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ANNO 382 d.C.

QUI riassunto  del PERIODO da GRAZIANO a TEODOSIO dal 378 al 395 d.C.

il  TRATTATO DI PACE DI TEODOSIO 
dopo la cocente sconfitta di Adrianopoli

( di: Giovanni Aruta )

* TEODOSIO IN PANNONIA
* NUOVA FIGURA IL "PONTEFICE"
* LA NUOVA BIBBIA (LA VULGATA)

* IL TRATTATO DI PACE DI TEODOSIO

Abbiamo visto che nell'anno precedente Teodosio, con l'aiuto di un forte esercito occidentale inviato da Graziano, era riuscito ad ottenere alcuni successi nella lotta contro i Goti. Ad aiutarlo giunse la morte di Fritigerno (o, cosa meno probabile, la perdit� di autorit� di quest'ultimo presso i suoi uomini) e, pertanto, Teodosio, nell'autunno dell'anno 382, dopo una lunga campagna militare era riuscito a confinare i Visigoti in zone della Tracia sempre pi� ristrette. A questo punto al sovrano d'Oriente si pose un dilemma: tentare di sconfiggere i Goti in una grande battaglia campale, con tutti i rischi connessi come aveva dimostrato la disastrosa esperienza fatta dall'incauto Valente ad Adrianopoli, ovvero proporre a questi barbari, cos� funesti per l'Impero, un accordo? 
Teodosio scelse la seconda soluzione e, pertanto, venne stipulato un trattato di pace il 3 ottobre del 382 D.C., esattamente quattro anni, un mese e venticinque giorni dopo la sconfitta di Adrianopoli. 

In questa sede ci sembra giusto anticipare che le condizioni dell'accordo furono oggetto di aspre discussioni in campo romano sin dal momento della sua stipula ed ancora oggi gli storici sono divisi nel valutare gli effetti della scelta di Teodosio. Gli autori contemporanei favorevoli a Teodosio rimarcarono il fatto che da esso emergeva ancora una volta l'invincibilit� delle armi romane che, grazie all'opera di Teodosio, erano riuscite a piegare quei barbari che ad Adrianopoli avevano inflitto all'Impero la pi� grave sconfitta mai subita nella sua storia plurisecolare. La pubblicistica dell'epoca favorevole a Teodosio, in particolare Temistio, adduceva come altra ragione per giustificare il suo operato il fatto che avesse evitato nuovi lutti che una grande battaglia campale, quand'anche vittoriosa per le armi romane, avrebbe certamente causato. Vi sarebbero state nuove perdite in un esercito che era stato ricostituito con tanta fatica dopo il disastro di Adrianopoli e probabilmente Roma non avrebbe avuto pi� le forze di affrontare i nuovi nemici che premevano alle frontiere (infatti � chiaro che per avere la massima probabilit� di battere quella massa di Goti disperati, e pertanto maggiormente temibili, non sarebbero state sufficienti le sole forze di Teodosio ma sarebbe stato necessario impiegare anche il grosso dell'esercito dell'Impero occidentale). 

Ma, se osserviamo attentamente le clausole del trattato che pose termine alla guerra possiamo concludere che da esso non emerge affatto la supremazia dell'Impero ma la sua debolezza. La sua stipula segn� un radicale mutamento degli equilibri strategici: non veniva pi� ammesso all'interno dell'Impero un nemico sconfitto o comunque sottomesso come era avvenuto (o quanto meno era sembrato avvenire) fino ad allora. In realt� quell'accordo si presentava come un patto tra parti uguali: i Visigoti, diversamente da quanto previsto in tutti i precedenti insediamenti di popolazioni barbare all'interno del territorio imperiale, non vennero dispersi all'interno del l'Impero come fossero dei semplici coloni e non erano soggetti all'amministrazione romana. Essi assunsero la qualifica di "foederati" ed a loro quali veniva attribuito un proprio territorio sul suolo imperiale. 

I Goti potevano combattere a fianco dei Romani, ma, fatto mai avvenuto prima di allora, in formazioni autonome e non sottoposti ad ufficiali romani. Pertanto essi conservarono la loro identit� etnica e culturale e, di fatto, costituirono una entit� autonoma, compatta ed armata, all'interno dell'Impero e la loro soggezione al potere di Roma era in realt� pi� che altro nominale. Possiamo senza dubbio dunque concludere che le condizioni concesse da Teodosio furono molto pi� generose di quelle stabilite nel 376 quando erano stati accolti all'interno del territorio imperiale. Ci� in quanto Valente, all'epoca imperatore d'Oriente aveva ordinato che fossero disarmati e dispersi nelle province dell'Impero (anche se abbiamo visto che ci� non era stato fatto per la cattiva gestione della situazione fatta dai funzionari imperiali).

Resta da chiedersi per quale motivo Teodosio e Graziano ritennero di concedere un trattamento di favore ai Goti rinunziando a cercare di infliggere loro una sconfitta decisiva, approfittando anche del fatto che in quel momento Fritigerno era morto e che non risulta sia stato sostituito da un altro capo cos� carismatico ( dobbiamo ricordare che Alarico all'epoca era solo un bambino). Forse essi non vollero correre rischi, e, nell'immediato, la loro scelta si rivel� vincente. Ma, l'aver lasciato in armi all'interno dell'Impero una cos� forte, compatta e numerosa popolazione barbara alla lunga si rivel� un errore fatale: alla morte di Teodosio, avvenuta nel 395 D.C., con l'avvento al trono dei suoi deboli figli Arcadio ed Onorio, i Goti utilizzando come pretesto il fatto che non erano stati dati loro i tributi promessi con il trattato del 382, si ribellarono ed il conflitto riprese. 

A questo punto per Roma la crisi militare divenne irreversibile nonostante che magister militum dell'Impero d'Occidente fosse uno dei pi� grandi militari dell'epoca: Flavio Stilicone. Inoltre la stipula di questo trattato dette origine ad un cupo risentimento da parte dell'elemento romano nei confronti di Teodosio e di Graziano e ci� a causa della generosit� con cui avevano trattato quei barbari che tante sofferenze avevano causato alle popolazioni dell'Impero. L'inquietudine vera di quel trattato traeva anche forza dal sospetto che i Goti lo avessero stipulato con animo ostile ed infido, dettato soltanto dalla necessit� di non addivenire ad un nuovo scontro decisivo nel quale avevano poche possibilit� di vittoria, dopo la morte del geniale Fritigerno. 
Si diffuse quindi la voce che per i Goti l'accordo non era altro che un espediente per superare un momento sfavorevole e che in segreto i loro capi avessero fatto un solenne giuramento di riprendere le armi per abbattere l'Impero quando quest'ultimo si fosse trovato in difficolt�. Pertanto ai cittadini Romani apparve odioso dover versare tributi per pagare i servigi di quei barbari che, tra l'altro, godevano di privilegi maggiori di quelli accordati alle milizie romane. Si diffuse cos� all'interno dell'aristocrazia romana un diffuso malcontento della quale la prima vittima sar�, nel 383, l'Imperatore Graziano. Dal canto suo Teodosio poteva ascrivere a sua gloria di aver concluso una guerra che aveva portato tanti lutti e sciagure all'Impero. 

I Goti erano sempre stati dei nemici molto pericolosi per i Romani: l'Imperatore Decio, primo sovrano caduto in battaglia, era morto combattendo contro di loro ad Abrittus. Nel terzo secolo scorrerie di Goti avevano portato al saccheggio di citt� come Trapezunte, Pityus, ed addirittura Atene nel 267 D.C. (in quell'occasione il cittadino ateniese Dexippo radun� cinquemila persone in un disperato ed ultimo tentativo di difesa della citt�, episodio famoso nella storia e nella storiografia). Poi, con la ripresa imperiale iniziata con gli imperatori - soldati e poi con Diocleziano e Costantino, per i Goti erano venuti temp i duri: quando una loro trib� , guidata da un capo di nome Rausimod, tent� di sconfinare nell'Impero (intorno al 322 - 323 d.c.), la riposta di Costantino fu fulminea: con le sue legioni accerchi� i Goti e li annient� in battaglia. Pertanto al momento della stipula del trattato, dopo le alterne vicende che avevano caratterizzato l'Impero di Valente, Teodosio sembrava aver recuperato, anche se soltanto parzialmente, la situazione. Apparve per� chiaro che soltanto la sua autorit� e la sua munificenza verso quei barbari potevano far perdurare la pace fra Goti e Romani: la sopravvivenza dell'Impero apparve dunque legata alla vita ed alla capacit� di un solo uomo. 
(di GIOVANNI ARUTA)


* TEODOSIO IN PANNONIA
* NUOVA FIGURA IL "PONTEFICE"
* LA NUOVA BIBBIA (LA VULGATA)

riepilogando questi due anni:

La penisola balcanica, dopo la strage compiuta dai Visigoti di FRITIGERNO sulle truppe di VALENTE, annientate completamente e con lo stesso imperatore ucciso assieme ai suoi generali, il territorio � ora nel caos totale.

Non essendoci pi� i romani a difendere i confini, i Quadi e i Sarmati, con le porte spalancate lasciate dal capo dei goti (lui era sceso fino ad Adrianopoli) avevano invaso ogni luogo del territorio.

GRAZIANO, dall'Occidente, dopo la morte di Valente, era andato nel 379 in soccorso dei pochi presidi sui confini scampati alla strage, ma l'idea di intervenire all'interno e ristabilire l'ordine, fu subito messa da parte; troppo rischiosa una spedizione dopo quanto era accaduto a Valente.

La visione dell'insieme della situazione, piuttosto disperata, lo aveva portato a prendere la famosa decisione di richiamare dalla Spagna accanto a s� l'odiato TEODOSIO. Ma del resto era l'unico valido generale sulla piazza in grado di riorganizzare un esercito, e col tempo ristabilire l'ordine non solo in Oriente ma anche capace di fermare a est il grande pericolo di una invasione.

Associandolo a valente e assegnandogli le province orientali, GRAZIANO si dimostr� molto accorto e lungimirante. Teodosio era l'uomo che occorreva sia in Oriente che in Occidente. E Teodosio super� ogni pi� rosea aspettativa, lasciando il suo nome scritto a caratteri cubitali nella storia.

Nel trasferirsi in Oriente, Teodosio aveva gi� avuto qualche scontro lungo la strada balcanica, ma di intervenire in profondit� con un esercito per ristabilire l'ordine lo ritenne troppo prematuro. Non bastava n� la strategia, n� il coraggio, occorrevano uomini, e Teodosio non ne aveva. Inoltre bisognava studiare un piano con calma, studiare meglio il territorio, non andare allo sbaraglio.

Arrivato poi a Costantinopoli, Teodosio aveva messo nei suoi piani una grande campagna militare da farsi sui balcani e oltre. Ma ricostituire un esercito da zero, in grado di affrontare i Visigoti di FRITIGERNO, oltre gli altri, i Quadi e i Sarmati, era un'impresa che richiedeva tempo, forse due tre anni.

Ma ad accelerare i preparativi e mettere il piano d'azione nella sua fase operativa intervenne la morte del capo operativo dei Visigoti, FRITIGERNO. Era lui il genio delle battaglie, lo abbiamo visto a Cabyle nel 378 come si comport�, preparando la mortale trappola agli assedianti.

Il suo "esercito" "barbaro" era la tipica orda, che se non ha una guida, un capo, un abile stratega, non � nulla. E questa orda, ora, era diventata proprio il "nulla" senza un capo.
Quale migliore occasione per Teodosio di anticipare i tempi e risolvere la questione una volta per tutte con le armi e con una grande campagna militare.

Teodosio si mise subito in marcia, e le sue previsioni, quelle di trovare i nemici allo sbando, furono confermate. Dalla Macedonia e fino alla Pannonia, quindi attraversando tutto il territorio balcanico Teodosio non ebbe molte difficolt� ad avanzare. Al nemico debole e disorganizzato, non rimase altra scelta che accettare le condizioni che Teodosio dettava. Ed erano pesanti e autoritarie, ma dovette anche lui come tanti suoi predecessori accompagnare questi patti anche con dei donativi, e promettere del denaro.

In breve fece un discorso del genere a tutti. "Volete la pace perenne? Non avete un capo? Volete restare sul territorio? Ebbene, rimanete pure, mentre per la pace c'� un'unica soluzione: d'ora in avanti i capi li scelgo io, e li scelgo fra di voi".
Gli accordi, questi compromessi, questi patti, furono alla fine conclusi. (Sapremo poi in seguito: promise anche dei contributi in denaro - Che per� poi nel 395, alla morte di Teodosio, non furono onorati dai suoi successori)

Rimaneva, l'"osso duro": ATANARICO il longevo condottiero che era poi la "mente", che la storia ci ha tramandato come il capo dei Visigoti ultracentenario, ma con addosso costantemente uno spirito combattivo impareggiabile. Si afferma che avesse 110 anni. Capo carismatico, venerato da tutti, si fece anche lui convincere da Teodosio, che nutr� un grande rispetto per questa leggendaria figura.
Lo convinse di abbandonare i campi di battaglia, il nomadismo, e ritirarsi a Costantinopoli a vita privata con tutti gli onori, promettendogli i migliori servigi a sua disposizione. Atanarico la citt� imperiale la conosceva per sentito dire, tutti gli raccontavano che era una meraviglia del creato. Si prese qualche giorno per fare alcune riflessioni poi mand� a dire a Teodosio che accettava l'offerta.

TEODOSIO mantenne fede a tutte le sue promesse. Al suo annunciato arrivo, lo fece attendere fin da fuori le mura da una folla strepitosa, e con un cerimoniale straordinario lo accolse dentro la citt�, camminandogli dietro, come se fosse stato lui l'imperatore. Alla popolazione intera sembr� un atto quello di TEODOSIO di grande umilt�, il gesto di un grande uomo oltre che di un grande imperatore.

Purtroppo, dopo solo 15 giorni, il lusso, la tavola sempre imbandita stravolse il metabolismo del vecchio. Forse le stesse lenzuola ad ATANARICO si vede non si adattavano bene alle sue membra, lui abituato a dormire sul cavallo; e mor�.

Ancora una volta TEODOSIO gli riserv� una sepoltura con onori e uno sfarzo da grande sovrano. In tutte le province dell'impero, non si parlava altro che di questa magnanimit� riservata a un capo barbaro, e anche nelle zone barbare con ben altro spirito non si parlava d'altro, del resto Atanarico era conosciuto ovunque, in tutta Europa.
A TEODOSIO queste intelligenti mosse gli procurarono in ogni luogo grande prestigio; la popolarit� che ottenne con questi atti non l'avrebbe ottenuta nemmeno se avesse vinto dieci battaglie.

Il suo collega GRAZIANO forse ebbe sentore di questa abilit� oltre che militare anche politica; della sua magnanimit� e saggezza, ma soprattutto fu forse colpito dalla sua umilt�. E anche lui con un gesto clamoroso, rinunci� alla carica di Pontefice Massimo. Sembr� dunque esserci nell'ambiente imperiale una filosofia spartana, un ritorno a Marco Aurelio.

Non per� nell'ambiente religioso, dove invece ora si salgono tutti i gradini della magnificenza, del lusso e dello sfarzo nei riti, oltre che nelle costruzioni di chiese e basiliche. GRAZIANO lasciando la sua carica di Pontefice ha infatti disposto di trasmettere ai sacerdoti la facolt� di confiscare tutti i beni immobiliari appartenenti ai pagani; in pratica tutti i templi, le basiliche, i collegi "sacerdotali" della Roma antica e di quella recente. Per un motivo che spiegheremo pi� avanti. 
Inoltre tutte le elargizioni in denaro prima concesse dallo stato a tutti i sacerdoti di ogni credenza, diventavano in blocco appannaggio del clero cristiano. Che cos� and� a moltiplicare  per dieci le entrate e per venti le propriet� immobiliari.

La carica di Pontefice Massimo diventa cos� uno degli appellativi del vescovo di Roma, e DAMASO (il termine papa - non � ancora in uso) fece valere questa autorit� offerta da Graziano al "seggio apostolico" anche nelle questioni esterne alla Chiesa, come la concessione dei titoli, le costruzioni, e tutte quelle attivit� civili che prima vi sovrintendeva il Pontefice (una carica istituita nell'antica Roma inizialmente per sovrintendere  proprio i ponti sul Tevere poi le costruzioni pubbliche in generale).

Infatti, il senso originario del termine pontifex era il "costruttore di ponti", poi in seguito di edifici pubblici, come le basiliche, i templi. Una specie di ministro dei Lavori Pubblici. Ed era nominato da un collegio sacerdotale di varie religioni pagane, che erano poi quelle appunto interessate al tipo di costruzioni sopra accennate, edifici adibiti ai vari culti di dei (pi� o meno di Stato) e alle varie credenze. Roma, cosmopolita com'era, dopo le sue conquiste in ogni parte del mondo conosciuto, come numero di dei non aveva rivali nel bacino mediterraneo. La tolleranza nei confronti dei vari seguaci, sia della popolazione sia dei funzionari quindi dello stato stesso non era un regalo ma una necessit� politica del buon governo.
Eventuali intolleranze (le religiose come quelle razziali) nei confronti di cittadini non nati a Roma, a parte gli incidenti, avrebbero provocato la paralisi. Non c'era una sola attivit� a Roma in cui si poteva affermare che si poteva fare a meno dello straniero. Quindi se doveva esserci l'integrazione etnica per motivi economici  questa la si doveva estendere anche ai culti che questi soggetti si portavano dietro dai Paesi di provenienza. Solo cos� si poteva garantire la convivenza civile. Quindi era una necessit� la tolleranza religiosa.

Con la politica attuale, scelta ora, piuttosto repressiva, la confisca dei beni ai pagani oltre che far accumulare grandi propriet� immobiliari alla Chiesa, mise nelle condizione i cittadini, compresi quelli scettici e per nulla seguaci del cristianesimo, di non poter fare altre scelte. 
La religione di Stato - con l'editto di Tessalonica del 380 firmato dai due imperatori Graziano e Teodosio - era unica ed era quella cristiana, e questa volta, contrariamente a quanto avveniva prima, il cittadino non poteva scegliere con coscienza. Insomma anche se non era mai avvenuta una conversione al cristianesimo, a questo bisognava adeguarsi, salvo avere lo Stato e le amministrazioni contro, e ora anche la legge che non tollera pi� i riti pagani, ma li punisce e confisca persino i luoghi dove sono esercitati.

Assieme ai pagani, ci sono gli eretici, in particolare gli ariani, che pur essendo cristiani, la disputa iniziata a Nicea, causa e causer� ancora molte incomprensioni, fratture, scismi, correnti, Chiese e Confessioni; chi rifacendosi in modo pi� radicale al Vangelo e al cristianesimo primitivo e chi invece dopo dispute interminabili vuole riscriverlo e ha una visione pi� moderna, meno primitivo.

Fra questi ultimi, lo abbiamo gi� accennato lo scorso anno, c'� la stesura di una nuova teologia. DAMASO quest'anno d� inizio al suo grande progetto.

Revisionare l'intera Sacra Scrittura. Il nuovo Pontefice DAMASO a Roma ha convocato GIROLAMO, l'erudito pi� informato e pi� fecondo dell'antica Chiesa latina. Il pi� sapiente in fatto di latinit� e cristianit�, anche se gli manc� una certa profondit� spirituale, viste alcune sue ambizioni secolari e sacerdotali. (Tanto da entrare in urto con DAMASO stesso, e diventare antipatico ai romani per i suoi atteggiamenti. Non manc� infine di polemizzare con ORIGENE e PELAGIO

Ma a lui quest'anno DAMASO gli affida il compito di riscrivere e illustrare la Bibbia dal punto di vista storico e filosofico. A GIROLAMO dunque va il merito duraturo di aver tradotto la Bibbia, che conosciamo come Vulgata.

Le polemiche sul suo contenuto (che diremo pi� avanti) si trascinarono fino al Concilio di Trento del 1546, quando i prelati convenuti dichiararono la Vulgata autentica, cio� valida non meno dall'originale. Ma subito dopo Sisto V nel 1590 ne ordin� una revisione ufficiale, e morto lui, Clemente VIII nel 1598 ne fece fare un'altra. Fino ad arrivare all'ultima revisione con altre correzioni ordinata ai Benedettini da Pio X nel 1912.

Girolamo parte quest'anno da varie traduzioni latine dei Vangeli, in questo periodo numerosi, con moltissime varianti. Molto diffusa era la Bibbia Itala, un tipo di Bibbia nata in Italia nel II secolo, opposta a quella diffusa in Africa, detta Bibbia Afra.

Gli studiosi, sui pochissimi frammenti della vecchia Itala, hanno accertato poi che quella di Girolamo doveva essere quella pi� fedele al testo originale.

GIROLAMO us� in parte l' Itala per il Nuovo Testamento ma tradusse di nuovo tutto il Vecchio T. dal testo originale ebraico, ma correggendo i Salmi, dopo che era venuto in possesso della Bibbia in greco, la Settanta, in origine scritta in ebraico, e poi tradotta appunto da settanta addetti in diverse tappe, nell'arco di decine d'anni, che ha posto agli studiosi moderni compiti assai complessi per una revisione critica, quando apparvero molte altre edizioni antiche, dove molte parti della Settanta si rivelarono non possedere lo stesso valore di altre. Troppe mani, fra l'altro a distanza di tempo, vi avevano lavorato. Quindi poco coordinamento del materiale antico, in ebraico, dove avevano attinto i vari traduttori

La licenza che si prese GIROLAMO, omettendo alcune parti, "correggendone" altre invece di tradurle solo, e affidandosi a fonti diverse a loro volta poco credibili, che solo oggi sappiamo essere tali, suscit� subito delle opposizioni e polemiche, che ancora oggi, dopo 1700 anni, alcuni studiosi non vi hanno posto termine.

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