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CRONOLOGIA

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E PAESI

ANNO 520 d.C.

( QUI riassunto dell'intero periodo ( di Teodorico ) dal 493 al 526 ) >

*** IL BUDDHISMO IN CINA
*** LA "SAGGEZZA" ORIENTALE 

(VEDI ANCHE "IL BUDDHISMO)> > 


E' di quest' anno la prima testimonianza della grande arte cinese che lascia ai posteri la prima scultura del gruppo dorato di BUDDHA. 
E lo stesso anno anche l'arrivo in Cina, proveniente dall'India, di BODHIDHARMA, il primo patriarca della scuola buddhista ch'an (meglio conosciuta con il nome giapponese ZEN).

L' introduzione di questa dottrina in Cina si dimostrò determinante per lo sviluppo della "saggezza" ("religione", "filosofia") cinese, perché entrambe le scuole di Confucio, Buddha, e Lao Tse fino al XVIII secolo rimasero in buona armonia, l'una vicina all'altra. 
Per tutto questo tempo si arrivò perfino a dimostrare che le tre scuole sono nella loro sintesi concettuale una cosa sola. Tutte e tre nelle loro manifestazioni "religiose" lasciarono sussistere i culti di "religioni" più antiche facendo di queste "religioni" filosofiche una "religione" universale. Nessuna delle tre non ha mai richiesto ai suoi seguaci un'adesione e una fede esclusiva, perchè considera valide tutte le altre "religioni" e non conosce l' intolleranza (perchè non sono religioni come le intende un occidentale).

IL SIDDHARTA, BUDDHA dal punto di vista storico, della sua gioventù non si sa quasi nulla; si trasmisero sia i fatti leggendari che i suoi insegnamenti solo oralmente, tramandati nei vari dialetti. 
La tradizione scritta non venne fissata se non dopo un secolo dopo la morte.

In questi anni 500 d.C. abbiamo però il primo "concilio" di Vaisòli dove si possiedono informazioni attendibili. I discepoli monaci convocati in questo luogo, nella loro lunga assemblea iniziarono a fissare i canoni del Buddhismo. Non che prima non esistessero.

Per intero è stato conservato fino ai nostri giorni il Tipitaka composto in dialetto pali verso il 100 a.C. Di canoni ne nacquero - prima del concilio di Vaisòli- anche altri che introdussero modifiche e interpolazioni che poi dettero vita a numerose altre scuole (come il nostro Cristianesimo che ancora oggi di correnti ne ha 5, e Chiese diverse 56; l'Ebrea, 3 correnti, 12 tribù; Musulmana, 3 correnti 65 movimenti). 
Fondamentalmente però i concetti universali di questi nuovi canoni del buddhismo, di cui stiamo parlando, se andiamo alla radice sono gli stessi, e che oggi possiamo semplificare chiamandola nè filosofia nè religione (due termini che in Oriente hanno un significato completamente diverso da quello occidentale ) ma Saggezza Orientale, che ha suscitato in occidente sempre un interesse molto generico e sempre con limitate prospettive storiografiche. 

Infatti anche i più preparati culturalmente si trovano in imbarazzo se devono elencare i maggiori filosofi orientali. Citano i soliti Confucio, Buddha e Lao Tsè, ma oltre non vanno, nè vanno alle radici. Sarebbe come se per capire la nostra filosofia Occidentale un cinese conoscesse solo Platone, Aristotele e Socrate. Converrebbero tutti che a un estraneo non è sufficiente per capire l'Occidente, perchè l'Occidente non è rimasto fermo ai tre filosofi greci anche se messi insieme. La nostra civiltà occidentale e medio orientale di questi ultimi 3000 anni, fino ai nostri giorni, è un insieme di filosofia e religioni di 3000 anni!

Altrettanto la stessa "saggezza" ("filosofia", "religione") Orientale (anch'essa di 3000 anni) è molto più complessa nel suo insieme che non quella -singola o le tre messe insieme- di Confucio, Lao Tse e Buddha. Quella precedente, le tre citate, e quella successiva hanno come ispirazione la stessa antica "scuola" (del resto anche la Cristiana, Ebrea e Maomettana (pur così diverse) si ispirarono tutte al Patriarca ABRAMO prendendo strade diverse, e creando dottrine e dogmi diversi; correnti diverse nelle stesse dottrine e negli stessi dogmi, tanto da arrivare a oltre un centinaio di dogmi che partono da un unico ceppo. Ognuna ne ha fatta una personale. Quella che gli faceva comodo!).

Non pretendo io di colmare quelle lacune storiografiche, ma solo stimolare il lettore a trovare una traccia che possa portare ad approfondire le dottrine Orientali, che sono banalmente molto spesso nazionalpopolarizzate per scopi che non hanno nulla a che vedere con il tema che stiamo trattando. Uno dei capostipiti l' ho già citato nel 28 d.C. quando ho accennato a quel WANG CH'UNG che in quasi tutti i testi o dizionari occidentali è quasi sconosciuto, mentre nella "filosofia" cinese occupa interi capitoli ed è considerato il più grande pensatore della scuola antica, quello che ha attinto alle radici primordiali dell'umanità ancora sgombra di una morale di comodo impostata e ratificata con leggi, e via via dai governanti di turno applicate.
Affermava che con l'avvento della società moderna organizzata, basata sul potere di questo o quell'imperatore, gli ordinamenti, le leggi, le istituzioni, gli insegnamenti, le regole di comportamento, la morale, create da loro (e per loro comodo) hanno stravolto l'ordine naturale delle cose e della società umana. Quell'ordine antico dove "c'erano" i segni di una manifestazione biologica universale alle quali si deve guardare con una spontanea commozione naturalistica e una prospettiva antropocentrica.
(E Wang Ch'ung non aveva visto ancora i nostri due ultimi secoli! il capitalismo, le multinazionali, i trust, i capi degli imperi monopolistici, l'informazione globalizzata per darci "ordini" e "morali" che spesso sono vere scemenze)

Il Buddhismo vuole liberare l'uomo dal samsòra, ossia dal circolo delle esistenze: perche' la maledizione di ogni esistenza è la sua caducità. L' "io" personale, insieme a ciò che noi chiamiamo l'anima, si trova coinvolto in questo processo. In termini metaforici si potrebbe dire che come guardando un film si ha la impressione di una continuità per il succedersi ininterrotto delle immagini staccate, benchè una vera unità non esista, del pari l'incessante susseguirsi di processi istantanei della coscienza fa nascere l'illusione di un "io" nascente.
Ma il Buddhismo non nega soltanto un'anima sostanziale; esso ritiene che gli stessi dei siamo soggetti alla caducità e alla rinascita. Sembrerebbe dunque che esso è un ateismo, e ci si è chiesti appunto se si può chiamarla una religione. Non solo, ma potrebbe conferire all'etica buddhista qualcosa di freddo e una certa passività , ad un "uscire dal mondo", e in effetti all'origine era come una religione monastica occidentale, una comunità che si poteva definire un Ordine, e solo in seguito abbracciò una più vasta cerchia di laici, i quali bastava loro di pronunciarsi davanti a un monaco la formula di "prendo rifugio nel Buddha" per esservi ammesso. (ci si sposa con l'io più che con un dio).

Per tutto il resto questo laico poteva continuare la sua vita e mantenere le sue occupazioni nel mondo, senza un qualsiasi controllo ecclesiastico; mettendo in pratica quel che della morale buddhista è realizzabile nella sua particolare esistenza. I precetti di questa morale sarebbe lungo elencarli ma rispecchiano quella che è l'etica umana fin da quando la presa di coscienza nel danneggiare un altro ha cominciato a metterci a disagio con noi stessi, quando identificandoci nell'altro capivamo cosa era male cosa era bene, e che brevemente tali concetti fondamentali si possono elencare come 1° non uccidere alcun essere vivente; 2° non appropriarsi dei beni altrui; 3° non toccare la donna degli altri; 4° non mentire. Ed era una conseguenza che - per andare nella "retta via" - comportavano l'esclusione di quelle professioni che provocavano dolore agli altri: come quella del soldato, del cacciatore, del pescatore, del macellaio, perchè implicano l'uccisione di esseri viventi. 

Si vorrebbe anche nella vita ascetica del buddhista metterla in parallelo al nostro stoicismo, ma se andiamo alle origini delle stesse religioni occidentali, inizialmente a questo stoicismo, al dolore, alla sofferenza, erano proprio infarcite le prime dottrine, erano le forme per arrivare a meritarsi con l'uscita dal mondo, col cercare la sofferenza e il dolore un premio divino. Ecco dunque le punizioni corporali, le autoflagellazioni, il martirio, la morte invocata. Cosa che invece il buddhismo non contempla proprio perchè la morte conduce a una nuova nascita e non libera l'uomo dall' inesorabile destino della trasmigrazione. (l'Eterno Ritorno- Nietszchiano)

L'incontro e lo scontro del buddhismo con l' occidente, ha poi provocato all' inizio del sec.XIX e XX, un rinnovamento interno che in parte si ricollega ad antichi movimenti riformistici, e in parte ha assunto in maggiore o minore misura categorie di pensiero e strutture organizzative tipiche dell'occidente. Questo secondo movimento, cui presero parte anche i buddhisti occidentali, è stato chiamato neobuddhismo o buddhismo modernistico. Uno dei tratti che lo caratterizza è la ricezione delle scienze occidentali; l'altro è l'accentuazione (contrapposta al pensiero cristiano che resiste a oltranza) del carattere scientifico del pensiero buddhista e della sua fondabilità razionale. 
Le tendenze socialrivoluzionarie del buddhismo modernista hanno portato in alcuni paesi a un'unione del buddhismo col marxismo. Citiamo Marx e Nietszche, e sembra paradossale che i due maggiori combattenti contro le religioni, nelle loro riflessioni filosofiche mettono la questione religiosa sempre al centro dei loro pensieri e arrivano a certe riflessioni diametralmente opposte. Il primo afferma che "la religione è un' invenzione dei forti per opprimere i deboli" (Marx era di origine Ebrea) ; mentre l'altro che "è un invenzione dei deboli per frenare i forti". 

Entrambi in Oriente tali due riflessione sarebbero prive di sostanza e ritornando a leggere WANG CH'UNG nell'anno 28 di questa cronologia, ci si accorge che dalle sue poche righe voleva dire tutto questo e ben altro. Attingendo all'antichità, alla arcaica coscienza, spazzava via dalla sua dottrina proprio quei poteri (politici,religiosi), spazzava via la contaminazione del potere umano sulle nostre coscienze, sulla nostra morale, e additava solo la naturale biologica universale morale etica esistenziale nata con l'uomo stesso, sentita nell'armonia dell'ordine cosmico degli esseri viventi senza nessuna gerarchizzazione fabbricata a tavolino di qualche "palazzo" o in qualche "concilio". 
Se noi ammettiamo invece che questa gerarchizzazione esiste e deve esistere, quando siamo deboli prepariamoci sempre a chinare la testa, e non lamentiamoci se si è perdenti. Ma attenzione nulla è più deleterio quando ci si fa soffocare dalla rassegnazione, con questa non si va da nessuna parte; prima di iniziare già siamo soccombenti, poco più che vegetali. 
Si può anche prendere coscienza che alla gara che partecipiamo si può anche non vincere, ma se si ha anche coscienza che si è perso solo una gara e non tutte, si può continuare a gareggiare, insegnando se non altro a chi ci sta vicino (al nuovo discepolo) come ci si prepara a vincere, quali sono gli errori da non fare, e dov'è il punto di arrivo. E se abbiamo contribuito a far questo, qualcosa abbiamo vinto anche noi.

Significativa è quella storiella di quel cinese che avendo il suo povero orto in una valle in mezzo a due montagne, dove non arrivava mai il Sole, con una piccola pala incominciò a scavare la montagna che gli stava davanti con l'intenzione di liberarsi di quell'ostacolo e far crescere bellissimi frutti e saporite verdure; un occidentale fermandosi e osservando questa ciclopica operazione si affrettò a dire facendo i suoi calcoli che era inutile, che gli occorrevano almeno 130 anni prima di spianarla del tutto, e che lui il Sole non l'avrebbe di sicuro mai visto, -si lo so, disse il cinese- e allora perché lo fa? - perchè così mio figlio vedrà l'opera già iniziata e continuerà, poi suo figlio farà altrettanto con il suo esempio, infine come ha detto lei fra 130 anni i miei nipoti mangeranno delle ottime verdure e vedranno il sole entrare dalle finestre, e a lei tutto questo le sembra inutile?" 

E pensare che se noi non abbiamo la Ferrari e la Nutella subito, ci sembra che "non è vita questa". La gerarchizzazione ci ha portato anche a questo: sappiamo quanto vale la vita eppure ascoltiamo il saccente di turno che ci dice lui quando vale la pena di viverla. Insomma che il "nostro mondo" debba per forza essere uguale al suo.

Non dice quella pubblicita' "a che mondo sarebbe se non hai la.........? e l'altra "che vita è senza........?". A quando "ma perchè vivi ancora se non hai la........"? 
A quando il suicidio di massa perché non abbiamo disponibile una cioccolata calda?

 

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