee , per cui divenne il maggior centro islamico europeo dopo Cordoba.

Il contributo offerto dai tre secoli (47) di presenza saracena alla storia del costume della Sicilia è difficile da stabilire. Essi, essendo giunti in Sicilia per stabilirvi (48) e non col solo fine di sfruttamento, si integrarono con i residenti, portando la loro cultura, diffondendo arte e scienze, divenendo tramite con le componenti latina e greca e lasciando segni più radicati e rilevanti di quanti non ne abbiano lasciato il complesso delle dominazioni successive che anzi, come avvenne nella Spagna del 1492, cercarono di cancellare.

Conclusioni

All’inizio del XI sec., all’atto della comparsa dei Normanni, nello scacchiere politico dell’Italia meridionale, oltre agli arabi in Sicilia, Longobardi erano insediati nel centro-sud d’Italia ed Bizantini nel meridione continentale d’Italia.
I Bizantini governavano il Catapanato Bizantino d’Italia diviso in tre diverse circoscrizioni amministrative il Thema di Longobardia (Puglia fino al Gargano), quello di Calabria e quello di Lucania ed i ducati di Napoli, Amalfi e Gaeta, il quale ultimo viene conquistato dal principato di Capua (1032) prima di essere assoggettato dai normanni.
Ai confini di questi si trovavano i Principati longobardi di Benevento, Salerno e Capua.

SIAMO DUNQUE ALLA COMPARSA DEI NORMANNI
CHE DAL NORD EUROPA STANNO SCENDENDO NEL SUD D'ITALIA > > >

 

NOTE:

1) In sostanza l’Impero venne diviso in due settori (oriente ed occidente) governati da due augusti (Diocleziano e Massimino) a cui si affiancavano due cesari. Gli augusti ed i cesari, singolarmente, controllavano quattro grandi prefetture (medioriente ed Illirico per l’Oriente, Gallia ed Italia per l’Occidente). Per l’Italia le capitali erano Roma e Milano. Agli augusti succedevano i cesari che nominavano i nuovi cesari.
2) Dopo il ritiro di Diocleziano e Massimiano subentrarono i cesari Galerio e Costanzo Cloro alla cui morte, anziché il cesare Severo, subentrò, nominato dall’esercito, il figlio Costantino, seguendo un principio dinastico, anzicché quello impostato da Diocleziano. Le cose si aggiustarono fino ad aversi quattro augusti : Gallerio, Massimino Daia, Licino e Costantino. Ma Massenzio, figlio di Massimino, si proclamò augusto per l’ Italia. Alla morte di Gallerio i tre augusti istituzionali si coalizzarono contro l’usurpatore Massenzio che Costantino sconfisse, 312, nella battaglia di Ponte Milvio (presso Saxa Rubra, sulla Flaminia). Successivamente Costantino fu riconosciuto primo augusto, quindi unico augusto, affiancato da tre cesari.
3) Odierna Istambul, fondata dai Milesi nel VI sec. a.C, darà il nome all’Impero Bizantino.
4) Impero d’Occidente, costituito dai territori nordafricani, Spagna, Francia, Britannia, Italia, Svizzera, Austria e parte settentrionale della penisola Balcanica limitata dal Danubio; Impero d’Oriente, costituto da Egitto, medioeriente, Turchia e parte meridionale della penisola Balcanica.
5) Originari delle regioni scandinave, note come Gotland : terre dei Goti. Il termine deriva da Gapt che è la pronuncia scorretta di Gaut (Odino), fondatore del regno dei Geati, tribù scandinava. In epoca remota vi fu un flusso migratorio verso le regioni della Vistola e poi in quelle germaniche. Nel III sec. d.C., alcuni gruppi tribali si spostarono ancora verso sud e da questi si staccarono i Gepidi. Ma la grande divisione fu quella tra Ostrogoti (goti dell’est, insediati nelle regioni danubiane) e Visigoti (goti dell’ovest, insediati nella Dacia, attuale Romania). Tra le altre popolazioni barbare che muovevano le vicende di questi secoli vi sono: Alani e Sarmati, nomadi di etnia Iranica; Vandali, originari della Norvegia, si spinsero nei territori dell’attuale Polonia; Alemanni e Suebi, tribù germaniche stanziate nelle regioni della Germania occidentale.
6) Per la seconda volta nella sua storia. La prima volta avvenne nel 387 a.C. ad opera dei Galli di Brenno cui si attribuisce la famosa frase “vae victis” (guai ai vinti) pronunciata mentre gettava, per aumentare la tara, la sua spada sulla bilancia in cui si pesava l’oro pattuito per il riscatto.
7) Le acque del fiume Busento furono deviate e, dopo la sepoltura con un ingente tesoro (a cui talvolta si interessano ancora i ricercatori), le acque riportate nell’alveo naturale e gli schiavi che avevano eseguito il lavoro, uccisi perché non potessero rivelare il luogo della sepoltura. L’evento è stato ricordato in un poesia “La tomba nel Busento” in “Rime Nuove” del Carducci.
8) Galla Placidia (390-450), figlia di Teodosio e sorella di Onorio, presa in ostaggio da Alarico, ne sposò il cognato Ataulfo e, morto questo, sposò il comandante delle milizie di Onorio, Costanzo. Fu reggente (435-37) del figlio, imperatore Valentiniano III.
9) Venendo a comprendere la regione fra il Reno, la Loira, la Provenza e quasi per intero la Spagna. Sconfitti Alani, Vandali e Suebi, venne edificato il regno di Toledo che resiste fino all’insediamento degli Arabi (711). Nel 507, i Franchi di Clodoveo sottrassero ai Visigoti le regioni francesi, confinandoli nella sola Spagna.
10) Papa Leone I (440-461) – Leone Magno - si era già reso protagonista per aver fermato, presso il Mincio, l’esercito Unno di Attila in marcia verso Roma (452), in cambio di un tributo annuale. La ritirata di Attila trova spiegazione anche nel fatto che l’esercito Unno era allo stremo e pressato sulle retrovie dall’esercito Bizantino. Attila, nella primavera 452 aveva invaso l’Italia, conquistando Pavia e Milano ed espugnando Aquileia, mentre gli abitanti del veneto trovano rifugio a Rivo Alto, costituendo il primo centro urbano da cui si svilupperà Venezia. L’imperatore Valentiniano III si rifugiò a Roma ed il Papa assunse quella funzione di intermediazione che la Chiesa ormai esplicava tra Impero e barbari. Egli affermò il primato assoluto del Papa, confermato, con un editto (445) da Valentiniano III.
11) La caduta dell’Impero d’Occidente datò l’inizio dell’Età Medioevale che si protrarrà fino al 1492, scoperta dell’America. L’Impero d’Oriente, con capitale Bisanzio, durerà per altri dieci secoli, abbattuto quindi dall’Impero Ottomano.
12) Nepote fu formalmente l’ultimo Imperatore d’Occidente. Nominato da Zenone ed estromesso da Oreste, limitava la sua effettiva autorità all’Italia e Dalmazia, essendo la Sicilia e la Sardegna gia in mano di Genserico ed il resto dei territori d’Occidente controllati dai barbari.
13) La nomina di Romolo Augustolo dimostra quanto la carica imperiale fosse svuotata di valore al punto che Odoacre nemmeno lo fece uccidere, anzi gli concesse una villa ed una rendita.
14) Teodorico, figlio di Teodemiro, da adolescente era stato lasciato in ostaggio alla corte imperiale (462) a garanzia di un accordo tra l’Imperatore Leone I e Teodomiro che prevedeva la difesa dell’Impero mediante pagamento di un tributo. Alla corte imperiale, Teodorico aveva assimilato cultura e lealtà ed era stato gratificato con una adozione filius in arma e con i titoli di patricius (attribuito alla classe di elite, divenne poi titolo onorifico riservato a pochi e, nel V sec., riservato ai generali dell’esercito, magister militum).
15) Un popolo di ~ 200.000 persone si muoveva compatto. I guerrieri a cavallo precedevano e seguivano i carri su cui erano stipati vecchi, donne e bambini. Nelle soste i carri venivano disposti a cerchio, al riparo dei quali si accampavano.
16) Conquistata dopo una guerra con Clodoveo (481-511) re dei Franchi e primo re barbaro ad essersi convertito al cattolicesimo.
17) Boezio, filosofo e letterato, si prodigò per la convivenza fra cultura romana e germanica. Cercò di divulgare in latino i testi di Platone ed Aristotile. Caduto in disgrazia, fu imprigionato dove scrisse De consolatione philosophiae.
Cassiodoro (490), politico, governatore della Lucania, letterato e sovrintendente alla segreteria di Teodorico. Risultati vani i suoi sforzi per la convivenza dei goti con i romani, si ritirò presso Squillace fondando il Monastero di Vivario uno dei primi centri monastici dell’occidente. Si dedicò alla trascrizione di opere classiche ed alla compilazione di opere storiche (Cronica), teologiche (De anima) e grammaticali (De Orthographia).
Simmaco Quinto Aurelio, letterato romano suocero di Boezio.
Giovanni I (523-526), sotto la minaccia, era stato inviato da Teodorico a Costantinopoli, presso l’imperatore Giustino per indurlo ad usare discrezione contro gli ariani. Il risultato deludente della missione indussero Teodorico ad incarcerarlo.
18) I papi Gelasio I (492-496) e Simmaco (498-514) avevano sostenuto l’indipendenza della Chiesa dal potere imperiale. L’Imperatore Giustino I e papa Ormisda (514-523) si accordarono per dividere il potere religioso e politico fra Roma e Costantinopoli rispettivamente.
19) Con la Pragmatica Sancito (554) stabilì rigide leggi per l’assoggettamento dei territori conquistati. Giustiniano consegnò alla storia la sintesi della cultura giuridica di Roma (Corpus iuris, 534) che rappresentò il monumento del diritto che sopravvisse più a lungo nella storia, fino all’età moderna. A Giustiniano si deve la costruzione della basilica di S. Sofia a Costantinopoli e di S. Vitale e S. Apollinare in Classe a Ravenna.
20) A capo degli esarcati vi erano gli esarchi che riunivano in se poteri militari e civili e da cui dipendevano i duces provinciali. L’Esarcato d’Italia aveva come capitale Ravenna.
21) Longobardi (dall’antico germanico longbarte : “dalle lunghe lance”; bard : lancia), già allora avevano una lunga storia di migrazioni. Provenienti dalla Scandinavia meridionale (allora si chiamavano winnili : guerrieri) si erano installati nelle regioni alle foci dell’Elba. Nel 493 entrano in territorio dell’Impero approfittando del vuoto di potere che le lotte fra Odoacre e Teodorico avevano causato. Approfittarono della morte di Teodorico (526) per insediarsi in un vasto territorio esteso dalla Boemia all’Ungheria. Tale insediamento non serviva agli interessi di Giustiniano che spalleggiò i Gepidi (tribù germanica che aveva sconfitto gli Unni di Attila) a sopraffare (565) i Longobardi. Il re longobardo Alboino, per rivalsa, si alleò con gli Avari a cui promise in caso di vittoria le terre sottratte ai Gepidi (Pannonia : attuale Ungheria). I Longobardi prevalsero ma, riuscendo gli Avari ad impossessarsi di tutto il territorio, furono costretti ad abbandonare il paese e dirigersi verso l’Italia, devastata dalla recente guerra gotico-bizantina.
22) I longobardi, nomadi biondi e vigorosi, avevano una organizzazione sociale per gruppi familiari imparentati fra loro, farae che si raggruppavano in centurie, a loro volta raggruppati e sottoposti all’autorità di un capo militare duca (dalla radice deuk : condurre. Cosi, feudo deriva da feh/bestiame-deuk o feh-od/proprietà ) la cui autorità si estendeva nel territorio delle città in cui si insediavano, ducati, che erano indipendenti dal sovrano. La loro autonomia contrastata dai re che cercavano invece di accentrare il potere, oltre a dare origine a periodi di anarchia, costituì un elemento di debolezza politica che favorì la scomparsa del dominio longobardo. Il duca, funzionario regio, godeva, sul proprio territorio, di un dominio assoluto di cui non doveva risponder ad alcuno. Il duca era affiancato da sculdasci per la gestione del potere pubblico e da gastaldi per l’amministrazione. Con i longobardi nasce una forma di feudalesimo brutale che i Franchi modificheranno in uno più aristocratico.
23) I Goti presenti in Italia non frapposero ostacolo, preferendo un dominio longobardo a quello bizantino.
24) L’Esarcato comprendeva una serie di ducati, Napoli, Roma, Perugia. Nel 700 la Sicilia era stata costituita in “Thema” (v. seguito) indipendente da cui, dal 751, dipesero Gaeta, Napoli ed i territori di Puglia. La Calabria bizantina divenne indipendente verso la fine del VII sec.
25) Rosmunda, figlia di Cuminondo re dei Gepidi ucciso dai Longobardi, fu costretta a sposare Alboino che la indusse a bere nel teschio del padre: argomento di una tragedia dell’Alfieri.
26) Gregorio Magno (590-604), si adoperò a debellare fame e peste ed a frenare i tentativi di espansione dei Longobardi. Intraprese la riforma della liturgia, del canto sacro (canto gregoriano) e scrisse numerose opere di morale e di interpretazione critica delle sacre scritture che lo collocano fra i Dottori della Chiesa.
27) L’Edito di Rotari (463) fissò le norme che dovevano garantire pace e giustizia, limitando abusi e vendette personali. Esso è costituito da 388 capitoli (con norme che vanno dai reati politici a quelli contro cose e persone, donazioni, testamenti, diritto di famiglia, procedure, ecc.) dove ad antiche consuetudini longobarde (diritto di faida: vendetta privata o, in alternativa, diritto del guidrigildo, indennizzo in denaro) si alternano quelli del diritto romano. L’editto subì varie aggiunte successive. Liutprando lo arricchì di 153 articoli.
28) Ceduti a Papa Gregorio II (715-731) segna l’inizio simbolico della costituzione dello Stato della Chiesa che diventerà effettivo con la successiva acquisizione dell’esarcato di Ravenna (756). I Longobardi, ormai convertiti nella quasi totalità, si mostravano rispettosi con le autorità ecclesiastiche e generosi con donazioni.
29) Questi, maggiordomo di palazzo, di fatto esercitava il potere al posto del re Childerico III, ultimo dei re Merovingi di Francia (re fannulloni) che depose divenendo re, con l’appoggio del papato.
30) Immortalata dal Manzoni nella tragedia Adelchi che si svolge negli anni che precedettero la caduta del regno (772-774), in cui Desiderio rivela la voglia di vendetta per il ripudio, da parte di Carlomagno, della figlia Ermengarda che chiede di ritirarsi in convento. Adelchi, pur convinto di combattere per un causa persa, sostiene il padre Desiderio combattendo audacemente contro i duchi traditori che si arrendono a Carlo. Ermengarda muore in convento vittima dell’amore per Carlo e di un mondo governato dalla spada. I duchi longobardi, avuta notizia della cattura di Desiderio, intimano ad Adelchi di arrendersi ma egli non vuole rinunciare alla possibilità di fuggire a Bisanzio per poter poi ritornare a liberare il padre. Adelchi intercettato, viene ferito in combattimento e muore tra le braccia del padre, invocando la pace.
31) Il nome di Basilicata compare per la prima volta in un atto del 1130 e deriva da basilikos, funzionario bizantino.
32) Alla morte di Arechi, essendo Grimoaldo prigioniero di Carlomagno, Adelberga, vedova di Arechi e sorella di Adelchi, ordì un complotto mirante a sottrarre a Carlomagno il regno longobardo. Carlomagno, informato, prevenne il complotto liberando Grimoaldo, dopo essersi fatto garantire fedeltà.
33) Vanno ricordati alcuni sviluppi culturali territoriali di una certa singolarità, quali la diffusione di un canto liturgico, canto beneventano che resistette alla diffusione del gregoriano (nota 26) e lo sviluppo della scrittura beneventana per la riproduzione di testi latini. La scrittura o minuscola beneventana ha avuto, verosimilmente, la sua culla nel Monastero Benedettino di Montecassino e si è diffusa nel meridione dove ha trovato altre tipizzazioni (tipizzazione barese).
34) Saraceno: orientale, deriva dal greco sarakenos e dall’arabo sarqi.
35) Nel 846 avevano occupato il castello di Misero e, raggiunte le foci del Tevere, conquistato Ostia e raggiunto Roma.
36) Nel 727, l’imperatore bizantino Leone III (717-741) ordinò che in tutte le province dell’Impero fossero rimosse e distrutte le immagini sacre (icone). I monaci si rifiutarono di obbedire e promossero ribellioni che si trasformarono in una decennale guerra civile.
37) San Basilio, eremita del IV sec., vescovo di Cesarea (Cappadocia), autore di regole monastiche ancora oggi seguite.
38) Col nome di Calabria, fino al IX sec., veniva definita l’intera regione pugliese, mentre la regione Calabria veniva chiamata Brutium, nome rimasto a designare la provincia di Cosenza.
39) Verosimilmente vi sono state penetrazioni più profonde di piccoli gruppi se ancora oggi nel Vibonese vi è una località di nome Longobardi.
40) Dopo la caduta di Ravenna (capitale dell’impero dai tempi di Onorio, 402) ad opera dei Longobardi (751), Siracusa era divenuta il più importante avamposto bizantino in occidente.
41) Dopo i territori unificati da Maometto (tutta l’Arabia prospiciente il mar Rosso) si avviò la prima grande espansione musulmana (632-656) che, nell’arco di un secolo, portò il controllo musulmano su un vasto territorio che comprendeva Mesopotamia, Palestina, Siria ed Egitto, allora sottoposti agli imperi Bizantini e Persiano.
La seconda espansione musulmana operata dai Califfi Omayyadi (661-750) si sviluppò su tre direzioni: verso l’Asia minore e Costantinopoli, verso Magreb e Spagna e verso Asia centrale ed India, dando al mondo Musulmano una dimensione che va dall’Atlantico all’Asia centrale, comprendendo Bukhara e Samarcanda che divennero centri musulmani.
I musulmani (significa: appartenenti all’Islam) già con la prima espansione e la conquista della Siria ed Egitto ebbero accesso al Mediterraneo, per cui prepararono nei cantieri navali di Tiro, Tripoli, Acri ed Alessandria una grande flotta con cui iniziarono incursioni in Sicilia, Cipro e Rodi (652, 655 e 673), contrapponendosi con alterne fortune ai Bizantini.
In direzione del Magreb, l’avanzata dei musulmanani fu più spettacolare e, conquistata Cartagine (695), nel 708 giunsero sulla costa atlantica e, tre anni dopo in Spagna impadronendosi di Cordoba e Toledo (711), dove ricevettero buona accoglienza dai nativi locali e dagli Ebrei, perseguitati dai Visigoti. La Spagna fu conquistata in 5 anni. Quindi i musulmani passarono in Gallia dove furono sconfitti a Poitiers. Ai califfati Omayyadi succedettero gli Abbasidi (750-847) che fondarono Baghdad e vi trasferirono la capitale da Damasco.
42) La insoddisfazione è condivisa da tutte le versioni ma i motivi di essa si articolano tra leggenda e realtà. Quel che è certo che l’ammiraglio Eufemio, istigando una rivolta popolare, si era impadronito del potere in Sicilia facendosi proclamare re. L’imperatore bizantino Michele II il Balbo (820-829) inviò Forino, nuovo Governatore per sedare la ribellione. Forino riuscì a prevalere ed Eufemio fu costretto rifugiarsi in Tunisia presso l’emiro Aghlabide che convinse ad inviare, alla conquista della Sicilia, il cadì (giudice) Assad ibn Al Furat, supportato da nobili arabi e guidato da Eufemio stesso.
43) L’antica Lilybaeum fu rinominata Marsala, dall’arabo Marsa Alì o Marsa Allah, Porto di Alì o di Allah.
44) Dal latino Castrum Hennae all’arabo Enna Kasryanni, da cui Castrogiovanni, nome mantenuto fino al 1927.
45) Un episodio significativo si verificò nel 1030 allorché l’Emiro per far fronte alle lotte fra famiglie saracene dovette chiedere aiuto a Bisanzio che inviò il generale Maniace il quale occupò la Sicilia orientale e fortificò Siracusa (castello Maniace). Tra le truppe di Maniace vi erano anche mercenari normanni (tra essi sembra Guglielmo Braccio di Ferro) che videro lo splendore di quella regione e contribuirono a convincere i comandanti normanni a conquistarla ed a riportarla nell’orbita occidentle.
46) Con una popolazione superiore ai centomila forse la maggiore dopo Costantinopoli e con circa 300 moschee, secondo un cronista arabo, Ibn Hawqal, in visita a Palermo.
47) Due secoli di dominazione, oltre a quello successivo del regno normanno-svevo in cui gli arabi occuparono posizioni di prestigio. I normanni sfruttarono le loro tradizioni di governo e la loro abilità artigianale che utilizzarono per una parte rilevante di opere di architettura. Oltre a tradizioni di cucina, alcune centinaia di parole rimangono nel linguaggio: es. la radice gebel/monte si ritrova in Gibellina, Gibilmanna, ecc.; kalat/castello in Caltanissetta e Caltagirone; rahal/casale in Racalmuto, Ragalbuto, ecc. oltre a nomi correnti (zagara, zibibbu) e di famiglia (Vadalà e Fragalà/servo e gioia di Allah).
48) Circa cinquecentomila coloni si stabilirono prevalentemente nella Sicilia sud-orientale.

SIAMO DUNQUE ALLA COMPARSA DEI NORMANNI
CHE DAL NORD EUROPA STANNO SCENDENDO NEL SUD D'ITALIA > > >

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