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CRONOLOGIA

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ANNO 187 d.C.

QUI riassunto del PERIODO: DA COMMODO A GIULIANO (dal 180 al 193)


*** MA COMMODO ERA PROPRIO "IL MALE"? 
*** O FU IL PRIMO EUROPEISTA?

GLI AMMUTINAMENTI in Britannia in Spagna in Gallia e in Germania come abbiamo visto vengono domati. Come abbiano fatto i due generali per quanto capaci non sappiamo, ma � certo, che trattandosi di questioni di denaro, hanno concesso e soprattutto hanno promesso qualcosa a tutti. Non per nulla con l'appoggio di questi soldati presto vedremo entrambi i due generali nella corsa al trono, e uno di loro, PERTINACE, diventare subito imperatore proprio dopo l'assassinio di COMMODO.

Il Clima dell'impero � ormai questo: ambizioni, congiure, assassini, tradimenti, ognuno si sente, e lo maschera bene, il dovere morale di far fuori quello che viene indicato come un "inetto imperatore". Proprio per questo sinistro clima, Commodo inizia a prendere provvedimenti per tutelarsi,  per difendersi, costruendosi una cortina di ferro dove vive, gioca, si sollazza, si autoincensa come divinit� non solo facendolo credere (ma non sappiamo fino a che punto siano vere le storie) ma forse credendoci lui stesso. Del resto essere sempre uscito indenne da tutte tre congiure, lui lo attribuisce proprio a questo, e lo ripete spesso: "sono sempre vivo perch� ho i favori divini".

Paradossalmente mentre le guerre le stavano combattendo i romani fra di loro, con ammutinamenti e rivolte nelle province,  il pi� grosso pericolo  per un generale  non era sul campo, ma semmai era quello di stare a Roma, dove si poteva essere attirati e coinvolti in congiure o essere accusati con ragioni o senza ragioni dalle delazioni, di averle organizzate
Il posto pi� sicuro dunque era semmai  nelle province; quelle che avevano dato tanto preoccupazione a Marco Aurelio. Infatti  queste stanno invece godendosi la pace fatta dai due generali inviati da Commodo. Quelle che sembravano zone inquiete, si erano trasformata in luoghi di tranquillit� migliori di Roma; in tutti i limes, danubiani, renani e daci.

Questa tranquillita' non era di casa solo nel nord dell'impero ma anche in Africa e in Asia Minore. Non una guerra, non una rivolta per tutto il periodo di Commodo. E tutto questo quando (ma questo ci giunge dalla letteratura che lo dipinge a tinte fosche o colorite) il potere centrale non era mai stato cos� assente e vago come dicevano gli oppositori. Lo accusavano perfino di altro: di non essere un "costruttore". Le grandi costruzioni monumentali che i suoi predecessori avevano lasciato ad ogni loro passaggio nelle citt� delle province e che ci sono pervenute,  di quelle fatte fare da Commodo nemmeno l'ombra. Quasi nulla perfino a Roma. Non aveva Commodo la "malattia della pietra" come i suoi predecessori.

Grandi atti legislativi, grandi leggi, grandi provvedimenti: quasi nulla, salvo pensare che una volta assassinato sia stato fatto sparire e distrutto tutto. Nella storia questo � accaduto spesso, dai primi regni egizi fino a oggi. (Per rimanere nel recente: troviamo nella nostra attuale legislazione ancora ottime leggi emanate da Mussolini durante il fascismo, ma sembra che ci sia una vera e propria idiosincrasia nel citare l'autore di quelle leggi. Cosa che invece si fa subito nel ricordare quelle che invece produssero i malanni nel Paese).

Cos� a Roma; ma qualcosa sappiamo del governo di Commodo, non era passivit�, indifferenza verso il mondo esterno come ci � stato tramandato, ma semmai c'erano perfino aperture verso il nuovo modo di vedere l'impero, e questa politica  non era certamente ben vista dai conservatori.

A distanza di secoli vengono alla luce fatti che si incrociano con altri; molti storici stanno rivisitando l'operato di Commodo, che alcuni ormai indicano come un anticipatore di una politica di cooperazione a largo respiro, quella che noi oggi chiamiamo del "villaggio globale". Cio� aveva intuito Commodo -nonostante la giovane et�- che era finita non un'epoca ma un' Era, il modello augusteo non era pi� possibile farlo rivivere dentro queste nuove realt�, il mondo attorno stava cambiando, non era pi� l'epoca dell'imperialismo e del colonialismo. 
Ma Commodo era andato troppo avanti nei tempi. Era, se dovessimo fare un eufemismo, un uomo troppo moderno, liberale, spregiudicato, cosmopolita.

I governatori che Commodo di persona aveva scelto per ogni provincia, stavano conducendo un ottimo lavoro, si preoccupavano della sicurezza, ma erano attenti alle popolazioni che avanzavano uguaglianza di diritti all'interno dell'impero, e quindi aspiravano a una nuova vita che non doveva essere una palese e umiliante servit�. Stavano cio� crescendo con le stesse concezioni politiche  e stavano mutuando quella stessa cultura filosofica che i romani avevano paradossalmente esportato in ogni contrada: cio� la concezione universalista, quella dottrina etica che teorizza la subordinazione assoluta dell'individuo alla comunit�;  non al singolo sovrano che anche se era inetto si sentiva sempre e  arrogantemente "unto dal signore".

Commodo stava abbandonando le idee politiche del passato, le stava combattendo con la sua fede razionale nella libert� e dell'uguaglianza. Non a caso, e sembravano allora bizzarrie, metteva dei plebei nei posti di comando quando in questi riscontrava delle grandi capacit� che nulla avevano a che vedere con il censo. Perfino nel mondo degli dei; fece entrare quelli stranieri nel pantheon romano, quando a Roma quelle di provenienza provinciali (dai pagos) erano ormai da tutti disprezzate. Possiamo quindi immaginare le ostilit� dei conservatori, dei nobili, dei senatori attaccati alle loro tradizioni da secoli.

La monetazione che ci giunge oggi dagli scavi, molto copiosa, per quanto possa sembrare troppo elogiativa, piene di leggende, miti e allegorie che si accostavano al suo nome, qualcosa di scritto importante c'era, ed era: Felice, Nobilissimus princeps, libertas augusti, salus humani generis, ma soprattutto felicita saeculi; un motto che era da duecento anni che non si scriveva sulle monete, dall'epoca dell'eta' d'oro.

Nella tradizione letteraria, si sono riportati i pettegolezzi, i lati odiosi, quelli ridicoli, le stravaganze; che Commodo era un degenerato e tanti altri slogan degli avversari.

Altri storici dissero in coro che mancava di intuito politico, che era un uomo delle illusioni, un semplice manichino in mano ad altri, degno di commiserazione.

Eppure "sotto l'impero di Commodo tutto il mondo � felice" diceva una stele in una provincia, ma lo ripeteva anche tutto il senato, quello stesso senato che appena Commodo fu assassinato, dopo poche ore, fece abbattere tutti i monumenti (ma allora c'erano!) e fece festa dicendo che l'assassinio era "la vittoria del popolo romano" (frasi simili, e caduta di idoli in poche ore sono molto comuni anche nella storia d'Italia recente. Vedi 25 luglio 1943).

Quando cadono statue di uomini fantocci, questi lasciano nulla nella storia, cadono nell'indifferenza generale, che � il pi� terribile sentimento. Mentre invece quando concepiscono un valido progetto - spesso in anticipo sui tempi- tornano a far parlare di s�.
Potremmo quindi citare quella frase di Nietzsche: "quando un uomo costruisce qualcosa di valido per l'umanit�, va sempre oltre se stesso".

Commodo lasci� infatti in un altra forma quello che aveva detto di lui suo padre: il "sole nascente"; e il primo a esserne "illuminato" fu poi Settimio Severo, ma dopo venti anni, quando l'idea politica progettuale che voleva realizzare Commodo divenne poi la Constitutio antoniniana, che fece diventare "Romani" tutti i provinciali.

W. Weber oggi scrive di lui "Con mano possente egli aveva messo da parte l'intellettualismo, i valori, le sfumature spirituali e religiose del vecchio mondo, aveva addomesticato il senato, assumendo tutti i poteri, che Commodo aveva offerto ai suoi servitori perfino schiavi (ma capaci) affinch� li usassero. Conserv� i privilegi delle caste e il diritto dei nobili, ma pose accanto a loro, in numero sempre maggiore, le nuove forze del mondo soggiogato e "straniero", che era stato un tempo schiavo di Roma. Commodo distrusse, in una sola volta e per sempre, l'orgogliosa preminenza di Roma nel mondo e divenne unico padrone dell'impero". Le stesse cose le vedremo con l'avvento di Diocleziano fra 100 anni esatti., nel 286 ; si era accorto che la "romanita'" non esisteva pi�, ma che esisteva solo Roma, e che la citt� era solo un simbolo del potere, ma non il potere. Trasfer� quasi scusandosi con i romani la capitale di fatto a Nicomedia, poi subito dopo arriv� Costantino a dargli il colpo di grazia e Roma da quel momento si avviava a divenire un piccolo paese che in seguito raggiunger� a mala pena i 30.000 spettrali abitanti che si aggireranno in mezzo a 42.000 edifici che erbacce e sterpi ricopriranno poi per secoli.

Commodo si era preso gioco di tutti, la sua concezione del potere sembrava dover essere accentrata sulla sua persona, persino fisica, perch� possente lo era, poi mistico, bello, sensuale e irrequieto e selvaggio pure; Commodo era quello che uccideva le pantere e i leoni con un sol colpo, che umiliava i senatori e i generali, che non si curava dei freni morali borghesi, che non aveva paura di essere irrazionale, depresso o eccitato, alle volte coraggioso e alle volte codardo; non gli importava nulla della facciata di perbenismo, si faceva vedere semplicemente uomo vero, con le mille contraddizioni e le mille debolezze senza vergognarsene. Ed era anche quello che poi regalava un ministero al suo umile servo perch� lo riteneva pi� capace e migliore di un nobile o di un generale.
Tanto orgoglio ci � stato tramandato per le sue intemperanze, i mitologici divini atteggiamenti, ma guardandolo a tutto tondo, scopriamo che ostentava tanta umilt� quando si circondava di provinciali che provenivano dalle pi� remote contrade; popoli giovani come i "barbari", che si portavano appresso una dignit� e quell'orgoglio che si chiamava autonomia e libert� nella e della propria terra, e volevano a ragione uguaglianza di diritti. Fu uno dei pochi a capire queste sottili sfumature. Popoli millenari come gli Egiziani, Mesopotamici, Persiani, Indiani, con altrettanto orgoglio del loro passato, della loro millenaria cultura, avevano e desideravano gli stessi diritti e ambivano all'uguaglianza.
Ma anche quelli che non avevano alle spalle simili civilt�, che erano "barbari", anche questi avevano i loro orgogli, le loro leggi e diritti consuetudinari (leggi saliche).

Commodo lo accusavano i benpensanti di "aver trasformato Roma in una colonia straniera". In questa frase degli avversari, quelli che lo assassineranno, c'e' il grande ingenuo errore di Commodo, lui era pronto, aveva capito, era forse un realista, Roma non lo era affatto, non basteranno neppure 100 anni, quando Diocleziano ripercorse invano questa strada tracciata dal giovane Commodo. La decadenza era una malattia dentro l'impero che si poteva alleviare ogni tanto e per un certo periodo a secondo del bravo medico curante che accorreva al suo capezzale, ma non eliminava la malattia, questa era cronica e alla fine, al suo ultimo stadio, tolse a Roma la vita.

Forse in alcuni popoli fu proprio Commodo a far nascere il desiderio di conquistare il potere centrale dell'impero. Sotto la sua spinta si sentirono uguali, cittadini di un vero impero apparentemente unificato, parificati, verso una cooperazione globale, militare, politica ed economica. Insomma il decennio di Commodo era l'elemento che mancava loro, e fu quello che i romani seguitarono a non offrire dopo di lui; e loro si organizzarono e si vendicarono; le generazioni che verranno dopo di loro si organizzeranno e si vendicheranno. Non solo, ma misero nei loro geni il rancore e la rabbia; il mondo latino oltre le Alpi non aveva in precedenza proprio per niente trapiantato una civilt�; seguitando a fare imperialismo aveva fatto nascere in quei popoli ancora malleabili perch� semplici, l'incomunicabilit� che troveremo per altri 1800 anni.

Era proprio lui, Commodo, per quelle nuove forze, in questo preciso momento storico, il "sole nascente"; ai romani stava indicando la strada da seguire, ma gli indolenti, i nostalgici, ebbero il terrore di perdere l'antico ordine delle cose e lo strangolarono.

Ancora Weber ne fa il ritratto finale "Creatura di un intellettualismo in via di dissoluzione, egli visse in modo istintivo pieno di contraddizioni, dando alle forme del vecchio mondo un contenuto di passione e di entusiasmo che nasceva da una nuova concezione di vita e cercando di creare un impero di felicit� guidato da uomini ubbidienti e devoti alla piet� e al divino. Respinto dall'antico, pioniere del nuovo, diversissimo da Adriano, egli fu il "sole nascente di un mondo nuovo".

Un sole che voleva illuminare Roma e invece paradossalmente and� a illuminare il mondo esterno. E questo non era certo il progetto di suo padre Marco Aurelio che aveva idee opposte; ma le sue erano vecchie, non pi� applicabili, ormai tramontate. Gli eventi successivi ne sono la testimonianza. Roma avrebbe avuto bisogno di "amici", ma si trov� circondata solo di "nemici", quelli che aveva essa stessa creati.

Un grande monarca, quello che poi fond� la Grande Prussia, Federico II, visitando i tanti principi che trattavano i sudditi come bestie rimproverava loro "sbagliate a trattarli da animali, quando avrete bisogno di loro, al vostro fianco solo animali vi ritroverete".

Commodo lo avevano subito condannato alla damnatio memoriae.
Solo dopo molti anni - ma fu un caso isolato- Settimio Severo tornato dalla guerra in Gallia, al Senato che stava quasi per tradirlo per Albino appena aveva perso la sua prima battaglia- fece un durissimo discorso: dichiar�  all'assemblea che preferiva la severit� di Silla, di Mario e di Augusto che alla clemenza di Pompeo e di Cesare, tess� quindi l'elogio di Commodo rimpro verando il Senato di averne fatto la damnatio memoriae, ed ordin� che gli venisse fatta l'apoteosi e gli fossero erette statue: da ultimo mise sotto processo sessantaquattro senatori sotto l'accusa di avere parteggiato per Albino e l'atleta Narcisso che aveva soffocato Commodo lo diede in pasto ai leoni.
E se Severo fece questo, un motivo ci doveva essere.

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