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ANNO 363 d.C.

QUI riassunto  del PERIODO di GIULIANO dal 337 al 363 d.C.


L'ANNO 363! Vince il "Galileo"

GIULIANO L'APOSTATA
LA SPEDIZIONE IN PERSIA
LA MORTE DI GIULIANO
LA RIPERCUSSIONE SULL'IMPERO
LA RESTAURAZIONE DEL CLERO
LA FINE DI UN EPOCA
IL TRIONFO DEL CRISTIANESIMO
IL PAGANESIMO IN CRISI

- Abbiamo visto quanta importanza ebbero in seguito alcune scelte fatte da GIULIANO sulla situazione religiosa dell'impero. Pi� avanti ne vedremo delle altre, e per quale motivo queste scelte cambiarono certe idee della nuova religione cristiana.

Non furono solo queste scelte, nei suoi 7 brevi anni di carriera (di cui solo 2 come imperatore) a sconvolgere il mondo romano (occidentale). Un mondo gi� da un po' di tempo in fatale attesa, in bilico su quell'abisso che nei popoli e nelle civilt� si chiama "decadenza".

Nel suo breve soggiorno (morir� a 32 anni, il 26 giugno di quest'anno) altri provvedimenti presi (compresa quelli adottati in Gallia e in Germania) modificheranno in un modo definitivo le legioni romane che dovevano difendere l'impero. Questi provvedimenti furono: la "barbarizzazione" (queste le accuse dei rassegnati romani) dello stesso impero con l'immissione sempre maggiore di elementi germanici nell'esercito, e lo stanziamento d'interi altri gruppi etnici dentro i confini imperiali. Modificarono entrambi l'equilibrio delle forze esistenti.

Infatti, in questa situazione una cosa avevano capito molto bene i "barbari", che senza di loro l'impero romano era una "tigre di carta".
Il grave era che questa realt� l'avevano capita anche a Roma, non per niente i cittadini della vecchia capitale stavano vivendo gli anni pi� inquieti.

 Con la sua permanenza in Gallia e in Germania (quasi cinque anni), GIULIANO aveva risolto molto bene con delle spregiudicate soluzioni, i problemi di quella gente e i suoi; aveva toccato con mano la realt� quando si erano opposte quelle forze a far parte dell'esercito di Costanzo per combattere in Oriente. Ma non aveva nemmeno dimenticato quando proclamato lui a Parigi imperatore, che la stessa gente fu subito disposta a seguirlo, pronti a combattere per lui, anche se come sappiamo questo scontro contro Costanzo non avvenne mai per l'improvvisa morte dell'imperatore. Ma quest'attaccamento gli fu comodo per la sua ambizione, come vedremo.

SAPORE II, il re persiano, nonostante quella tragica spedizione che abbiamo letto nel 360, lo ritroviamo quest'anno a riorganizzarsi ma non pi� ad esercitare una pressione aggressiva sui romani come in passato.

GIULIANO salendo sul trono aveva ereditato anche il perenne conflitto che aveva impegnato negli ultimi secoli tutti i suoi predecessori, da Alessandro Magno in poi. Ora il problema toccava a lui risolverlo, e lo voleva risolvere a suo modo, coprendosi di gloria.

Alessandro! All'"alessandrite" non era sfuggito nessuno. Appena un imperatore otteneva qualche successo, il primo pensiero era quello di imitare il gran macedone e buttarsi nell'avventura per imitare il mito. Nessuno era sfuggito a questa grande ambizione: riaffermare la supremazia romana nei confronti della Persia con una campagna militare vittoriosa, che ripagava poi con una gloria secolare, leggendaria come quella d'Alessandro.

L'ultimo era stato COSTANZO, ma anche GIULIANO, questo mite ragazzo che aveva coltivato la filosofia e la poesia nei suoi silenzi claustrali, non era sfuggito a questa ambizione. Giuliano bruciava dal desiderio di compiere quell'impresa, e anche lui, era convinto, che la doveva portare a termine, sentendosi investito da una missione divina. Questo, nonostante SAPORE II dopo la tragedia di Carre (l'alluvione) e quella di Amida (l'ecatombe) pare avesse accantonato l'idea di proseguire la sua azione contro i romani, o di attendere momenti migliori.

 GIULIANO, lui che - come abbiamo visto sopra - ascoltava i consiglieri anche di una piccola cittadina prima di varare una legge, nel volere questa spedizione interrogando quelli che gli erano pi� vicini, questi lo dissuasero da intraprenderla, perch� allo stato delle cose non era necessaria, Sapore militarmente si era spento e ridimensionato da solo. Ma lui non soddisfatto interrog� gli Spiriti Celesti, che gli sconsigliarono la campagna militare presagendo una sua disfatta a causa di un'alluvione sulla piana mesopotamica, pari a quella catastrofica che aveva investito Sapore a Carre.

 Ma GIULIANO credeva pi� al suo fato e alla sua missione che non agli indovini e ai suoi prudenti consiglieri. Volle proseguire i preparativi ad Antiochia. Poi convinto di trovare una risposta affermativa alla sua guerra, fece visita al vicino santuario di Dafne. Qui gli Spiriti non emisero un responso n� favorevole n� sfavorevole, ma rimasero in silenzio. Era abbastanza per Giuliano (chi tace acconsente) per rompere gli indugi. E subito si prepar� con un ardore febbrile a organizzare l'esercito per il grande balzo sulla pianura mesopotamica.

A GIULIANO qualcuno fece presente, che altri responsi, come gli aruspici etruschi, gli erano nefasti; ma per quanto l'imperatore avesse presentimenti non buoni ("se muoio eleggete imperatore PROCOPIO" - Teniamo a mente questo nome). Arm� ad Antiochia un esercito di 65.000 uomini. Li pass� in rassegna uno per uno. Poi il 5 marzo ne assunse il comando e il 9 raggiunse Ierapoli; la citt� scelta per il concentramento di tutti i reparti dell'esercito impegnati nella campagna militare. Quattro giorni dopo attraverso l'Eufrate raggiunse Carre, la citt� dove era iniziata la tragedia di Sapore II, una citt� morta che evoc� tetri ricordi e la sfavorevole profezia.

Manc� poco! Sapore a monte del grande fiume, di alluvione ne provoc� una artificiale, fece aprire le grandi dighe e allagare la pianura, proprio mentre gi� si scatenava una tempesta e i romani si trovavano sul territorio mesopotamico.

 Qui GIULIANO divise l'esercito: una piccola parte verso il Tigri, l'altra con lui a marciare verso l'Eufrate, adottando una strategia particolare, quella di tenere in alta considerazione gli uomini dello spionaggio di Sapore. Fece, infatti, disporre lungo l'itinerario del Tigri alcuni distaccamenti di rifornimenti di grano, con migliaia di sacchi (alcuni anche finti) facendoli ammassare lungo questa direttrice, mentre lui si dirigeva con il grosso delle truppe verso l'Eufrate. Questo per ingannare gli eventuali abili informatori di SAPORE II. Voleva dare l'impressione che il suo attacco partiva dal Tigri.

 SAPORE nel frattempo, dopo la tragedia sia a Carre sia ad Amida, aveva fatto tesoro della tecnica dei romani: fare terra bruciata man mano che ci si ritirava, lasciando al nemico l'iniziativa di assediare alcune banali roccaforti predisposte proprio per questi assedi come trappole; sapeva che gli assedi provocano solo ritardi e null'altro; lui ne sapeva qualcosa!

 GIULIANO per� non cadde nella trappola, non si ferm� in nessuna fortezza o citt� fortificata, mandava solo a dire agli abitanti: "Noi non vi facciamo nulla adesso, ma se sconfiggiamo SAPORE II, vi assoggetterete a noi". Sembr� questa strategia la carta vincente, gli permetteva di avanzare rapidamente (troppo) con un esercito, che con una sua studiata malizia fece apparire enorme, procedendo con schiere sparse su un fronte che raggiungevano 10 chilometri.

Fu una marcia non priva di ostacoli e grossi problemi, causati, sia dal tempo inclemente - una tempesta mise a repentaglio parecchi reparti - sia dal morale dei soldati che videro nella tempesta la nefasta previsione degli indovini. Ma nonostante questi incidenti arrivarono sul canale Traiano che collega il Tigri all'Eufrate. Ctesifone quindi era vicina e verso questa citt� Giuliano riprese la sua marcia. Non era un semplice villaggio Ctesifone, ma era la ricca capitale della Persia, dove sorgeva la reggia, il ricco palazzo imperiale, che nell'immaginario collettivo da sempre era considerato pieno di ricchezze e oro. La fretta della conquista si impossess� di Giuliano. Non certo inferiore fu la fretta e l'impazienza dei suoi soldati, ormai abituati da Giuliano (come sul Reno) a saccheggiare dove arrivavano. Questa volta poi, la posta era molto alta, davanti a loro c'era il leggendario favoloso tesoro d'Oriente.

 SAPORE II, lo aveva previsto e aveva gi� abbandonato Ctesifone, pur lasciandovi una buona guarnigione a difenderla. Fu la mossa vincente. I romani per l'oro avrebbero trascurato tutto il resto, perfino la propria sicurezza. E Sapore non sbagli� affatto spostando la sua  pedina all'esterno, che era in sostanza quella della trappola.

I romani giunti nei pressi della  citt�, avrebbero potuto inseguire il Re Persiano, con risultati forse positivi, ma i soldati non seppero resistere a un possibile saccheggio della famosa citt�; l'assediarono per due giorni, ma inutilmente: e questo tempo sprecato nell'ingordigia fu fatale!

SAPORE a monte, organizzatosi con un esercito di elefanti e 25.000 uomini, si scagli� contro di loro come un ariete. Semin� il terrore; fece perfino indietreggiare i romani, che ripresisi dallo sgomento stavano quasi ribaltando la sorte, quando un soldato anonimo con una lancia colp� al costato GIULIANO. Ferito gravemente, fu soccorso, portato in tenda, curato. Inutilmente. Lamentandosi e credendo fino in punto di morte che quell'istante era il suo "apice della gloria" (com'era accaduto ad Alessandro) il 26 giugno, moriva a 32 anni, un anno in meno del grande macedone, soltanto che lui non aveva conquistato un bel nulla. Intanto i Persiani sfondata la difesa irrompevano sul campo.
La tenda dov'era spirato Giuliano fu incendiata e con essa il suo cadavere.

Questa improvvisa fine, semin� il panico nelle file dell'esercito, che non sapeva pi� cosa fare, mancava uno stratega, e nessun successore era in grado di proseguire questa imponente campagna militare, nata solo per appagare l'ambizione di un sognatore e naufragata in poco meno cento giorni.

 L'esercito allo sbando inizi� a ritirarsi, ma lungo la strada del ritorno trovarono solo terra bruciata. Molti morirono di stenti, ma molti disertarono per salvare la pelle. Per evitare il totale sfacelo si giunse alla decisione di nominare un imperatore; era del resto necessario per non sgretolare del tutto l'esercito. Fu scelto il comandante pi� anziano, un certo GIOVIANO, un rubicondo militare, rozzo, ricurvo, beone. Quando lo videro, ai reparti non venne a mancare soltanto il sostentamento alimentare sempre pi� disastrato, ma anche il sostentamento morale; e fu la fine.

GIOVIANO non all'altezza della situazione, fece la cosa meno onorevole, per� anche la pi� saggia: per salvare la pelle sua e quella dei soldati dalla fame e da eventuali attacchi, con un'affrettata pace cedette a SAPORE oltre che la Mesopotamia anche tutta l'Armenia. Si era partiti per la conquista del mondo, si rientrava con meno di prima.

Anzi Gioviano come imperatore non rientrer� in patria neppure lui e non vedr� nemmeno Costantinopoli. Il 16 febbraio del prossimo anno a Dadastana in Bitinia, quando ormai era in vista della capitale, lo trovarono morto nella sua camera da letto. Per quali cause non lo sapremo mai.
Alla sua nomina ci si era dimenticati di PROCOPIO, indicato da Giuliano prima di partire come suo successore. Ma presto ne sentiremo parlare.

Erano passati soli due anni da quando GIULIANO era diventato imperatore. In questi pochi mesi si era proteso verso audaci riforme civili e religiose (quella militare l'aveva ottenuta di fatto) mirando ad alcuni emendamenti in campo legislativo e amministrativo; ma tutti i suoi progetti per far tornare a risplendere l'impero rimasero dentro nella sua mente, non ne mise sulla carta nemmeno uno, e il destino di un impero mor� con lui, in quella tenda. Giuliano voleva assomigliare ad Alessandro e in questa fine prematura arrivata anche a lui dentro una riparo nel deserto, avvenne nello stesso modo, lasciando fuori dalla tenda un grande vuoto di potere.

I suoi scritti (tra cui Convivio e Misopogon - riapparsi molto pi� tardi) sono illuminanti. Ma non bastano solo le idee per trasformare un impero, ci vogliono gli uomini adatti, e di questi non ce n'erano.

Inoltre i suoi scritti furono seppelliti nella polvere, e tutte le idee da lui espresse scomparvero dalle pagine degli storici contemporanei; e questo � un valido motivo per ritenere che qualcosa di straordinario doveva avere ideato. Dalle poche notizie, una cosa � certa, stava combattendo gli abusi e il malgoverno, la corruzione e l'immoralit�. Alla corte, Giuliano, appena entrato, aveva fatto un'epurazione di massa creandosi tantissimi nemici soprattutto nel clero, che da Costantino in avanti, lo abbiamo gi� letto in precedenza, si era sostituito con una organizzazione e una ramificazione impressionante dentro lo Stato, e gi� dominava in tutte le istituzioni civili e amministrative, oltre le religiose con una implacabile intolleranza per le tutte altre, considerate in blocco tutte pagane, compresa la millenaria monoteistica ebrea e gruppi cristiani integristi alessandrini.

Quando giunse la notizia della sua morte, indubbiamente molti nemici fecero festa, e tante preoccupazioni scomparvero; la restaurazione era assicurata.

Mai periodo della storia occidentale fu cos� vicino a un cambiamento epocale, fra l'altro determinato da un uomo solo, e in soli due anni di regno.

LA FINE DI UN' EPOCA
IL TRIONFO DEL CRISTIANESIMO
UNA DATA STORICA IL 363!

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