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CRONOLOGIA

DA 20 MILIARDI
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PERSONAGGI
E PAESI

( QUI TUTTI I RIASSUNTI )  RIASSUNTO ANNO 1936

Invece di dare interpretazioni (le posteriori sono facili a farsi), ci atteniamo ai testi ufficiali dell'anno XV - 1936 - Integrali.
Sono di parte, ma di parte diventano solo dopo; al momento questa era l'informazione, tutta consenziente.

"Salvo qualche mezzacoscienza, nessuno di noi si augura che la guerra finisca.
Noi soldati non abbiamo che un desiderio: continuare ! "

(Indro Montanelli dal fronte - Art. su "Civiltà Fascista, n 1 gennaio 1936)

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LA CONQUISTA DELL'ETIOPIA
l'annuncio, i discorsi, le celebrazioni, l'Impero !



Il giorno 4 maggio 1936, l'Assemblea alla Camera dei Deputati, viveva in fremente attesa. Mussolini informato dalle ultime notizie che giungevano dall'Africa, prese la parola per dire solo queste due frasi.:
"Ho ordinato l'adunata generale del Popolo Italiano.
"Al Popolo Italiano darò l'annuncio che voi attendete, e al Popolo Italiano, come il 2 ottobre, io parlerò".


Così la stampa del giorno dopo:
(che pubblicò il discorso in caratteri romani maiuscolo)

"Impartite le disposizioni, convocato tutto il Popolo Italiano, suscitato gli animi di tutta la nazione in una vivissima attesa, l'adunata di ieri 5 maggio, in tutte le piazze d'Italia, fu anche più numerosa e più solenne di quella che l'aveva preceduta. Tutti attendevano da migliaia di megafoni sparsi in ogni parte d'Italia, la parola del Duce.
A Roma, a Piazza Venezia e in tutte le vie adiacenti, si raccolse una vasta imponente marea umana.
Ed ecco affacciarsi al balcone di Palazzo il Duce:


CAMICIE NERE DELLA RIVOLUZIONE!
UOMINI E DONNE DI TUTTA ITALIA! ITALIANI E AMICI DELL'ITALIA AL DI LÀ DEI MONTI E AL DI LÀ DEI MARI:
ASCOLTATE !

IL MARESCIALLO BADOGLIO MI TELEGRAFA:
"OGGI, 5 MAGGIO, ALLE ORE 16, ALLA TESTA DELLE TRUPPE VITTORIOSE, SONO ENTRATO IN ADDIS ABEBA".

DURANTE I TRENTA SECOLI DELLA SUA STORIA, L'ITALIA HA VISSUTO MOLTE ORE MEMORABILI, MA QUESTA DI OGGI È CERTAMENTE UNA DELLE PIÙ SOLENNI.
ANNUNCIO AL POPOLO ITALIANO E AL MONDO CHE LA GUERRA È FINITA.
ANNUNCIO AL POPOLO ITALIANO E AL MONDO CHE LA PACE È RISTABILITA.

NON È SENZA EMOZIONE E SENZA FIEREZZA CHE, DOPO SETTE MESI DI ASPRE OSTILITÀ, PRONUNCIO QUESTA GRANDE PAROLA, MA È STRETTAMENTE NECESSARIO CHE IO AGGIUNGA CHE SI TRATTA DELLA NOSTRA PACE, DELLA PACE ROMANA, CHE SI ESPRIME IN QUESTA SEMPLICE, IRREVOCABILE, DEFINITIVA PROPOSIZIONE: L'ETIOPIA È ITALIANA! ITALIANA DI FATTO, PERCHÉ OCCUPATA DALLE NOSTRE ARMATE VITTORIOSE; ITALIANA DI DIRITTO, PERCHÉ COL GLADIO DI ROMA È LA CIVILTÀ CHE TRIONFA SULLA BARBARIE, LA GIUSTIZIA CHE TRIONFA SULL'ARBITRIO CRUDELE, LA REDENZIONE DEI MISERI CHE TRIONFA SULLA SCHIAVITÙ MILLENARIA.

CON LE POPOLAZIONI DELL'ETIOPIA, LA PACE È GIÀ UN FATTO COMPIUTO. LE MOLTEPLICI RAZZE DELL'EX-IMPERO DEL LEONE DI GIUDA HANNO DIMOSTRATO PER CHIARISSIMI SEGNI DI VOLER VIVERE E LAVORARE TRANQUILLAMENTE, ALL'OMBRA DEL TRICOLORE D'ITALIA.
I CAPI ED I RAS BATTUTI E FUGGIASCHI NON CONTANO PIU E NESSUNA FORZA AL
MONDO POTRÀ MAI PIÙ FARLI CONTARE.

NELL'ADUNATA DEL 2 OTTOBRE IO PROMISI SOLENNEMENTE CHE AVREI FATTO TUTTO IL POSSIBILE ONDE EVITARE CHE UN CONFLITTO AFRICANO SI DILATASSE IN UNA GUERRA EUROPEA. HO MANTENUTO TALE IMPEGNO, E PIÙ CHE MAI SONO CONVINTO CHE TURBARE LA PACE DELL'EUROPA SIGNIFICA FAR CROLLARE L'EUROPA.

MA DEBBO IMMEDIATAMENTE AGGIUNGERE CHE NOI SIAMO PRONTI A DIFENDERE LA NOSTRA FOLGORANTE VITTORIA CON LA STESSA INTREPIDA ED INESORABILE DECISIONE CON LA QUALE L'ABBIAMO CONQUISTATA.

NOI SENTIAMO COSÌ D'INTERPRETARE LA VOLONTÀ DEI COMBATTENTI D'AFRICA, DI QUELLI CHE SONO MORTI, CHE SONO GLORIOSAMENTE CADUTI NEI COMBATTIMENTI E LA CUI MEMORIA RIMARRÀ CUSTODITA PER GENERAZIONI E GENERAZIONI NEL CUORE DI TUTTO IL POPOLO ITALIANO E DELLE ALTRE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI SOLDATI, DI CAMICIE NERE, CHE IN SETTE MESI DI CAMPAGNA HANNO COMPIUTO PRODIGI TALI DA COSTRINGERE IL MONDO ALLA INCONDIZIONATA AMMIRAZIONE.
AD ESSI VA LA PROFONDA E DEVOTA RICONOSCENZA DELLA PATRIA, E TALE RICONOSCENZA VA ANCHE AI CENTOMILA OPERAI CHE DURANTE QUESTI MESI HANNO LAVORATO CON UN ACCANIMENTO SOVRUMANO.

QUESTA D'OGGI È UNA INCANCELLABILE DATA PER LA RIVOLUZIONE DELLE CAMICIE NERE, E IL POPOLO ITALIANO, CHE HA RESISTITO, CHE NON HA PIEGATO DINANZI ALL'ASSEDIO ED ALLA OSTILITÀ SOCIETARIA, MERITA, QUALE PROTAGONISTA, DI VIVERE QUESTA GRANDE GIORNATA.

CAMICIE NERE DELLA RIVOLUZIONE!
UOMINI E DONNE DI TUTTA ITALIA!

UNA TAPPA DEL NOSTRO CAMMINO È RAGGIUNTA, CONTINUIAMO A MARCIARE NELLA PACE, PER I COMPITI CHE CI ASPETTANO DOMANI E CHE FRONTEGGEREMO CON IL NOSTRO CORAGGIO, CON LA NOSTRA FEDE, CON LA NOSTRA VOLONTÀ.

VIVA L'ITALIA!


Nel trafiletto a sinistra la "smagliante realtà", il "consenso"


La cronaca della famosa serata

"Il Corriere della Sera sopra: "Alle 19.45 un urlo si leva dalla folla quando l'ampia vetrata del balcone centrale si è aperta. Il grido "Duce, Duce, Duce!" è lanciato da 400.000 persone con una sola anima. Ad esso fa eco lo stesso grido che giunge da tutte le vie adiacenti dove arrivano gli immensi tentacoli della massa che occupa la piazza. Il grido formidabile con cui la massa pigiata in piazza Venezia ha accolto l'apparire del Duce, ha trovato una eco in ogni piazza d'Italia, è stato ripetuto da altre migliaia e milioni di persone. Ovunque lo stesso ardore di fede, lo stesso sentimento di giubilo e di orgoglio, la stessa testimonianza di amore e di riconoscenza per il, Duce.
Mussolini appare nel rettangolo dei balcone..... Un clamore immenso si alza dalla moltitudine. E' un'acclamazione gigantesca, impetuosa : « Duce, Duce !» grida la folla levando in alto le braccia. Il Duce deve ripetutamente far cenno alla folla di tacere.
Nel grande silenzio il Duce parla. La sua voce giunge limpida e possente. Tutti ascoltano in un religioso raccoglimento, sforzandosi di cogliere una per una tutte le parole che egli pronunzia, cercando di dominare l'emozione che vorrebbe prorompere a ogni frase con grida e applausi.
Le ultime parole del discorso fanno scattare la moltitudine in una dimostrazione indescrivibile. E al grido di , "Viva l'Italia" che il Duce ha lanciato con voce tonante fa eco la moltitudine, la quale subito dopo eleva altissime acclamazioni al Capo del Governo"

"IL GIUBILO IN ITALIA - Tutti gli Italiani di ogni città e di ogni paese, di ogni classe e di ogni condizione sociale, hanno ascoltato con appassionato, intenso fervore, la parola del Duce che la radio ha diffusa in ogni angolo del mondo, e con essi l'hanno ascoltata i nostri connazionali che vivono oltre monte e oltre oceano e immense folle straniere.
La partecipazione delle popolazioni alla grande adunata è stata totalitaria, entusiastica. L'ammassamento nei luoghi destinati per la concentrazione si è svolto rapidissimamente ed è stato caratterizzato da incessanti dimostrazioni al Re, al Duce, all'Esercito. Manifestazione culminata quando da Palazzo Venezia il Duce ha parlato al popolo italiano e al mondo.
Durante la sera in ogni Comune gli edifici pubblici e i principali palazzi cittadini sono stati festosamente illuminati e le strade sono state percorse da cortei di popolo e di Camicie nere sfilanti tra i bagliori fantastici delle flaccolate e tra l'impetuoso irrompere delle acclamazioni. Musiche militari e dopolavoristiche hanno infine svolto nelle principali piazze concerti eseguendo gli inni della Rivoluzione, dando luogo a nuove entusiastiche manifestazioni di popolo.
Il febbrile entusiasmo della popolazione di Torino, Genova, Trento, Trieste, Venezia , Bologna, Firenze, Milano, è sfociato in imponentissime, travolgenti manifestazione non appena l'urlo delle sirene, i colpi di cannone, le campane suonate a stormo hanno dato l'annuncio".


Il giorno 7 maggio il RE, Vittorio Emanule III, conferiva a Mussolini la Gran Croce dell'ordine militare di Savoia, come riconoscimento per la conduzione dell'impresa etiopica.

Il 9 maggio l'apoteosi. Così i giornali, poi i libri, raccontarono la giornata:

"Il 9 maggio 1936-XIV il Duce ha proclamato l' Impero. La proclamazione avvenne Il 9 maggio 1936-XIV il Duce proclamò l'Impero. La proclamazione avvenne in Piazza Venezia, alle ore 21.45. Il Popolo Italiano si adunò, come il 2 ottobre 1935-XIII e il 5 maggio 1936-XIV, in tutte le Piazze d'Italia e, attraverso la radio ascoltò - con un indescrivibile fremito d'entusiasmo - le parole del Duce. Piazza Venezia, con la grande massa di armati e di fascisti che occupava tutta la vasta spianata e le vie adiacenti, presentava uno spettacolo d'imponenza guerriera, che non ha precedenti nella Storia. L'attesa era ardente, intensa, ma, nel tempo stesso, solenne. La Piazza era gremita fino dalle prime ore della sera. Alle 21, il Duce radunò, in una seduta straordinaria, il Gran Consiglio del Fascismo. Alle 21.15' il Duce radunò il Consiglio dei Ministri, che ebbe termine alle 21.25'.
Alle 21.30' precise le vetrate del balcone di Piazza Venezia si apersero e il Duce apparve, collocandosi fra la Bandiera nazionale e il Labaro del Partito. Un urlo unanime, quasi uno scatto collettivo della folla, accolse la sua apparizione. Egli pronunciò queste storiche parole":


(l'articolo anche questo apparve sui giornali in maiuscolo, e per desiderio di Mussolini, e per disposizione del P.N.F, le storiche parole del Duce, vennero scolpite, in targhe marmoree, nelle sedi di tutti i Fasci d'Italia).



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Vittorio Emanuele III, assume il titolo di Imperatore d'Etiopia. Il generale Badoglio è nominato Vicerè d'Etiopia e governatore generale dell'Africa Orientale (ma già il 21 maggio cederà il comando e il titolo di Vicere al generale Graziani).

Leggiamo le entusiastiche cronache dai giornali quotidiani e - per i posteri - dai libri:

"Durante tutto il breve discorso, le acclamazioni della folla si sono succedute, con la potenza d'un coro ideale con cui la Nazione commentava l'avvento dell'Impero. Fino dalle prime parole del Duce la folla ha avuto la sensazione precisa della grande realtà storica in atto. Una acclamazione immensa ha salutato l'annunzio dell'Impero e si è ripetuta ad ogni frase dedicata dal Duce a definire, con una sintesi potente e scultorea, il concetto romano, italiano e fascista d'Impero.
La legge che apre il nuovo periodo della nostra storia è stata ascoltata con religiosa attenzione.
Mentre il Duce parlava sembrava di sentire battere il gran cuore del popolo; ma, quando Egli ha invitato a levare in alto le insegne, i ferri e i cuori, per la riapparizione dell'Impero sui colli fatali, con un nuovo balzo dalla moltitudine eruppe il grido della gloria e della fede per rinnovarsi nel giuramento sacro che conclude la mirabile orazione.
Reso il saluto al Re, l'adunata ha rivolto al Duce una manifestazione di devozione che ha acquistato l'aspetto di un'apoteosi. Un turbinio di bandiere, di cappelli, di fazzoletti, un martellare di invocazioni « Duce! Duce! », uno scrosciare di applausi, hanno riassunto con una grandiosità senza pari i sentimenti, le aspirazioni, le passioni suscitate in questo intenso periodo della nostra storia. La manifestazione, che ha dato il battesimo popolare all'Impero d'Italia, si è protratta a lungo e quattro, cinque, sei volte il Duce ha dovuto affacciarsi al balcone per ricevere l'appassionato saluto del popolo a cui, infine, il Vicesegretario del Partito ha letto il seguente indirizzo votato per acclamazione dal Gran Consiglio, su proposta di di S. E. De Bene:

« Il Gran Consiglio esprime la gratitudine della Patria a Duce, fondatore dell'Impero. »

"L'indirizzo solleva nuove ondate di entusiasmo. Migliaia di voci ripetevano e scandivano la frase: « Duce, fondatore dell'Impero! ». Il clamore immenso della folla si propagava rapidamente per tutto il centro dell'Urbe. Poi la folla si è recata davanti al Quirinale ove ha improvvisato una nuova ardente dimostrazione a S. M. il Re e Imperatore. L'Augusto Sovrano si presentò al balcone della Reggia; al suo fianco era il Principe Ereditario. Dalla Piazza si levò un'acclamazione trionfale".
Quindi l'entusiasmo invase tutta l'Urbe, mentre a Piazza Venezia si rinnovavano le dimostrazioni: verso la mezzanotte il Duce, chiamato insistentemente dalla folla, si affacciò nuovamente, altre quattro volte, al balcone.
Nella stessa sera furono sottoposti alla firma del Sovrano i seguenti due Decreti:


decreto 1


decreto 2

( da Scritti e discorsi dell'Impero di Benito Mussolini - Hoepli . 1936 )
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Il primo importante discorso, Mussolini all'indomani della fondazione dell'Impero lo tenne a Milano, durante le cinque giornate milanesi del 30-31 ottobre, 1-2-3 novembre.
In esso determina con precisione la situazione pilitica mondiale e riconferma la volontà di pace, già proclamata nel Discorso di Bologna del 22 ottobre, ("dell'ulivo") ma vi pone precise condizioni, mentre la politica europe presenta nuove incognite, non prive di pericoli di guerra.
I due discorsi costituiscono pertanto un monito severo.

Per entrare in questo clima di entusiasmi è opportuno riportare entrambi di due discorsi:

Discorso a Bologna
"della mia terra"
"Sono passati dieci anni dal nostro ultimo incontro (la folla grida: « Troppi, troppi anni! »). In questo momento i nostri cuori battono un poco più forte ed i nostri occhi" si scrutano. C'è forse qualche cosa di cambiato fra noi? (la folla risponde con un urlo formidabile: « No l »). No, non c'è nulla di cambiato
Io ritrovo qui in questa piazza la stessa ardente fede, lo stesso vibrante entusiasmo, lo stesso spirito della X Legio, quella che fu prediletta da Giulio Cesare il fondatore del primo Impero di Roma. (Acclamazioni).
Sono passati dieci anni, ma noi possiamo guardare indietro con tranquilla coscienza e con legittimo orgoglio. Abbiamo lavorato, abbiamo risolto dei grandiosi problemi, siamo andati verso il popolo. Se io ritraccio questo periodo di tempo, lo suddivido in tre periodi: il primo che va dal '26 al '29 e che si può chiamare il periodo della Conciliazione: grandioso evento quello del~ l'11 febbraio 1929 che suggellava la pace tra Chiesa e
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Stato. Era un problema elle pesava da sessant'anni sulla coscienza della Nazione. Il Fascismo lo ha risolto.
Tutti quelli che lanciavano dei presagi oscuri sull'avvenire sono rimasti mortificati e umiliati.
È di una importanza eccezionale nella vita di un popolo che Stato e Chiesa siano riconciliati nella coscienza dell'individuo e nella coscienza collettiva dell'intera Nazione.
Dal '29 al '34 è il periodo di costruzione dello Stato corporativo. Per noi fascisti il popolo non è una astrazione della politica ma è una realtà viva e concreta. Io soffro dei dolori del popolo. Il nostro amore per il popolo, amore armato e severo, è tutto vibrante di una profonda e consapevole umanità. Durante questo periodo la Libia intera viene conquistata e pacificata e il tricolore è issato su Cufra, a mille chilometri dal mare.
Anni XII, XIII e XIV dell'Era fascista: il periodo dell'Impero.
Un popolo senza spazio non può vivere; un popolo portatore di una antica e magnifica civiltà come il Popolo Italiano, ha dei diritti sulla faccia della terra.
Quattordici anni di preparazione spirituale dovevano essere fecondi di risultati. Il popolo combattente è stato all'altezza dell'ora storica, che gli era dato di vivere. Abbiamo conquistato un Impero in sette mesi, con cinque battaglie.
Lo abbiamo conquistato non solo rovesciando le
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forze nemiche e i traditori della civiltà europea che le avevano inquadrate ed armate, lo abbiamo conquistato contro un'intera coalizione che aveva stabilito il suo quartiere generale sulle rive dei Lago Lemano dove una congrega di fanatici laici pretenderebbe di uccidere lo spirito attraverso la lettera e di soffocare, attraverso le interpretazioni cavillose di mille paragrafi, l'impulso potente e prepotente della vita dei popoli!
In sette mesi abbiamo conquistato l'Impero, ma ne occorreranno molti di meno per occuparlo e pacificarlo interamente.
Mentre io vi parlo, le nostre colonne stanno marciando a grandi tappe nella regione fertilissima dei Grandi Laghi, nel cuore dell'Africa Equatoriale.
Un'altra colonna marcia verso l'occidente alla ricerca del fantomatico governo di Gore.
Pacificati i territori, che sono sei volte il territorio della Madre Patria, laggiù dopo la gloria vi sarà lavoro e posto per tutti !
Mentre gli orizzonti europei incupiscono sotto le
brume dell'incertezza e del disordine, l'Italia offre al mondo uno spettacolo mirabile di compostezza, di disciplina, di civica e romana virtù.
Ebbene ! I popoli che non ci conoscono o che ci co
noscono sotto la specie puramente letteraria, oggi sono sbalorditi dinanzi alla nostra realtà economica, politica e militare.
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Da questa Bologna, che è stata nei secoli un faro per l'intelligenza umana, da questa Bologna che ha dato il più grande sacrificio per la Causa della Rivoluzione, io desidero lanciare un messaggio che deve andare oltre i monti e oltre i mari.
• un messaggio di pace, pace nel lavoro e lavoro nella pace.
• dal 1929 che milioni, milioni e milioni di uomini, di donne e di fanciulli soffrono le conseguenze di una crisi che ormai non si può non ammettere che sia dovuta al sistema.
• dunque un grande ramo d'ulivo che io innalzo alla fine dell'Anno XIV e agli inizi dell'Anno XV.
Attenzione ! Questo ulivo spunta da una immensa foresta: è la foresta di otto milioni di baionette, bene affilate e impugnate da giovani intrepidi cuori!
Camicie Nere della X Legio!

La vostra accoglienza ha toccato il mio cuore, ed io ho afferrato il vostro stato d'animo: è lo stato d'animo del primo anno dell'Impero. Tutta la Nazione oggi e su un piano diverso e più elevato: il piano dell'Impero.
Gravissime responsabilità, formidabili problemi si pongono dinanzi al nostro spirito, ma noi li affronteremo e vinceremo.


Camicie Nere!
È lo spirito che doma e piega la materia, è lo spirito che sta dietro le baionette ed i cannoni, è lo spirito che crea la santità e l'eroismo, che ai popoli che le meritano, come il nostro, dà la vittoria e la gloria"
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Discorso di Milano, Piazza Duomo, domenica 1° novembre 1936, ore 15.55-16.25 -
in attesa 250.000 persone che hanno l'impressione che Mussolini si accinge a pronunciare un importante discorso che avrà vastissme ripercussioni in tutta Europa.

(Nota: ricordiamo che il 24 ottobre (sei giorni prima) è nato l'asse Roma-Berlino. Germania e Italia con i rispettivi ministri degli esteri von Neurath e Galeazzo Ciano hanno firmato a Berlino un protocollo che impegna i due paesi a collaborare nella lotta al bolscevismo, a sostenere le forze antigovernative nella guerra civile in Spagna, a risolvere le tensioni dell'area balcanica-danubiana e, in particolare, la questione austriaca.
Al quale fece seguito, poco dopo la partecipazione nipponica, l'Asse Roma-Berlino-Tokio, caratterizzato anche questo dal comune impegno anticomunista e dal comune disegno di modificare a proprio vantaggio gli equilibri imperialistici preesistenti.

Dopo il riconoscimento dell'Austria, anche la Germania di Hitler riconosce l'annessione italiana dell'Etiopia.

Pochi giorni dopo il discorso di Milano la Gran Bretagna conclude un accordo commerciale con l'Italia che sancisce il ristabilimento di relazioni regolari dopo le tensioni originate dall'impresa etiopica. In gennaio altro patto distensivo dove i due Paesi stipulano il gentlemen's agreement, impegnandosi al mantenimento dello status quo nel Mediterraneo e riconoscono i reciproci interessi e diritti nella regione; oltre a questo - avendo già inviato alcuni corpi di volontari in Spagna - l'Italia s'impegna a mantenere l'integrità territoriale della Spagna.

Nel frattempo in Spagna che dal 17 luglio infuria la guerra civile, Francisco Franco proclamato dai ribelli il 28 settembre, capo dello Stato con pieni poteri, guida la rivolta contro il governo repubblicano e viene riconosciuto da Italia e Germania come capo dell'unico governo legittimo spagnolo. Lo stesso Franco si è rivolto all'Italia e alla Germania perchè gli forniscono armi e il supporto aereo necessario alla sua lotta.
L'Italia inizia a impegnarsi sempre di più nell'appoggio a Franco, fornendo un corpo di spedizione italiano volontario (sic!) con a capo il generale Mario Roatta, che nel gennaio 1937 conterà all'inizio 35.000 in seguito 60.000 uomini, 800 aerei, 8000 automezzi, 90 navi.
L'aiuto in Spagna non fu solo dovuto all'infatuazione collettiva degli italiani (ancora sotto l'entusiasmo della conquista dell'Impero), o alla passione di alcuni gruppi di fascisti, ma fu appoggiata da buona parte dell'intelligenzija nazionale, dagli industriali e da molti esponenti del mondo cattolico per tutto il periodo fra il 1936 e il 1939. Mussolini "nemico del bolscevismo" fu anche elogiato, e a guerra finita ringraziato perfino dal Papa. Tutto il mondo occidentale

(Sarà un brutto colpo per Mussolini quando Hitler con i Russi nel '39 concluderà il patto Molotov-Ribbentrop - In Italia credevano a uno scherzo. - Non erano passati nemmeno cento giorni dal Patto d'Acciaio, e ora Mussolini si era ritrovato ad essere a fianco dei tedeschi alleati con i bolscevichi. L'amara costatazione fu
"ma come, ho lottato tutto la vita contro i bolscevichi, e guarda ora cosa mi capita con quello l�".
Ma sappiamo che anche
Chamberlain prima di questo anomalo patto aveva dovuto rivedere le proprie posizioni: l'inglese aveva garantito la sicurezza  della Polonia da un attacco tedesco, e soffocando il proprio anti-bolscevismo, lui e la Francia avevano da tempo inziato ad aprire con i sovietici trattative per concludere un patto di mutua assistenza).

Appoggio indiretto anche delle grandi democrazie europee (Gran Bretagna e Francia in testa) che mantennnero sempre una posizione ambigua e di sostanziale neutralit� che finì per il favorire gli uomini di Franco e il pericoloso gioco di Mussolini e Hitler.
Non preoccupandosi ciò che già annunciava Carlo Rosselli "Attenzione. Oggi a Madrid domani a Roma".
(vedi
"GUERRA IN SPAGNA" )

Torniamo al discorso di Milano:

"Camicie Nere di Milano!

Col discorso che io sto per pronunciare dinanzi a voi e per il quale vi chiedo, e voi mi darete, alcune decine di minuti della vostra attenzione, io intendo di fissare la posizione dell'Italia fascista per quanto riguarda le sue relazioni con gli altri popoli d'Europa in questo momento così torbido ed inquietante.
L'alto livello della vostra educazione politica mi permette di esporre a voi quei problemi che altrove sono dibattuti nei cosiddetti parlamenti e alla fine dei banchetti cosiddetti democratici.

Sarò estremamente sintetico, ma aggiungo che ognuna delle mie parole è meditata. Se si vuole chiarificare l'atmosfera europea, bisogna in primo luogo fare tabula rasa di tutte le illusioni, di tutti i luoghi comuni. di tutte le menzogne convenzionali che costituiscono ancora i relitti del grande naufragio delle ideologie wilsoniane.

Una di queste illusioni è a terra: è l'illusione del disarmo. Nessuno vuole disarmare per primo, e disarmare tutti insieme è impossibile ed assurdo.
Eppure, quando si riunì a Ginevra la Conferenza del disarmo, la regia funzionò in pieno. Questa regia consiste nel gonfiare le vesciche sino a farne diventare delle montagne. Su queste montagne si concentra per alcuni giorni tutto il fuoco dei proiettori della pubblicità mondiale, poi, ad un certo momento, da queste montagne esce un minuscolo topo che va a finire nei labirinti di una procedura che, in fatto di trovate fertili, non ha precedenti nella storia.
Per noi fascisti, abituati ad esaminare con occhio freddo la realtà della vita e della storia, altra illusione, che noi respingiamo, è quella che passa sotto il nome di « sicurezza collettiva ».

La sicurezza collettiva non è mai esistita, non esiste, non esisterà mai. Un popolo virile realizza nei suoi confini la sua sicurezza collettiva e rifiuta di affidare il suo destino alle mani incerte dei terzi.
Altro luogo comune che bisogna respingere è la pace indivisibile. La pace indivisibile non potrebbe avere che questo significato: la guerra indivisibile, ma i popoli si rifiutano, e giustamente, di battersi per interessi che non li riguardano.
La stessa Società delle Nazioni si basa sopra un assurdo che consiste nel criterio dell'assoluta parità giuridica fra tutti gli Stati, mentre gli Stati si differenziano almeno dal punto di vista della loro storica responsabilità.
Per la Società delle Nazioni il dilemma si pone in termini chiarissimi: o rinnovarsi, o perire.

Poiché - è estremamente difficile che essa possa rinnovarsi, per nostro conto può anche tranquillamente perire. Comunque, noi non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo che la Società delle Nazioni ha organizzato con metodi di una diligenza diabolica l'iniquo assedio contro il Popolo Italiano, ha tentato di affamare questo Popolo nella sua concreta vivente realtà degli uomini, delle donne, dei fanciulli, ha cercato di spezzare il nostro sforzo militare, l'opera di civiltà che si compiva a circa quattromila chilometri di distanza dalla Madre Patria.

Non c'è riuscita: non c'è riuscita non già perché non lo volesse: ma perché ha trovato di fronte l'unità compatta del Popolo Italiano, capace di tutti i sacrifici e anche di battersi contro cinquantadue Stati coalizzati.
Del resto per fare una politica di pace non è necessario di passare per gli ambulacri della Società delle Nazioni.

Qui, o camerati, io faccio quello che nella navigazione si chiama il punto. Dopo diciassette anni di polemiche, di attriti, di malintesi, di problemi rimasti in sospeso, nel gennaio 1935 si realizzavano degli accordi con la Francia. Questi accordi potevano e dovevano aprire una nuova epoca di relazioni veramente amichevoli tra i due Paesi.
Ma vennero le sanzioni. Naturalmente l'amicizia subì un primo congelamento. Eravamo alle soglie dell'inverno. Passò l'inverno e giunse la primavera e con la primavera le nostre trionfali Vittorie. Le sanzioni continuavano ad essere applicate con un rigore veramente meticoloso. Da almeno due mesi eravamo ad Addis Abeba e ancora duravano le sanzioni. Caso classico della lettera che uccide lo spirito, del formalismo che strangola la vivente concreta realtà della vita.

La Francia ancora oggi tiene il dito puntato sugli ingialliti registri di Ginevra e dice: l'Impero del morto ex Leone di Giuda è ancora vivo. Ma al di là dei mastri ginevrini, che cosa dice la realtà della nostra Vittoria? Che l'Impero del Negus è stramorto.
È di tutta evidenza che sino a quando il Governo francese terrà, nei nostri confronti, un atteggiamento di attesa riservata, noi non potremo fare che altrettanto.

Uno dei Paesi confinanti con l'Italia e con il quale le nostre relazioni furono, sono e saranno sempre estremamente amichevoli, è la Svizzera. Paese piccolo, ma di una importanza grandissima e per la sua composizione etnica e per la posizione geografica che occupa nel quadrivio d'Europa.

Con gli accordi dell'11 luglio un'epoca nuova si è aperta nella storia dell'Austria moderna. Gli accordi dell'11 luglio, ne prendano nota tutti i commentatori frettolosi e male informati, erano da me conosciuti ed approvati sin dal 5 giugno, ed è mia convinzione che tali accordi hanno irrobustito la compagine statale di questo Stato e ne hanno anche maggiormente garantita l'indipendenza.
Sinché non sarà resa giustizia all'Ungheria non vi potrà essere sistemazione definitiva degli interessi nel bacino danubiano. L'Ungheria è veramente la grande mutilata: quattro milioni di magiari vivono oltre i suoi confini attuali. Per volere seguire i dettami di una giustizia troppo astratta, si è caduti in un'altra ingiustizia forse maggiore.
I sentimenti del Popolo Italiano verso il Popolo magiaro sono improntati ad uno schietto riconoscimento, che del resto è reciproco, delle sue qualità militari, del suo coraggio, del suo spirito di sacrificio. Ci sarà forse prossimamente una occasione solenne nella quale questi sentimenti del Popolo Italiano troveranno pubblica e clamorosa manifestazione.

Quarto Paese confinante con l'Italia: la Jugoslavia. In questi ultimi tempi l'atmosfera tra i due Paesi è grandemente migliorata.
Voi ricorderete che due anni or sono, in questa stessa piazza, io feci un chiaro accenno alla possibilità di stabilire rapporti di cordiale amicizia fra i due Paesi. Riprendo oggi questo motivo e dichiaro che oggi ormai esistono le condizioni necessarie e sufficienti di ordine morale, politico ed economico per mettere su nuove basi di una concreta amicizia i rapporti fra questi due Paesi.

Oltre a questi che sono i quattro Paesi confinanti con l'Italia, un grande Paese ha in questi ultimi tempi raccolto vaste simpatie nelle masse del Popolo Italiano: parlo della Germania.
Gli incontri di Berlino hanno avute come risultato una intesa fra i due Paesi su determinati problemi, alcuni dei quali particolarmente scottanti in questi giorni. Ma queste intese, che sono state consacrate in appositi verbali debitamente firmati, questa verticale BerlinoRoma, non è un diaframma, è piuttosto un asse attorno al quale possono collaborare tutti gli Stati europei animati da volontà di collaborazione e di pace.
La Germania, quantunque circuita e sollecitata, non ha aderito alle sanzioni. Con l'accordo dell'11 luglio è scomparso un elemento di dissensione fra Berlino e Roma e vi ricordo che, ancora prima dell'incontro di Berlino, la Germania aveva praticamente riconosciuto l'Impero di Roma.

Nessuna meraviglia se noi oggi innalziamo la bandiera dell'anti-bolscevismo. Ma questa è la nostra vecchia bandiera ! Ma noi siamo nati sotto questo segno, ma noi abbiamo combattuto contro questo nemico, lo abbiamo vinto, attraverso i nostri sacrifici ed il nostro sangue. Poiché quello che si chiama bolscevismo o comunismo non è oggi, ascoltatemi bene, non è oggi che un supercapitalismo di Stato portato alla sua più feroce espressione: non è quindi una negazione del sistema, ma una prosecuzione ed una sublimazione di questo sistema.
E sarebbe ora di finirla con il mettere in antitesi il Fascismo e la democrazia. Veramente si può dire che questa nostra grande Italia è anche la grande sconosciuta. Se molti di questi ministri, deputati e generi affini che parlano per « sentito dire > si decidessero una buona volta a varcare la frontiera d'Italia, si convincerebbero che se c'è un Paese dove la vera democrazia è stata realizzata, questo Paese è l'Italia fascista.

Poiché noi - o reazionari di tutti i Paesi, veri ed autentici reazionari di tutti i Paesi - noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.
Noi non portiamo alle estreme conseguenze la civiltà capitalista sopra tutto nel suo aspetto meccanico e quasi antiumano; noi creiamo una nuova sintesi e, attraverso il Fascismo, apriamo il varco alla umana vera civiltà del lavoro.
Mi sono occupato sin qui del continente. Bisogna che gli Italiani a poco a poco si facciano una mentalità insulare, perché è l'unico modo per porre al giusto piano i problemi della difesa navale della Nazione.
L'Italia è un'isola che si immerge nel Mediterraneo. Questo mare (io qui mi rivolgo anche agli Inglesi che forse in questo momento sono alla radio), questo mare per la Gran Bretagna è una strada, una delle tante strade, piuttosto una scorciatoia con la quale l'Impero britannico raggiunge più rapidamente i suoi territori periferici.
Sia detto tra parentesi che quando un italiano, il Negrelli, progettò il taglio dell'istmo di Suez, soprattutto in Inghilterra fu considerato un mentecatto.
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Se per gli altri il Mediterraneo è una strada, per noi Italiani è la vita. Noi abbiamo detto mille volte, e ripeto dinanzi a questa magnifica moltitudine, che noi non intendiamo di minacciare questa strada. Non ci proponiamo di interromperla, ma esigiamo d'altra parte che anche i nostri diritti ed interessi vitali siano rispettati.
Non ci sono alternative: bisogna che i cervelli ragionanti dell'Impero britannico realizzino che il fatto è compiuto ed irrevocabile. Più presto sarà e tanto meglio sarà.
Non è pensabile un urto bilaterale e meno ancora è pensabile un urto che da bilaterale diventerebbe immediatamente europeo. Non c'è quindi che una soluzione: l'intesa schietta, rapida, completa sulla base del riconoscimento dei reciproci interessi.

Ma se così non fosse, se veramente, cosa che io escludo sin da oggi, si meditasse, veramente, di soffocare la vita del Popolo Italiano in quel mare che fu il mare di Roma, ebbene si sappia che il Popolo Italiano balzerebbe come un solo uomo in piedi pronto al combattimento con una decisione che avrebbe rari precedenti nella storia.

Camerati milanesi, veniamo a noi.
Le direttrici di marcia per l'anno XV sono le seguenti: pace con tutti, con i vicini e con i lontani, pace
armata. Quindi il nostro programma di armamenti del cielo, del mare e della terra sarà regolarmente sviluppato.
Acceleramento di tutte le energie produttrici della Nazione, nel campo agricolo e nel campo industriale.
Avviamento del sistema corporativo alla sua definitiva realizzazione.
Ma vi è una consegna che io affido a voi, o milanesi di questa ardentissima e fascistissima Milano che ha rivelato in questi giorni la sua grande anima, che affido a voi, o milanesi, di questa Milano generosa, operosa, infaticabile. Questa consegna io sono sicuro che diventa per voi, nell'ora stessa in cui la pronuncio, un imperioso dovere: dovete mettervi, come vi metterete, all'avanguardia per la valorizzazione dell'Impero, onde farne, nel più breve termine di tempo possibile, un elemento di benessere, di potenza, di gloria per la Patria".


Discorso riportato dal Popolo d'Italia che così commenta:

"Quasi ogni periodo del Discorso è punteggiato dalle risposte del Popolo, che esprime il suo consenso con grida, con affermazioni, con promesse ardenti. Come sempre, nei Discorsi a carattere storico definitivo, la parola del Duce è un colloquio vivacissimo con la folla. E questa volta il colloquio ha il valore d'un'affermazione di potenza e d'un impegno altissimo. Le ultime parole sono seguite da una manifestazione travolgente che non sembra voler mai finire - e che lascia la sua vibrazione anche nei giorni seguenti. Tutti sentono che, nel Discorso di Milano e nell'entusiasmo che lo accompagna, è l'apoteosi dell'Impero, è l'affermazione della sua forza propulsiva nel mondo, ora e sempre, nel presente e nell'avvenire".

 

Le interviste di Mussolini ai giornali inglesi > >

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