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CRONOLOGIA

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ANNO 452 d.C.


ATTILA 
(Discorsi sopra la caduta dell'Impero Romano: Chautebriand)

"I capitani delle nazioni barbare avevano come queste un so che di straordinario. In mezzo allo scuotimento sociale Attila pareva nato per atterrire il mondo; egli era l'uomo dello spavento, e l'opinione volgare lo reputava formidabile. I suoi modi erano superbi, traspariva la sua potenza in ogni suo atto, fino allo sguardo. Cupido di guerra, sapeva per� frenare all'uopo questo ardore, saggio si mostrava in consiglio, non era inflessibile coi supplichevoli, favoriva coloro che gli si legavano con la fede. 
La statura piuttosto bassa, le spalle larghe, la testa ancor pi� larga, gli occhi piccoli, la barba rada, i capelli brizzolati, il naso camuso, la tinta bruna indicavano la sua origine (Jordand., cap.35, De reb.Get.):
La sua capitale era un campo od un grande ovile nei pascoli del Danubio: i re che egli aveva debellati dovevano ciascuno alla loro volta vegliare alla porta del suo abitacolo; le sue donne abitavano in capanne intorno alla sua dimora. Abbandonava ai suoi compagni d'arme i vasi d'oro e d'argento conquistati, capi d'opera delle arti greche, mentre forniva le sue mense di piatti di legno e di grossolane libagioni (Ex Prisco rhetore gothicoe historiae excerpta Carolo cantoclaro interprete, pg 60, Parisis, 1606)
Assiso a queste mense, dal suo sgabello, riceveva il Tartaro gli inviati di Roma e di Costantinopoli. Al suo lato faceva sedere non gli ambasciatori, ma oscuri barbari, suoi generali e capitani: beveva alla loro salute, e dopo aver magnificato il suo vino, concedeva grazia ai gi� conquistatori del mondo (ib. pg. 48-49).
Quando si pose in cammino per le Gallie, trasse seco una turba di principi tributari, i quali aspettavano, senza far motto e tremanti, il cenno di questo soggiogatore di monarchi per eseguire ogni comando.
Popoli e capitani compivano una missione che essi stessi non conoscevano: da ogni parte approdavano costoro ai lidi della desolazione, altri a piedi, altri a cavallo o sopra carri, altri tirati da cervi ((Jordand., cap.38, De reb.Get.) o da renne, altri assisi sopra cammelli, e altri naviganti sui propri scudi (Vopisc, In vita Aurelian), o sopra barche di cuoio e di corteccia (Apoll, In panegyr, Avit).
Navigatori intrepidi fra i ghiacci del nord come fra le tempeste del mezzod�, pareva che essi avesse veduto scoperto il letto dell'oceano (Ib. lib.VIII, epist.9).
I Vandali che passarono in Africa, andavano dicendo che questa impresa era loro suggerita piuttosto da un irresistibile impulso che dal loro desiderio (Salvian, De gubernat. Dei, lob. VII, pag 250).

Queste reclute di Dio degli eserciti non erano altro che i ciechi esecutori di un eterno disegno: donde quel furore di distruzione, quell'inestinguibile sete di sangue; quella meravigliosa combinazione di ogni cosa per mutare il destinato evento: vilt� fra gli uomini, deficienza di coraggio, di virt�, di intelligenza, di genio. Genserico era tetro, soggetto agli accessi di una nera melanconia: fra gli sconvolgimenti del mondo, egli appariva grande, perch� innalzavasi sopra rovine. In un sua spedizione marittima era allestita ogni cosa, egli stesso sulla nave: e dove si recava? Non lo sapeva. "Signore, lo interpell� il pilota, a qual popolo volete portar voi la guerra? A quello contro il quale Iddio � sdegnato, gli rispose il Vandalo (Zozim, De bello Vandalico, lib 1, pag 188 - Procopio, Hist. Vandal, lib. 1)

Alarico muoveva alla volta di Roma: un eremita arresta il conquistatore sul suo cammino, gli ricorda che il Cielo vendica le sciagure sulla terra (Sozom, lib IX, cap. 6, p.481) "Non posso arrestarmi, gli risponde Alarico; una forza sconosciuta mi incalza e mi spinge al saccheggio di Roma". Assedia per ben tre volte l'eterna citt�, prima d'impadronirsene, Giovanni e Brazilio che lo esortano fin dal primo assedio a ritirarsi, gli manifestano che se lui persiste nell'impresa avr� a combattere una moltitudine di gente ridotta alla disperazione. "L'Erba folta, risponde egli- si falcia meglio" (Zozi, lib V, pag 106).

Tuttavia si lascia piegare, e si accontenta di esigere dai supplicanti l'oro, l'argento, ogni prezioso oggetto, e gli schiavi di origine barbara  da liberare. "O Re, esclamarono gli inviati del Senato - e che rimarr� dunque ai Romani?"  "La vita!"  rispose Alarico.

Ataulfo, successore di Alarico, diceva "Ho nutrito il desiderio di cancellare il nome romano dalla terra, e di sostituire all'Impero dei Cesari, l'impero dei Goti, rinominando Roma, Gozia. L'esperienza mi mostr� l'impossibilit� che i miei compatrioti avessero a sopportare il giogo delle leggi, ed ho mutato pensiero; allora volli farmi il restauratore dell'Impero Romano invece di esserne i distruttore"

Attila-  "Un mandriano scopre una spada nascosta sotto l'erba, e la reca al principe tartaro. Attila la prende, e sopra questa spada, che egli denomina la spada di Marte (Prisco. ap. Jornand, cap, XXXV), giura che egli ha diritti al dominio del mondo. Attila soleva dire "La stella cade, la terra trema, io sono il martello dell'universo". Si nominava egli stesso col titolo che il mondo gli aveva apposto, Flagello di Dio (Rerum hungaricarum scriptores varii, Francforti, 1600).

Quest'uomo dalla vanit� dei Romani era appellato generale al servizio dell'Impero; il tributo che gli pagavano era per loro il suo stipendio: nella stessa maniera trattavano verso i capi dei Goti e dei Burgundi: L'Unno diceva a tal proposito: "I generali degli imperatori non sono altro che servi, i generali di Attila sono imperatori" (Ex Prisco reth Gothic Hist Excepet p.46).

"
Vide a Milano una tavola dove erano dipendenti Goti e Unni prostrati innanzi agli Imperatori; comand� che si dipingesse egli, Attila, sul trono, avente ai piedi gl'Imperatori intenti a versargli sacchi d'oro, di cui avessero cariche le spalle" (Suid, in voc. pag 157).
"Pensate voi, chiedeva un giorno agli ambasciatori di Teodosio II, che possa esistere una fortezza od una citt� quando a me piaccia di toglierla dalla faccia della terra?" ( Excepta ex historia  gothica Prisci rhetoris de legationibus, in corpore historia byzant, pag.53).

Dopo aver  trucidato il proprio fratello, Beda, invi� due Goti, l'uno a Teodosio. l'altro a Valentiniano, che loro intimassero "Attila, mio e vostro signore, vi comanda di preparargli un palazzo"

L'istinto di una vita misteriosa perseguiva fino alla morte questi mandatari della provvidenza. Alarico non sopravvisse molto tempo al suo trionfo: i Goti sviarono le acque del Busento presso Cosenza w nellasciutto letto del fiume scavarono una fossa, vi deposero il corpo del loro duce con un gran numero di monete e di stoffe preziose, poi fecero ritornare nel loro letto le acque, ed una rapida corrente pass� sulla tomba di un conquistatore (De reb. Get, cap. XXX). Gli schiavi adoperati a quest'opera furono scannati, perch� nessun testimonio potesse indicare dove riposasse colui che aveva domata Roma.

ATIILA, spirato nel seno di una donna viene esposto nel suo campo fra due lunghe file di tende seriche. Gli Unni si strappano i capelli e si tagliano le guance per piangere Attila non con donnesche lacrime, ma con sangue virile. Alcuni cavalieri si aggirano attorno al feretro cantando le lodi dell'eroe. Compiuta questa cerimonia, si imbandisce una mensa sulla tomba aperta, e gli astanti vi siedono ad un convito misto di gioia e di dolore. Consumate le mense , il cadavere viene dato alla terra nel segreto della notte; chiuso in un triplice feretro d'oro, d'argento e di ferro.
Col cadavere vengono sepolte anche le armi tolte ai nemici, oggetti tempestati di pietre preziose, ornamenti militari e bandiere; e perch� gli uomini ignorino questo tesoro, i seppellitori sono chiusi con il sepolto.(De reb. Get, cap. XXX)

Narra Prisco che la stessa notte che il Tartaro mor�, l'Imperatore Marciano vide in sogno spezzato l'arco di Attila a Costantinopoli.(Prisco, in Jornand, cap.40)
Lo stesso Attila aveva predisposto dopo che Ezio lo ebbe disfatto, di bruciarsi vivo, sopra una catasta composta delle selle e delle bardature dei suoi cavalli, perch� nessuno avesse potuto darsi il vanto di aver preso o ucciso colui che aveva riportate tante vittorie. Sarebbe egli scomparso fra le fiamme come Alarico nel torrente: immagini della grandezza e delle rovine di cui avevano colmate le loro vite, e coperte di terra.

I figli di Attila, che da soli formavano un popolo, si divisero.Le fazioni che costui aveva riunito sotto la sua spada, convennero in Pannonia, alle rive del fiume Netad per affrancarsi e combattersi le une contro le altre. Una moltitudine di soldati senza capitano l� si trucidarono a gara.(ib. cap.50)

vedi lunga cronologia dei fatti in "ATTILA, ERA PROPRIO UN BARBARO?" > >

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