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CRONOLOGIA

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ANNO 129 d.C.

QUI il riassunto del   PERIODO DI ADRIANO - dal 117 al 138 d.C. 


*** ADRIANO FONDA PALMIRA

ADRIANO lasciata la Grecia si rec� in Asia, soggiorn� ad Efeso, Smirne, Pergamo, Antiochia, Samosata. In ogni citt� eresse palazzi, terme, monumenti, ma in particolare a met� strada fra l'Eufrate e la costa mediterranea, si ferm� in una cittadina gi� nota 600 anni prima dai carovanieri del deserto arabico come nodo di comunicazione fra Occidente e Oriente, tra il Golfo Persico e Damasco. 
Era una citt� molto  conosciuta dai carovanieri, ma il suo nome era TADMOR. Adriano � comunque considerato come il secondo fondatore di questa citt� in mezzo al deserto siriano.

Adriano svilupp� la cittadina, apr� strade nel deserto, distribu� le oasi dopo distanze prestabilite, le rese nuclei autosufficienti, fece costruire delle abitazioni, la popol� di arabi, romani, greci, egiziani. 

La citt� prese il nome di "PALMIRA", nodo stradale di tutte le carovane che venivano dalla lontana Cina, che passavano per Battra nella Battiana (Afghanistan), toccavano Ectabana (odierna Hamadam in Iran), attraversavano l'Eufrate, raggiungevano "Palmira", proseguivano per la Siria, passavano per Alessandria d'Egitto e toccando Cirene (Libia) arrivavano a Cartagine (odierna Tunisi) quasi di fronte alla Sicilia dove le navi cariche di mercanzie partivano per raggiungere i porti del nord Mediterraneo e soprattutto Roma. 

Era sulla strada dove passavano non soltanto le merci esotiche che provenivano da questi paesi e che invadevano tutta Roma (fra Cartagine e Roma c'erano quasi cento navi al giorno che facevano la spola), ma anche dove avvenivano gli scambi culturali che determinarono cambiamenti di vita notevoli: si scambiavano le tecniche agricole e soprattutto grazie a queste, s'introducevano nuovi prodotti, arrivavano le prime arance, le albicocche, le pesche, i limoni, le fragole, le prugne, le ciliegie, le pere e buona parte delle mele che oggi conosciamo. 

La stessa scuola di medicina di Salerno, pur di molto posteriore, sconsigliava l'uso di molti di questi frutti, non ancora graditi al palato. Arrivava lo zucchero di canna, chiamato "miele di pietra" perch� il succo liquido della canna veniva essiccato al sole poi frantumato in polvere, come oggi, anche se a Bukhara lo si faceva gi� bianco niveo perch� vi si aggiungeva il lattoKazakistan e che scopriremo assieme al latte condensato, in polvere, assieme al burro, pi� avanti con la calata dei Goti, Vandali e Alani). Poi arrivavano molte specie di verdure: variet� di spinaci, cavoli, piselli, cetrioli, ceci, lenticchie, zucchine e molte delle insalate che oggi conosciamo.

Soprattutto arrivavano anche le nuove specie di frumento che permettevano di fare il pane come lo intendiamo noi oggi. Prima si adoperava un grano che pur essendo un ibrido conservava geni maligni latenti, come quello di segala, orzo e miglio che, data la composizione chimica, non permetteva la necessaria fermentazione dei lieviti e quindi era poco pi� di una focaccia secca, cos� come ancora oggi si trova nella tradizione tirolese o che possiamo vedere nei dipinti murali dei panifici negli scavi di Pompei, e addirittura dentro le piramidi del 2000 a.C. (vedi al Museo Egizio di Torino). 

C'erano poi tecniche di cottura ancora ignorate dalle popolazioni italiche che, nonostante queste novit�, non verranno n� adottate n� impiegate ancora per molti secoli. Sono le cotture in acqua (i bolliti, i brodi, i sughi) o come gi� facevano i cinesi mille anni prima la cottura a vapore. Venivano inoltre introdotte (strano ma vero, per l'Italia che � una penisola circondata dal mare ) varie qualit� di pesce per l'alimentazione: secco, in salamoia o in pasta (il Gurum), che fino ad allora si ritenevano adatte ai "barbari" che abitavano i mari del nord d'Europa o alle popolazioni che non avendo altro da mangiare, erano costrette a farne uso. Queste mangiavano addirittura alcune specie di crostacei e, orrore, anche quelli che vivevano in fiume e consumavano perfino uova di pesce (il caviale!). 

Non ultimi i vini. La coltura della vite era conosciuta in Italia da quasi 1000 anni, dell'arrivo degli Etruschi, a Roma solo verso il 600-500 a.C. (anche se a Ledro, i palafitticoli la conoscevano 1000 anni prima degli Etruschi) ma la qualit� era scadente, i vitigni erano ancora selvatici, e le poche e rare selezioni che erano state fatte producevano solo il vino buono per i potenti e l'aristocrazia, costosissimo come il Falerno vesuviano. Da Cartagine arrivavano nuovi incroci che in pochi anni faranno diventare il vino d'Italia il migliore del Mediterraneo insieme a quello dell'Algeria, cui molto pi� tardi si affiancher� quello francese, poi il Renano e infine quello dei colli Albani. 

Non dimentichiamo poi il consumo dei latticini: ma lo si introdusse molto pi� tardi, forse dopo averne saputo qualcosa dall'India. Il consumo del latte vaccino in occidente era ancora ignorato; era considerato in questi primi secoli ancora indigesto rispetto a quello di capra, quindi evitato a causa di coliche intestinali provocate dal fatto non si erano ancora formati nello stomaco gli enzimi che lo digerivano. (chi non ha mai bevuto latte vaccino, la prima volta � preso da una colica, da mal di pancia. Nello stomaco non essendoci l'enzima, la caseina non viene scissa. Per abituarsi bisognerebbe la prima volta solo assaggiarne un cucchiaio, il giorno dopo, due, indi tre, e cos� via...onde abituare lo stomaco a digerirne grandi quantit�. Un accorgimento che conoscono pochi ancora oggi)

 Il consumo del latte vaccino venne scoperto proprio nella spedizioni in Siria, proprio a Palmira, dove i nomadi Arabi lo bevevano bollito (una tecnica cinese, mutuata dagli arabi. E' la pastorizzazione che noi scopriremo solo nel 1857 con Pasteur) oppure coagulato e inacidito. Questo processo permette non solo di evitare le intossicazioni intestinali ma addirittura favorisce con la sua particolare flora batterica una certa attivit� benefica per l'organismo. 

A causa di molti pregiudizi di gusto e olfatto (l'acidit�) alcuni di questi prodotti non si imposero nell'alimentazione mediterranea latina e sbarcheranno nuovamente in Sicilia solo intorno all'anno 800-1000 con l'arrivo degli Arabi, che riproporranno lo yogurt, il caglio, i fermenti lattici; ma l'uso rimarr� sempre circoscritto in questa zona. Risaliranno la penisola solo verso il 1600-1800 fino alle zone urbane, anche se nell'intervallo di questi secoli nelle zone rurali, per necessit� alimentare, tale alimentazione sar� comune e normale fin dalla nascita, perch� per ragioni genetiche (gli incroci con le popolazioni arabe si erano diffuse) si erano formati nell'intestino degli enzimi che ne permettevano la digestione, ma che certamente non salvaguardavano dagli agenti patogeni sempre presenti nel latte consumato crudo, n� dalle malattie infettive dovute al contatto con i bovini malati. 

 Da qui le ben note malattie del Carbonchio, TBC, Tifo e il famigerato Vaiolo che era provocato dalle pustole delle mammelle dei bovini, che seminarono morte nelle popolazioni rurali, nelle pianure e peggio ancora nelle valli montane dove la pulizia era poco osservata e sentita.

Partirono da queste malattie i pregiudizi sull'uso e consumo di questi alimenti e ci vollero sedici secoli, prima che si affermassero e si diffondessero questi tipi di alimentazione a base di latte bovino, dopo che le scoperte degli scienziati ce ne fornirono una precisa spiegazione, che in Arabia era conosciuta da oltre 1600 anni, compreso una empirica ma efficace vaccinazione antivaiolo.

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