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ANNO 362 d.C.

QUI riassunto  del PERIODO di GIULIANO dal 337 al 363 d.C.


L'ANNO 362
*** GIULIANO IMPERATORE
*** L'ASCESA DI GIULIANO
*** L'APOSTASIA DI GIULIANO
*** IL NEOPLATONISMO A ROMA

- Lo abbiamo conosciuto GIULIANO nella fase pi� dolorosa, quando nella sua adolescenza e nell'ombra della sua lunga segregazione scriveva diari colmi di struggente malinconica e nello stesso tempo, nonostante la giovanissima et�, leggere tantissimi libri con introspettivi contenuti filosofici, ma anche religiosi, ricevendo cos� una visione della vita quasi ascetica.

Poi, quasi sdoppiandosi come personalit�, l'abbiamo visto nella sua impetuosit�, a percorrere la valle del Reno. Poi lo abbiamo visto a Parigi, in ritiro quasi mistico, per prendere un'importante decisione su un problema che non era semplicemente di carattere militare, ma un problema di coscienza.

 Ora in quest'entrata trionfale a Costantinopoli, stava facendo altrettanto bene i suoi conti con calma e analizzando molti aspetti della situazione. Qui come a Parigi, si ritir� giorni e giorni segregato dentro una stanza (non aveva dimenticato gli anni alla fortezza) e inizi� ad esaminare attentamente il pro e il contro della situazione. Infine concluse che bisognava guadagnare tempo sorvegliando attentamente gli avvenimenti.

Scart� risolutamente fin dal principio l'idea di rompere alcuni equilibri in certi settori, non voleva attizzare rivolte; sia nell'ambiente politico, sia in quello religioso. Non ultimo quello delle varie amministrazioni delle province dove c'erano uomini che ormai avevano in mano il potere locale. Quindi nessun cambiamento improvviso che poteva rivelarsi traumatico.

GIULIANO nelle lunghe giornate di fortezza, aveva imparato bene oltre che a leggere, anche a scrivere bene. Di lui ci rimane una sterminata produzione (oltre la sua autobiografia, molto interessante, e da cui traggo questi elementi). Ma ci rimangono pure le lettere inviate in questo periodo a tutte quelle persone che potevano dargli consigli; ai governatori o amministratori di enti pubblici, delle citt� e delle province, dove chiedeva innanzi tutto com'era la situazione locale, il proprio pensiero sulla situazione amministrativa, un'analisi politica economica e religiosa, concludendo che da loro si aspettava i suggerimenti per migliorare.

 Sono lettere di un imperatore filosofo; non eguali, ma molto simili a quelle di Marco Aurelio o a quelle di Adriano, e che forse proprio a loro due (lo dice il suo modo di agire) voleva assomigliare, o meglio, reincarnarsi. Non per nulla che in mezzo ai libri che leggeva, troviamo le autobiografie e tutto quello che era stato scritto attorno a questi due imperatori filosofi. Del resto nella sua lunga prigionia solitaria, con il tutore MARDONIO, si era nutrito dei grandi capolavori della filosofia greca: Platone, Aristotele, Teofrasto. Era affascinato delle meraviglie dell'universo che i grandi pensatori avevano iniziato a comprendere, mentre nelle religioni, sia cristiane, orientali e pagane nel predicare solo il soprannaturale lui vedeva scemare e sbiadire le grandi conquiste del pensiero e l'esaltazione spirituale che ispiravano.

TRA I SUOI PRIMI ATTI IMMEDIATI appena insediatosi (oltre ad allontanare dalla corte tutti gli ipocriti funzionari parassiti di certe opportunistiche credenze - li abbiamo visti i trasformisti all'opera, con Costantino, subito dopo Nicea) subito riconferm� ai cittadini la piena libert� di culto. Agli Ebrei diede subito il consenso di riedificare il Tempio di Gerusalemme, e di riprendersi quelli confiscati e adattati dai cristiani. A Roma e a Costantinopoli permise a chi se ne faceva promotore di restaurare i propri tempi pagani senza essere perseguitati. Alle numerose dispute Ariane-Ortodosse permise perfino i litigi fra di loro ma con l'obbligo a non interferire con la politica imperiale.

GIULIANO ritenne pi� consona la libert� di pi� culti, visto che la scelta di un rispetto a un altro non conduceva a una vera chiarezza, ma provocava litigi anche nella stessa corrente. Dispute di carattere speculativo su alcuni particolari che GIULIANO, ritenne pretestuosi, insignificanti, non comprensibili dalla maggioranza della gente comune e perfino in quella dotta, ma solo provocatorie manifestazioni di intolleranza reciproca che provocavano solo disorientamenti.

Del resto era vero, perch� in questo periodo (alcune le abbiamo gi� lette negli scorsi anni, e altre verranno nei seguenti) si contavano tante opinioni in materia religiosa quanti erano i teologi contemporanei. E non solo capiva un nulla la gente comune, ma non si capivano nemmeno fra di loro. La scuola di Atene del Neoplatonismo era una vera palestra della dialettica. Fino all'avvento di Giustiniano le dispute saranno numerose e accese, poi l'imperatore la scuola la fece chiudere. Il neoplatonismo si riaffaccer� sempre anche se in un modo diverso nell'alto medioevo, lo rivisiter� Tommaso d'Aquino, poi Lutero, il Rinascimento non lo ignora, e non � assente tuttora nell'anno 2000.

 Quest'atteggiamento di GIULIANO, pur producendo uno scossone nelle file dei teologi cristiani locali (quelli di Costantinopoli) che non dimentichiamo erano Ariani (ed Ariano era ufficialmente l'Impero e pure il Vescovo (Papa) a Roma qui in Italia ) gli procur� l'appellativo che rimase incollato come un'infamia: GIULIANO L'APOSTATA.

Per pi� di dieci secoli scomparve da ogni testo storico il suo nome. Per gli storici � un rebus ricostruire il suo regno o qualcosa del suo regno in occidente. Tutto quello che sappiamo oggi ci viene da una sua biografia e dalle lettere. Ma sia l'una sia le altre rimasero avvolte nel buio di qualche monastero e ricomparvero solo nel 1400, da alcune traduzioni arabe.

 Il motivo di tale silenzio � semplice: con l'ascesa al trono di Giuliano, il cristianesimo cessava di essere la religione privilegiata. Giuliano, infatti, abol� tutti quei privilegi che Costantino prima e Costanzo poi avevano accordato ad entrambe le due correnti sia ariana sia ortodossa. Come l'esenzione di pagare le tasse sulle loro propriet�, che negli ultimi anni erano diventate cospicue con lasciti e donativi non sempre spontanei. Cos� pure di quei templi e basiliche che erano stati tolti sia ai pagani sia agli ebrei e trasformate in chiese cristiane.

Potevano tutti esercitare la propria fede, e firm� perfino un decreto per far ritornare nelle loro sedi i numerosi vescovi contrari all'arianesimo, esiliati durante il regno di Costanzo.

Che le dispute fossero delle vere banderuole, lo dimostra ancora una volta Laodicea Apollinare, che dalla critica all'Arianesimo approda quest'anno a un'eresia opposta, negatrice della natura umana del Cristo. Le dispute apollinariste le ritroviamo numerose nelle Lettere di ATANASIO di Alessandria, l'indiscusso capo degli ortodossi nella lotta teologica e di politica ecclesiastica contro l'arianesimo. Uomo di grand'energia e passionalit�, fu esiliato cinque volte e poi sempre di nuovo richiamato sulla scena della disputa per quasi cinquant'anni. Ma anche lui, pur mettendo al centro della polemica il Niceno ne ammise per� in seguito una assai ampia interpretazione.

 Insomma GIULIANO si era reso conto che nessuno aveva salde verit�, ma per queste sue constatazioni e affermazioni, anche se a torto, fu indicato come un persecutore dei cristiani.

Riteneva che la tolleranza migliore verso ogni tipo di religione era la tolleranza reciproca. Metteva tutti i riti, le devozioni, le religioni, sullo stesso piano, dove non dimentichiamo erano in questo periodo una mescolanza straordinaria di filosofia, di religione, di mitologia, di superstizioni e di antichissime credenze che in seguito, trasformandoli, adattandoli, ma non eliminandoli, s'impossess� la stessa religione cristiana, come i riti, e molte feste e ricorrenze pagane tipiche dei pagus, i paesi di campagna.

Comunque di questo neoplatonismo del tempo con tracce orientali, Giuliano, di educazione greca ne rimase sempre affascinato e perfino il cristianesimo non ne fu immune - vedi Plotino, Sacca, Porfirio.

Mille anni di gran civilt� greca, di tesori immensi di arte e cultura, di perfezione letteraria, non potevano mai compararsi- questa era la domanda che si faceva Giuliano - con le opere di un gruppuscolo di "galilei" "africani" che a malapena parlavano greco e a malapena lo scrivevano; bastava guardare le stesse scritture, erano scritte in un modo "barbaro".

L'errore grande di Giuliano, fu di non capire n� vedere la diversit� fra l'appassionata devozione dei pagani alle credenze dei padri, e le nuove religioni che ispiravano la "fratellanza umana". Giuliano, i divulgatori delle mitologie degli elleni che lui considerava di profondo significato, li confuse con i divulgatori della Bibbia e del Vangelo, non cap� la differenza sui contenuti, il bisogno di spiritualit� trascendentale che per il mondo contemporaneo in questo periodo era diventata non un opzional ma una necessit�.

Dopo il cosmopolitismo dovuto alle conquiste, dopo un mescolarsi di gente diversa, con un'impressionante numero di culti, tutti d'origine ellenica dalla fondazione in avanti, le religioni che avevano influenzato gli ultimi due secoli Roma e influenzeranno i successivi, sono alla fine solo quelle orientali.

Dalla Persia, il culto di Mithra, sia a Roma sia a Costantinopoli, - e Giuliano fu l'ultimo imperatore seguace e araldo di questa religione - ebbe un tale sviluppo da divenire una pericolosa rivale del cristianesimo.

Non dimentichiamo che i teologi del cristianesimo (tutti orientali) s'ispirarono molto (ma qualcuno afferma che mutuarono quasi tutto) al culto di Mithra.

Infatti, questo culto conosce un battesimo e una specie di pasto sacro, consistente in pane, acqua e vino, a ricordo dell'ultimo pasto del maestro, che dopo averlo consumato sal� al cielo portato dal carro del sole. Il culto di Mithra (celebrato dentro locali sotterranei su altari di pietra) esigeva che i suoi fedeli combattessero moralmente contro il male, soprattutto contro la menzogna e le impurit� dei sensi. All'anima dopo la sua separazione dal corpo, Mithra avrebbe reso possibile l'ascesa al cielo e gli era garantita l'eterna beatitudine nella resurrezione. L'identificarsi di Mithra col dio solare e il suo carattere "luminoso" si afferm� moltissimo nel mondo romano, soprattutto quando Aureliano lo introdusse ufficialmente a Roma nel 274 ed era festeggiato come il sol invictus, il 25 dicembre, il Natale (del Sole).

 Il processo di disintegrazione dell'impero romano ormai era una realt� ed era giunto al suo compimento. Il cristianesimo nel suo evolversi, assimil� l'ellenismo, il meglio del pensiero e dell'anima greca; assorb� il diritto e le istituzioni romane; prese da ogni religione alcuni culti; si appropri� o concili� molte festivit� popolari antiche e nuove, le feste e le processioni delle citt� e delle campagne, e punt� molto sulla fratellanza degli uomini, nel momento in cui il processo di disintegrazione e perfino una perdita di identit� del cittadino romano era ormai avviato su un percorso dove non si vedeva pi� una via d'uscita.

La capitale non era pi� Roma, gli imperatori erano orientali, la religione era dominata dall'arianesimo bizantino, l'economia romana era ormai minata alle sue fondamenta, e l'invasione barbarica stava per sommergere la civilt� antica. La notte buia era gi� nell'animo di ogni romano, quasi una certezza, e non solo nel popolo comune ma negli uomini pi� dotti con tante riflessioni sul proprio destino. Erano ormai in molti a prevedere il caos, e la consolazione sussurrata dal cristianesimo valeva molto di pi� di tutte quelle riflessioni filosofiche della civilt� antica. L'irrazionalit� era diventata una necessit�.

Di fronte a tante incapacit� di reagire, non c'era altro che la consolazione, affidarsi alla speranza, vivere nell'attesa di vedere cadere i potenti e nel frattempo accettare la rassegnazione. E sappiamo che solo con questa non si va da nessuna parte. E' il suicidio della Volont�.

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