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109 bis. 1. - I NORMANNI, dal settentrione d’Europa al meridione d’Italia


di Francesco Savelli


Sommario

Le prime infiltrazioni dei popoli scandinavi alla fine del VIII sec. Danesi e norvegesi (vichinghi) verso ovest (Islanda, Inghilterra e Francia) e sud-ovest (mediterraneo); svedesi (varieghi) verso sud-est fino al mar Nero. Incursioni in Gran Bretagna e Francia. Il feudo presso Rouen ed il Ducato di Normandia. Guglielmo il Conquistatore da Duca di Normandia a Re d’Inghilterra. Insediamenti nell’Italia meridionale, Roberto il Guiscardo. La conquista della Sicilia ed il regno normanno. Ruggero I, gran conte di Sicilia. Ruggero II, re di Sicilia, del ducato di Puglia e del principato di Capua. Guglielmo I il Malo. Guglielmo II il Buono. Tancredi, Costanza d’Altavilla e Guglielmo III.


Il prologo

Sono ancora incerte le ragioni della diaspora che, fin dall’VIII sec., indusse gli uomini del nord (normanni) che abitavano le coste della Danimarca e della regione Scandinava (1) a salpare, in cerca di nuove opportunità di vita, dirigendosi verso località costiere ad occidente e ad oriente. Si addentravano quindi nel territorio risalendo i fiumi con imbarcazioni, mosse dal vento o dalla forza dei remi, snelle, filanti e dalle chiglie piatte, atte sia a solcare le gelide acque del nord che alla navigazione fluviale.

Piuttosto che le carestie, improbabili in una fase di innalzamento della temperatura terrestre verificatasi in quell’epoca, fu la crescita demografica, in parte spiegabile con la pratica della poligamia, ad indurre i nuclei più intraprendenti e dotati di spirito di avventura a lasciare le proprie terre alla ricerca di più vantaggiose opportunità, sostenendosi con atti di pirateria predatoria. Queste incursioni, miranti, inizialmente, a sondarne l’efficacia sulle coste, sono state successivamente trasformate in operazioni strategiche con basi d’appoggio da cui partivano le scorrerie nell’interno dei territori. Furono quindi istituite colonie che furono via via trasformate in entità amministrative autonome. La più remota impresa piratesca di cui si trova menzione è quella effettuata, nel 793, contro una abbazia sull’isola britannica di Lindisfarne dove, oltre al saccheggio ed atti di brutale violenza, sono state messe a fuoco le riserve non trasportabili ed il patrimonio culturale custodito nella biblioteca del monastero.

Le linee di penetrazione da parte di questi popoli, vikinghi (vik, baia), si sviluppano su tre direttrici.
I danesi si dirigono, via mare verso ovest, raggiungendo dapprima le regioni limitrofe della Frisia, Renania, e quindi i territori a sudest dell’Inghilterra e la regione atlantica della Francia.
I norvegesi seguono un percorso più a nord e, dopo essersi insediati nelle isole Far Øer e nelle Shetland, sbarcano in Irlanda (2) ed in Islanda e da qui proseguono su due direttrici. La prima li porta a sud verso la penisola iberica ed il mediterraneo, dove si inoltrarono verso l’interno attraverso vari fiumi tra cui l’Ebro, il Rodano e l’Arno (3). La seconda direttrice, diretta verso nordovest, porta Erik il Rosso a raggiungere la Groenlandia (982) mentre suo figlio Leif, sembra si sia inoltrato ancora verso ovest fino a toccare le coste del Nord America (Vinland, terra della vite), leggenda avvalorata dalla statua innalzatagli a Boston.

Gli svedesi si mossero invece verso est con l’intento di commerciare pelli (per ciò definiti Varieghi o Variaghi : commercianti) (4) e, seguendo il corso del Dniepr e del Volga, raggiunsero prima le pianure abitate dagli slavi e poi proseguirono fino al mar Nero dove, tra le raffinate popolazioni greche ed arabe, destarono non poca sorpresa a causa della loro rozzezza. Ma, ben presto, il loro ruolo, all’interno di ciascuna comunità, assunse una diversa collocazione con la costituzione di stabili insediamenti (rus) in cui la presenza scandinava avrebbe favorito la creazione di organismi politici che, prefigurando forme embrionali di stato moderno, sarebbero divenuti il fondamento dei futuri Stati russi.

Vikinghi e Vareghi non erano capaci artigiani e l’unica attività che avevano praticato fin da ragazzi era la lotta e l’uso delle armi per cui i giovani delle nobili famiglie si muovevano all’avventura o verso le colonie normanne già insediate o ad offrire i propri servigi nei vari eserciti. Giunsero così a militare sia nell’esercito di Bisanzio (5) che in quello persiano ed in quello musulmano. L’intento dei cavalieri più intraprendenti fu quello di costruirsi un futuro di potere con la conquista di terre e magari con la creazione di un piccolo stato che non assunse mai un carattere di colonia ma che riguardò l’assunzione del potere politico e giuridico, restando in maggioranza la gente del luogo con le proprie abitudini e cultura.

I normanni non erano, per abilità ed armamento, superiori ai guerrieri franchi con cui si dovettero inizialmente confrontare e che, infatti, si erano dimostrati efficienti componenti di una macchina bellica che fino a pochi anni prima aveva trionfato ovunque, essendo addestrati a condurre battaglie in territori stranieri ma non nella difesa del loro territorio. Le scorrerie normanne cui partecipavano un numero esiguo di incursori (6) dotati da armature aggressive (elmi con le corna) partivano da stabili insediamenti posti su isole o baie protette, alle foci dei fiumi, su cui accumulavano i loro bottini. L’efficacia delle incursioni va spiegata con una tattica basata sulla sorpresa e rapidità d’attacco che avveniva in occasione di feste o mercati, con lo spargimento di panico, mediante urla ed incendi, e di terrore con atti che comportavano l’esecuzione delle personalità leader, privavano così le comunità della possibilità di una difesa organizzata e guidata. Tuttavia Carlo Magno cercò di prevenire l’installarsi di tali insediamenti, facendo perlustrare le coste e affrontando efficacemente in mare i pirati incursori. Strategia che venne abbandonata con la sua morte (814), allorché i successori spostarono a terra la difesa del territorio, essendo interessati ad impegnare, rispetto a questa, le forze utili in lotte intestine per il personale predominio. Rivelandosi, poi, lenta ed inadeguata tale strategia difensiva, i re che intanto avevano provveduto a spostare verso l’interno, in luoghi più protetti, tesori e reliquie dei monasteri più esposti, preferirono comperare con denaro la rinuncia alle incursioni dei pirati invasori. Comunque per decenni i pirati vichinghi percorsero le strade di Francia tra l’indifferenza delle popolazioni locali e dei governanti, distratti da problemi più pressanti, di sopravvivenza i primi e di prevalenza i secondi. Carlo il Calvo (7) (840-877) si rivolse a contrastare il disinvolto andirivieni dei vichinghi invasori, con sbarramenti sui fiumi, fortificazioni dei ponti, rafforzamento delle cerchie urbane e protezione dei prevedibili obiettivi.


Il Ducato di Normandia

Alla fine del X sec. le incursioni andavano estinguendosi, sostituite da vere e proprie migrazioni verso gli insediamenti delle regioni centrali della Gran Bretagna (8) ed all’interno della Francia che così si andavano ampliando. I nuovi venuti si integrano con le popolazioni indigene, abbracciano la religione cristiana fino a diventarne i difensori, creando delle comunità-stato che, pur restando legata al mondo nordico, perdono l’originale identità, e non consolidandosi dal punto di vista strutturale e politico, risultano effimere. A parte il ducato di Normandia che si rivelò l’unico insediamento durevole e centro di una articolata storia.

La Normandia si rivelò l’unica creazione politica e la sua costituzione si rivelerà di portata epocale per il futuro della Francia. Nel 911, Carlo III il Semplice (893-923), in difficoltà per l’anarchia in cui versava il regno di Francia e pressato da una ribellione da parte del fratello, dopo aver combattuto Rollone (Hrolf, 911-933), un norvegese, rozzo e privo di scrupoli capo di un gruppo di predoni danesi, coll’intento di sedare le loro velleità e di controllarne le mosse, offri loro un piccolo feudo (9). Successivamente i normanni che lo abitavano si integrarono con la comunità carolingia favorita da una conversione di popolo seguita all’accettazione del battesimo da parte di Rollone.
In tal modo il tentativo di imbrigliare i predoni normanni ebbe successo ed essi si inserirono nel sistema carolingio, ormai logoro, apportandovi nuova vitalità e, sfruttando i vincoli di fedeltà personale tra guerrieri, fecero della Normandia, una delle più solide province della Francia. I discendenti di Rollone, annettendo gran parte delle province ecclesiastiche limitrofe, ampliarono il feudo che divenne Ducato di Normandia (924), con Rouen capitale che accolse i nuovi arrivi normanni.

Nel 940, il figlio di Rollone, Guglielmo Lungaspada, rese omaggio formale di vassallaggio al re di Francia, Luigi IV. Guglielmo ed i suoi successori, Riccardo I e Riccardo II, dovettero lottare contro i signori della limitrofa Bretagna e contro bande di compatrioti per consolidare le strutture della nuova provincia. L’edificazione del ducato normanno, oltre al riassetto delle strutture ecclesiastiche e dei vecchi monasteri benedettini che, con l’istituzione di nuove fondazioni divennero ricchi e potenti, necessitavano di risorse che vennero reperite con l’istituzione di pedaggi e di una fiscalità diretta. Il conio, infine, di nuove monete fece del ducato una struttura ricca ed influente.

Il pronipote di Rollone, Guglielmo il Conquistatore (1027-1087), altrimenti detto il bastardo, essendo figlio naturale del duca Roberto I (1028-1038), darà alla dinastia normanna, con una impresa epocale, un lustro che cambierà la storia di quegli anni. Roberto I, prima di partire in pellegrinaggio per la Terrasanta nel corso del quale sarebbe morto, aveva designato come proprio erede Guglielmo, il quale, ancora in tenera età (1035?), assunse il potere nel 1046 (10) e, spietato ma lungimirante, riuscì a controllare ogni resistenza interna, facendo prosperare il suo ducato come uno dei più fiorenti della Francia. Insoddisfatto di dominare su un feudo limitato, puntò le sue mire sull’Inghilterra dove regnava il cugino Edoardo il Confessore (11). Essendo questi privo di eredi diretti, designa, nel 1054, il cugino quale successore al trono d’Inghilterra. A Guglielmo capita l’occasione di fare prigioniero Aroldo II di Wessex, che, cognato di Edoardo e pretendente al trono anglosassone, era naufragato sulle coste normanne. Aroldo fu liberato dopo aver fatto promessa di favorire le pretese di Guglielmo alla corona anglosassone, ma, alla morte di Edoardo il Confessore, venendo meno all’impegno assunto, si impadronì comunque del regno, provocando la reazione di Guglielmo. Questi, assicuratosi il sostegno del papa Alessandro II (12), sorretto da una vasta coalizione di mercenari provenienti da diverse regioni europee e supportato dall’arrivo contemporaneo con una flotta del re di Norvegia, Aroldo III, sbarca nel Sussex per quella che può esser ritenuta l’ultima spedizione vichinga.

Nella storica battaglia di Hastings (1066) Guglielmo sconfigge re Aroldo che veniva barbaramente ucciso. Divenuto re, al fine di sedare la rivolta dei nobili sassoni, Guglielmo applica un rigido spoil system ante litteram, sottraendo le terre ai locali e distribuendole ai normanni. Altrettanto fece in campo ecclesiastico, ripagando papa Alessandro II per il sostegno accordatogli.

La Normandia venne così a trovarsi nella particolare condizione di possesso del re d’Inghilterra e feudo del re di Francia Filippo I contro cui, essendo pari e vassallo, e contro il figlio Roberto che tentava di sottrargli la Normandia, Guglielmo combatte a lungo.

La controversia si protrasse per secoli. Nel 1204, il re di Francia Filippo II Augusto (1186-1223) dichiarò decaduto dal possesso il re d’Inghilterra, Giovanni Senza Terra (13) e si annetté il feudo di Normandia che restò francese fino allo scoppio della guerra dei cento anni (1337-1453), allorché la Normandia viene occupata dagli inglesi (1419-1450), a loro volta costretti a restituirla definitivamente alla Francia, dopo la battaglia di Formigny.

 

Insediamenti nell’Italia Meridionale

Avventurieri normanni erano già comparsi, nel IX sec., nel mediterraneo senza aver lasciato tracce durevoli, mentre, all’inizio dell’XI sec., si registra l’arrivo e lo stanziamento, nel meridione d’Italia, di gente normanna che ne avrebbe segnato, per lungo tempo, le vicende storiche. Il processo migratorio verso il sud prende avvio sulle orme di pellegrini che, dalla basilica di Mont Saint-Michel si recavano, dopo aver sostato, a metà del percorso, in quella di Novalesa in Piemonte, al Santuario di San Michele al Gargano. La Normandia, governata con rigore ma non ancora florida come quella di Guglielmo il Conquistatore, non garantiva occasioni allettanti ai giovani ed ambiziosi guerrieri (14) che, vogliosi di trovarsi opportunità che avrebbero consentito loro un futuro di potere, si misero in viaggio nell’intento di stabilire legami con signori che, in cambio dei servigi prestati, offrissero loro territori con legittimazione di possesso. Accanto a questi ed ai loro cavalieri giunsero anche avventurieri che, con l’unico obbiettivo di brigantaggio, depredarono le comunità ed inflissero notevoli devastazioni alle borgate.

Prima del loro arrivo, le regioni meridionali facevano riferimento a quattro diversi poteri come quello carolingio in Abruzzo, il longobardo dei principati di Benevento, Capua e Salerno, il bizantino nelle aree di Puglia e Calabria ed il musulmano che governava la Sicilia, fin dal sec. IX.

I signori di Campania e Puglia furono primi ad avvalersi dei servigi dei mercenari normanni ma la situazione sarebbe sovente sfuggita loro di mano per la inaffidabilità di tali mercenari che cambiavano parte a volontà e talvolta si accordavano con entrambe le parti in contrapposizione fino a generare situazioni aggrovigliate e per essi stessi ingestibili.

Coloro che si erano legati a Melo di Bari, in conflitto con i Bizantini, dopo la vittoria di questi ultimi e la composizione con il ribelle si videro costretti a passare al servigio di altri signori o trovare luoghi sicuri per sfuggire alla rappresaglia bizantina. Comunque la situazione, in Puglia, di costante conflitto tra i signori locali ed i Bizantini non poteva non rivelarsi favorevole a ch, come i normanni, andava in cerca di opportunità. Ed in questo contesto che i cavalieri di Tancredi d’Altavilla (15) e del figlio Guglielmo Braccio di Ferro riuscirono ad impadronirsi di diversi centri fino a controllare la valle dell’Ofanto fino a Matera e buona parte della riviera adriatica tarantina. E pur di legittimare il loro possesso si sottoposero alla formale sovranità dell’aristocrazia locale.

Un altro gruppo di mercenari, circa quaranta, che tornavano da un pellegrinaggio al Santo Sepolcro, avrebbe validamente coadiuvato Guimario IV (16) a respingere l’attacco dei saraceni a Salerno. Lo stesso gruppo, facente riferimento a Guglielmo Braccio di Ferro si sarebbe quindi impossessato di Aversa, avendo respinto con determinazione qualsiasi offerta di compenso che ne contrattasse la desistenza. Acquisita la contea di Aversa, Guglielmo Braccio di Ferro si appropria del ducato di Melfi (1042), assecondato da ben dodici condottieri a ciascuno dei quali assegna un quartiere. Guglielmo viene nominato conte di Puglia e Guimario IV concede la stessa investitura feudale anche ad ognuno dei dodici cavalieri. Scelta che ha indotto gli analisti storici a diverse considerazioni sui rapporti fra i capi normanni. A Guglielmo intanto era succeduto il fratello Umfredo che, morendo, affida il figlioletto Alebardo al fratellastro Roberto il Guiscardo. Questo, ambizioso ed accanito combattente, di fatto gli succede (1057).

Nel 1047 il Guiscardo, stanziandosi in val di Crati, aveva dato avvio alla conquista della Calabria che non fu agevole e che si concluse nel 1065. Essendosi assicurato il controllo della strada che collegava la Lucania al Bruzio (territori del casentino) aveva conquistato in successione diversi centri interni come Cosenza, Nicastro, Maida, Mileto, Scalea, Tropea e Scilla su litorale tirrenico e Rossano, Squillace e Stilo sul litorale ionico. Alcuni altri, come Catanzaro e Santa Severina, opposero vigorosa resistenza.

La definitiva affermazione normanna in Italia si fa risalire alla vittoria di Civitate (1053) conseguita sulle forze pontificie di Leone IX che fu catturato da Roberto il Guiscardo che lo trattenne per nove mesi al fine da indurre il papato a riconoscergli veste giuridica e prestigio politico. Ciò che avvenne con il concordato di Melfi (1059) tra Roberto il Guiscardo ed il nuovo papa Nicolò II. In esso viene riconosciuto ai normanni un ruolo nel contrasto del papato con i Bizantini e con gli arabi di Sicilia. Inoltre il papato, riconoscendo a Roberto il titolo di duca di Calabria e Puglia, confermava le conquiste territoriali dei normanni, concedendo loro le terre usurpate alla Chiesa ed autorizzandoli a governare l’Italia meridionale nella misura in cui riuscissero a conquistarla. E’ controverso il significato giuridico di tale accordo, se cioè, in esso, è contenuta una fedeltà vassallatica o un impegno di lealtà e obbedienza libero da vincoli giuridici. Il papato rivendicava il diritto alla signoria feudale della Sicilia, sulle dubbie basi del fatto di una donazione al papa da parte dei re carolingi. Sta di fatto che i normanni accettarono l’investitura feudale per la Calabria e la Puglia ma, attraversando lo stretto per conquistare la Sicilia, lo fanno in proprio ignorando le pretese papali. Comunque tale accordo rafforzava il Guiscardo sia sul piano internazionale che su quello interno. Il Guiscardo, coadiuvato dai vari capi normanni di cui sfugge l’apporto, riesce a battere ovunque i bizantini, completando la conquista della Calabria (occupa Reggio e Scilla, nel 1060) ed a conquistare l’intero territorio di Puglia (Bari viene acquisita nel 1071) garantendo un governo ordinato e sicuro con l’apertura dei traffici marini e terrestri e sostenendo l’affermazione del clero e del monachesimo benedettino. Rientrando tra i suoi obiettivi l’espansione verso l’impero bizantino, aveva organizzato una flotta che, avendo sconfitto i Bizantini a Durazzo, si dirigeva verso Salonicco allorché dovette abbandonare per correre in soccorso di papa GregorioVII che, per sfuggire all’assedio di Roma da parte di Enrico IV (17) , si era rifugiato a Salerno.

Nel giro di pochi anni si venne a costituire, sotto la ferma mano degli Altavilla, un ducato solidamente impiantato nel quale si realizzerà una originale sintesi fra efficienza normanna e cultura classica che aveva impregnato quei territori. Al Guiscardo va riconosciuta la capacità di far convergere su di se ogni interesse e di sapere aggregare i principi normanni, senza lasciare alcuno al di fuori della sua podestà.

Alla morte del Guiscardo (1085), nei pressi di Cefalonia, esplosero le contraddizioni dello stato normanno, mettendo in evidenza una serie di tensioni fino ad allora sopite e riconducibili a controversie giuridiche irrisolte tra il forte potere centrale e la classe baronale. La contestazione al diritto di succisone del figlio designato Ruggero Borsa (18), offri opportunità all’affermazione del fratello minore Ruggero I.


Il regno normanno di Sicilia

La Sicilia di quegli anni era ripartita in tre emirati (19) musulmani, sovente in contrapposizione sanguinaria tra loro ed al loro stesso interno che, a causa di frequenti attriti tra la fazione locale ed africana, causavano una condizione di diffusa anarchia. Ibn-Thimnah, emiro di Catania, a causa di un torto che riteneva di aver ricevuto dal cognato Ibn-Hauasci, emiro di Castrogiovanni (odierna Enna) e Girgenti, lo aggredisce con un esercito, ma, sconfitto, fu inseguito fin sotto le mura di Catania, perdendo gran parte dei suoi domini. Eroso dal desiderio di vendetta e, non potendo fare affidamento sui soli suoi mezzi, non si fece scrupolo dal richiedere soccorso agli avversari, fino ad allora solo dal punto di vista della fede religiosa, dando avvio ad operazioni che avrebbero provocato la fine della dominazione araba in Sicilia.

Ruggero (1031-1101), il fratello minore e vassallo del Guiscardo, da qualche anno giunto nel meridione a sostenere le battaglie dei fratelli ed aveva ottenuto il castello di Mileto che sceglierà a sua residenza e si circonderà di una corte, sul modello bizantino. E’ qui che Ibn-Thimnah lo raggiunge per contrattare il suo appoggio nella controversia con Ibn-Hauasci. In un successivo incontro a Reggio, presente anche il Guiscardo, i fratelli, per la scarsa disponibilità di forze di cui potevano disporre, apparvero incerti e, quale motivo di convinzione, furono informati delle discordie che logoravano la Sicilia e della possibilità che una loro azione contro gli arabi potesse trovare consensi sia tra il popolo cristiano che tra i dissidenti musulmani, legati ad Ibn-Thimnah. L’emiro per vincere la diffidenza dei normanni lasciò loro in ostaggio un proprio figlio. Del resto si offriva ai normanni la possibilità, soddisfacendo agli accordi di Melfi, di cristianizzare l’isola ed, allo stesso tempo, impedire che essa continuasse ad essere base di partenza per scorrerie saracene.

In primo tentativo di invasione, operato da un esiguo gruppo composto da poche centinaia di normanni, guidati dall’emiro e confidando sulla loro audacia, nel primi mesi del 1061, viene respinto dai musulmani affluiti da Palermo, mentre l’emiro riesce a mettersi in salvo a Catania. Un secondo tentativo, più corposo e meglio organizzato strategicamente, sorretto da eventi occasionali e sfruttati dai normanni con l’abituale astuzia (20) e facilitato dalla rivolta degli abitanti contro i musulmani, portò alla conquista di Messina e da qui, di altre località fino alla valle del Simeto, mentre Rametta si era consegnata a Ibn Thimnah, proveniente da Catania.

Da questa prima acquisizione prende avvio una difficile conquista della Sicilia che si completerà dopo tre decenni e questo lungo periodo può essere spiegato da una serie di fattori che vengono di seguito menzionati. Il più rilevante tra essi era costituito dal fatto che i normanni erano costantemente obbligati ad interrompere le operazioni in Sicilia, costretti dalla necessità di continui interventi in Puglia (21) e Calabria volti a sedare ribellioni ed a contrastare operazioni di rivalsa da parte dei bizantini. Inoltre, se pur non va ignorata la parte di chi ha festeggiato l’arrivo dei normanni cristiani, non va trascurata l’opposizione incontrata da parte degli abitanti di molti centri che hanno promosso manifestazioni di dissenso e di ribellione, com’è il caso di Troina, contro gli invasori normanni, preceduti da una fama di razziatori di disumana violenza e brutale ferocia e tale da indurre i monaci a sotterrare gli arredi delle abbazie al solo timore di un loro arrivo. Va poi assegnato un giusto rilievo alla diffidenza che divideva i fratelli Roberto e Ruggero, in continuo conflitto per la ripartizione dei territori conquistati. Pur se ai contrasti si alternavano improvvise ed appassionate conciliazioni.

Mentre il loro alleato Ibn-Thimnah cadeva in un agguato tesogli dal suo avversario Ibn-Hauasci, i normanni procedevano a tappe forzate verso la conquista di nuove roccaforti, dovendo contrastare l’intervento della dinastia musulmana zirita che dall’Africa muoveva a sostegno delle truppe arabe occupanti e forse anche in cerca di propri insediamenti. I normanni erano costretti ad attardarsi in lunghi assedi con la costruzione di fortilizi, roccaforti e castelli da cui tentavano incursioni talmente improvvise ed insidiose da disorientare e costringere alla fuga anche forze preponderanti, in questo esaltati da esortazioni volte ad assimilarli a “soldati di Dio”. E per i loro fini di conquista non trascuravano di soggiogare le popolazioni con la minaccia di tagliare viti, olivi e distruggere ogni coltivazione.

Da Troina, dove Ruggero pone la sua sede isolana, con una serie di attacchi egli riesce a far cadere importanti roccaforti arabe (Cefalù e Girgenti) con la cattura di schiavi per i mercati di Puglia e Calabria. Tutto senza poter godere dell’aiuto del papato, né di quello delle repubbliche marinare del Tirreno che trarranno successivamente vantaggi dalle conquiste normanne.

Essendo risultati vani ripetuti tentativi di conquistare Palermo, e talvolta con esito disastroso per i normanni, durante i quali avevano tuttavia acquisito roccaforti come Petralia e Misilmeri, Roberto e Ruggero che, essendosi arresa Bari (1071), avevano chiuso il fronte della Puglia, prepararono per la Sicilia un consistente esercito, sorretto da una altrettanto agguerrita flotta. Con una manovra diversiva si impadroniscono agevolmente di Catania, prima di porre, da terra e da mare, sotto assedio Palermo che arrendeva nel 1072. L’evento veniva celebrato con una messa in Duomo, per più di due secoli adibito a moschea.

Ci vollero altri venti anni, durante i quali, con il capovolgersi delle situazioni, alcune città passarono più volte di mano prima che, con le conquiste di Castrogiovanni (1074), Trapani (1074), Taormina (1078), Jato (1079), Siracusa (1086), Girgenti, Licata e Caltanissetta (1087), ed infine con Butera e Noto (1091) si concludesse la conquistata della Sicilia. Malta e Pantelleria, strategiche per la navigazione commerciale nel canale di Sicilia, furono conquistate subito dopo.


L'Italia e il Meridione nell'anno della Prima Crociata - (1099)

La resa di alcune città, tra cui Palermo e Trapani, fu oggetto di patteggiamento che comportava la salvezza delle persone e dei beni, la conservazione delle leggi e della magistratura e la libertà di fede che i normanni rispettarono con lealtà il ché contribuì a fare dei territori conquistati un esempio di tolleranza, rispetto all’Europa di quel tempo. In effetti la tolleranza dimostrata dai normanni fu una grande lezione di civiltà, insolita da parte di guerrieri ispirati solo dal desiderio di conquista e per la qualcosa usavano crudeltà e spietatezza. Non è comunque certo che essa possa essere attribuita a lungimiranza ma piuttosto dettata da uno stato di necessità. Essendo essi infatti in numero esiguo, erano impossibilitati ad imporre la propria cultura feudale. Ruggero I ha avuto la capacità di utilizzare e servirsi del patrimonio di conoscenze dei funzionari arabi e bizantini e, per compensare l’espatrio di parte della popolazione araba, favorì l’arrivo di francesi, inglesi e lombardi, gettando le basi per il costituirsi di una società cementata dalla pacifica sovrapposizione e collaborazione tra diverse culture. Inoltre, senza allentare i legami con l’oriente, favorì il ritorno della Sicilia nel mondo occidentale. Essa divenne così una terra non solo tollerante, ma anche all’avanguardia dal punto di vista culturale ed artistico, fiore nel mediterraneo ed unica nella storia d’Europa.

Ruggero I, gran conte di Sicilia, saggio uomo di stato, legato apostolico, con potere di nominare tutti i vescovi siciliani, e punto di riferimento essenziale nella storia del medioevo, scompare nel 1101 nella sua reggia di Mileto, lasciando quale erede il giovane figlio Ruggero II (1093-1154) avuto dalla terza moglie Adelasia (22) che, rimasta reggente fino al 1112, trasferisce la capitale da Mileto a Messina e quindi a Palermo ed affida il governo dei lombardi di Sicilia al fratello Enrico Aleramico che, per la saggezza rivelata, ebbe il titolo di conte di tutte le genti lombarde in Sicilia.

Alla scomparsa, senza eredi, del cugino Guglielmo (nipote del Guiscardo), duca di Puglia e Calabria, Ruggero II ne acquisisce le terre che aggiunge alla Sicilia (1127), suscitando le gelosie del Papa Onorio II. Attorno a questi si raccolgono i signori del meridione che Ruggero II sconfigge e si fa riconoscere la titolarità dei ducati.

La scomparsa di Onorio II provoca uno scisma con l’elezione di due papi sostenuti da fazioni avverse, Innocenzo II, rifugiatosi in Francia ed Anacleto II. Questi riceve l’appoggio di Ruggero a cui, quale contropartita, nel 1130 riconosce il titolo di re di Sicilia e lo sostiene in una controversa guerra, organizzata contro Innocenzo, e che coinvolge Francia, Inghilterra ed impero. Innocenzo II, dopo la morte di Anacleto (1138) scomunica Ruggero e ne invade le terre, ma viene sconfitto ed è costretto a riconoscergli i titoli di Re di Sicilia, del ducato di Puglia e del principato di Capua (1139). Come si vede il ducato di Puglia ed il principato di Capua, restano domini separati nel titolo, pur unificati in un regno che rimarrà unitario per sette secoli e Ruggero diviene, di fatto, uno dei più potenti re d’Europa. Nel quadro della sua politica d’espansione, ispirata ai progetti del Guiscardo, conquistò Gerba, Tripoli e Corfù, senza però raggiungere concreti risultati contro Bisanzio. Ebbe il merito di creare un ordinato sistema di governo organizzando il primo catasto urbano e rurale, di farsi circondare dai personaggi più eruditi del tempo e di mantenere la più ampia tolleranza per culti, razze e lingue.

Ruggero II, il più grande dei re normanni, dopo aver fatto di Palermo la città, forse, più opulenta e, certo, la più tollerante d’Europa, muore nel 1154 e gli succede, essendo scomparsi i fratelli maggiori, il quarto figlio, Guglielmo I, detto il Malo (1154-1166), avuto da Elvira di Castiglia (24). Egli dovette contrastare una difficile situazione sia esterna che interna. La prima dovuta alla minacce portate da poteri concorrenti come quelle degli imperatori germanico, Federico Barbarossa, e bizantino, Manuele I, oltre al papa inglese Adriano IV, con cui trovò una intesa con il concordato di Benevento del 1156. La seconda da parte dei baroni locali (1156 e 1160) tra cui i cugini Tancredi (vedi nota 25) e Ruggero Sclavo, che, avversi al suo assolutismo, riuscirono ad uccidere il suo ministro Maione di Bari e ad imprigionare lo stesso re che, liberato a causa di contrapposizioni fra i rivoltosi, riprese il controllo del potere, reprimendo duramente la rivolta. Alla sua scomparsa (1166), gli successe il terzo figlio Guglielmo II detto il Buono (1166-1189) che, ancora tredicenne, fu sostituito, nella reggenza dalla madre Margherita di Navarra che, tenuta ai margini del potere, dovette governare un periodo travagliato da continue dispute col l’aristocrazia. Guglielmo II, che guiderà una spedizione in Egitto impossessandosi di Tessalonica, si fece amare dai suoi sudditi, cristiani o musulmani che fossero, regnando in pace, con giustizia e tolleranza (25) . Non essendovi eredi diretti, Guglielmo II acconsentì al matrimonio di Enrico IV di Svevia, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa, con la zia Costanza che, in punto di morte, indicò come erede.

L’investitura ad erede di Costanza, oltre all’avversione da parte del papato, ebbe anche quella dei nobili normanni che si rivolsero a Tancredi (26), nipote di Costanza. Tancredi, appoggiato dall’alto clero e dalle borghesie mercantili, essendo il marito di Costanza, Enrico di Svevia, immerso nella reggenza dell’impero (27) per l’assenza del padre impegnato in Terrasanta, fu incoronano, nel 1189, re di Sicilia, nomina approvata e riconosciuta dal Papa Clemente III. Non appena Enrico VI fu nominato, dai principi tedeschi, imperatore (28), si mosse verso Roma per ricevere da un riluttante papa Celestino III (29) la corona imperiale. Da qui proseguì quindi alla conquista del regno di Sicilia, supportato dai pisani (30), da sempre alleati dell’impero germanico.

Tancredi, benché le truppe normanne non avessero l’efficienza e l’audacia dei tempi dei Ruggero I e II, contenne le truppe imperiali che avanzavano con difficoltà e, per eventi fortunati legati ad una epidemia che colpisce la coalizione imperiale, riuscì anche a sconfiggere la flotta avversaria e ad imprigionare Costanza. Convenne quindi (1192) una tregua con Enrico, a condizione che Costanza fosse consegnata a Papa Celestino III che si era offerto quale mediatore. Ma Costanza, durante il viaggio a Roma, fu liberata da una guarnigione imperiale e la tregua interrotta.

Tancredi, per assicurarsi la successione, associa al trono il figlio Ruggero che non gli sopravvive mentre, alla sua morte nel 1194, essendo il secondo figlio Guglielmo III (31)ancora giovane, la moglie Sibilla assume la reggenza del regno (febbraio-dicembre 1194). Reggenza troppo debole per Enrico VI che, avendo riordinato le forze ed assicurato l’appoggio di Genova e di Pisa, dopo un sanguinoso intervento armato, entra a Palermo, 1194, riuscendo a farsi nominare re di Sicilia, unificando nella sua persona la titolarità dell’impero germanico e del regno meridionale.

Costanza, quarantenne, in viaggio dalla Germania per raggiungere la Sicilia si fermò a Jesi per far nascere il figlio Federico Ruggero (futuro Federico II). (32)

Enrico VI si spense in circostanze non chiare nel 1197 (33) e Costanza assunse il ruolo di tutrice del figlioletto che mise sotto tutela di Papa Innocenzo III, prima di morire nel 1198.
Ha fine con lei la casata normanna.
Le succederà il figlio Federico II di Svevia, incoronato re di Sicilia nel 1208 ed imperatore nel 1218. Egli diverrà il mitico imperatore, promotore di una cultura senza eguali nel resto del mondo, che trova vigore con l’inserimento delle tradizione provenzale portata dalla moglie Costanza di Aragona, sposata nel 1209.


Politica ed arte nel regno normanno

L’insediamento normanno, diversamente da quanto avvenne con quello saraceno che si era addentrato in tutta l’isola, fu il risultato di una lenta infiltrazione, mai consistente in termini numerici. Per cui le confische e le distribuzioni di terre ai cavalieri normanni, sia di quelle che provenivano dal patteggiamento per la resa di qualche centro, sia di quelle lasciate dei proprietari saraceni in fuga dall’isola, non incise sensibilmente sull’ordine economico e sociale né sovvertì i rapporti tra classi. Fatto sta che i normanni, avendo necessità di reclutare una classe dirigente in tutti i settori, amministrativo, militare ed ecclesiastico non poterono fare a meno di ricorrere alla pregiata componente locale, di origine bizantina e saracena, la qualcosa è testimoniata dalla documentazione giuridica bilingue (greco ed arabo).

La Sicilia divenne di fatto il centro della monarchia normanna che esercitava il proprio potere attraverso un sistema burocratico periferico, controllato e coordinato dal sovrano che rendeva così tangibile la sua superiorità. Tuttavia non fu scoraggiata la presenza di varie autonomie feudatarie che divenivano il centro della produzione agricola. Le città restarono comunque il centro strategico e regolatore della politica gestionale.

Al fine di rendere visibile il potere politico, i normanni, nelle loro corti, si avvolsero nello splendore derivante dalla magnificenza saracena cui si abbinavano i cerimoniali bizantini ed i riti della cavalleria occidentale. Nelle città, per operare la fusione di elementi nordeuropei e lombardi con quelli bizantini e musulmani, favorirono il modellarsi di una forma estetica di sincretismo e commistione di stili che costituiscono una caratteristica normanna e di cui sono rimaste diverse testimonianze architettoniche (34) ed artistiche. Per tale ragione la Sicilia presenta moltissimi esempi di arte normanna, anche se non vanno ignorati, in Campania, Puglia e Calabria , altri esempi, se pur meno originali, come il duomo di Salerno, voluto dal Guiscardo (1081) e modellato sull’abazia di S.Desiderio di Montecassino, la cattedrale di Canosa (1080) dove è sepolto Beomondo (35) il duomo di Tropea , di origine normanna ma più volte rimaneggiato.

In Sicilia gli esempi più significativi sono rappresentati dalla cattedrale di Cefalù (Ruggero II,1131) in cui si fondono motivi anglonormanni (camminamento per la ispezione delle parti superiori) con quelli arabi (archi intrecciati) e con mosaici bizantini. La cappella Palatina (Ruggero II, 1140) del palazzo dei normanni a Palermo è un altro tipico esempio di fusione di culture diverse: il classico delle colonne con i mosaici bizantini ed il mirabile soffitto alveolare ligneo, di gusto arabo, intagliato e dipinto. Altrettanta sontuosità, particolarmente per lo splendore dei mosaici che coprono le pareti, si trova nel duomo di Monreale (Guglielmo II, 1174) edificato per la volontà del sovrano di stabilire sul clero una autorità pari a quella esercitata dall’imperatore bizantino sulla Chiesa ortodossa. L’intervento della dinastia normanna si evidenzia anche in alcuni edifici civili come la Zisa (36) (Guglielmo II), un edificio che fosse al contempo espressione della potenza del re e luogo di delizie.


1) Altrimenti note come Gotland : terre dei Goti la cui origine è stata verosimilmente scandinava. Il termine deriva da Gapt che è la pronuncia scorretta di Gaut (Odino), fondatore del regno dei Geati, tribù scandinava. In epoca remota vi fu un flusso migratorio verso le regioni della Vistola e poi in quelle germaniche. Nel III sec. dC, alcuni gruppi tribali si spostarono ancora verso sud e da questi si staccarono i Gepidi. Ma la grande divisione fu quella tra Ostrogoti (goti dell’est, insediati nelle regioni danubiane) e Visigoti (goti dell’ovest) insediati nella Dacia (terra dei Daci o Geti).
2) Costituiscono nei primi decenni del IX sec. il nucleo di fondazione di Dublino, Limerick e forse Cork, città stato autonome dove si realizza l’integrazione con i celti e la cui autonomia si protrae fino al XII sec. ma la cui influenza andò esaurendosi.
3) Risalendo questi fiumi giunsero a devastare la Catalogna, Provenza e Toscana dove, oltre a Pisa e Fiesole, raggiunsero anche a Luni. Questa cittadina di origine romana, fiorente nel V sec fino alla conquista devastante da parte dei Longobardi di Rotari (642) fu successivamente assoggettata ai Franchi i quali non riuscirono ad evitare l’assalto, prima da parte dei pirati saraceni e, poi, dei normanni (860) che ne decretarono la decadenza e l’abbandono, favorito dall’impaludamento della zona e dalla malaria.
4) Essi non coltivano la terra e la loro attività è rivolta al commercio di scoiattoli, zibellini ed altro dipende da quanto possono scambiare e sottrarre agli slavi.
5) Fu istituita, composta esclusivamente da nobili scandinavi, una guardia Variega a difesa della persona dell’imperatore (Basileus)
6) Non più di cento; mille, con inserimenti locali, negli attacchi terrestri organizzati.
7) Figlio di Ludovico il Pio, a sua volta figlio erede di Carlo Magno, diviene re di Francia, in base al trattato di Verdun (843).
8) Le regioni centrali di Frisia e Sassonia, Danelaw, territori di legge danese che comprendevano i borghi come Lincoln, Leichester, Nottingam, Derby ed altri che, con parte di Svezia e Norvegia, entrarono a far parte dell’effimero impero danese di Canuto il Grande (1016-1033.
9) Carlo il Semplice, dopo aver sconfitto Rollone a Chartres, concluse il trattato di Saint-Clair-sur-Epte con cui autorizzava i Normanni a stabilirsi in una zona comprendente Rouen e territori limitrofi e dislocata tra le valli di Epte e Bresle. Territorio che successivamente ampliarono.
10) Sposa, pochi anni dopo, Matilda, figlia di Baldovino, conte di Fiandra.
11) Di origine normanna, successe, nel 1042 a Canuto III, re degli anglosassoni, accrebbe l’influenza normanna nel regno, suscitando contrasti con l’elemento sassone.
12) Aveva pessimi rapporti con gli anglosassoni mentre, confidando nell’amicizia dalle genti normanne, tra cui i figli di Tancredi, già presenti nell’Italia meridionale, sperava che Guglielmo, divenuto re d’Inghilterra potesse rimediare ai disordini della Chiesa inglese.
13) Re d’Inghilterra (1199-1216) resse il regno durante la prigionia del fratello maggiore Riccardo Cuor di Leone, imprigionato durante la III Crociata ed, alla sua morte gli succedette, forzando i diritti del nipote Arturo di Bretagna. Appoggiato dall’Imperatore Ottone IV, cercò di contrastare il re francese ma fu sconfitto a la Roche-oux-Moines (1214).
14) I guerrieri normanni combattevano proteggendosi con una maglia ad anelli o un’armatura a scaglie sovrapposte, più efficace ma più rigida. Inoltre i cavalieri avevano applicato, alla sella, la staffa che conferiva maggiore stabilità ed efficienza nel combattimento con la spada o con la lancia.
15) E’ il primo Tancredi noto della famiglia d’Houtville (Altavilla), vissuto a cavallo del 1000 e giunto nel meridione d’Italia nel 1035 con i figli Guglielmo, Dragone, Umfredo, e di Roberto (detto il Guiscardo perché astuto e mentalmente lesto) e Ruggero (che, detto “il bosso” perché robusto e prestante, giunto successivamente, sarebbe diventato il conte Ruggero I di Sicilia) avuti, gli ultimi due, dalla seconda moglie. Esistono diversi altri Tancredi nella famiglia: uno è Tancredi, nipote di Roberto il Guiscardo, che, accanto allo zio Beomondo di Taranto, partecipa alla I Crociata, dando esempio di virtù cavalleresche (per questo citato nella Gerusalemme liberata) e divenendo Principe di Galilea e, successivamente, Signore di Antiochia (1104). Un secondo Tancredi, titolare della Contea di Lecce, fu re di Sicilia (1189-1194), elevato al trono dall’aristocrazia siciliana in contrapposizione ad Enrico VI (v. seguito). Un altro Tancredi, meno noto, scomparso nel 1143, è il figlio di Ruggero II e di Elvira di Castiglia.
16) Ha governato il principato di Salerno (999-1027), nato dalla divisione del ducato Longobardo di Benevento.
17) Questo episodio rientra nella lotta per le investiture che contrappose Gregorio VII ad Enrico IV.
18) Egli, nato dalla seconda moglie Sikelgaita, figlia del governatore longobardo di Salerno, Gisulfo II, fu contestato dal fratellastro Beomondo, avuto dalla prima moglie Alberada.
19) Di cui uno comprendeva la parte occidentale, da Trapani a Sciacca, l’altro al centro con Girgenti e Castrogiovanni ed il terzo, governato dall’emiro Ibn-Thimnah, comprendeva i territori orientali di Catania e Siracusa.
20) I normanni avevano intercettato, in viaggio verso Messina, un contingente musulmano che avevano sopraffatto e di cui avevano indossato le armature, penetrando così camuffati attraverso le mura, sfruttando la sorpresa.
21) Bari fu espugnata nel 1071, mentre era in corso la conquista della Sicilia.
22) Regge il trono dapprima per conto del figlio Simone che muore a 12 anni, quindi per conto del figlio Ruggero II.
23) Dalla terza moglie, Beatrice di Rethel, ebbe Costanza (1154-1198) che diverrà imperatrice, sposerà Enrico di Svevia, futuro imperatore. Dal matrimonio nascerà Federico II di Svevia. Il matrimonio destò non poche avversità da parte del papato che vedeva il concentrarsi nelle stesse mani di un potere (impero germanico e regno di Sicilia) le cui terre avvolgevano interamente i confini vaticani.
24) Il figlio Ruggero, destinato alla successione, era morto duratte le rivolte del 1160.
25) Dante lo ricorda nel Paradiso, canto XX, come il giusto rege.
26) Figlio naturale di Ruggero di Puglia, a sua volta figlio primogenito di Ruggero II, padre di Costanza. Tancredi, conte di Lecce per aver partecipato ai moti baronali, era stato cacciato ed inviato in esilio a Costantinopoli da dove era stato richiamato e riabilitato da Guglielmo II.
27) Dovette contrastare vittoriosamente la rivalsa di Enrico il Leone a cui erano stati sottratti dal Barbarossa i ducati di Baviera e Sassonia.
28) Il padre, Federico Barbarossa era morto in Terrasanta, nel corso della III Crociata, nell’attraversamento del fiume Salef.
29) Era appena succeduto a Clemente III ed, avversando la nomina di Enrico VI (v. nota 22), tergiversò a farsi proclamare papa per evitare di conferire al sovrano la corona imperiale.
30) I genovesi che inizialmente avevano dato il loro appoggio ad Enrico VI, si ritirarono all’inizio delle ostilità.
31) Viene di fatto ritenuto l’ultimo re normanno.
32) Il parto avvenne sotto un baldacchino, installato in piazza, per far tacere dicerie ed illazioni che circolavano a Palermo.
33) Si sospetta avvelenato dalla stessa moglie Costanza che lo odiava per le sanguinose e raccapriccianti repressioni contro i discendenti normanni ed i nobili.
34) Sono numerosi anche i castelli fortezza costruiti o fondati dai normanni che sono inventori di quello a motta. Tra essi si possono menzionare i castelli di Melfi, Barletta, Cosenza, Gioia del Colle, Monte Sant’Angelo, Motta Sant’Anastasia (Catania), Trani, ecc.
35) Boemondo di Taranto, figlio di Roberto il Guiscardo, dopo aver seguito il padre negli scontri con i bizantini, partecipò alla prima Crociata e divenne Principe di Antiochia.
36) Dall’arabo el aziz, splendido.


di Francesco Savelli

FINE

concatenato alle pagine sopra, continua con

I NORMANNI IN ITALIA
Il meridione d’Italia dai Normanni-Svevi agli Angioini
Sullo sfondo della lotta di Federico II di Svevia con il Papato > > >

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