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( QUI TUTTI I RIASSUNTI ) RIASSUNTO ANNI 1869-1935

LA QUESTIONE AFRICA E DEL MEDIO-ORIENTE DALL'INIZIO
FINO ALLA GUERRA IN ETIOPIA


(Articolo apparso nel n. 4 di Civiltà Fascista, dell'aprile 1935)

"IL MAR ROSSO"
"IL CANALE DI SUEZ"
"GLI INGLESI"

< qui l'antica storia del canale

( SEGUONO ALTRI SEI ARTICOLI:. * IL CONFLITTO ETIOPICO - 1934-35-36)
* GLI ACCORDI FRANCO-ITALIANI - * IL RIARMO DELLA GERMANIA -
* LA SITUAZIONE POLITICA IN INGHILTERRA - * LA POLITICA ITALIANA DOPO ADUA )

17 novembre 1869 : data di apertura del canale di Suez : data importante per l'evoluzione economica e politica dei paesi attorno al mar Rosso, la storia dei quali, da quell'epoca, è stata potentemente influenzata dal fatto che attraverso quel mare passa la più rapida via di comunicazione marittima fra l'Europa e l'Asia.

Già i Faraoni avevano stabilito un sistema di raccordi navigabili fra il Mediterraneo e il Mar Rosso, utilizzando a questo scopo il braccio orientale del Nilo e l'uadi Tumilat : il canale allora scavato ebbe il nome di « canale dei Faraoni ». I romani, all'epoca di Trajano, lo migliorarono e lo ribattezzarono col nome del loro imperatore e lo chiamarono « canale di Trajano ». In seguito, nel periodo della decadenza bizantina, questo canale si insabbiò. Riaperto dagli arabi dopo la conquista musulmana dell'Egitto, esso cadde nuovamente e definitivamente in abbandono sulla fine del settimo secolo.

L'idea di abbandonare l'estuario del Nilo e gli antichi canali per stabilire una diretta via di comunicazione fra il Mediterraneo e il mar Rosso, tagliando invece l'istmo fra l'Egitto e la penisola del Sinai, venne ai veneziani, che per primi progettarono questo taglio quando la scoperta della via marittima alle Indie per il capo di Buona Speranza, portò un grave colpo alle basi stesse della potenza economica e politica di Venezia che sino allora, attraverso i suoi comptoirs e le sue linee di navigazione mediterranee, aveva assorbito gran parte dei traffici fra l'Europa, l'Asia minore e l'India. Tuttavia le difficoltà tecniche, finanziarie e politiche di una simile impresa parvero allora insormontabili e il progetto non ebbe seguito.

Fu ripreso nel XVII secolo dal Re Sole, al quale non era sfuggita la importanza che per la Francia avrebbe potuto avere lo stabilimento con l'Asia di una via di comunicazione più rapida e più agevole di quella che erano costrette a percorrere le navi portoghesi, inglesi e olandesi. Ma i numerosi progetti allora studiati non ebbero realizzazione e la "Rivoluzione Francese" distolse per un certo tempo da quel problema l'attenzione dei francesi.
L'idea era però ormai in cammino : Napoleone I la riprendeva durante la campagna d'Egitto : aprire una via marittima diretta fra il Mediterraneo e il mar Rosso, e per quella via raggiungere le Indie, la cui strada l'Inghilterra sbarrava al Capo di Buona Speranza, era il movente che spingeva Buonaparte ad appassionarsi a questo problema ; ma poi le guerre d'Europa lo costrinsero a portare altrove la sua attenzione.

Il problema del taglio dell'istmo di Suez appassionò anche il principe di Metternich, il quale, comprendendo quali complessi interessi di ordine economico e politico quel problema avrebbe potuto mettere in contrasto, per primo cercò avviarlo a soluzione attraverso trattative diplomatiche e ne intrattenne le diverse cancellerie europee nonchè il Vice re d'Egitto Mohamed Ali, il quale divenne un convinto fautore del progetto : era parso al Vicerè che quel taglio dell'istmo potesse immensamente valorizzare l'Egitto tra le Potenze.

Il passo più concreto sulla via della realizzazione del progetto fu finalmente compiuto nel 1846 con la costituzione della Società di Studi del Canale di Suez, alla quale parteciparono tre gruppi tecnico-finanziari : uno inglese, uno francese e uno austriaco, quest'ultimo diretto dal trentino Luigi Negrelli, al quale si deve il progetto che, giudicato il migliore, fu poi adottato per il taglio dell'istmo.
Attraverso vicissitudini varie, con l'appoggio di Napoleone III, il De Lesseps, sostituitosi alla Società di Studi, riusciva ad oltre vent'anni dalla fondazione di quella Società, a portare il progetto a compimento.
Di mano in mano che l'idea del Canale di Suez si concretava e si avviava verso una pratica soluzione, interessando sempre più gli studiosi, e i ceti commerciali, industriali e marittimi dei vari paesi, veniva anche precisandosi l'atteggiamento dei governi delle maggiori Potenze di fronte alla realizzazione di questo progetto di cui nessuno poteva nascondersi le importanti conseguenze, non solo nel campo economico, ma anche in quello politico.

Ragioni facili a comprendersi schierarono in favore del progetto i governi di Parigi e di Vienna, il primo ormai orientato in tal senso da interessi di carattere commerciale e politico in concorrenza con
quelli britannici nel Levante e nell'Oceano Indiano, il secondo spinto dai circoli mercantili di Venezia e di Trieste, che nell'apertura del canale intravedevano la possibilità di riprendere la antica loro funzione di intermediari per i traffici fra l'Oriente e il nord Europa attraverso il Mediterraneo.

L'OPPOSIZIONE INGLESE

Decisa fu invece da principio l'opposizione inglese. L'Inghilterra aveva ormai nelle Indie un impero il cui possesso sempre più veniva a costituire un elemento essenziale alla potenza e alla ricchezza britannica. Essa controllava attraverso il Capo di Buona Speranza la lunga via che separava l'Europa da quell'impero e praticamente ne monopolizzava lo sfruttamento e i traffici, mentre l'apertura del Canale, che avrebbe facilitato a tutti i popoli il loro commercio con l'Asia, avrebbe posto i paesi, mediterranei in situazione privilegiata rispetto all'Inghilterra. Per di più a Londra non si dimenticava che Napoleone I aveva considerato la conquista dell'Egitto come un'azione diretta in senso anti britannico sulla via delle Indie.
Il governo inglese cercò quindi di influire in ogni modo, e con la maggiore energia, tanto al Cairo quanto a Costantinopoli, da cui dipendeva in quel tempo ancora il Vice re di Egitto, perché il taglio dell'istmo venisse vietato.

L'INGHILTERRA CI RIPENSA

Ma l'opposizione britannica alla realizzazione di un progetto riconosciuto da ogni parte come utile e necessario anche al progresso della civiltà, non poteva aver fortuna. Allora, con quella adattabilità alle circostanze caratteristica della mentalità britannica, gli inglesi, quando compresero che il canale si sarebbe aperto nonostante la loro opposizione, anziché intestardirsi sterilmente in quella opposizione, si affrettarono a correre ai ripari per cercare almeno di assicurarsi il controllo della nuova via marittima.
Già nel 1839 gli inglesi, che erano venuti a poco a poco a sostituirsi ai portoghesi nell'Oceano Indiano, avevano occupato Aden ; nel 1857 occuparono l'isolotto di Perim sullo stretto del Bab el Mandeb all'imboccatura meridionale del mar Rosso.
Nel decennio che segue l'apertura del Canale di Suez, la Gran Bretagna svolge intensa attività economica, esplorativa, culturale in tutte le regioni africane adiacenti al mar Rosso, sinché nel 1875 a
DISRAELI (Capo del governo inglese- fautore di una politica imperialista che portò - nel 1876 - alla proclamazione dell'Impero delle Indie, e si oppose all'espansione russa nella Balcania) riesce con un colpo da maestro, di acquistare dal Kedivé d'Egitto, che è in cerca di denaro, 177.000 delle 400.000 azioni della Compagnia del Canale di Suez, per quattro milioni di sterline, con che il Governo Inglese diviene il più forte azionista della Compagnia.
Ma occorreva alla Gran Bretagna poter controllare più da vicino che non le fosse possibile di farlo da Aden, da Perim o dagli stessi Consigli di amministrazione della Compagnia, il Canale di Suez ; ed ecco che nel 1882, incoraggiati dagli inglesi scoppiarono dei moti xenofobi ad Alessandria. Gli
incidenti offrirono un ottimo pretesto di intervento della Gran Bretagna, che corse subito in aiuto di quella minoranza, bombardarono la citt�, sbarcano proprie forze armate, ed occuparono militarmente il Cairo, poi i maggiori centri dell'Egitto.
L'occupazione, si dice, avrà carattere temporaneo, ma ben presto si trasforma in una occupazione permanente ; gli inglesi si installano nei Dicasteri più importanti dello Stato egiziano, che diviene praticamente un protettorato britannico, anche se formalmente la dichiarazione di protettorato non si avrà che molto più tardi, nel 1914, allo scoppio della guerra europea.

A
dominare in questo periodo politicamente, economicamente e militarmente fu messo Lord Cromer, anche se con qualche incidente.  Infatti, i nazionalisti egiziani si organizzarono con un capo religioso musulmano, il Madhi (presero appunto il nome maddhisti), assediarono Chartum  nel 1895  e dopo quattro anni di guerriglia riuscirono a cacciare gli  anglo-"egiziani" nel 1898. Gli inglesi reagirono,   neutralizzarono il Canale di Suez, e allargarono la loro influenza  sul territorio e su tutte le attivit� economiche insediandovi Lord Kitchener che vi rimase appunto fino al 1914 quando la Gran Bretagna  accrebbe ancora di pi� il suo dominio proclamando il protettorato sull'intero Egitto, deponendo il kediv� messo dal Sultano di Costantinopoli e ne nomin� uno di propria fiducia, intitolandolo Sultano indipendente.  Cominci� cosi il  rigido dominio britannico, ma cominciarono pure dopo pochi anni, nel 1919, le gravi  sommosse dei nazionalisti per ottenere la totale indipendenza dell'Egitto.
Per soffocare le insurrezioni nazionaliste gli inglesi il 16 marzo 1922 concessero un nuovo Statuto: si riconosceva l'indipendenza ma con un regime di cooperazione non proprio molto  trasparente. Non era sufficiente per calmare le agitazioni, che continuarono fino al dramma: l'assassinio di Sir Lee Stack il capo delle truppe britanniche in Egitto. La reazione inglese fu violenta e vendicativa. Chiese con un ultimatum mezzo milione di sterline di danni e la minaccia di chiudere tutte le paratie delle acque irrigative nel Sudan; che voleva dire separare fisicamente il Paese , che era poi quello a pi� alta densit� di nazionalisti egiziani.  Pur essendo un governo fantoccio, in Parlamento c'era un rappresentante nazionalista: Zanglul, che alla minaccia sul Sudan, si dimise indignato , rendendo cos� il partito indipendentista ancora pi� forte e organizzato. Nel 1925 gli inglesi per mantenere l'ordine pubblico inviarono Lord Allenby come Alto Commissario,  ma il partito nazionalista concentrando un numero enorme di egiziani indipendentisti cambi� tattica, scegliendo non la lotta brutale,   ma il riformismo parlamentare, fino a portare  il 10 giugno del 1926 lo stesso Zanglul a vincere le elezioni ed entrare nella Camera come Presidente con accanto  un fidato vice presidente e un primo ministro.  - Purtroppo mor� poco dopo. Ripresero le agitazioni con molte provocazioni degli imperialisti; ma si calc� troppo la mano con la repressione, scoppiarono cos� altri incidenti, rivolte contro la polizia tutta britannica causando morti e feriti in diverse citt�; ricomparvero le unit� navali davanti alla costa pronte a bombardare, scoppi� la  disobbedienza civile,  infine si chiuse il Parlamento e gli inglesi repinsero ogni incontro di trattative, di cooperazione e di pace sociale. Per quattro anni non vissero per� nemmeno gli inglesi  tranquilli, ma sempre in stato di guerra, con la paralisi economica in ogni settore del Paese ormai in ginocchio.

(Per quanto riguarda l'Egitto, l'autore dell'articolo si ferma qui; procediamo noi con i successivi eventi fino al 1945)
Un disgelo con gli inglesi avviene nel 1930, quando Re Fuad promulg� una nuova Costituzione, che con alterne vicende fu  abolita e riammessa pi� volte fino ad arrivare  al 26 agosto del 1936 quando fu firmato un soddisfacente Trattato con gli inglesi,  e subito dopo   l'8 marzo  del 1937, l'Egitto si appell�, chiese e ottenne di entrare a far parte della Societ� delle Nazioni per garantirsi da ogni successiva ingerenza degli inglesi sulle scelte del regolare governo espresso democraticamente a larga maggioranza. Il  successivo 29 luglio reggente (ma ancora una volta appoggiato dagli inglesi) fu nominato Re Faruk, con i dissidi sempre latenti all'interno dei nazionalisti pur convivendo con un responsabile equilibrio.
Il 16 aprile del 1938, a Roma,  l'Italia, l'Egitto e la Gran Bretagna firmarono   un trattato di buon vicinato. Compreso un patto di neutralit� dell'Egitto in caso di guerra fra Stati europei. Putroppo con le emergenze dovute all'apertura delle ostilit� alla Gran Bretagna nel 1940 da parte di Hitler, poi la successiva dichiarazione di guerra agli inglesi da parte Italiana (per l'Egitto la G.B. (fino allora) era e rimaneva un'alleata dell'Italia) imbarazzarono e complicarono le relazioni diplomatiche dell'Egitto con i due paesi, oltre la Germania, pur confermando l'Egitto la sua neutralit� nel conflitto.
Tuttavia l'Egitto nel 1942-43  venne a trovarsi al centro della più importante e strategica e decisiva cerniera dell'intero conflitto mondiale: da una parte gli anglo americani dall'altra le forze dell'Asse. In caso di vittoria degli italo-tedeschi, non conquistando, ma solo approfittando della neutralit�, cio� di attraversare l'Egitto, per gli inglesi significava mettere la decisiva ipoteca sulla vittoria finale. E questo in realtà accadde, quando approfittarono e utilizzarono il Mar Rosso e Suez, per sferrare da est l'attacco all'Asse.
Fu così che a 100 chilometri dal confine, ad El Alemein, fu combattuta la battaglia decisiva tra Rommel e Montgomery, bloccando quest'ultimo il sogno di conquista del tedesco con una disfatta, oltre a Mussolini   "assolutamente  ottimista"  (gi� ad Alessandria con il cavallo bianco) - che non riusc� a ripetere il discorso "davanti alle Piramidi" come Napoleone.
Del resto gli era andata male anche al Corso, e pure lui finì nella polvere proprio a causa degli inglesi.

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L'interesse a conservare il proprio controllo sull'Egitto, e per esso sul Canale di Suez, é stato sempre considerato dalla Gran Bretagna di tale importanza, che ancora nel 1922, nel concedere all'Egitto la sedicente indipendenza accennata sopra, il Governo britannico dichiarò di riservare alla propria discrezione tra l'altro
« la sicurezza delle comunicazioni dell'Impero britannico in Egitto »,
e la
« difesa dell'Egitto contro ogni aggressione e contro ogni ingerenza straniera diretta o indiretta ».

Nel chiarire alle altre Potenze la portata di queste riserve, il Governo britannico ha ufficialmente dichiarato che esso considera come un interesse inglese essenziale le relazioni « speciali » esistenti fra l'Impero Britannico e l'Egitto, e che per conseguenza il Governo inglese non potrebbe ammettere che queste relazioni venissero messe in questione o discusse da alcuna altra Potenza ; ragione per cui il Governo di Londra considererebbe
« come un atto non amichevole qualsiasi tentativo di intervento da parte di terzi negli affari di Egitto ».
Insomma un atteggiamento di arroganza, come se l'Egitto sosse cosa sua.

Coerentemente a tale attitudine, nell'aderire alla proposta americana per la conclusione del patto Kellog contro la guerra, il Governo britannico fece esplicita riserva in riguardo a « certe regioni (leggi tra le altre «Egitto») la cui prosperità e integrità costituiscono un interesse speciale e vitale per la pace e la sicurezza della Gran Bretagna».
Una singolare ragione !

Più chiaramente ancora nel 1924, avendo la Società delle Nazioni comunicato all'Egitto il progetto del protocollo per prevenire i conflitti internazionali, allora redatto a Ginevra, il Governo inglese notificava a Ginevra che
"non avrebbe potuto ammettere che il protocollo stesso, ove fosse stato firmato dall'Egitto, potesse consentire al Governo egiziano di invocare l'intervento della Società delle Nazioni nel regolamento delle questioni anglo-egiziane espressamente riservate alla discrezione dell'Inghilterra".

Altra incredibile arroganza !

Quindi l'Egitto non fa parte della Società delle Nazioni, alla quale appartengono paesi il cui grado di evoluzione civile non é mai stato in alcuna epoca della Storia e non é attualmente neppure lontanamente paragonabile al grado di civiltà raggiunto dall'Egitto. Questo paese é venuto a trovarsi in una situazione di vassallaggio per il fatto che lungo le sue coste passa una via marittima di fondamentale importanza, via dall'apertura della quale, ironie della Storia, gli egiziani avevano invece sperato di potersi economicamente e politicamente valorizzare, come paese indipendente, nel campo internazionale.

MA OLTRE L'EGITTO, C'ERA ANCHE ALTRO
LA PALESTINA, LA CISGIORDANIA, IL SUDAN E L'IRAK

Nel 1884, l'Inghilterra aveva occupato anche la costa africana prospiciente ad Aden : l'attuale Somalia Britannica; nel 1885 Disraeli otteneva al Congresso di Berlino il riconoscimento della cessione già consentita alla Gran Bretagna dalla Turchia dell'isola di Cipro nel Levante mediterraneo di fronte all'imboccatura del Canale di Suez.
La politica britannica continua rettilinea su la stessa via ; oltre il canale di Suez, al di là della penisola del Sinai, si trovano la Palestina e la Transgiordania.
Dopo il collasso dell'impero turco l'Inghilterra si preoccupa di evitare che questi paesi, i quali dominano la costa asiatica del canale, cadano in mano di paesi che possano servirsene in modo non consono agli interessi britannici e l'Inghilterra considera che il miglior modo per scongiurare questo pericolo sia quello di occupare essa stessa quei territori ; così si fa assegnare dalla Società delle Nazioni il mandato su quei due paesi ex turchi. Da allora, con la creazione del focolare ebraico in Palestina e la conseguente immigrazione di israeliti in quel territorio, si é venuta a creare fra mussulmani ed ebrei in Palestina una situazione di permanente tensione che rende necessaria la permanente presenza in quel territorio del nume tutelare britannico.
Ancora : all'estremità settentrionale del mar Rosso, ad oriente della penisola del Sinai, si apre una stretta e lunga insenatura al fondo della quale vi é la città di Akaba ai confini fra la Transgiordania e l'Higiaz. Il possesso di questa città e del suo porto, che ha un notevole valore strategico per la sua posizione geografica, é rivendicato tanto dalla Transgiordania, quanto dall'Higiaz. L'Inghilterra non ha avuto alcuna premura nel definire la questione relativa alla sovranità su Akaba ; uno scambio di note anglo-higiazeno del 1927 dichiara anzi espressamente che tale questione rimane in sospeso : ma intanto le truppe britanniche della Transgiordania occupano la città, e insistentemente si parla del progetto della costruzione di una linea ferroviaria che dovrebbe unire il porto di Akaba col porto di Kaifa sul Mediterraneo, in Palestina. L'importanza di tale collegamento é evidente : con esso verrebbe assicurata in ogni evenienza, in territorio tutto direttamente controllato dagli inglesi, una linea di comunicazione sussidiaria a quella del canale, a poca distanza da questo.

Infine : venuta meno la dominazione turca sulla penisola araba, tre Stati di notevole importanza si erano formati sulla costa arabica del mar Rosso : l'Higiaz, l'Assir e lo Jemen. Occorreva all'Inghilterra evitare che questi Stati potessero entrare nell'orbita di altre Potenze. Sul primo di essi, la cui importanza deriva soprattutto dal fatto che entro le sue frontiere é compresa la città santa della Mecca, regnava la famiglia Hascemita che, ribellatasi nel 1915 alla Turchia, aveva avuto nel conflitto europeo l'appoggio degli alleati e in particolare degli inglesi. Ma lo sceicco Hussein, capo di quella famiglia, ambizioso e troppo fiducioso nelle proprie forze, ebbe il torto di concepire disegni egemonici in Arabia che contrastavano con gl'interessi britannici in quella Penisola. Mosse allora contro di lui un suo accanito nemico, l'emiro Ibn Saud del Neged, regione del centro dell'Arabia.
Hussein fu battuto, dovette abdicare, e Ibn Saud occupò l'Higiaz e si affacciò al mar Rosso : questo accadeva nel 1925. L'anno successivo Ibn Saud entrava con lo Jemen in conflitto per il possesso dello Assir: la lunga vertenza trascinatasi per ben nove anni, si chiuse nel 1934 con il trattato di Taif che riconosceva spettare ad Ibn Saud la sovranità sull'Assir. Ibn Saud non é legato all'Inghilterra da alcun vincolo formale : egli é pienamente indipendente, ma deve la sua posizione alla Gran Bretagna, e la Gran Bretagna ha nel frattempo posto due principi della famiglia Hascemita, figli di quel Hussein che Ibn Saud cacciò dall'Higiaz, sul trono dell'Irak e della Transgiordania, paesi entrambi controllati dall'Inghilterra e confinanti a nord e a nord est con gli Stati di Ibn Saud ; l'atteggiamento di questi principi preoccupa Ibn Saud il quale deve guardarsi al sud da un sovrano che non gli é amico : I'Imam dello Jemen.

Lo Jemen è uno dei paesi più ricchi della penisola araba é l'antica Arabia Felice : sui suoi fertili altipiani, alti oltre i 2000 metri, è continua la primavera ; é al tempo stesso, per l'indole degli abitanti e per le caratteristiche della sua organizzazione sociale e politica a base teocratica e conservatrice, il più arretrato dei paesi di Arabia. Diffidente contro gli stranieri in genere e gli europei in special modo, soprattutto verso i paesi colonizzatori, lo Jemen ha mantenuto contro i tentativi di invadenza inglese un atteggiamento di ferma resistenza quale nessun'altra regione di Arabia ha saputo assumere. Soltanto nella fase più acuta del conflitto fra Ibn Saud e I'Imam, l'Inghilterra é pervenuta ad ottenere che le truppe jemenite sgomberassero taluni territori del Protettorato di Aden che l'Imam rivendicava come propri, e a concludere con lo Jemen un trattato di buon vicinato ; ma nulla di più ha potuto ottenere sinora la Gran Bretagna da questo paese, la cui indipendenza l'Italia per prima valorizzò sin dal 1926 col Trattato di amicizia italo-jemenita.

Concludendo, possiamo rilevare che attorno al mar Rosso la Gran Bretagna in un cinquantennio press'a poco é riuscita a costituire un ben congegnato sistema di dominii più o meno diretti che le danno il quasi assoluto controllo di questa importante via marittima.
Ma gli inglesi hanno guardato anche più lontano : due vie ancora, non più marittime queste, ma terrestri, congiungono il Mediterraneo all'Oceano Indiano: sono due vie parallele a quella del mar Rosso e da questa non lontane : l'una ad ovest, la valle del Nilo, l'altra ad est, la valle dell'Eufrate, che immette nel Golfo Persico.

Per assicurare il controllo britannico sulla via del Nilo verso l'Oceano Indiano, occorreva in primo luogo tenere saldamente, oltre che l'Egitto, anche il Sudan. L'occasione di ottenere questo scopo doveva presto presentarsi. Nel Sudan era scoppiata nel 1881, una rivolta contro il Governo Egiziano capitanata da Mohamed Ahmed, il quale pretendeva di essere il Mahdi di cui Maometto aveva profetizzato la venuta. Le guarnigioni egiziane dei Sudan che si trovavano in miserevoli condizioni erano state presto sopraffatte.
In quei frangenti il Governo inglese spedì in Egitto Gordon, che già era stato nel Sudan per conto del Governo egiziano, valoroso soldato, uomo di elevato carattere, assai popolare in Inghilterra. Egli aveva ricevuto istruzioni di provvedere in un primo tempo all'evacuazione del Sudan da parte delle truppe egiziane e degli ufficiali inglesi inviati a sostenerle sin dallo scoppio della rivolta. Ma giunto a Karthum, Gordon cambiò di parere : non voleva più saperne di evacuazione. Si inizia fra di lui e il Governo britannico uno scambio di corrispondenza che fa perdere tempo prezioso : ragioni di politica di partito rendono il Governo britannico restio ad accogliere le proposte di Gordon per combattere il Mahdi : quest'ultimo intanto non resta inattivo ; ben presto Karthum é circondata e si palesa urgente la necessità di una spedizione di soccorso. Questa giunse però a Karthum il 28 gennaio 1885, quando la città era caduta da due giorni e Gordon era morto eroicamente.

Per oltre dieci anni gli inglesi furono costretti a lasciare il Sudan in balia dei rivoltosi ; ma nel 1896, approfittando delle lotte intestine sorte fra i mahdisti, dopo la morte del loro capo, e dell'appoggio che l'azione militare italiana in Eritrea poteva loro dare e in effetti diede con l'occupazione di Kassala, gli inglesi, guidati da Kitchener, intrapresero la riconquista del Sudan, che fu portata a compimento entro il 1898 dopo la vittoria riportata dagli anglo-egiziani nei pressi di Omdurman.

Frattanto gli inglesi, che a mezzo della Compagnia Imperiale per l'Est Africa si erano stabiliti nel Kenya, avevano nel 1893 proclamato questo territorio Colonia della Corona e di lì si erano spinti in Uganda : oggi essi controllano tutto il corso del Nilo dal Delta alle sorgenti sul lago Vittoria (6500 km.) ; e queste a loro volta sono collegate al porto di Mombasa sull'Oceano Indiano da una linea ferroviaria che compie l'intero percorso in poco più di 48 ore.

LA SITUAZIONE IN IRAK

Passiamo ora alla valle dell'Eufrate. L'importanza di questa via di comunicazione non deriva soltanto dal fatto che essa collega il Levante meditarraneo con l'Oceano Indiano, ma anche dal fatto che essa corre lungo il golfo Persico : e nel golfo Persico sfocia il petrolio che proviene dai campi petroliferi persiani dell'Anglo-Persian, la quale, come si sa, é una società le cui azioni sono per la massima parte di proprietà del Governo inglese.
Ricordiamo l'emozione suscitata in Inghilterra dalla notizia della concessione data nell'anteguerra dal Governo turco ad una società germanica, di costruire la ferrovia per Bagdad. Quella concessione fu considerata allora a Londra, e di fatti era, un colpo portato direttamente contro gli interessi britannici nel medio oriente. Da allora il Governo Inglese non perdette più di vista la valle dell'Eufrate, e quando, dopo la guerra europea e la fine della dominazione turca in Arabia, si offrì l'occasione propizia, la Gran Bretagna si fece assegnare dal Consiglio della Società delle Nazioni il mandato sull'Irak.

Questo mandato é cessato nel 1932, ma l'Irak é rimasto vincolato all'Inghilterra da un trattato di alleanza che fa praticamente di questo Stato un vassallo della Gran Bretagna. L'Irak si é infatti impegnato a garantire attraverso il suo territorio il libero transito alle forze armate britanniche, a consentire allo stabilimento nel suo territorio di reparti dell'aviazione inglese, e a non ammettere come istruttori per il proprio esercito se non ufficiali inglesi. Al rappresentante diplomatico britannico a Bagdad é riconosciuta una posizione di preminenza rispetto a quella fatta ai rappresentanti delle altre Potenze ; infine il Governo Irakiano é tenuto a consultarsi con l'Inghilterra per la trattazione di ogni questione che riguardi l'azione o tocchi gli interessi della Gran Bretagna in quel settore.

È allo studio il progetto per la costruzione di una linea ferroviaria che, partendo dal porto di Kaifa sul Mediterraneo, in Palestina, dovrebbe raggiungere Bagdad : in questo modo, attraverso la Palestina, la Transgiordania e l'Irak, il Governo di Londra si assicurerebbe la rapidità delle comunicazioni lungo una via che esso direttamente controlla fra il Mediterraneo e il Golfo Persico. Quivi, attraverso una serie di accordi con i piccoli sultanati arabi locali, il Governo di Londra ha assicurato alla Gran Bretagna una posizione di privilegio che la garantisce per quanto possibile da ogni spiacevole sorpresa.
Fra la via del Nilo e quella dell'Eufrate può stabilirsi, sia qui detto per incidenza, un certo parallelismo non solo dal punto di vista politico-strategico, ma anche dal punto di vista economico. Infatti, come nel Sudan l'Inghilterra ha trovato un vasto campo di sfruttamento per la produzione del cotone, che trova il suo sbocco nel bene attrezzato porto di Porto Sudan, così nelle regioni settentrionali dell'Irak vi sono ottimi giacimenti di petrolio ai quali importanti gruppi finanziari inglesi non hanno mancato di interessarsi. Già un oleodotto lungo 900 km. conduce il petrolio da Kirkuk presso Mossul sino al porto di Kaifa.
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LA FRANCIA STA A GUARDARE ?
Vediamo ora quale sia stata l'azione svolta dalla Francia in questo settore.
Già sappiamo come la tradizione francese dal Re Sole in poi, fosse stata sempre più favorevole all'apertura del Canale di Suez. Questa più rapida via marittima di comunicazione doveva servire in genere a potenziare i traffici fra l'Oriente e Marsiglia, cui la scoperta della via marittima per il Capo di Buona Speranza aveva recato gli stessi danni sofferti da Venezia e Trieste, e doveva servire in particolare ad avvicinare alla Francia i possedimenti ch'essa a poco a poco era venuta conquistandosi in India, in Indocina, al Madagascar. Nella fase più acuta della lotta con l'Inghilterra, specie al tempo di Napoleone I, l'apertura della via di Suez era poi stata considerata addirittura in funzione anti-inglese, atta cioé a consentire di portare una diretta minaccia all'impero britannico in India.
La favorevole disposizione della Francia al taglio dell'istmo di Suez e l'interesse che la Francia annetteva a tale evento furono costanti e spiegano l'appoggio che Napoleone III diede a questa iniziativa facilitandone con ogni mezzo in suo potere l'attuazione.
All'occupazione inglese di Aden e di Perim, la Francia aveva risposto con l'occupazione di Obok, estesa poi a tutto il sultanato di Tagiura (attuale Costa Francese dei Somali). Al lavorio britannico in Egitto, la Francia aveva risposto moltiplicando i suoi sforzi per assicurarsi in quel paese una posizione politica di primo piano e ciò attraverso le sue missioni culturali e religiose, e mediante l'azione della sua finanza e dei suoi tecnici.

Ma quando nel 1882 i marinai britannici sbarcarono ad Alessandria, mancò alla Francia, principalmente per ragioni di politica interna, il coraggio di agire tempestivamente per parare la minaccia che si profilava per l'equilibrio politico nel Mediterraneo Orientale, e le navi francesi, nonostante le esortazioni di Gambetta, si rifiutarono di associarsi, come ne avevano avuto invito, all'azione inglese. Quando la Francia si avvide dell'errore commesso era ormai troppo tardi : l'Egitto era stato occupato dagli inglesi, i quali lasciavano intendere che non se ne sarebbero più andati.

Segue un lungo periodo di rivalità anglo-francese in tutto quel settore, che culmina nel 1898, quando il maggiore francese Marchand dall'Africa Equatoriale Francese si spinge verso il Nilo per contrastare l'espansione britannica in quella valle, e viene bruscamente fermato da Kitchener a Fashoda. Parve allora che la Francia fosse decisa a riprendere a qualunque costo le posizioni perdute e che si fosse alla vigilia di un conflitto ; ma poi l'estendersi delle occupazioni francesi nell'Africa Occidentale e le aspirazioni della Francia al Marocco, consigliarono a Londra e a Parigi di ricercare le basi di un accordo. Questo si ebbe nel 1904 colla rinuncia della Francia ad ogni rivendicazione in Egitto e nel Sudan in cambio del consenso britannico alla occupazione francese del Marocco. Da allora, per quanto attiva, l'azione politica della Francia, sia nella valle del Nilo che ne mar Rosso, che nella valle dell'Eufrate, é tuttavia vincolata dagli impegni assunti dalla Francia con quell'accordo e con atti successivi relativi all'Arabia settentrionale.

Nessuna obiezione venne quindi fatta dalla Francia alle riserve britanniche del 1922 relative all'Egitto, né all'assegnazione alla Gran Bretagna del mandato sulla Palestina, sulla Transgiordania e sull'Irak. La Francia ottenne il mandato sulla Siria, ma questo possedimento francese é considerato soprattutto in funzione strettamente mediterranea, limitata cioé al compito di consolidare gli interessi della Francia, culturali, economici, politici, militari nel Levante mediterraneo, che non in una più vasta funzione di penetrazione verso l'Asia : tanto é vero che la Francia non si é opposta a che la Siria venisse del tutto circondata da territorio controllato dagli inglesi e quindi in pratica isolata dal retroterra arabico.

Nel mar Rosso la Francia ha tuttavia enormemente valorizzato il suo piccolo possedimento di Gibuti facendone il punto di scalo, che prima del taglio dell'istmo di Suez era all'isola Reunion, delle proprie vie di navigazione per l'Asia, e il capo linea dell'unica ferrovia che unisce l'altipiano etiopico alle grandi vie internazionali di traffico. Anche questa ferrovia diede a suo tempo luogo a rivalità anglo-francesi perché, secondo l'atto di concessione, la linea ferroviaria avrebbe dovuto spingersi dal mar Rosso sino al Nilo. Si temeva a Londra che la Francia intendesse in tal modo riprendere dall'est quella penetrazione verso la valle del Nilo che Kitchener aveva arrestato a Fashoda, e ad un dato momento la City tentò persino di impadronirsi della società francese che doveva costruire ed esercire la ferrovia. Il pronto intervento del Governo Francese che riassestò le dissestate finanze della Società, sventò quel pericolo e la questione trovò poi la sua definitiva sistemazione nel trattato italo-franco-inglese del 1906 ; con esso la Francia ha rinunciato alla facoltà di prolungare la ferrovia di Gibuti dall'altipiano etiopico verso la valle del Nilo, e si é impegnata ad ammettere nel Consiglio di amministrazione della Società ferroviaria, che é rimasta francese, un consigliere inglese ed uno italiano. Sappiamo che in base agli accordi italofrancesi del gennaio scorso, il 20 % delle azioni di quella Società verrà ceduto all'Italia, la quale diventa in tal modo comproprietaria
della ferrovia.
E L'ITALIA ?

Quando si discuteva in Europa pro e contro il taglio dell'istmo di Suez l'Italia era ancora considerata una espressione geografica. Gli stessi comuni di Venezia e di Trieste e gli armatori di quelle città, i più interessati allora della penisola allo stabilimento di dirette comunicazioni fra il Mediterraneo e il mar Rosso, dovevano rivolgersi, per tutelare i loro interessi, al Governo dello Stato straniero cui erano soggetti, e cioé al Governo austro-ungarico, e suddito austriaco era l'italiano Luigi Negrelli da Trento, l'ideatore del
progetto adottato per la escavazione del canale.
Ottime relazioni i vari Stati italiani intrattenevano é vero con l'Egitto e con gli altri paesi del Levante mediterraneo nei quali tutti erano ancora vivi e presenti i segni dell'influenza delle nostre repubbliche marinare : italiana era la lingua franca in quei paesi, italiane le più numerose, ricche e intraprendenti colonie straniere, italiane molte tra le migliori Case religiose e missionarie, italiani infine molti tra i primi valorosi esploratori di quelle terre. Ma l'Italia dapprima non esisteva, internazionalmente, ed era poi, subito dopo l'unità, troppo assorta nell'opera di organizzazione interna per poter guardare lontano, oltre il recinto dei propri malsicuri confini. E quelle glorie e quelle attività di città, di istituti, di privati italiani, non valsero, né potevano bastare da sole, a tutelare i fondamentali e vitali interessi dell'Italia in quell'importante scacchiere della politica internazionale.
Sicché quando l'Inghilterra e la Francia iniziarono la loro opera di reale penetrazione politica nei paesi attorno al mar Rosso, l'Italia fu dapprima assente, e poi per vari anni incapace a contrapporvi una efficace azione politica propria.

Nel 1882 l'Italia commise lo stesso errore della Francia e lasciò sola l'Inghilterra a sbarcare in Egitto. Eppure allora il Governo di Londra aveva chiesto per quell'impresa la cooperazione dell'Italia ! Come devono essersi rallegrati, in seguito, i nostri amici inglesi, del nostro rifiuto di allora ! FRANCESCO CRISPI che a Londra era venuto a conoscenza dell'offerta fattaci e della risposta negativa da noi data, tentò senza riuscirvi, come Gambetta in Francia, di aprire gli occhi al Governo italiano. AI Mancini, Presidente del Consiglio, così egli scriveva da Londra : « Sono dolentissimo che tu abbia declinato l'invito che ti fu fatto dall'Inghilterra di intervenire in Egitto. Voglia Iddio che il tuo rifiuto non sia causa di nuovi danni all'Italia nel Mediterraneo ! Bisognava accettare senza esitazione. Quando Cavour ebbe fatta l'offerta di unirsi alle potenze occidentali per andare in Crimea non vi pensò un istante. Il Governo del piccolo Piemonte ebbe quel coraggio che manca oggi al Governo d'Italia ».

E a Lord Grenville che gli chiedeva: « Dunque, non volete venire con noi in Egitto ? », rispondeva : «Per parte mia non perderei un momento per unirmi a voi ».

Ma dopo l'insediamento britannico in Egitto anche in Italia si comprese la necessità di non lasciarsi chiudere completamente nel Mediterraneo e di non lasciare all'esclusivo controllo di altri, sia pure di amici, una delle vie di comunicazione essenziali ai nostri stessi bisogni di vita. A scuoterci, a muoverci, tanto più ci indussero l'esempio e il pericolo che ci venivano dalla ininterrotta attività altrui in tutto il mar Rosso, e infatti, per poco che avessimo ancora atteso, tutta la costa dell'Africa Orientale lungo il mar Rosso,
sarebbe definitivamente caduta in mani altrui.

Per evitare questa jattura, finalmente il 5 febbraio 1885, previe intese con la Gran Bretagna che aveva del resto riconosciuto il nostro buon diritto, occupavamo Massaua, pure arrivando buoni ultimi. Nell'aprile dello stesso anno veniva occupata Archico, nel giugno Saati e l'arcipelago delle isole Dahlac, nell'agosto tutta la costa da Buri a' Beilul ; la baja di Assab, già acquistata dalla Società Rubattino, veniva compresa nei nostri possedimenti: nasceva la Colonia Eritrea.
---------------------Qualche anno prima una spedizione scientifica organizzata dalla Società Geografica Italiana e guidata da Orazio Antinori si era portata nello Scioa e aveva stabilito le proprie basi a Let Marefià : doveva coordinare l'azione dei nostri esploratori, compiere studi geografici e preparare una nostra pacifica espansione economica in Abissinia.
È troppo noto quel che accadde poi. L'impresa finalmente e felicemente iniziata fu interrotta, e, bisogna riconoscerlo, in gran parte per nostra colpa ; e non é ancora compiuta.
Ma intanto, se pure lentamente e faticosamente, anche l'Italia si era affermata su quella importante via di comunicazione, dimostrando con la sua presenza, anche se ancora timidamente, il suo fermo proposito e il suo interesse a controllarla al pari delle altre e maggiori Potenze marittime.

La nostra attività nel settore del Mar Rosso, e nei territori vicini, si é di poi a poco a poco venuta sempre più intensificando e precisando, sino ad assumere, dopo l'avvento del Fascismo che ha impresso alla politica estera nazionale in ogni suo campo carattere dinamico e realista, un aspetto essenzialmente costruttivo.
Nel levante il Governo fascista ha definitivamente risolto la vessata questione della sovranità italiana su Rodi e sulle altre isole adiacenti occupate sin dal tempo della guerra italo-turca : tale sovranità é ormai da tutti riconosciuta e Rodi vigila, non lungi da Cipro, la imboccatura del Canale di Suez.

Nell'Arabia settentrionale, esclusa dalla spartizione delle province ex turche, l'Italia ha rafforzato tuttavia con quei Paesi i legami economici e culturali che da secoli li univano alla nostra Penisola ; nessun interesse contrastante esiste fra l'Italia e i Paesi arabi del Levante sotto mandato : l'Italia ha sempre riconosciuto che l'istituto del Mandato non é stato creato allo scopo di stabilire un sistema di rapporti speciali e permanenti di dipendenza fra Stato mandatorio e Stato sotto mandato, ma che ha carattere provvisorio, e ha sempre seguito e segue con simpatia l'evoluzione di quei Paesi verso il raggiungimento della loro indipendenza. Questo atteggiamento dell'Italia, che ha avuto modo di manifestarsi all'epoca in cui venne in discussione a Ginevra la fine del Mandato britannico sull'Irak, é stato apprezzato nel Levante, dove oggi si guarda all'Italia con sempre maggiore simpatia : il Re della Saudia ha desiderato anch'egli rendere più intimi i rapporti fra il suo Paese e il nostro, ed é del 1932 il Trattato di amicizia e commercio Italo-saudiano ; I'Irak ha volentieri consentito ad un gruppo italiano di partecipare, con gruppi stranieri, alla messa in valore dei campi petroliferi della valle del Tigri.

La Colonia Eritrea, potenziata nella sua attrezzatura economica, sia verso l'interno, sia verso il mare, é divenuta un centro commerciale e politico di grande importanza nel Mar Rosso ; coi paesi che la fronteggiano, essa mantiene continui e crescenti contatti commerciali che hanno valso ad avvicinare a noi, anche politicamente, quegli Stati ; la Saudia e lo Yemen.
Dello Yemen già sappiamo che, unico fra i paesi della penisola araba, ha saputo non solo formalmente, ma anche sostanzialmente mantenere la propria indipendenza : ragioni elementari di equilibrio politico ci imponevano di rafforzare quella indipendenza apportandovi il contributo della nostra amicizia e del nostro prestigio ; e fu per questo che, per volontà del Capo del Governo, noi stringemmo con l'Imam dello Yemen nel 1926 il primo Trattato di amicizia concluso da quello Stato.

La conclusione di quel Trattato fu un atto che ebbe rilevanti conseguenze. Le relazioni di amicizia da noi iniziate con lo Yemen e attraverso le quali la nostra azione politica diveniva efficiente anche sulla sponda araba del Mar Rosso, indussero infatti la Gran Bretagna a riconoscere il nostro interesse, al pari di quello britannico, a mantenere la libertà del transito per quell'importante via di comunicazione.
Infine, con gli accordi franco-italiani del gennaio scorso i confini meridionali dell'Eritrea sono stati spostati sino allo stretto del Bab-el-Mandeb e si é stabilito il principio della compartecipazione italiana alla linea ferroviaria di Gibuti.
Se la valorizzazione dell'Eritrea, voluta e perseguita dal Governo fascista, aveva avuto come conseguenza di risollevare il nostro prestigio e di potenziare la nostra attività nel Mar Rosso, il Trattato di amicizia con lo Yemen e gli accordi conseguenti con la Gran Bretagna, e i recenti accordi con la Francia possono considerarsi come altrettante tappe da noi compiute per la riaffermazione dei nostri diritti e per la preparazione della nostra ulteriore attività in quel settore.

VITTORIO ZOPPI.

(Articolo apparso nel n. 4 di Civiltà Fascista, dell'aprile 1935)
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GLI ANTECEDENTI E CIO' CHE ACCADDE

* Ricordiamo che l'incidente a Ual Ual era avvenuto il 5 dicembre 1934.
* Il 15 dicembre L'Etiopia chiese alla Società delle Nazioni un arbitrato, l'Italia rifiuterà l'ipotesi di una qualsiasi intermediazione. (
Vedi successivo articolo - Il conflitto e la S.d. N.)
* Il 30 dicembre Mussolini consegna a Badoglio, capo di Stato Maggiore un promemoria con direttive e piani di azione perchè i rapporti tra l'Italia e l'Etiopia non possono essere affrontati sul piano della semplice diplomazia, ma sono diventati "un problema di forza", per cui è otmai necessario prepararsi all'impiego delle armi".
* Il 3 gennaio 1935 l'Etiopia si rivolge alla Società delle Nazioni per tutelare la pace nell'Ogaden
* Il 7 gennnaio 1935 Italia e Francia a Roma firmano una serie di accordi . In Africa la Francia oltre che cedere all'Italia alcuni territori confinanti con la Libia, con una dichiarazione segreta del suo ministro degli esteri Laval, riconosce "mano libera" all'azione dell'Italia in Etiopia. (
Vedi successivo articolo - "Gli accordi Italo-Francesi")
* A Febbraio a Londra si tiene un convegno franco-inglese, nel quale saranno approvate le intese intercorse con l'Italia. Viene così a comporsi un fronte comune in funzione antitedesca (questo perchè la Germania si sta riarmando ignorando le clausole del trattato di Wersailles - (
Vedi successivo articolo- "Riarmo della Germania")
* In Febbraio - Alcuni reparti italiani sono inviati in Africa Orientale. Inoltre si procede nel richiamo di ampi contingenti di truppa e si organizzano nuove divisioni.
* Il 16 marzo 1935 Hitler annuncia che non rispetterà più le clausole del trattato di Wersailles, relative al disarmo; ristabilisce il servizio militare obbligatorio e costituisce una aviazione militare. A seguito di tali dichiarazioni, Francia, Gran Bretagna e Italia chiedono una riunione straordinaria del consiglio della Società delle Nazioni.
L'11-14 aprile 1935 - Si svolge a Stresa tra Italia, Francia e Gran Bretagna una conferenza per riaffermare lo spirito del trattato di Locarno. Si stabilisce di far fronte comune contro la Germania nazista.

Ma gli accordi di Stresa entrano in crisi quando il 18 giugno si viene a sapere che l'Inghilterra ha siglato con la Germania un "Patto Navale", nel quale verrà riconosciuta alla Germania (a Hitler) la possibilità di armare una forza navale.
Rircordiamo che a Stresa non fu affrontata la questione etiopica, salvo qualche colloquio informale. Mentre il Negus ha inutilmente sollecitato la discussione sulla questione.
Quando interviene
Mussolini non chiede se pu� invadere l'Etiopia, ma rassicura e afferma che 
"l'Italia non vuole mettere in pericolo la pace,... dell'Europa".
 Ma la virgola e la pausa � come voler dire  "ma dell'Africa s�, quindi non interferite".


* Il 4 maggio la Gran Bretagna invita Mussolini a trovare una soluzione pacifica sull'Etiopia. Più che altro per salvare il prestigio della Società delle Nazioni. Ma Mussolini replica rivendicando la massima libertà d'azione, rifiutando qualsiasi ingerenza nelle sue decisioni su "questioni vitali dell'Italia".
Contemporaneamente in Italia parte una campagna di stampa contro l'inciviltà dell'Etiopia.
Anche un giovane giornalista si unisce al coro: Indro Montanelli.

* Il 7 giugno 1935 - In Gran Gretagna, Eden e nominato delegato alla Società delle Nazioni. Samuel Hoare è nominato ministro degli esteri; Bolldwin diventa capo del governo. Forte ostilità e minacce della Gran Bretagna per i preparativi guerreschi di Mussolini in Africa (ma è un bluff, anzi Hoare fa (e recita) il "duro" solo per vincere le elezioni - Lui è un vecchio amico di Mussolini).
* L'8 giugno Mussolini parlando a Cagliari è polemico con la Gran Bretagna, e rivendica le legittime aspirazioni coloniali dell'Italia.

* Il 25 giugno 1935 - Eden si incontra con Mussolini a Roma. Cercando la soluzione al problema etiopico.
* il 9 agosto, mentre Mussolini si consulta con Badoglio per un eventuale conflitto con la Gran Bretagna; questa nel frattempo ha inviato una flotta nel Mediterraneo. Badoglio è pessimista.
* Il 10 settembre gli inglesi (Hoare) e i francesi (Laval) parlano di eventuali sanzioni all'Italia.
* Il 28 settembre il Negus in Etiopia ordina la mobilitazione generale.
* Il 2 ottobre parlando dal balcone di Palazzo Venezia, Mussolini annuncia l'inizio delle ostilità.
Il giorno dopo ha inizio l'invasione dell'Etiopia.
* il 7 ottobre la Società delle Nazioni dichiara l'Italia paese aggressore dell'Etiopia.
* L'11 ottobre - 51 Stati su 54 partecipanti all'assemblea della Società delle Nazioni, decidono di applicare contro l'Italia le sanzioni economiche.

Gli antifascisti sperano in una rovinosa guerra per far innescare una rivolta generale contro il regime.
La Germania (che non fa più parte della S. d. N.) si dichiara neutrale alla questione etiopica. Ma c'è un tacito sostegno di Hitler all'impresa etiopica, che verrà poi ricambiata da Mussolini opponendosi a qualsiasi misura contro la sua decisione di militarizzare la Renania.
Iniziano così relazioni unificanti tra i due regimi. Oltre al concreto aiuto
all'Italia fornendole materie prime per attenuare le sanzioni. Germania e Italia nsi spartiscono le rispettive zone d'influenza.
E al contrario di ciò che si aspettavano gli antifascisti, la guerra d'Etiopia (iniziata piuttosto bene con la quasi immediata conquista di Adua - (
Vedi successivo articolo - "Nazione e Governo fino ad Adua") e la successiva vittoria (conquista dell'Etiopia e proclamazione dell'Impero - 9 Maggio '36) consolida attorno al fascismo un vastissimo consenso, perfino di coloro che erano fino allora all'opposizione.
"La rinascita dell'Impero sui colli fatali di Roma" ubriacò anche gli astemi.

Con questo successo, 51 nazioni hanno buttato nelle braccia di Hitler, Mussolini.
Il 25 luglio 1936, infatti, Hitler ritira il consolato in Etiopia presso il Negus, e ne nomina uno presso il governo italiano. E' un plateale riconoscimento dell'azione di forza di Mussolini (da imitare, visto che la Società delle Nazioni non conta nulla, e nulla è accaduto).
Anzi, incredibilmente nel dicembre 1936, le legazioni Inglese, Francese e Belga seguono l'esempio tedesco e diplomaticamente e di fatto riconoscono l'occupazione italiana dell'Etiopia.
Minacce, sanzioni, indignazione si rivelano essere tutte bolle di sapone.

Purtroppo, l'ubriacatura della vittoria, e il senso di superiorità, aveva fatto girare la testa a molti italiani. E non si volevano più fermare !!!

Anche il famoso Indro Montanelli, scriveva così su "
Civiltà Fascista"
"Salvo qualche mezzacoscienza, nessuno di noi si augura che la guerra finisca. Potrà essere sciocco, ma è così. Noi, soldati, non abbiamo che un desiderio: continuare....
Salvo qualche mezzacoscienza nessuno di noi pensa che un trattato di pace -qualunque esso sia- possa esaurire il nostro compito qui.....Non si sarà mai dei dominatori se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità.....Con i negri non si fraternizza. Non si può. Non si deve!..Non cediamo a sentimentalismi. Niente indulgenze, niente amorazzi...il bianco comandi. Ogni languore che possa intiepidirci di dentro non deve trapelare al di fuori"".


L'intero articolo, digitalizzato è presente nei files dei "Documenti"
(cliccare QUI )

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Erano appena passate 8 settimane; il 17 luglio scoppiava la guerra civile in Spagna. Non qualche "mezzecoscienza", ma le vere coscienza furono soddisfatti che la guerra non finiva; quello era del resto il loro unico desiderio: di... continuare. E finita la Spagna si continuò... fino al 1945 !
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QUI SEGUONO IN SUCCESSIONE 6 ARTICOLI DELL'EPOCA
(Oggi diremmo che sono di parte; ma questo leggevano gli italiani; non dimentichiamolo)


* IL CONFLITTO ITALO-ETIOPICO E LA SOCIETA' DELLE NAZIONI (1935) > > >

seguirà: * GLI ACCORDI ITALO FRANCESI (1935)
* IL RIARMAMENTO DELLA GERMANIA (1935)
* LA SITUAZIONE POLITICA IN INGHILTERRA (1935)
* NAZIONE-GOVERNO - POLITICA COLONIALE FINO ALLA CONQUISTA DI ADUA (GIUGNO 1935)
* NAZIONE-GOVERNO - POLITICA COLONIALE FINO ALLA CONQUISTA DI ADUA (AGOSTO 1935)

per la guerra di SUEZ continua invece qui >>


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