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CRONOLOGIA

DA 20 MILIARDI
ALL' 1  A.C.
1 D.C. AL 2000
ANNO x  ANNO
PERIODI STORICI
E TEMATICI
PERSONAGGI
E PAESI

ANNO 802 d.C.

(Vedi QUI i singoli periodi in
"RIASSUNTI DELLA STORIA D'ITALIA")


* * * LA DIETA DI AQUISGRANA


La Dieta di quest'anno è certamente -fra tutte quelle che si tennero in seguito ad Aquisgrana- quella più importante sulle leggi, perchè le successive aggiunsero solo alcune pagine, ne riscrissero altre con lo scopo di migliorarle, quelle non più valide le soppressero, oppure le resero più comprensive. Quella di quest'anno dunque la principale e quella
che sostanzialmente rimase.

Negli annali di Eginardo troviamo scritto che Carlo convocò i duchi, i conti, e il resto del popolo assieme ai legislatori, recitò ed emendò i diversi precedenti diritti popolari (alcuni si perdevano nella notte dei tempi) li fece poi mettere per iscritto, ed emanò una norma che imponeva ai giudici di giudicare solo in base alle leggi scritte. Osservò Carlo che dopo avere accettato la dignità imperiale, e fatta la grande unificazione del territorio, ora bisognava anche fare il "mestiere" dell'imperatore e che c'erano molti difetti nelle leggi dei popoli che lui governava; i franchi stessi avevano due Leggi che differivano l'una dall'altra in molti punti, quindi bisognava supplire a ciò che mancava, armonizzare ciò che era contradittorio, migliorare ciò che non andava o era superfluo.

Per prima cosa - come detto sopra- fece mettere per iscritto tutte le Leggi non scritte di tutti i popoli sotto il suo dominio (e ne abbiamo un resoconto preciso) poi riuniti tutti i funzionari, insieme iniziarono a considerare tutte quelle leggi locali che non si conoscevano ma che però erano applicate nei vari territori acquisiti e che solo oralmente fino allora erano state applicate dai tempi antichi, tipo quelli dei Frisoni, dei Sassoni, dei Turingi, dei Chamavi e tanti tanti altri.

Vennero così con gli uomini saggi delle varie tribù scritte i nuovi emendamenti, le nuove ordinanze di ogni genere; decreti destinati ad avere validità per tutto il regno o per singoli particolari distretti, norme di carattere generale e speciale, spiegazioni dei regolamenti di queste leggi, supplementi e correzione di vistosi difetti di leggi precedenti, e infine direttive per i funzionari statali.

E' chiaro che i rappresentanti delle varie tribù avevano sviluppato il loro diritto soprattutto in base agli usi consuetudinari arcaici della loro comunità, in base alla popolarità che godevano come uomini saggi dentro la stessa, e quindi non potè essere evitato un grande cambiamento del diritto tribale, tuttavia adeguandosi dovettero da questo momento sempre fare un riferimento all'autorità dell'impero anche se non rinunciarono in certi casi ad applicare alcune particolari leggi locali. Cosicchè in queste nuove leggi troviamo che da una parte si continua a mantenere il diritto della tribù e dall'altra quello emanato dall'autorità centrale imperiale che sottoforma di ordinanze completano il diritto popolare. I due poteri - il re e il popolo- concorrono alla formazione del nuovo diritto. E' del resto questo dualismo che concorre alla formazione del diritto.

Questo modo di procedere fu una rivoluzione notevole. Si dà avvio a una emanazioni di leggi dove la convocazione e la partecipazione delle persone interessate avrebbero portato a una cooperazione sia -sentiti i suggerimenti- nel farle le leggi , sia ad osservarle applicandole, visto che i capi tribù avevano partecipato nel redigerle. Questo è il principio fisso dello stato franco al quale mira la legislazione dell'imperatore e di quelli che gli succederanno.
Non mancarono i contrasti subito nati in alcune regioni dove le influenze popolari erano grandi, ma del resto bisognava cominciare e le opposizioni per quanto forti dovettero a lungo andare rispettare l'autorità centrale. Anche se in certi casi e saranno tanti, alcuni con la carica di conti non si prodigarono più di tanto nel far rispettare certe leggi a loro scomode, ma in questi casi c'era sempre il potere assolutistico di Carlo per revocare le loro cariche. E' sufficientemente dimostrato che Carlo si riservava sempre una possibilità di intervento, e quando si legge che "il conte doveva la sua carica alla bontà di Dio", non si tratta di un'affermazione di indipendenza quanto di una confessione di umiltà che al conte gli veniva comoda in qualsiasi momento; ma questo prima, un po' meno poi con l'autorità imposta dallo stesso Carlo.

E bastava poco per revocare tale carica. Era contenuta in due righe che volevano dire tutto e che interpretate alla lettera potevano in qualsiasi momento far trovare a Carlo l'appiglio per destituire un conte. Quelle due righe erano: "nessuno può essere condannato a morte, nessuno può essere condannato alla perdita della libertà, nessuno può essere condannato alla confisca della terra". E dato che chi doveva far osservare la legge ed emettere le sentenze erano i conti, bastava un piccolo errore o una male interpretazione di questa frase per incastrarli; i conti che erano abituato da sempre a fare angherie, ora non le potevano più fare, perchè sconfinavano oltre i loro poteri.

Anche nella scelta dei conti e dei funzionari ci è stato tramandato che Carlo concesse la carica anche a uomini che non erano nobili, e perfino a liberti, perchè in lui prevalse solo un principio molto saggio, quello di porre alla testa dei distretti persone che, a quanto era lecito aspettarsi, avrebbero fatto quanto era possibile per il bene dell'impero. Prima dell'incoronazione, si era avvalso dei missi laici vassalli , (gli inviati viaggianti del re che soprintendevano e controllavano la giustizia e l'amministrazioni nelle contee) subito dopo preferì nominare dei missi religiosi, arcivescovi, vescovi, e abati in quanto così non c'era da temere che si facessero corrompere. I dettagli di questi incarichi dei missi vengono redatti in un capitolare proprio quest'anno 802.

Quindi l'obiettivo della centralizzazione trova espressione in questo sforzo per conservare l'unità dell'impero, pur riconoscendo le giustificate differenze locali. Il regno doveva essere unito. E siccome il re non poteva apparire ovunque di persona, il suo posto era preso da uomini che dovevano essere considerati come suoi rappresentanti. Qui sta il carattere essenziale dell'intera istituzione, trovare il modo di far sentire la presenza del re in tutte le parti dell'impero, che andava anche a realizzare l'idea fondamentale del governo personale e diretto del monarca. Ma se qui stava la forza, qui stava anche la debolezza. Quest'ultima era che se fosse venuta meno il potere centrale che si stava così formando sulla sua persona, sarebbe anche caduta la continuità e l'immediatezza dell'influenza che la stessa esercitava. Cioè non era questa istituzione forte, perché dipendeva tutto dalla forza di un Carlo ed infatti quando questa sua influenza dal centro venne a cessare con il suo successore e figlio LUDOVICO il Pio, l'istituzione dei missi dominici (il signore inviato) degenerò, o cessò del tutto o divenne territoriale, e con ciò spogliata del suo carattere originario, si ritornò in un certo senso alla tribù, che si erano volute unire con le leggi di Aquisgrana, che dovevano dare giustizia uguale per tutti, un'economia imperiale, una cultura fatta da un grande territorio, un'unico popolo del nuovo impero che però non venne purtroppo mai alla luce.

L'impero universale che Carlo Magno voleva fondare non sopravvisse, il genio lo aveva dimostrato di averlo, con la conquista del potere fatto con mosse non avventate, sagge, intelligenti, favorite forse (che personaggi aveva vicino!) da quella concezione dell'unità universale che proveniva dalla concezione dell'impero romano prima e di quella ecclesiastica poi, soprattutto ideata e dominata da Papa Gregorio, quel gigante, monaco che diventato papa, rimasto ancora umile monaco, era riuscito a trasferire nei suoi successori una autorità in un modo forse perfino inaspettato da lui stesso. Carlo sembrò in un certo momento essere la sua reincarnazione, ma non riusci' a creare una burocrazia forte di una forza propria, che rimase poi, morto lui, alla mercè delle mutevoli situazioni di corte.

La burocrazia era stata creata, ma divenne dopo Carlo, di tipo speciale, una burocrazia patriarcale. Una burocrazia del genere non ha una forza sua ma condivide in genere il destino della famiglia regnante e si regge principalmente sulla capacità personali del sovrano. Se questo cade, cade anche lo stato.
Creare qualcosa del genere in grado di durare, era al di là delle possibilità anche di un Carlomagno e di tutta la sua dinastia.

Forse non fu nemmeno l'avanzare di quel sistema feudale che Carlo aveva inventato, che sempre di più si andò instaurando e che divenne storicamente la causa del crollo carolingio, ma fu la forma esteriore e l'appoggio delle forze disgregratrici che iniziavano a percorrere una Europa, così varia, cosi diversa negli usi, costumi, lingua, economia, razza. Queste forze avevano la loro radice nella diversa natura dello sviluppo dei singoli popoli; che per l'occidente rappresentavano un grosso problema, consistente nelle varie componenti, che se in alcuni popoli furono positive lo erano negative in altri. Ognuno proveniva da una propria civiltà sia materiale che culturale, che aveva plasmato il carattere dei singoli sudditi e dei loro governanti. Questi ultimi più sensibili al potere (anche se non ci fu più una personalità forte) delusero i propri sudditi e non andarono incontro agli appuntamenti con la Storia. Carlo aveva lasciato ai suoi eredi solo un regno e non l'idea che lui aveva di un regno, e questa purtroppo non fu trasmessa né con l'ereditarietà nè con la scottante eredità.

Appena morto passò dalla storia al mito, e la durezza dei tempi che seguirono, la crudelta e l'incapacità di molti dei suoi discendenti eredi, lo fecero rimpiangere, e contribuirono a spargere attorno alla sua memoria un'aureola di grandezza e di santità. Tale tradizione continuò per secoli, durò a lungo nelle chiese e più a lungo nella coscienza collettiva; fu così popolare che maggior memoria venne dalla poesia e dalla letteratura, che culminò nell'Orlando Furioso dell'Ariosto. Occorsero secoli prima che la figura di Carlo Magno fosse tolta all'epica e resa alla storia.

Attualmente, l'interesse politico teso all'unità europea ha reso alla figura e all'opera di Carlo Magno un'attualità significativa, e non in una forma con aspetti celebrativi e con una prospettiva individualistica, ma studiando l'epoca di Carlo Magno dal punto di vista sociale, culturale, e ideologico-religioso e come grande organizzatore e reggitore di popoli, insomma come creatore di civiltà.

A COSTANTINOPOLI intanto giunge la delegazione di Carlo e del Papa per chiedere la mano di Irene l'iperatrice bizantina. Un passo che- lo abbiamo già affermato quando abbiamo anticipato la cronaca di questa missione- avrebbe potuto cambiare le sorti del mondo, dei tre mondi di allora.
Ma non fu coronata da successo questa missione: Mentre gli ambasciatori erano già giunti a Bisanzio, IRENE viene con una congiura di palazzo destituita dal trono, arrestata, portata in esilio a Prinkipos poi a Lesbo dove morirà l'8 agosto del prossimo anno. Brutta fine di una donna che per pochi attimi poteva diventare l'imperatrice del piu grande impero del mondo a fianco di Carlo Magno.

 

Sul trono sale l'autore della congiura, NICEFORO che ha l'appoggio dei funzionari di corte dopo che questi si sono visti spendere in beneficenza da Irene tutte le risorse dello Stato, e per di più -per rendersi popolare- togliendo molte tasse che rappresentavano le entrate dell'erario. L'una e l'altra cosa avevano mandato in bancarotta lo Stato.

Proprio con questa situazione disastrata NICEFORO deve subito prendere delle importanti misure in campo finanziario, per riparare i danni che all'impero Irene aveva provocato col perseguimento dei propri interessi che erano poi quelli dell'approvazione popolare a cui aveva fatto grandi elargizioni.

NICEFORO non era bizantino, ma era un discendente del re arabo Jaballah. Uomo di polso, deciso, zelante, governò chiesa e stato con mano di ferro e per quanto il suo regno durò poco 802-811 (cessò con una tragica sconfitta e l'annientamento di una potente armata), egli fece un valido sforzo per riorganizzare i confini dell'impero che Irene aveva lasciato crollare e per attuare un certo numero di riforme quanto mai necessarie nel campo dell'amministrazione civile ed ecclesiastica. Queste riforme furono dure e severe; requisì tutti i tesori delle chiese; fece pagare gli arretrati ai possessori di case e terreni che lui diceva troppo in fretta con soldi sospetti acquistati; e ai monaci e al clero impose di lavorare la terra come un qualsiasi cittadino. Insomma lo stato era in dissesto e se la prese con tutti quelli che possedevano qualcosa per portargliene via una parte.

IN GIAPPONE un monaco buddhista DENGYO è inviato in Cina dall'imperatore Kanmu. Ritornato dopo un lungo viaggio all'interno della Cina fonda la setta dei TENDAI che in seguito sfocierà in un buddismo tutto particolare, tipicamente giapponese.

LETTERATURA Si conosce all'incirca a questa data la morte del grande poeta arabo MUSLIN, che celebra nelle sue opere l'amore nella forma tipica della poesia araba.

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