SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
ESPLORAZIONI


Il mondo nel 1436 visto dal Cartografo veneziano Andrea Bianco

LE GRANDI ESPLORAZIONI

 ALCUNE TAPPE PARTENDO PRIMA DEL 1492

( vedi anche - COLONIALISMO - COLONIE E IMPERI )

(vedi CARTINA DELLA GRANDI SCOPERTE - I VIAGGI - LE DATE )

I primi uomini bianchi che raggiunsero il continente, che poi fu detto America, furono i Normanni  audaci navigatori abitanti al nord dell'Europa nell'attuale Scandinavia (detti anche Vichinghi - o Goti dal nome del territorio chiamato Gotland).
Ma non solo i navigatori, ma anche sciatori raggiunsero il continente americano.

L'uso degli sci é il più antico mezzo di locomozione inventato dall'uomo, prima ancora della ruota. Un'incisione rupestre all'isola di Rodoy in Norvegia databile nel 3000 a.C. raffigura uomini che hanno ai piedi degli sci. A confermare questa scoperta, in una torbiera di Hoting in Svezia, ne sono stati rinvenuti un paio in ottime condizioni di conservazione databili nel 2500 a.C.
L'invenzione  dello sci e insieme della slitta, affonda nella preistoria e sembra proprio che la colonizzazione dell'America sia avvenuta proprio con gli sci ai piedi.
Alcuni grandi esploratori e storici (Luther, Nansen) studiando le origini degli sci,  fanno risalire questa invenzione nella zona della Siberia e della Mongolia. Precisamente nella  zona degli Altai.  Fu qui che si formarono - prima della fine dell'ultima era glaciale - due correnti migratorie:  una verso la Manciuria e proseguendo attraverso lo stretto di Bering ghiacciato entrarono nell'Alaska poi in Canadà colonizzando il continente; mentre l'altra dirigendosi a ovest attraverso la Siberia sarebbe pervenuta nei paesi scandinavi sul Baltico, quindi nel Gotland (Scandinavia - Svezia-Norvegia)

Non dimentichiamo che si possono percorrere con gli sci dai 300 ai 400 chilometri al giorno. Il record é del   finlandese Rantenen con 401,28 km. e lo stesso Nansen (direttore del museo di Bergen - volle dare una dimostrazione personale alla sua tesi) nel 1888 in 39 giorni raggiunse la Groenlandia, la attraversò interamente e raggiunse la baia di Baffin (America). Da Umivick a Godthahro.

Inoltre la teoria di Luther e di Nansen è avvalorata  dal rinvenimento di questi attrezzi (sci e racchette)  nelle tribù Athabasca del Canadà che hanno una straordinaria somiglianza a quelle in uso nelle popolazioni arcaiche in Islanda, in Finlandia, in Lapponia ed infine dopo aver fatto il giro del mondo rinvenute proprio  nel nord-est asiatico  in  Manciuria e nella punta estrema della Siberia.
Una saga norvegese narra che il paese venne occupato circa 8000 anni fa da un popolo di sciatori venuti dal nord-est. Mentre una cronaca della Cina Manciù,  nella regione di Mukden (nello Shen-Yang)  nel 1000 a.C. narra l'incontro di un gruppo di cacciatori  con delle assicelle di legno con la punta ricurva fissate ai piedi con dei lacciuoli, che scivolavano velocissimi "come il vento" sulla neve aiutandosi con due bastoncini. Luther ha pure scoperto nell'arcaico alfabeto cinese un ideogramma che significa e indica un preciso attrezzo: la  "tavoletta per scivolare".

Ma ritorniamo alle imprese dei Vichinghi sulle loro caratteristiche imbarcazioni. Essi fin dal X secolo si spingevano con le loro scorrerie nelle terre più inospitali e più remote;  nell'Islanda, nella Groenlandia e infine nel Labrador, ma a quanto pare anche nel Massachustes e forse anche in Florida. Vi giunsero a più riprese a fine secolo X e poi più tardi nell' XI 
Vi fondarono delle colonie, che non alimentate, si spensero ben presto. Gelosi dei loro segreti, poco o nulla fecero sapere al resto d'Europa delle terre da loro scoperte; sì che alla fine del secolo XV pochi sapevano qualcosa di preciso sulle audaci imprese dei Normanni. Ovviamente nelle loro saghe c'era questo e altro. Anche i bambini sapevano cos'era il Vinland. Nella "Saga della Groenlandia" o in quella di Erik il Rosso o di Leif, c'era di tutto" (e come leggeremo più avanti nello Specchio dei Re  norvegese, del 1250 c'era anche qualcosa di più). 

Occorre perciò venire al viaggio di Cristoforo Colombo del 1492 per iniziare la storia della conoscenza del Mondo Nuovo.
(QUI - PER I PARTICOLARI  DELLA VITA E DEL VIAGGIO DI COLOMBO)

Colombo voleva raggiungere l'oriente per la via d'occidente; e tale sua idea (non tanto strampalata) si fondava sulla conoscenza di carte ricavate da quella di Tolomeo, ma rappresentanti la Terra più piccola di quella che è in realtà (che però Colombo non prese molto in considerazione) e gli studi teorici di Paolo Toscanelli, astronomo, matematico  e geografo fiorentino che già aveva ideato questo ardito viaggio transatlantico nel 1474, esponendolo a un canonico di Lisbona. Che Colombo frequentava avendo in comune la passione per gli studi della cosmografia. 

E di Toscanelli dobbiamo parlare. 


In Toscana c'era da anni un forte sviluppo dell'attività cartografica, che si trasferisce anche nella città di Bologna. Fra i tanti vi opera BERLINGHIERI che pubblica con un nuovo procedimento - con la stampa xilografica- le Sette giornate della Geografia.

Con queste conoscenze diffuse, a Firenze TOSCANELLI (oltre che geografo è anche matematico) comunica con lettera e disegni al canonico della cattedrale di Lisbona, arcivescovo MARTINES, un appassionato geografo-cosmografo; sono notizie apprese su numerosi testi arabi riguardanti sia la circumnavigazione dell'Africa (che afferma essere un continente!) e addirittura del globo che ritiene appunto possibile. Gli invia anche una mappa, come raggiungere il "Cipangu" (Cina) partendo dalla sponda dell'Atlantico navigando verso occidente. Colombo volle mettersi in contatto con Toscanelli, per chiedergli altro, e lui gli rispose dandogli buoni consigli, incitamenti e perfino una carta nautica.

Non sappiamo se in seguito ci fu dell'altra corrispondenza con Colombo e con il vescovo, ma sappiamo che MARTINEZ con altri incarichi venne richiamato in Vaticano; e porta con sè (ritrovate nel 1900) una ricca documentazione geografica che ha raccolto con passione e curiosità in tanti anni; sono raccolte di testi, codici, e carte nautiche, che partono dai tempi di Eratostene, dei viaggi degli egizi e dei cartaginesi e successive precise carte nautiche arabe, diari di bordo, testimonianze raccolte sul luogo in Portogallo, sede degli ultimi arabi di Spagna, soprattutto dei grandi navigatori che per alcuni secoli hanno rifornito il continente. Di materiale in giro ve n'era moltissimo. Inoltre le grandi e preziose biblioteche arabe in Spagna nel XIV sec. erano ancora integre, con molti testi antichi e moderni e tantissimi gli studi accurati riveduti, corretti, ampliati. (Come nella biblioteca di Cordoba (500.000 testi raccolti), e dove Colombo si trasferisce quando nello stesso periodo a Cordoba si era trasferita anche la corte per intensificare la lotta contro gli arabi e gli ebrei.

(di queste relazioni dell'epoca, testi e numerose "cartine" sono conservate - oltre che a Magonza nel Museo romano-germanico- ad Anversa, sede dello straordinario Museo del Mare (il più documentato museo nautico del mondo). Cartine che ci offrono nei dettagli i percorsi marittimi e terrestri dell'epoca, con itinerari particolareggiati, descrizioni che contengono non soltanto i nomi delle località toccate dai navigli ma anche la lunghezza delle singole tappe e tutti gli imprevisti che vi si potevano incontrare. Ma fra le tante cose interessanti nel museo, i molti diari di bordo. Visti di persona da chi sta scrivendo queste note.
Indubbiamente con gran passione per queste notizie, MARTINEZ a Lisbona aveva raccolto anche lui molto materiale, portato poi con sé nel suo rientro a Roma (e la Chiesa apprende !! qualora non lo sapesse già dalle ricche biblioteche delle abbazie)

Sappiamo oggi che da ERATOSTENE (275-195 a.C.) il calcolo della circonferenza del nostro "globo", con la misurazione del grado fra Alessandria e Syene era stato calcolato quasi esattamente, in 40 mila chilometri. Calcolò che il nostro Antico Continente occupava un terzo della circonferenza terrestre e che la costa estrema dell'Asia distava dalla Spagna di circa 240 gradi; distanza che con una certa approssimazione corrisponde esattamente a quella reale. Eratostene nella sue Cronografie fu preciso: infatti, scrive: "Conosciamo soltanto la regione della terra abitata in cui viviamo, l' oikumene; ma nella zona temperata può tuttavia trovarsi un altro continente ugualmente abitato, o anche più di uno" Non sbagliava! Ma i suoi libri, o quelli che parlavano di queste cose scomparvero nella polvere dei conventi, ma riapparvero in Europa tramite le numerose traduzioni arabe verso il XIII e XIV secolo dopo le crociate o con la Reconquista prima in Sicilia, poi in Spagna, dove esistevano immense biblioteche arabe con le conoscenze di duemila anni; lette, commentate, rielaborate, con note aggiuntive, nuove esperienze ecc.

PAUSANIA (II sec.) dal canto suo, anche lui aveva scritto che al di la' dell'Atlantico esisteva una terra i cui abitanti erano rossi di pelle e avevano i capelli simili ai "crini" di cavallo; e questi come sappiamo oggi erano i Pellirossa. Ma da cosa lo supponeva e quali erano le sue fonti? Non lo sappiamo. Ma forse da una testimonianze precedente, quella che ci ha lasciato nel 40 d.C. lo spagnolo-romano Pomponio Mela in De Chrographie, un manuale di geografia dei tre continenti, dove scrive ""Quando ero stato preconsole romano in "Spagna", Metello Celere mi riferì che il re dei Boti gli aveva inviato in dono degli schiavi che avevano fatto naufragio sulla costa (in Portogallo). Erano 7 uomini provenienti da una lontanissima terra, che travolti da una tempesta dopo aver vagato nel mare per decine e decine di giorni, erano stati sospinti fino alle nostre coste. Questi erano uomini fino allora mai visti da nessuno, dalla pelle rossa, capelli a crini, e parlavano una lingua incomprensibile a tutti."

E' certo che - dopo i Cartaginesi- anche i Romani facessero largo uso di mappe fin dai tempi di Augusto. Sempre nel II sec. Tolomeo si era impegnato in Geographia a realizzare delle mappe calcolando una specie di latitudine e longitudine dei luoghi conosciuti, ma purtroppo in questi suoi lavori rifiutò di accettare i più accurati calcoli di Eratostene e di Ipparco (190, a.C.), prese invece in considerazione  quelli meno accurati eseguiti da Posidonio (131-51 a.C.), e anche quelli errati di Marino di Tiro suo contemporaneo; infatti perfino il Mediterraneo lo aveva fatto più lungo di 20 gradi. Nella sua "Mappa Mundi" Tolomeo sbaglia di 90 gradi la collocazione di alcune terre, e rifiuta di prendere in considerazione l'Africa come un continente quindi non circondato dal mare, mentre l'Oceano Indiano lo riporta come un lago fra Asia e Africa. 
Tolomeo non prende in considerazione il metodo del crivello e dell' obelisco; una misurazione che indicava la circonferenza della Terra con un minimo scarto di quella che è in realtà. Così i 360 gradi diventavano 270. Mancavano dunque 90 gradi (in pratica veniva a mancare l'intero spazio che occupa l'Oceano Pacifico, dal Giappone alla California) e per 12 secoli considerando infallibili queste misurazioni, tutti coloro che si occuparono di cartografia in Europa, seguitarono a sbagliare (o volutamente temendo persecuzioni dalla Chiesa), pensando che una volta superato l'Atlantico si approdava nel "Cipango", cioè nelle Indie estreme.

Non tutti! In quest'ultimo periodo, alcuni (moltissimi dopo le ultime scoperte) rispolverando i testi antichi, riscoprirono Eratostene, il suo metodo del crivello; e con le nuove conoscenze matematiche (un preludio ai logaritmi del matematico Chuquet che sono del 1484) riuscirono ad avere la netta percezione dell'aspetto cosmografico della Terra. Cioè la quasi certezza che per arrivare alle Indie dall'Europa occorreva (ipotizzando un grande mare) una navigazione di diecimila miglia e non tremila secondo i calcoli di Tolomeo e di tutti quelli che utilizzarono poi le sue carte e i suoi studi senza farne altri.

Purtroppo le errate idee geografiche, assieme a quelle astronomiche (sistema tolemaico, geocentrico), persistevano ed erano ancora dominanti nel Quattrocento. Lo erano state per tutto il medioevo legate alla tradizione biblica cristiana, dove sia la scienza che l'osservazione astronomica erano osteggiate, anzi combattute. Il mondo era quello biblico di Noè, al centro dell'Universo, ed era piatto, diviso in tre parti, terra e mare e con il cielo come un coperchio. Amen!
L'ultima opera dell'autorevole cardinale D'Ailly (1410), L'Imago Mundi, con le sue errate concezioni era del resto il "vangelo" di come era fatto il mondo.

Non la stessa cosa era avvenuta nel mondo arabo che pur avendo inventato la scrittura solo nel 352 d.C. proseguirono gli studi nei successivi secoli  - per fortuna! - dove gli altri si erano fermati. Gli Arabi furono gli unici a salvare i preziosi lavori degli antichi, e su questi - che funzionarono come stimoli per i successivi studi - elaborarono nuove teorie, nuove osservazioni (preziose quelle della Cina (dove nel 100 a.C. esisteva già un Planetario girevole) e dell'Egitto (con le già millenaria conoscenza a Eliopolis dell'anno solare, e conoscenze del sessagesimale per dividere il cerchio in 360 gradi) che poi solo in piccolissima parte giunsero in Occidente ancora chiuso e con tanto buio sulla scienza del passato. Ma già in un lembo dell'Europa, in Sicilia (da quattro secoli araba) nel 1200, alla corte normanna di Federico  c'era già un planisfero che indicava l'Africa, il polo australe e la "sua" stella "polare", la Croce del Sud.
Il primo a parlarne (in Europa cento anni dopo) fu Dante, che direttamente o indirettamente (la sua presenza in Sicilia non è stata ancora accertata) indubbiamente lo apprese dai libri custoditi alla corte di Sicilia; ma molti non capirono alcune criptiche frasi inserite nel suo poema. Lui  neppure forse. Le inserì e basta. Per diversi secoli molti non compresero quelle tre righe così oscure e passarono oltre). Le vogliamo riportare:  Nel Primo canto del Purgatorie Dante dice:
Io mi volsi a man destra, e puosi mente
all'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'alla prima gente.
Goder pareva il ciel di loro fiammelle:
ho settentrional vedovo sito
poiche privato se' di mirar quelle!
(versi 22-27).
Nessuno fino al 1488 (prima di Cao e poi Diaz, col periplo dell'Africa)  aveva mai navigato fino allora oltre i 20 gradi a sud, e la Croce del Sud non è assolutamente visibile a nord del 30� grado.
Ma Dante sa ancora di più, che la terra è rotonda, e che l'Orsa maggiore si abbassa sempre più sull'orizzonte man mano che si procede verso sud, mentre la Croce del Sud si alza nel cielo notturno.
Ma come fa a saperlo? - Infatti proseguiamo la lettura nei versi 28-31.
Com'io dal loro sguardo fui partito, 
Un poco me volgendo all'altro polo,
Là onde il Carro già era sparito,
Vidi presso di me un veglio solo...

Poi in un altro punto al canto quarto, versi 55 sgg, Dante riferisce d'esser giunto nell'emisfero meridionale e di aver visto il sole a nord.

Insomma troppo preciso. Non può essere una invenzione nè teorica nè poetica. Qualcosa di certo doveva sapere. Ma oltre i testi arabi alla corte di Sicilia di Ruggero II (con la presenza nel 1144 a corte del famoso arabo IBN EDRISI -medico, astronomo, geografo, ma anche leggendario navigatore, che aveva addirittura inciso su una gigantesca lastra d'argento la prima rappresentazione del mondo australe-  Edrisi parla dettagliatamente di rotte commerciali fra Giava e il Madagascar di cui descrive gli abitanti) poi alla corte di Federico, c'erano in Sicilia indubbiamente (e ovviamente) anche testi norvegesi normanni, che non solo riportavano i viaggi verso il Vinland dell'anno 1000 e dintorni, ma doveva esserci anche il famoso libro Lo specchio dei re.
Il Konnungsskuggsja. Era un voluminoso libro di lettura compilato da un anonimo e dottissimo personaggio che il re di Norvegia aveva assunto per fornire al figlio tutto il "sapere del mondo". E questo personaggio doveva essere certamente arabo.
Non dimentichiamo che da tempo vichinghi e arabi erano a contatto molto prima del periodo d'oro arabo e poi in quello normanno siciliano. In comune con gli arabi i vichinghi avevano i grandi viaggi e i commerci più vari. Si odiavano perché concorrenti ma simpatizzavano comunque.

 Del 908-932 sono i contatti del califfo Muktedir. Che ha nella sua corte un intelligente ambasciatore, scienziato, navigatore, geografo: Ibn Fadhlan. Costui fu mandato alla corte bulgara di Re Almus. Qui compila - ma forse fece indubbiamente qualche viaggio nel nord- una ricca relazione al suo califfo di Baghdad, specificando i numerosi contatti con i paesi "Gog e Magog" cioè la terra dei vichinghi. Descrive i numerosi rapporti commerciali che avvenivano con i Wisciu - ma li chiama anche Rus - che "vivono in una zona dove le notti durano sei mesi, il sole non splende mai a picco ma si limita a girare molto basso all'orizzonte. Come mezzo di locomozione gli abitanti usano delle ossa di bue ai piedi, o assicelle curve,  per scivolare sulle immense distese di terra ricoperte perennemente di neve, o si fanno trainare sulla stessa da una specie di carretto sempre poggiato su assicelle curve, da mute di cani"
Questi contatti non sono unici, perchè nel Gotland si sono ritrovate 13.000 monete arabe di quest'epoca (800 e 900). Nel 1857 si conoscevano già 170 località dov'erano state rinvenute monete arabe. Quindi doveva esserci sul Baltico, nel Gotland (oltre il baratto) un vero e proprio corso legale della moneta araba. Quindi molti intensi commerci.
Altrettante dettagliate relazioni arabe furono fatte su Magonza, nel Magdeburgo, in Polonia, nello Schleswig, sul Dnjepr, Don, Alto Volga. Qualcuno insomma girava e relazionava.
E altrettante spedizioni fecero verso est e nel sud i vichinghi (detti anche dal padre della storiografia paleorussa Nestore di Kiew, Varegi, Variaghi, Svien, Nurmanni, Angleni, infine Goti e poi Rus).
Nè dobbiamo dimenticare l'assalto del Vichingo Helgi che si era spinto fino a Bisanzio nel 907, e quello di suo figlio Ingvar nel 941. Ma molti altri assalti di vichinghi erano avvenuti nel territorio persiano nel 909, 912, 913, 944.
Ancora nella stessa Bagdad, già nel 845 (tramite l'opera del geografo arabo Ibn Kordadbeh, troviamo che i commercianti vichinghi erano di casa nella grande capitale musulmana. Trattavano in grande quantità le soffici pellicce di pregiati animali nordici di cui avevano il ricco monopolio.
Con questi secolari contatti, il re di Norvegia, come precettore di suo figlio non c'è da meravigliarsi se scelse nell'anno 1250, proprio un sapientone arabo della nutrita corte di Baghdad, città che già possedeva le università, policlinici, planetari statali, fin dall'anno 808. 
Ed ecco cosa troviamo di stupefacente nel Konnungsskuggsja alla corte norvegese, nel 1250!
Rivolgendosi appunto al suo allievo il "professore" scrive: 

"....Ora devi comprendere che la terra è sferica e non ugualmente vicina al sole in tutti i suoi punti. E là dove l'arcuato anello della traiettoria solare più s'avvicina alla terra il calore è massimo, e i paesi esposti all'ininterrotta irradiazione sono parzialmente inabitabili: sono invece abitabili quelli che il sole colpisce con i raggi obliqui... Ho già detto che una zona calda avvolge la terra come un anello (l'equatore - Ndr) da est a ovest. Se questo corrisponde a verità è certo che alla estremità meridionale deve far freddo esattamente come all'estremità settentrionale. Ritengo utile che tutti i paesi vicini a quella zona calda, tanto a sud quanto a nord, siano caldi; mentre quelli che ne distano maggiormente sono freddi. Se tu obbiettassi, o figlio, che tutti asseriscono i paesi essere tanto più caldi quanto più a meridione ci si spinge, potrei risponderti che non hai mai trovato nessuno il quale si sia spinto tanto a sud da avere a nord di se stesso i paesi caldi. E quanto hai detto che i venti provenienti da sud sono più caldi degli altri, ebbene, è naturale che il vento si scaldi giungendo a noi anche se provenisse dalla gelida estremità meridionale del mondo perché spira attraverso  il curvo anello della zona ardente e giunge a nord riscaldato, anche se da sud soffiava freddo. Se in quella fredda zona della parte australe abitano uomini , come i Groenlandesi abitano quella boreale, tengo per certo che il vento del nord giunga a loro caldo come a noi quello del sud, perchè essi debbono guardare il sole a nord, come noi, che abitiamo a nord del sole, dobbiamo guardare  a sud per vederne i movimenti. ...E quando il sole si trova all'estremo limite meridionale del suo obbliquo cammino, quelli di laggiù hanno l'estate e giornate assai lunghe, mentre noi abbiamo l'inverno e siamo poco esposti ai raggi solari. Quando invece il sole si volge verso il limite boreale, noi abbiamo l'estate ed essi l'inverno; e accade sempre che esso salga all'orizzonte nei paesi nordici quando il medesimo discende per quelli meridionali".

Quelle che qui appaiono, sono delle conseguenze logiche. C'è diligenza, esperienza e sapienza. Non è l'illuminazione di un genio, non c'è la fantasia di un poeta, non è una combinazione teorica, ma è pura conoscenza che può essere stata acquisita solo in grandi viaggi. (vedi quelli citati da Edrisi in Madagascar nel 1144). Oppure deve aver preso visione dei grandi trattati dell'antichità, in occidente caduti nel più completo oblio (come la circumnavigazione dell'Africa nel 600 a.C. sotto il faraone Necho).

Ma ritorniamo a MARTINES. Oltre a lui, a Roma pochi anni dopo, nel 1480, giunge anche un altro vescovo; viene dall'Irlanda, dall'abbazia di Stratflur, e ha con sé (anche lui) alcune relazioni di viaggi fatti dai vichinghi in "America" (terra a cui diedero il nome Vinland) nel 992, nel 1029 e nel 1170.
In una Storia ecclesiastica di Amburgo del 1070, compilata da Adamo da Brema, nel quarto volume, accennando alle isole settentrionali dice " il re dei danesi riferisce che oltre queste isole fu scoperta "da molti" un'altra grande isola chiamata Vinland,  perchè ricca di viti selvatiche che producono un ottimo vino. Che vi prosperano frutti spontanei in abbondanza; tutto questo da veridiche relazioni danesi".
Se riflettiamo, la vite non poteva prosperare nè in Groenlandia, nè sulle prime coste del Canadà, perchè il suo limite coltivativo in America si trova solo al  47� parallelo. Che corrisponde al golfo di San Lorenzo.
Si accennava anche a un "grano selvatico", un "grano indio", e questo sappiamo ha il suo limite al 44� parallelo. Che corrisponde a una regione fra Boston e New York. Era quindi da più di un secolo che i vichinghi andavano e tornavano dal Vinland. 
Negli "Annali d'Islanda" dell'anno 1121,'c'è anche una nota "Erickr bykop leitadi Vinlandz"; il vescovo Erich va in visita nel Vinland". C'era dunque già un villaggio di vichinghi nel Vinland come narrano alcune saghe? Ma anche antiche saghe precolombiane - quella azteca di Quetzalcoatl- parlavano di uomini bianchi, biondi, con occhi azzurri, che da mari molto lontani, su barche come serpenti e draghi (e le navi vichinghe sulla prua avevano teste di serpenti e di drago) approdarono alcuni secoli prima nella loro terra .

Questa storia raccontata dagli spagnoli (da Torquenmada) deve essere vera, perchè sarebbero stati poco abili nel raccontare un fatto dove non c'erano i loro avi come protagonisti, ma svedesi, visto che gli spagnoli non avevano certo occhi azzurri nè erano biondi. La storia udita scrivendola la riportarono quindi  fedelmente.
Ma come sapevano gli aztechi  che esistevano uomini dagli occhi azzurri e dai capelli biondi? Di uomini simili in America non sono mai esistiti!

Famose e documentate nelle antiche saghe vichinghe, erano le relazioni di Erik il Rosso, e successivamente quelle di suo figlio. E quelle ancora più famose di Leif Erichsonn del 1001 che raggiunse il Massachustes (Boston gli ha dedicato uno splendido monumento) proseguite poi dal fratello Thorwald che però non fece ritorno perchè ucciso dai locali che usavano "frecce"(!)
Le relazioni di Leif Erichsonn alcuni storici le definiscono le più straordinarie fra tutte quelle esistenti nelle esplorazioni del mondo.
Tutti questi viaggi saranno poi confermati storicamente dal 1900 in poi, quando in America verranno ritrovate pietre runiche e oggetti gotici proprio in quelle zone che erano state sommariamente descritte in quelle "relazioni nautiche" fatte dai vichinghi; e comunque esattamente individuabili da molti indizi.

I due prelati di cui stiamo parlando, esaminando minuziosamente questi documenti, con i loro (in comune) appassionati studi cosmografici, avevano messo in relazione molti fatti astronomici, geografici, nautici e ovviamente con le relazioni dei viaggi. Uno in particolare ci interessa molto (e dovette interessare anche Colombo): si parla fin dall'antichità, di una corrente marina atlantica, una preziosissima notizia per un futuro progetto di un viaggio navale di esplorazione nelle acque oceaniche.

Oggi sappiamo che quella corrente atlantica, cui si accennava in quelle carte, è la Passat Settentrionale (una corrente del golfo parte proprio dall'Islanda che raggiunge la costa del Labrador, scende nelle Bahamas e ritorna in Europa), e la Passat Meridionale, che senza neppure remare ci porta in America del Sud; poi in un altro periodo dell'anno - e sempre senza toccare un remo o una vela - con la controcorrente che sfiora le Canarie ci fa tornare indietro quasi nello stesso punto da dove siamo partiti (a una velocità di "crociera" di 3 chilometri ora. La famosa zattera Kon Tiki negli anni 1947, dimostrò proprio questa auto-navigazione, cioè sospinta dalla Passat)
 I documenti antichi raccontavano e citavano proprio queste correnti: "Son correnti che vanno e che vengono da una terra lontana". La corrente nell'andata infatti, sfiora le Azzorre, e nel ritorno la controcorrente sfiora le isole Canarie e quelle di Capo Verde. "Sono acque - si affermava "che partono e fanno ritorno dopo aver lambito terre lontanissime a noi ancora del tutto sconosciute".
Colombo nel suo lungo soggiorno a Porto Santo, la corrente l'aveva proprio davanti; ed avendo già viaggiato molte volte nelle Canarie, la corrente la doveva conoscere molto bene.

Ora arriviamo al colpo di scena di questa pagina! Martinez, questo monaco priore, era spesso in contatto a Lisbona con CRISTOFORO COLOMBO! Per un semplice motivo. Colombo aveva sposato nel '79 la figlia di Bartolomeo Parestrello, cosmografo e capitano colonizzatore dell'Isola di Porto Santo in Africa dove poi andò a vivere per un po' di tempo lo stesso Colombo (per circa due anni, fino alla morte del suocero). E qui sorge il dubbio se Colombo sapesse o meno quello che Martinez aveva raccolto; cioè che le antiche teorie (saghe, relazioni ecc.) erano più esatte di quelle in circolazione, e alcune da oltre un millennio, rispetto a quelle meno accurate di Tolomeo. 
Viene il dubbio che le carte portate a Roma dai due alti prelati, incuriosirono (o misero in allarme) Papa Alessandro VI,  un altro Borgia! cioè Rodrigo, nipote di Papa Callisto III, Alfonso Borgia (1378-1458), nativo di Canais, nella Spagna Catalana, e che quando salì sul soglio pontificio nel '55, gli ebrei aragonesi lo indicavano non con il suo nome  Alonso Borja arcivescovo di Valencia,  ma era noto con il nome di Aharon Cybo, che era il nome di una famiglia  smaccatamente ebrea.
 E curiosa è subito dopo il viaggio di Colombo, l'immediatezza di Rodrigo Borgia (Alessandro VI fu nominato papa il 25 luglio 1492, Colombo partì il successivo 3 agosto) nel tracciare la famosa "riga Inter Caetera". Il Borgia doveva sapere benissimo cosa c'era al di là della riga e com'era fatto l'Atlantico. In questi anni c'era la "Reconquista" e molto probabilmente, Alessandro VI, voleva dar tempo agli spagnoli (a Ferdinando "il cattolico") di conquistare tutto il Nuovo Mondo.

La sua "riga" Inter Caetera divideva l'Atlantico esattamente al centro, e il mondo in due, ma era tutto a favore della Spagna. Ai portoghesi infatti fu lasciato quasi nulla; solo acqua, le Azzorre, le Canarie, Madera e le isole di C. Verde che possedevano già. La riga (l'attuale 40� di long.) lambiva appena appena la "gobba" del Sud America (Brasile). Neppure un Machiavelli avrebbe mai pensato a una riga così partigiana. Si ha proprio quasi l'impressione che Borgia sapesse esattamente cosa c'era al di là della riga; insomma forse non ignorava le relazioni del famoso Vinland vichingo, cioè l'America settentrionale, nè ignorava gli studi degli antichi, dei cartaginesi, nè quelli raccolti e commentati dagli arabi.

CRISTOFORO COLOMBO tutto questo indubbiamente doveva sommariamente saperlo, le conoscenze, le relazioni raccolte e gli studi fatti da Martines, e dal suocero Prestrello (che aveva un immensa biblioteca di carte nautiche dell' Oc. Atlantico e dell'Oc. Indiano, che poi Colombo ereditò dalla suocera, a Porto Santo, in Africa, quasi davanti al Brasile, che dista nemmeno un terzo del viaggio colombiano). Libri, Carte e Studi molto accurati, che non potevano lasciare (ancora oggi) spazio a dubbi persino a un provetto navigatore con i primi rudimenti di matematica. In sospeso restava solo la seconda ipotesi (ma anche questa era stata intuita da Eratostene, che accennava perfino all'esistenza in mezzo all'oceano di un altro continente messo tra le coste spagnole e le Indie) cioè che in mezzo esistevano altre terre. Poi la relazione del vichingo di Erik il Rosso (sempre in mano a Martines e forse anche del suocero) anche queste non lasciavano dubbi. Erano dettagliate e anche un distratto lettore poteva giungere a delle precise conclusioni (e probabilmente neppure al papa non erano di certo sfuggite).

Dunque Colombo, quando inizia a progettare il suo viaggio, in realtà forse nasconde a tutti l'effettiva distanza da percorrere, e si affida in cuor suo (ma siamo sicuri?) soltanto all'ipotesi di trovare altre terre e non le Indie  conosciute  come l'oscuro "Gipango" dove nessuno era mai andato oltre percorrendo l'oceano Indiano. Ma dai rapporti arabi che fin dall'anno 100 d. C.  andavano e venivano in Cina (Ibn Batuta nel 1325 ne aveva fatti più di cento di viaggi)  questi sapevano benissimo quanti gradi avevano percorso dal Golfo di Aden per arrivare a Canton e nelle Filippine, o dal Madagascar a Giava con in mezzo l'oceano Indiano.  Quindi sembra impossibile che Colombo non si rendesse conto di non essere nelle Indie, ma che mancavano per arrivarci altri quattro mesi di navigazione. Espresse in miglia marine invece di 3000 miglia per arrivare dall'Europa nel "Gipango" (Cina-Giappone) c'erano altre 7.000 miglia di navigazione ancora da compiere (più del doppio). 
Infatti i navigatori successivi, più matematici di lui, quando arrivarono nel 1497 sulla costa del Pacifico, sapevano benissimo quanti gradi mancavano per raggiungere il "Cipango". I due metodi di Eratostene, il crivello e l'ombra dell' obelisco di Alessandria, erano infallibili. Anzi c'era già una specie di astrolabio.
Quindi appare singolare che Colombo  non sapesse che le terre scoperte non potevano essere quelle dell'oriente. Anche dopo aver fatto superficiali e affrettati calcoli  mancavano come abbiamo visto ben 7.000 miglia! 
Ma appare molto strano un altro fatto: se davvero avesse pensato alle Indie, Colombo non avrebbe chiesto Governatorati di reami per sé e i suoi eredi prima di partire. Mica avrebbe potuto governare le Indie (Cina) già governate dal Gran Khan. Indubbiamente lui pensava a terre nuove.

(VEDI QUI - I PARTICOLARI  DELLA VITA E DEL VIAGGIO DI COLOMBO) > > 


Ritorniamo brevemente al suo viaggio: Colombo riuscì dalla Spagna ad ottenere gli aiuti necessari per mettere in atto il suo programma, e nel 1492 partì da Porto Palos, in Andalusia, per giungere, dopo un epico viaggio, all'isola di Guanahani (nell'arcipelago delle Lucaie - Bahamas) che fu detta S. Salvador, e che Colombo credette (?) appartenere all'Asia. Nei viaggi successivi giunse a Cuba, poi Haiti, e lambiva il continente nel Golfo di Paria  nei pressi dell'istmo di Panamà. Solo nel quarto viaggio del 1502-1504 toccò l'Honduras e la Costa Rica, quando altri, cinque anni prima erano già sbarcati sulle coste.
 Non fu quindi Colombo a toccare per primo il continente americano, ma bensì il veneziano GIOVANNI  CABOTO, che con navi inglesi del re Enrico VII  raggiunse nel 1497 le coste del Labrador. Di quel viaggio poche notizie ci giunsero, ma si sa che portandosi verso nord sino allo Stretto di Hudson provò l'esistenza di una grande terra boreale.
Nel 1499 ALONSO DE OJEDA sbarca in Venezuela; e nel 1500 ALVAREZ CABRAL in Brasile. Ed essendo geografi e validissimi navigatori si erano subito convinti di trovarsi in realtà di fronte ad un mondo nuovo e non alle terre dell'Asia. Tutti, navigatori, matematici, geografi, cosmografi attentissimi a questi viaggi, stavano rivoluzionando tutte le vecchie concezioni.

Una pleiade di viaggiatori e colonizzatori si era già lanciata sulla via di Colombo. Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra, Olanda, le potenze marittime e commerciali di quel secolo (XVI), organizzarono audaci spedizioni per impossessarsi di questa parte del Mondo, che Colombo credeva (?) sempre essere non altro che l'Asia.

Ci limiteremo perciò a ricordare i principali viaggi.
Sull'inizio del secolo suddetto AMERIGO VESPUCCI, navigatore fiorentino, agente dei Medici ma al servizio della Spagna come appaltatore di rifornimenti per le navi, visitava le coste settentrionali ed orientali del Centro e del Sud-America e lasciava il suo nome al Nuovo Mondo (1497-1501).
(C. Colombo per la cronaca morì il 20 maggio del 1506 - C'era tempo per ricredersi. Anche perchè popolazione, fauna, flora e ambiente non avevano nulla a che fare con le Indie).
Con Vespucci c'era un certo FRACANZANO MONTALBOLDO, un geografo vicentino, che cura un opera con la relazione di tutto il viaggio e la diffonde a mezzo della stampa nel 1507: Paesi nuovamente ritrovati. (quel "nuovamente" sembra voler ricordare che indietro nel tempo erano appunto già conosciuti)
Un libro che deve aver entusiasmato un suo giovane concittadino di 16 anni: F. ANTONIO PIGAFETTA, che poi ritroveremo sulle navi a portare a termine la prima circumnavigazione del globo dopo la morte di MAGELLANO ucciso nel corso del viaggio medesimo nel 1520.
E come prima il Fracanzano, sarà proprio Pigafetta poi a curare la nuova relazione dello straordinario e drammatico viaggio.

Anni prima (mentre Colombo tra il 1498 e il 1503 compiva il terzo e quarto viaggio) GASPARE e MICHELE CORTEREAL (1500-1502) esploravano il Labrador e SEBASTIANO CABOTO, figlio di Giovanni, sempre per il re d'Inghilterra penetrava nell'interno dello Stretto di Hudson (1508-1509)  completando così le esplorazioni già fatte col padre.
Nel 1499 ALONSO DE HOJEDA esplorò tutta la costa del Venezuela fino al Capo della Vela, e negli anni 1499-1500 VINCENT YANEZ PINZON giungeva al capo S.Agostino a nord del Brasile e di là avanzava scoprendo l'estuario delle Amazzoni. Per induzione un fiume di quella portata d'acqua non poteva certo nascere a pochi chilometri dal mare. Infatti nasceva all'interno ed era lungo 6000 km.

Nel 1500 prosegue il portoghese PIETRO ALVAREZ CABRAL, che navigando verso le Indie, avvicinatosi troppo a ovest, arrivò in vista del grande Brasile sbarcando a Porto Seguro.
Nel 1508 GIOVANNI DIAZ DE SOLIS e lo stesso Pinzon scoprirono il lato orientale della penisola dello Yucatan. La Florida veniva scoperta nel 1512 da GIOVANNI PONCE DE LEON; e nel 1513 VASCO NUNEZ DE BALBOA compiva una memorabile traversata dell'Istmo di Darien, scoprendo l'Oceano Pacifico, dimostrando così che l'India era ancora al di là di un vasto oceano.

Nel 1519 il governatore DIEGO VELASQUEZ incaricò a far conquiste il suo segretario FERDINANDO CORTEZ che però ribellandosi volle fare tutto da solo e con 600 volontari penetrava seminando stragi e terrore nel Messico. Mise fine al mondo azteco. Già nel 1521 l'antica capitale Tenochtitlan non esisteva più, con gli abitanti quasi tutti massacrati o morti per epidemie portate dai conquistadores. Si calcola che il Messico avesse nel 1519 circa undici milioni di abitanti; nel 1597 erano ridotti a due milioni. Ma anche questi furono poi ridotti alla segregazione razziale e al lavoro forzato fino alla fine dell'Ottocento.

Nell'anno 1524, al servizio di Francesco I di Francia, l'italiano GIOVANNI DA VERAZZANO percorreva un lungo tratto di costa del Nord-America, esplorando la Florida e più tardi le foci dell'Hudson. (Ma a dargli questo nome fu ENRICO HUDSON nel 1609, quando scoprì la baia che porta il suo nome. Ma ci lasciò la vita, i suoi marinai in un ammutinamento lo uccisero).
La relazione di Verazzano indusse la Francia a nuove imprese e nuove ricerche, soprattutto con GIACOMO CARTIER tra il 1534 e il 1535, in Terranova, nel Labrador, sul fiume San Lorenzo fin dove oggi sorge Montreal. Iniziando l'organizzazione della colonia francese del Canadà.
  Ancora Sebastiano Caboto due anni dopo risaliva il Rio della Plata sino all'attuale Paraguay, contribuendo alla conoscenza del Sud-America.
Alla fine del 1524 l'occupazione delle coste del Pacifico era quasi tutta completata.

Nel 1530 FRANCESCO PIZZARRO (con il fratello FERNANDO e GONZALO) partendo da Panama con 180 uomini e 27 cavalli, va alla conquista del Perù. Sembra impossibile, eppure nel novembre del 1533 puntò sull'antica capitale Cuzco e distrusse e massacrò quasi l'intera popolazione del grande Impero degli Incas. Lo aiutò un certo DIEGO ALMAGRO che però in una lite per ordine di Fernando fu strangolato. Non toccò migliore sorte poi a lui, Fernando, assassinato da un pugno di soldati ribelli; poi venne il turno dell'altro fratello Gonzalo, decapitato. Infine lo stesso Francesco imprigionato per ordine del re terminò i suoi giorni in una galera. Finirono insomma tutti male. Non gli eredi però.

Nel 1535 DIEGO ALMAGRO pentrava nel Cile, e nel 1539-1543 FERNANDO DE SOTO esplorava le coste settentrionali del Messico.
Così in circa cinquant'anni dalla sua scoperta l'America era ormai conosciuta in tutte le sue coste, tranne quella del nord-ovest  molto settentrionali.

Nel 1616 la ricerca di un più comodo passaggio a sud dell'America portava gli Olandesi LE MARIE e SCHOUTEN alla scoperta del Capo Horn, estremo limite a sud del Nuovo Mondo; mentre a nord già da alcuni anni  per opera del DAVIS, dell'HUDSON (prima della sua morte), del BAFFIN, BARENTS e di altri, erano cominciati i tentativi per il passaggio a nord-ovest.

Nell'angolo del nord-ovest, dove JAN DE FUCA (1592) aveva fatti i primi tentativi di penetrazione, gli esploratori russi BERING e TSCHIRIKOFF compirono audaci viaggi; ma soprattutto va ricordato l'inglese GIACOMO COOK, che fra il 1776 ed il 1780 rilevò tutta la serie di isole costiere della costa americana settentrionale del Pacifico. Mentre le foci del Columbia erano state scoperte già nel 1742 dall'inglese GRAY.

Alle coste settentrionali nella Baia di Hudson (dopo Hudson) nel 1669 giungeva dal Canadà il francese GROISSEILLIERS, iniziando l'esplorazione di queste terre del nord, esplorazione che veniva continuata da cacciatori della Compagnia della Baia di Hudson, fondata l'anno dopo, nel 1770.

Il MAKENZIE (1789) scopriva la regione del fiume che prese il suo nome; il francese SAMUELE CHAMPLAIN (1603) esplorava il bacino del San Lorenzo. Altri viaggiatori che contribuirono alla conoscenza delle regioni più nordiche dell'America furono: il MALASPINA (1791), che raggiunse il Capo Hichinbrook e le vicine coste del Monte S.Elia; poi il PARRY (1819); il FRANKLIN; il ROSS e altri.

Nell'interno dell'America del Nord le esplorazioni si compivano sempre più numerose; citiamo il missionario MARQUETTE, che risalì il corso del Mississipì, i capitani LEWIS e CLARKE (1803-1806), che penetrarono nella regione del Missuri; COSTANTINO BELTRAMI (1823) che riconobbe la regione delle sorgenti del Mississipì, oltre ad un gruppo di geologi, che per conto degli Stati Uniti, studiarono la regione montuosa occidentale delle Rocciose e della Catena delle Cascate.

Nel Messico e nell'America Centrale fra i più celebri vanno citati : ALESSANDRO HUMBOLDT (1803-1804), GARELLA (1843), MORITZ WAGNER, RECLUS ecc che studiarono la regione per facilitare la risoluzione della costruzione del canale di Panamà.
Fra il 1850 ed il 1854 ROBERTO MAC LURE e RICCARDO COLLINSONS, muovendo dallo Stretto di Bering, compiono il passaggio di nord-ovest. Nel 1897 il DUCA DEGLI ABRUZZI, con guide italiane, compì l'ascensione del Monte S. Elia nell'Alaska.

Nel SUD -AMERICA l'esplorazione interna fu più generale perchè l'ambiente si prestava meno alla colonizzazione.
Il primo a penetrare all'interno era stato FRANCESCO ORELLANA, nel 1540, il quale lasciando il PISSARRO in Perù con una zattera e pochi uomini iniziò a scendere un fiume sempre più grande, immenso, che non finiva mai; solo dopo 6000 chilometri videro il mare; era il Rio degli Amazzoni. 
Seguirono, nel 1637, il Gesuita D'ACHUNHA, il CABRERA ed altri. PIETRO SARMIENTO intanto esplorava la Patagonia.
Celebre poi restò la spedizione scientifica francese diretta da CARLO LA CONDAMAINE e da PITRO BOUGUER nel Perù allo scopo di misurare la lunghezza del grado terrestre (1736-1742). Altri viaggiatori che raccolsero preziose notizie furono FELICE AZARA (1781-1801), ALESSANDRO MALASPINA, già ricordato e GIUSEPPE BUSTAMANTE, che tra il 1789 ed il 1794 rilevarono tutte le coste dell'America del Sud: dal Rio della Plata, girando il Capo Horn, fino ad Acapulco in Messico. Inoltre il già citato esploratore tedesco Humboldt percorse il Venezuela, la Colombia, l'Ecuador; l'italiano CODAZZI esplorò la valle dell'Orenoco, e ANTONIO RAIMONDI, pure italiano, esplorò il Perù e la regione sorgentifera delle Amazzoni. Inoltre nel 1855 il DE MOUSSY esaminava meglio il bacino del Rio della Plata; il REISS e lo STBEL (1871-1873) esploravano la Colombia, il WAGNER (1857-1859) l'Ecuador; il PENTLAND le Ande e la Bolivia.

La Terra del Fuoco era il campo delle esplorazioni di GIACMO BOVE (1882), il Brasile quello di MAX VON WIED, dello SPIX e di numerosi altri.
Nel bacino delle Amazzoni penetrarono anche, risalendo il fiume, lo SMYTH , nel 1834-1836, l'HEMDON nel 1850-1856, ed altri. Il bacino della Plata era riconosciuto nella sua interezza dal CREVAUX (1877-1883).

Le spedizioni militari e scientifiche nell'arco dei successivi 60 anni furono poi numerose; nelle Ande, nella Patagonia, nelle foreste delle Amazzoni e tante altre. Da ricordare fra queste spedizioni quelle di tre italiani il Colonnello FONTANA, GIACOMO BOVE, e quella più celebre, del missionario DE AGOSTINI.
Da ricordare anche la famosa impresa compiuta nel 1903-1905 da ROALD AMUNDSEN con la traversata del passaggio di Nord-Ovest, dall'Atlantico al Pacifico.
Le successive imprese ebbero poi l'appoggio di un nuovo mezzo: l'aereo. E con questo nessun segreto la Terra del Nuovo Mondo riuscì più a nascondere.

sulle esplorazioni vedi anche COOK

La storia invece della colonizzazione, e il suo aspetto politico, l'affronteremo in un altro capitolo. 


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