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CRONOLOGIA

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(Vedi QUI i singoli periodi in
"RIASSUNTI DELLA STORIA D'ITALIA")

CARLO MAGNO IMPERATORE (MALVOLENTIERI)

*** FRANCIA - Il 25 dicembre  Papa LEONE III incorona CARLO MAGNO imperatore.
Nasce il Sacro Romano Impero.

Carlo Magno alla metà di novembre scende in Italia con un forte esercito e raggiunge Ravenna. Scende poi lungo la costa adriatica e all'altezza di Ancona affida una parte dei soldati al figlio Pipino mentre lui con il resto continua verso Roma dove ha annunciato il suo arrivo per derimere quella fastidiosa questione delle accuse rivolte al papa, una volta per sempre.

Papa LEONE III si reca a Mentana alle porte di Roma ad attenderlo il 22 novembre dove giunge il giorno successivo. Mentre si organizzavano i preparativi e si convocavano quelli che dovevano essere presenti alla soluzione dello spinoso problema, i difensori, gli accusatori e i giudici, da Gerusalemme giunsero gli inviati del Patriarca di Gerusalemme, che portarono a Carlo le chiavi del Santo Sepolcro, della collina del Calvario e le chiavi della città, nonché lo stendardo di Gerusalemme a testimonianza della potenza e dell'autorità da lui conseguita. E' questo un fatto che avvalora quella tesi che essendoci buoni rapporti con il califfo arabo di Bagdad, (ma alcune fonti dicono -anche se non storicamente provato- che ci fu un vero e proprio viaggio segreto e incontro di Carlo Magno a Bagdad, dove il califfo gli aveva regalato la Terra Santa) lo stesso califfo aveva voluto dimostrargli con la sua magnanimità la sua amicizia con questo gesto che avviene a Roma tramite gli inviati del Patriarca che verosimilmente non avrebbero potuto di loro iniziativa fare qualcosa del genere se non erano già d'accordo e quindi su ordine del califfo arabo.

La proposta che acconsentì Leone era quella di discolparsi davanti a tutti in San Pietro con il libro dei vangeli in mano. Dichiarò solennemente di fronte all'assemblea "che il grazioso e sublime Carlo era venuto a Roma con i suoi sacerdoti e nobili per investigare sulle accuse e che egli di sua libera volontà, da nessuno condannato o costretto, si dichiarava innocente davanti a Dio di ogni sospetto".

Ma il fatto piu' importante doveva ancora avvenire. Il giorno di Natale durante la grande funzione che si stava celebrando in San Pietro gremita di folla, quando Carlo ebbe terminata la sua preghiera davanti all'altare di San Pietro, papa LEONE prese una corona la pose sul suo capo e davanti al popolo romano disse "A Carlo Augusto coronato da Dio, grande pacifico Imperatore dei Romani", e la folla proruppe in una intensa acclamazioni e con alte grida di omaggio.

L'azione del papa, colse Carlo di sorpresa, e questa è attestata con tale sicurezza dalla cronaca da togliere ogni dubbio. Eginardo ma anche altre fonti riferiscono che il nuovo titolo fu da principio male accolto dal sovrano, il quale avrebbe perfino detto che quel giorno, benché fosse Natale, non sarebbe neppure entrato in San Pietro, se fosse stato al corrente delle intenzioni del papa.

Oltre che essere questo atto stridente con la concezione papale di Costantino, dove era lui che nominava il papa e non viceversa, c'era il fatto che anche se il papa voleva dimostrare con questo gesto la sua gratitudine, aveva creato un precedente che subito Carlo Magno capì nella sua grande acutezza e saggezza politica. Fu contrariato dall'evento perchè lui non voleva la corona perché si sentiva un capo germanico e considerava l'idea germanica dello stato in contrasto con l'assolutismo romano, e poi non voleva dalle mani del pontefice quella corona, perché quest'ultimo avrebbe potuto arrogarsi il diritto di incoronare altri, deducendone con questo precedente rivendicazioni di supremazia. Carlomagno non disprezzava i doni che gli piovevano dal cielo, ma desiderava chiederli e farseli egli stesso e non riceverli all'improvviso, mediante un intervento esterno.

Che ambisse a una carica teocratica è certo, e su tale base si fondò l'idea di Carlo quando provvide alla sua successione. Se il papa aveva agito come strumento di Dio improvvisamente ispirato, questa ispirazione anche a Carlo -sostenne l'episcopato germanico- gli venne da Dio.

E lo dimostrerà nell'813 quando non lasciò certo ripetere quel gesto, né accettò qualsiasi collaborazione del papa. Fu lui che ordinò a LUDOVICO di prendere la corona imperiale che si trovava sull'altare e di mettersela sul capo. Non lo fece lui, ma Dio, questa volta non tramite il papa ma tramite lui che non aveva usato un suo gesto, ma usato la parola, e Dio aveva parlato tramite l'imperatore.

Comunque quell'incoronazione non rappresentò un cambiamento, fu solo una iniziativa del papa, la conseguenza di una lunga catena di eventi. Qualcuno giustificò che il papa si era comportato cosi perché l'impero non aveva un'imperatore ma una imperatrice (Irene) e che il rango imperiale apparteneva dunque a un uomo, e che quell'uomo non poteva essere se non Carlomagno.
E' certo che il papa, conferendo la corona imperiale, volle affermare la sua autorità sul più potente trono della terra, ed esercitare i suoi diritti (donazione di Costantino), e quindi creare un protettore di Roma e d'Italia, giudicando che una restaurata unità politica dell'Occidente fosse la necessaria premessa per una religione unica, un solo pastore, un solo principe
. Aveva fatto propria l'idea di una monarchia universale, restaurando una dignità politica e la supremazia imperiale della Roma sia cristiana che pagana.

Ma anche Carlomagno, come scrive il suo biografo, desiderava "innalzare Roma all'antica grandezza"; lui si considerava successore degli antichi imperatori; e quindi voleva regolare le cose della Chiesa e della religione come quelle della politica temporale.

Carlomagno però non voleva entrare in dispute e rivendicazioni che da Bisanzio potevano venire dopo questo atto di arroganza del papa, voleva e gli attribuiva massima importanza, un'alleanza con la capitale dell'impero. Infatti negoziò con i suoi ambasciatori con tutta sincerità per giungere a una buona intesa, e progettò perfino un suo fidanzamento il prossimo anno di cui abbiamo già parlato con l'Imperatrice Irene. Ma il progetto fallì quando i suoi ambasciatori erano appena arrivati a Costantinopoli per chiedere la mano dell'imperatrice. Sappiamo che IRENE non era né una grande bellezza, e non era neppure una donna giovane visto che aveva già superato i cinquant'anni. E' chiaro che Carlo aveva un grande progetto politico, un progetto che non riuscì a realizzare, perchè mentre i suoi inviati erano già giunti a Costantinpoli , IRENE fu deposta, e quello che doveva essere il matrimonio più celebre della storia non avvenne. Che questo avrebbe fatto cambiare l'intera storia dei Tre Mondi ( Arabo, Bizantino e Romano-Germanico) che erano in un contatto piuttosto critico ma anche vivace e costruttivo, non vi è il minimo dubbio. Invece questa incoronazione ebbe una conseguenza, perché è da questo momento che l'Impero diventa una delle due istituzioni fondamentali del Medioevo e condivide il dominio del mondo con il papato. Questo dominio però uno dei due lo vuole assoluto, ed ecco aprirsi il conflitto del papato e dell'impero che inizia ora, ma tutta la letteratura politica dei successivi cinquecento anni dei teologi, giuristi, letterati, filosofi, sapienti, fino a Dante cercarono di risolvere la questione tra le due supremazie.

Ma c'è di più, questo Re dei Franchi, questo germano che elevato alla dignità di Imperatore dal papa doveva rinnovare e impersonare l'Impero Romano Cristiano, volle lui e i suoi discendenti, fare un distinguo dall'antico impero, e per mettere in rilievo il suo particolare rapporto con la Chiesa e la sua restaurazione dovuta alla nazione tedesca, iniziò a chiamarsi Sacro Romano Impero della Nazione Germanica, che pur caduto nell'887 nell'anarchia degli stati indipendenti, ma poi restaurato nel 962 con Ottone, ebbe vita longeva sino al 1806, quando Napoleone decretò la fine con la rinuncia di Francesco II della Casa d'Austria, di quell'impero che non aveva più nulla di sacro, più nulla di romano, e con la nazione germanica allo sfascio.

Comunque ora bisogna iniziare a parlare di questo Sacro Romano Impero Carolingio (ovvero della Nazione Germanica).

Fondamento della concezione di questo impero è la compenetrazione di Stato e Chiesa che si manifesta con la stretta associazione tra i doveri religiosi e obblighi civili. Tutti i sudditi, dall'età di 12 anni, prestano giuramento di fedeltà all'imperatore: in esso viene precisato che il fedele deve servire Dio, obbedire ai comandamenti della Chiesa, sottostare al servizio militare, pagare le imposte a seconda delle proprie disponibilità, accettare la pubblica autorità.

Nel campo amministrativo Carlo applica su tutto l'impero il modello della struttura merovingia che ha il territorio francese, suddividendo l'impero in regni articolati in circoscrizioni pubbliche affidate a un ufficiale amovibile con compiti militari e giudiziari, subordinato al vincolo vassallatico. Cioè l'ufficio esercitato in nome del potere pubblico si configura contemporaneamente come servizio vassallatico, rimunerato coi proventi derivati dall'esercizio della giurisdizione. Una novità di quest'anno è appunto quella di avere reso stabile e regolare accanto ai Conti e ai Marchesi, l'istituzione dei missi dominici, procuratori delegati dal sovrano con il compito di controllare sul posto i conti dei loro subordinati, molto simili alla nostra odierna "guardia di finanza" locale e nazionale, e una specie di "denuncia dei redditi" annuale dei possidenti piccoli e grandi.

Nel famoso "Capitulare de villis", Carlo dava alcune norme per una diligente amministrazione delle fattorie (perfino pedantesche, di cui era anche cosciente, infatti faceva una premessa "Non si meraviglino i miei impiegati se io chiedo tante minuzie, poichè io voglio che le ville siano a me e non ad altri redditizie". Di questo capitolare ne vogliamo riportare alcuni singolari passi, nei quali possiamo farci anche un idea della vita economica del tempo.
Le proprietà erano allora divise in terre padronali e in terre tributarie ed erano importanti economicamente non soltanto per i prodotti della foresta, del pascolo, della caccia, dell'agricoltura, ma anche i prodotti delle industrie manifatturiere. Queste proprietà sono in mano alle corti signorili e queste sono il centro amministrativo di ogni complesso terriero oltre che la sede di un certo numero di attività artigianali e industriali. Ogni proprietà (come risulta da un importante documento giunto fino a noi nel cosiddeto "Polittico di Irmione, un abate di Saint-Gerrmain-des-Pres, il quale fece redigere uno stato dei beni del suo monastero) comprendeva due parti essenziali: il "manso" dominico e i terreni dati in godimento; il primo era riservato e coltivato dai monaci e dai lavoratori al loro servizio, ai secondi i terreni dati in godimento ai contadini a cui il suolo è stato concesso a condizioni di rimborso sotto forma di redditi o censi. Ma questi hanno anche un altro obbligo, sono anche tenuti a prestare giornate di lavoro, delle "corvees" , per mezzo delle quali viene coltivato il "manso dominico".
E' in questo modo che nasce quel tipo di organizzazione economica chiamata "economia curtense". La "curtis" forma il centro di una unità economica auto-sufficiente. Cioè vi si scambiamo e si producono, vi si consumano, prodotti della terra provenienti dalla campagna, i manufatti dell'artigianato e dell'industria provenienti dalla città.


"Vogliamo che i nostri dipendenti ci mandino ogni anno, a Natale in elenchi separati, dei rendiconti chiari e ordinati di tutte le nostre entrate, perché possiamo conoscere ciò che possediamo e le quantità di ciascuna cosa, e cioè: il conto delle terre lavorate con buoi e tenute dai nostri contadini, e di quelle lavorate dai possessori di manzi che ci devono il contributo di lavoro; il conto dei maiali, dei censi, delle obbligazioni e delle multe; quello della selvaggina catturata nei nostri boschi senza il nostro permesso e quello delle composizioni che ne sono seguite; quello dei mulini, delle foreste e dei campi, dei ponti e delle navi; quello degli uomini liberi e quello delle catene obbligate verso il nostro fisco; quello dei mercati, delle vigne e di coloro che ci sono debitori di vino; il conto del fieno, della legna da ardere, delle torce, delle tavole e delle altre specie di legno da opera; quello delle terre incolte, quello dei legumi, del miglio, del panico, della lana, del lino, della canapa; nonchè il conto della frutta, delle noci, delle nocciole, degli alberi innestati di ogni specie e degli orti; quello dei vivai, quello dei buoi, delle pelli e delle corna degli animali; quello del miele, della cera, del lardo, del sego, del sapone, del vino di more, del vino cotto, dell'idromele, dell'aceto, della birra, del vino nuobo e vecchio, del grano; quello delle galline e delle uova, delle oche; i conti dei pescatori, dei fabbri, dei fabbricanti di scudi, degli alveari, dei tornitori e sellai; il conto delle fucine, delle miniere di ferro e piombo; quello dei tributari e dei poledri".

Ma accanto a queste istituzioni che vanno a rinsaldare l'apparato burocratico amministrativo, si sviluppa anche quel fenomeno che abbiamo conosciuto in età merovingia, della concessione ai vescovi e agli abati dei monasteri l'immunità da qualsiasi intervento degli ufficiali pubblici in qualsiasi questione, compresa soprattutto quella che diventerà la più importante, l'accumulazione del patrimonio ecclesiastico, che permetterà a questo di salire sempre di più in alto nel potere temporale e a condizionare tutta la vita politica oltre che economica dell'impero prima, dei singoli Stati poi, con alterne vicende, comunque fino alla rivoluzione di Napoleone che spazzerà via certi benefici in alcuni casi millenari, ma che lo stesso Napoleone non riuscì nella sua opera a estirpare del tutto.

Dopo le istituzioni passiamo alla cultura. In nessun campo la riforma culturale carolingia ha influito così tanto come la produzione del libro, che per Carlo Magno era un potente mezzo di propagazione sia della liturgia che della cultura, indispensabile mezzo di apprendimento per gli uomini preposti al nuovo stato che lui voleva e stava creando. Da Cordova gli giungevano le notizie degli sviluppi che la cultura araba stava portanto nella società, beneficiando la tecnologia, le arti, le scienze, la stessa conoscenza della politica antica dove si poteva scegliere con oculatezza e interpretare, modificare, rinnovare quella Ateniese, quella Romana imperiale o repubblicana, democratica, autocratica, dittatoriale.

Come l'emiro di Cordova, anche Carlo incarica uno stuolo di scribi nella sua stessa corte, dove qualcuno si distinguerà in modo netto, lasciandoci l' Evangelario detto di Gondescalco che era appunto un copista di corte. L'opera oggi si trova a Parigi Bibl. Nat. Poi verra' il Salterio di Dagulfo, altro copista che creerà un'opera anche lui straordinaria, e come non parlare poi del Salterio di Utrecht (si trova appunto a Utrecht) di un'anonimo copista che volle illustrare con "semplici" disegni a penna la sua opera e che di semplice non vi era proprio nulla perchè creò un'opera originalissima che trasportata in Inghilterra e qui più volte copiata e stracopiata fu determinante per gli sviluppi della pittura inglese, e addirittura per la genesi della pittura gotica.

Non finì certo qui la produzione, su incarico di Carlomagno si crearono opere straordinarie in tutti i monasteri di Francia, Italia, Germania, che andranno poi ad arricchire i nostri musei, le nostre biblioteche storiche, con i testi prodotti a Metz, San Gallo, Sant Martin, Saint Denis, Fulda, Marmoutier, Magonza e tanti tanti altri. A Roma ci rimane uno di questi capolavori, è la Bibbia di Carlo il Calvo eseguita forse a Saint Denis; merita di essere assolutamente vista, soprattutto chi abita a Roma e nei dintorni, si trova a San Paolo fuori le Mura, una delle piu' antiche chiese di Roma, Sono le "piccole meraviglie" nascoste del nostro Paese!

L'OREFICERIA CAROLINGIA - Quest'arte fu una delle tecniche-pilota nell'età carolingia. Gli artisti dei primi decenni del regno di Carlomagno si erano formati nei centri abbaziali di cui abbiamo parlato, anche se l' Italia contribuì molto a fare da tramite con l'arte bizantina, ed infatti più tardi dalle abbazie la produzione si trasferisce agli orafi artigiani italiani che vanno ad eseguire opere di straordinarie bellezze di cui la principale si trova proprio a Milano nell'altare della Chiesa di San'Ambrogio, opera di un nostro orafo, che ha voluto in quet'opera raffigurarsi in un piccolo tondo, mentre lo stesso sant'Ambrogio lo incorona forse per i posteri per il lavoro che ha fatto, mentre lui con una mano è nell'atto di chiedere ben altro compenso: il suo nome è Vuolvinio, orafo di origine franco attivo a Milano. Altare che ingloba l'altare principale della basilica; una preziosa struttura lavorata a bulino e decorata da smalti, che misura la bellezza di diversi metri quadri di pannelli, uno dei massimi capolavori dell'arte dell'oreficeria.

ARTE CAROLINGIA - La prima testimonianza l'abbiamo vicina in Italia e in Alto Adige. Carlo Magno fa costruire nel Grigioni a Monastero ( Mustair) subito al di la' della Val Venosta dopo il Passo di Tubre, la chiesa di S. Giovanni con degli affreschi nello stile che verra appunto detto "carolingio", ma che è meno sapiente di quelli che si vedono subito l'anno dopo nella stessa Valle Venosta che si arricchisce di due capolavori carolingi: a Malles con il S. Benedetto dove si edifica l'oratorio monastico e la chiesa, dove ci sono delle pitture parietali sorprendenti, e che sono ancora nulla in confronto a quelle che subito un po' piu' a valle a Naturno andranno a decorare una chiesetta Romanica, quella di S. Proculo, che conserva nella sua semplicità isolata nella campagna una delle opere piu straordinarie e misteriose dell'arte carolingia, dove ancora oggi gli storici dell'arte rimangono stupefatti non per la grandezza dell'opera ma per la sua originalità drammatica, che ne fa uno dei più importanti tesori dell'arte carolingia in Italia, e il piu' rappresentativo. Una piccola chiesetta isolata che oggi si nota a malapena passando sulla statale della Venosta, e che prima o poi sarà chiusa al pubblico, smantellata e portata interamente in qualche museo, come avvenuto in quella di Mustair, oggi al museo di Zurigo.

LA MUSICA nel periodo carolingio acquista sempre maggiore importanza, e le scuole dei monasteri di Metz e di San Gallo diventano centri di studi musicali del canto gregoriano. Vi giungono anche i primi manoscritti bizantini che contengono una singolare notazione musicale. La notazione è ecfonetica e si serve di un piccolo numero di simboli, ognuno dei quali rappresenta una formula musicale stereotipa.


IN ARABIA L'Impero Abbasida malgrado alcune difficolta' interne ( disgregazione politica sotto la spinta di fattori religiosi, economici, etnici) e malgrado la perdita di alcune domini come quelli Spagnoli dell' Africa Occidentale e del Maghre, lo sviluppo del mondo economico sul territorio è straordinario. Grazie anche alla realizzazione di grandi opere irrigue, si sviluppa l'agricoltura; si diffonde la coltivazione di canna da zucchero, agrumi, cotone, riso e la sericultura che diventa una delle grandi industrie portanti di Bagdad ( erano in funzione fabbriche che occupavano perfino sedicimila dipendenti); Si formano citta' dal nulla dove ci sono nodi stradali, porti accoglienti nelle coste, che smistano traffici di produzioni agricole, artigianali, industriali. Migliora la tecnica produttiva tessile di cui abbiamo gia' parlato, con l'energia idrica, grandi mulini mettono in movimento grandi macchine negli enormi opifici; migliorano le tecniche della ceramica, della chimica, della metallurgia, della carta, dei materiali edili. Si sviluppa straordinariamente il commercio a lungo raggio, carovaniero, stradale, fluviale, via mare.

Nascono le banche dove ci sono tutte le operazioni di cambiavalute, pagamenti estero estero, si adoperano assegni di conto corrente e gli assegni circolari onde evitare di portarsi dietro soldi per non essere depredati. Nei porti e nelle grandi citta' i grandi mercanti hanno i loro conti depositati per i pagamenti sul posto, dove versano le monete del loro venduto o prelevano per pagare ciò che hanno acquistato sul luogo.

La rete dei commerci arabi si estende progressivamente all'Africa, alla Russia meridionale, all'Asia centrale, all'India, alla Cina, e molto piu' tardi gli arabi l'allargheranno verso le città marinare italiane, che conosceranno l'epoca d'oro; sono Amalfi, Pisa, Genova, Venezia. E saranno Pisa e Venezia che daranno il piu' grande contributo allo sviluppo della nostra penisola nel XII secolo, la prima votata alla grande cultura non disdegnando i commerci ( le banche e le corporazioni mercantili), la seconda la sua vocazione dominante sara' solo quella mercantile, e lo si vedra' nel 1500, quando finiti i commerci deviati e fagocitati dalle rotte delle Indie, Venezia entrerà nella decadenza, mentre l'altra contemporaneamente con la sua vocazione culturale mai svincolata dal saggio mecenatismo salira' le grande vette del Rinascimento a irradiare il mondo con la sua cultura, l'arte piu' liberale, la letteratura, la lingua, la finanza, la politica. Due vocazioni due mondi, due mondi, due stili di vita, soprattutto di costume.

BIRMANIA dalla Cina, forse dal Kansu si spostano su un territorio delle popolazioni che andranno a formare in seguito con il loro insediamento la Birmania. E' di quest'anno un loro centro, Pagan.

CAMBOGIA da vecchie tribu' che si erano stabilite a Giava rientrano in questi anni le popolazioni che avevano abbandonato questo territorio. Fondano il regno di Chen-la, e iniziano la costruzione di quella che sara' la loro capitale. Seguira' dopo un regno che dominera' la storia di questo paese, e' il regno Jayavarman II , la cui dinastia dara' vita a cinque secoli di cultura cambogiana fino al XIV secolo e che ci lasceranno immensi tesori artistici nella loro capitale ANGKOR con le sue grandi sculture rupestri, i grandi templi a forma di enormi cattedrali fatte di contigui campaniliformi costruzioni fittamente scolpitie da milioni di figure in bassorilievo, come il tempio gigantesco di Bayon, il Phom, il Vat di Angkor, ciclopiche e possenti costruzioni che si innalzano con i mille pinnacoli nel cielo. Un periodo leggendario, straordinario, sconvolgente, che oggi con una semplice videocasetta potete ammirare, stupirvi.

IL SAPONE introdotti dagli Arabi il sapone si diffonde nell'area prima mediterranea poi risalendo la Spagna araba si introduce in Francia e da qui nei paesi europei. Inizialmente i saponi erano a basi di liscivia, col procedimento dell'ebollizione degli acidi grassi e neutri che con l'aggiunta di una soluzione concentrata di cloruro di sodio provocava la separazione della massa saponosa che galleggia sulla liscivia. Con l'impiego del sodio e del potassio gli arabi ricavarono da certe saponine vegetali alcuni saponi molto delicati cioe' neutri. L'impiego massiccio era l'uso di alcune piante dette saponarie che crescevano in Asia, e che con i loro rizomi che contengono saponina e glucoside che ha la proprieta' di sciogliere i grassi e le resine, i chimici arabi prepararono mettendoci anche le essenze di profumi orientali, delle vere e proprie saponette da toilette. In Sicilia quando sbarco' un emiro non trovando la sua preziosa mercanzia, fece arrivare delle piante dal suo paese che si coltivavano per questo scopo e le fece coltivare sui terreni siciliani. Ancora oggi alcune di queste piante si trovano all'Orto Botanico di Palermo, e se lo visitate chiedete al custode di farvi vedere questi rizomi grandi come una ciliegia che sono piene di "saponina" perfino profumata già all'origine. Sono le ultime piante che attualmente esistono sul territorio italiano, una storica eredita' non proprio empirica degli arabi in Italia di quel periodo roseo per la Sicilia.

L'ASTROLABIO - L'astronomo MESSAHALA della scuola di Bagdad pubblica un libro sull'impiego dell'Astrolabio piano, che diverra' assai popolare nel mondo medioevale. L'astrolabio era gia' conosciuto da alcuni naviganti orientali fin dal II secolo a.C., ma quasi inesistente il suo impiego e quindi la sua diffusione. Con il perfezionamento degli arabi che si trovarono ad avere grandi testi di osservazioni celesti dell'antichita', riscoperto e perfezionato questo nuovo sistema di puntamento si diffuse in pochi anni in tutti i mari.. Nella sua forma piu' semplice esso consiste in un disco del diametro di circa 15 cm, col bordo suddiviso in gradi; sul disco e' segnato un raggio il cui estremo coincide con lo zero della graduazione; sul centro e' imperniata un'asta detta alidata, che si può far ruotare. Per misurare, p.es., la distanza angolare di due astri si punta il raggio su uno di essi e l'alidata sull'altro: l'angolo cercato si legge sulla graduazione del bordo. Con l'angolo di una stella che passa a una determinata distanza zenitale e a un dato azimut si determina la latidudine e quindi con le carte nautiche la posizione in cui ci si trova. L'astrolabio verra' usato fino al XVIII secolo, poi verra' sostituito con il Sestante pur essendoci ancora oggi astrolabi sofisticati che con un prisma e un cannocchiale inserito determinano con la massima precisione sia la latitudine che la longitudine .

RE ARTU' - E' di questo periodo la leggenda di Re Artu' che scaturisce da un'opera in latino scritta in queto periodo da un gallese, Nennio (secondo alcuni del monaco Gildas) dove si incontra per la prima volta il nome di questo re mitico, che capeggiava i Cavalieri della Tavola Rotonda. L'esistenza stessa di un Re Aturo non e' storicamente provata. Lo si incontra per l aprima volta in questa opera Historia Britonum e si tratta di un'ampia messe di tradizioni locali di cui e' ricca la posteriore poesia locale gaelica. Re Artu' si trova nominato anche negli Annales cambriae, il piu' antico manoscritto dei quali giunto sino a noi risale anche al X secolo. Ma il merito della vera composizione poetica andra' a Monmouth nel 1100 autore della latina Historia Regum Britanniae, dove pero' gli elementi essenziali che dominano non sono affatto celtici, ma sono fatti da uno scrittore che ha letto Virgilio, L'Eneide, le Metamorfosi di Ovidio, Lucano e altri classici antichi. E sara' Wace un francese normanno, che mise in prosa francese i versi di Monmouth che gli piacevano tanto, aggiungendovi di suo da farne un'altra opera, sua e' infatti l'idea della famosa Tavola Rotonda, ideata da Re Artu' perche' non sorgessero conflitti di competenza tra i suoi cavalieri. Insomma la leggenda di Re Artu' e' tutta fantasia, e per buona parte di questo francese che in Inghilterra non c'era mai stato. Ma le cose prendono una strada cosi' anomala che solo nel 1200 l'inglese Layamon traduce dal francese il poema del francese Wace, facendola diventare un'opera che fino al 1800 si credeva originale inglese di conseguenza anche un' opera storica magari impostata su dei racconti orali della popolazione. sappimao ora che era tutto inventato, Wace aveva letto anche lui l' Eneide dove prende perfino il nome del capostipite britannico, Brut, che era appunto il pronipote di Enea. Ma non sara' finita li' perche' da quei personaggi di Artu' altri scriveranno altri romanzi quasi in forma esponenziale, dando la sensazione che essi siano tutti esistiti. Stesse peregrinazioni avranno le vicende di Lancillotto, Tristano, e alla Ricerca del Santo Graal. Attorno a queste tre opere ci sara' un'anello di congiunzione incredibile di altre opere letterarie in prosa e in versi, che daranno avvio a tutta la letteratura di quel tempo, lasciandoci alla fine alcune pagine come quelle di Tristano che diventa capostipite d'una tra le piu' famose storie d'amore di tutte le letterature.

I LIBRI E LE BIBBIE CAROLINGE

IL TEATRO LEGGERO ARRIVA DALLA CINA - Ispirato alle antichissime danze degli sciamani, (i sacerdoti stregoni) si va lentamente delineando in Cina lo stile dello spettacolo teatrale, nel quale coesistono danza, canto, musica e recitazione. Un modello di teatro sconosciuto nel mondo occidentale, e che in seguito sara' qualcosa sara' mutuato da questo, soprattutto quello drammatico e del melodramma. Infatti le opere cantate, il MELODRAMMA del nostro 1700-1800 soprattutto in Italia, erano in uso e appartengono proprio ai cinesi di questo periodo di cui stiamo parlando. Infatti l'Imperatore Ming Huang del 756 e' ancora oggi venerato in Cina come il patrono degli attori, perche' fu il fondatore della prima scuola d'arte drammatica, noto come "Il Giardino del Pero" ( e ancora oggi gli attori si chiamano "i figli del giardino del pero") perche' era il luogo del suo palazzo riservato al centro di addestramento per attori, cantanti e musici, affinche' potessero fare delle professionistiche rappresentazioni e non solo pantomine popolari dilettantistiche. Una sorta di accademia filodrammatica, operistica, conservatorio e danza classica.

E a proposito di danza, proprio il BALLETTO qui nel Giardino del Pero non era una novita', perche' l'arte e la rappresentazione delle opere di danza in forma di balletto, era stata fondata da Lu Ts'ai, e lui stesso era sia musicista che scrittore dei balletti stessi, di cui negli annali cinesi se ne conosce uno in particolare fatto in una certa occasione. Lu Ts'ai mise in scena un balletto-dramma con centoventotto giovinetti che danzavano, mentre alcuni protagonisti facevano i solisti di una scena drammatica con finale tragico. ( Tipo Lago dei Cigni).

Ma a questo punto bisogna dare delle spiegazioni storiche per capire questo tipo di rappresentazioni.

Dagli anni 463-500, dopo la caduta dell'impero romano e le invasioni barbariche, per circa un millennio non si puo' piu' parlare nel nostro mondo occidentale di vere e proprie rappresentazioni teatrali, anche se come forma espressiva il teatro non scomparve completamente. Per tutto l'alto medioevo svolsero la loro attivita', continuando la tradizione teatrale tardoromana non proprio allo stile serioso greco e romano, con i mimi detti anche d'ora in avanti giullari e poi piu' tardi nel secolo XII menestrelli. Inizialmente furono proprio questi giullari che proseguirono le attività diciamo teatrali, che prestavano servizio fisso presso un signore, un conte, o nella corte, per divertire gli ospiti nelle feste e nei banchetti.

Ma era una attivita' questa di mimo e giullare, -e ne siamo informati bene dalle documentazioni che possediamo-, dove si tiravano addosso numerose condanne pronunciate contro di loro dalla Chiesa. Gia' i primi padri, Agostino e Tertulliano in particolare, avevano intrapreso una lotta contro il teatro profano e la cultura classica, che continuera' per secoli. Certamente ricorderete gli editti di Costantinopoli, contro tutte quelle attivita' ludiche, sportive di svago e anche artistiche. Divieti di fare rappresentazioni nei circhi, divieti di fare le feste, giochi, sport, di suonare, di svolgere attivita' ricreative alla domenica, considerate queste e quelle tutte di origine pagana.

Nel 529 Giustiniano quando con un suo decreto chiude la Scuola d' Atene, ffece chiudere anche le accademie, i teatri classici, le scuole di arte drammatica, di recitazione, tutte le attrici e gli attori furono considerati senza diritti civili, perfino non punibili se facevano commettere adulterio a un patrizio; infatti le donne attrici erano considerate alla stregua di meretrici ( ma immune di pene, perchè i patrizi altrimenti come avrebbero fatto a divertirsi se le mettevano tutte dentro in prigione?)
Impazzito d'amore per una di queste attrici fu Giustiniano, che infatti sposò la ballerina TEODORA, e che poi nei confronti delle sue colleghe ebbe un'occhio di riguardo, finché vivrà lei. poi si ritornò al disprezzo e alle persecuzioni.

Proprio per difendersi da questa secolare persecuzione a partire dal XII secolo i giullari, gli attori, si riunirono in corporazioni e confraternite, che sorsero numerose a Parigi, Londra, Chester. Generalmente agivano isolati, ma talvolta si organizzavano in piccole compagnie, spesso di carattere familiare, in cui recitavano anche le donne. Paesi, citta', villaggi erano le loro mete preferite e itineranti.

Solo piu' tardi nel XIII secolo si inizio' a fare con l'approvazione della Chiesa delle sacre rappresentazioni che pero' divennero presto sempre di piu' una parodia popolare burlesca, sempre di piu' ritornarono in superficie le vecchie tradizioni popolari che vi inserirono addirittura i giochi, le danze, i canti popolari che di liturgico non avevano piu' nulla, e che qualche volta si trasformarono e finivano per degenerare in vere e proprie manifestazioni orgiastiche; di latino ormai non si parlava piu', subentrarono i dialetti, la lingua del volgo. Tutte queste manifestazioni erano dirette da chierici che mantenevano un certo legame con l'edificio sacro essendo quasi sempre queste feste allestite sul sagrato delle chiese. Quando divennero completamente staccate dal cerimoniale liturgico si mise un freno, ma fu inutile e allora si proibirono anche queste feste.
Fu allora che a partire dal 1300 l'organizzazione di questi spettacoli, di queste feste e anche delle sacre rappresentazioni fu assunta dai laici, confraternite e corporazioni di cittadini, nei primi tempi nominati dal signore locale di turno poi sempre piu' organizzate dai nobili che crearono così delle vere e proprie caste di attori, sia con quelli che facevano rappresentazioni profane, sia con quelli che rappresentavano le religiose. Ancora oggi nel Sud d'Italia vi sono da generazioni e generazioni individui che assolvono questi compiti; incarichi vari che affondono nelle istituzioni e nelle corporazioni che nascono proprio in questi anni, e sono motivo di grande onore e prestigio per quelli che vi appartengono; funzioni e mansioni che si trasmettono da padre in figlio da secoli.

Del teatro cinese di cui abbiamo parlato sopra all'inizio e che sono gli antesignani della Opera di Pechino, in Europa arrivera' molto molto tardi, e con molta fatica, dovendo insinuarsi nel teatro classico risorto, nel teatro drammatico, nel melodramma, nella commedia dell'arte, nei comici dell'arte. Il tipo cinese approderà solo nel 1900, lo si chiamerà "Il Varietà". Assomiglierà molto a quello cinese ma se ne distacca di molto perchè in questo, i temi anche se popolari risalenti al teatro antico e accompagnati da canti, musiche, risate, grida e salti acrobatici non sono affatto solo comici e favolistici ma anche drammatici, e affondono le loro radici nelle tradizioni orali. Infatti ancora oggi i testi sono tutti anonimi.

I cento drammi della dinastia Yuan sono così noti al pubblico cinese, che ogni spettatore non solo conosce l'intreccio, ma quasi ogni riga che viene recitata e cantata. Eppure quasi nulla si sa degli autori di questi drammi famosi. E c'e' una ragione i drammaturghi T-Ang, i romanzieri Ming, o quelli Yuan non si facevano "pubblicita" come autori, perche' il dramma non era considerato "letteratura", non era "poesia", era solo realtà, e gli scrittori non si sentivano di firmare dei drammi umani. Una poesia la firmavano, una tragedia no. Altro modo di pensare.

Nessuna opera teatrale cinese è senza musica, l'orchestra di validissimi suonatori ha una parte importantissima nella rappresentazione perchè oltre che dare il ritmo alla scena e ai salti acrobatici di alcuni attori che certe volte hanno lunghe lance e compiono salti cadenzati dai suoni, la musica deve esprimere le emozioni che gli attori rappresentano; questa musica cinese, usa una scala differente da quella occidentale, e non è facilmente compresa e apprezzata dagli Europei. Inoltre la scena è sempre completamente vuota, nuda, aperta da tre lati. E in contrasto con la nudità del palcoscenico c'e' una grande abbondanza nei vestiti, nei colori e nel trucco degli attori che aiutono gli spettatori a seguire lo spettacolo. Simboli di colori e fogge nei vestiti che a un occidentale possono sembrare insignificanti mentre invece esiste tutta una simbologia distinguibilissima da un cinese, ogni personaggio ha un colore, un vestito, un trucco, secondo convezioni teatrali riconosciute. Un generale ad esempio ha sempre sull'acconciatura una piuma di fagiano, mentre chi impersona un letterato ha sempre con se' un ventaglio; mille personaggi della natura umana, diventano sul palcoscenico mille simboli nei vestiti, nel trucco, nelle foggie e nei colori. E' un codice che parte dalla notte dei tempi.

Riguardo a cio' che si rappresenta le convenzioni sono molto differenti da quelle occidentali, distinzione e divisione di: commedia, tragedia, farsa, balletto, opera, satira è ignota al teatro cinese, perchè la rappresentazione, il dramma è unico, e le comprende tutte.

Volendo fare un esempio banale è se come noi mettessimo in scena una commedia di Pirandello con la Cuccarini che balla, i Solisti Veneti che suonano, Abbado che dirige, Gassman che recita, Benigni che ironizza, e la soprano Ricciarelli che canta. Non potremmo comprendere, ne' capire quale logica possa esserci, ed è questa la grande differenza fra il nostro teatro e il teatro cinese. Difficile capirlo, difficile penetrarlo, quasi impossibile comprenderlo. Il bagaglio genetico anche qui si dimostra che non e' acqua fresca, perchè sono pochi gli europei anche se nati in Cina che amano e si emozionano alla musica cinese. E nulla è misterioso come i suoni musicali nella nostra psiche etnica. E' un grande mistero! che solo da alcuni anni la neuroscienza sta svelando. Si è già alla scoperta che la musica fa produrre endorfinè simili ai conosciutissimi oppiacei.

*** BIRMANIA - Un popolo nomade proveniente dalla Cina si stanzia su questi territori dandogli il proprio omonimo nome.

*** MESOAMERICA - In questi anni fiorisce nella citt� sacra dei Maya di Uxmal nel Messico, penisola dello Yucatan: costruzione della piramide dell'Adivino e la Casa delle monache

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