Documento della
dichiarazione di indipendenza
degli Stati Uniti d'America

Premessa


La causa prima della dichiarazione dell'indipendenza fu una proposta del 7 giugno 1776 dei rappresenti dello Stato della Virginia, chiedente che il congresso proclamasse le colonie unite Stati liberi e indipendenti. L'8 giugno fu rimandata la definitiva risoluzione intorno a questa proposta al 1° luglio, ma al tempo stesso venne eletta una commissione, perchè preparasse la dichiarazione dell'indipendenza; commissione composta di G. Adams, dr. Franklin, Tommaso Jefferson, Ruggero Sherman e Roberto R. Livingston. Il compilatore della dichiarazione è il Jefferson, la minuta del quale con alcune correzioni, venne presentata al congresso (la minuta-bozza la riportiamo in questa pagina) che riprese il 1° luglio la discussione su quel soggetto, e la sera del 4 approvò la dichiarazione dell'indipendenza. Essa fu sottoscritta, lo stesso giorno, solo dal presidente Giovanni Hancoch; e dai rimanenti più tardi. Nel 1789 la dichiarazione dell'indipendenza fu depositata nel « Dipartimento degli affari esteri », che oggi si chiama « dipartimento di Stato », dove adesso si trova in uno stipo di acciaio. Il documento è scritto su pergamena che qui riproduciamo interamente digitalizzato. Dandone poi in fondo la traduzione e le firme leggibili.

Pergamena digitalizzata 770 Kby
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firme

 

traduzione

Se un popolo, nel corso degli eventi umani, è costretto a spezzare i vincoli politici, ond'era legato ad un altro, e prendere, tra le potenze della terra, quel posto separato ed equipollente, a
cui lo francino il diritto di natura e la Divinità, un giusto riguardo alle opinioni del mondo gli
impone di indicare i motivi, che lo costringono al distacco. Noi riteniamo come indubitabili queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che sono dal Creatore dotati di certi diritti inalienabili, per esempio, di vita, libertà e della propensione alla felicità. Per assicurare questi
tti sono istituiti, fra gli uomini, dei Governi, che derivano la loro legale autorità dal consenso
i governati. Ove: un qualsiasi regime politico ponga in pericolo il conseguimento di questi
ttuoT il popolo ha il diritto di modificarlo, o di abolirlo formando un nuovo Governo, che si fondi su tali principi, e di ordi narne il potere in quella maniera che sembri ad esso più adatta a procurargli sicurezza e felicità. In effetto la prudenza esigerà che i Governi, esistenti da lungo tempo non si mutino per cagioni futili e passeggere; e, conforme a ciò, l'esperienza ha dimostrato che l'umanità è più disposta a soffrire, finché il male è sopportabile, che a farsi giustizia con l'abbattimento delle istituzioni a cui è abituata. Ma se una lunga serie di abusi e di oppressioni, sempre col medesimo scopo, rivelano l'intento di curvare un popolo sotto un illimitato dispotismo, quel popolo ha il diritto, il dovere di abbattere un simile Governo, e di provvedersi nuove guarentigie per la sua futura sicurezza. Tale è stata la paziente tribolazione di queste colonie, e tale è ora la necessità chi e obbliga *.mutare il loro sistema politico. La storia dell'attuale Re d'Inghilterra è una storia di ripetute violenze e oppressioni, tutte con lo scopo immediato di stabilire una illimitata tirannia tra questi Stati. A riprova di ciò, si possono sottoporre al giudizio degli uomini di buona fede dei fatti. Egli ha rifiutato la sua sanzione alle leggi più sante e necessarie per il pubblico bene. Egli ha proibito ai suoi governatori di lasciar passar leggi di importanza immediata e urgente, salvo non n venisse sospesa la applicazione, finché non fosse giunta la sua sanzione; e, quand'esso in tal modo, erano sospese, ha trascurato fino all'ultimo di prenderle in considerazione. Egli ha respinto altre leggi, miranti al vantaggio dei grandi distretti, salvo che questa popolazione non rinunziasse al diritto di rappresentanza nella legislazione, diritto inestimabile per essa, e solo temibile per i tiranni. Egli ha convocato delle assemblee legislative in luoghi inconsueti scomodi, lontano dagli archivi dei loro atti pubblici, esclusivamente con l'intento di stancarle per piegarle ai suoi provvedimenti. Egli ha, più volte, sciolto rappresentanze popolari, legalmente sedenti, perchè si opponevano con virile energia alle sue violazioni dei diritti del popolo. Egli ha per lungo tempo, dopo lo scioglimento di quelle, rifiutato di far indire nuove elezioni; per il che l'esercizio del potere legislativo, il quale non può annullarsi, è ritornato alla collettività popolare, mentre lo Stato rimaneva esposto a tutti i pericoli di una irruzione dal di fuori, e a torbidi interni. Egli ha cercato di impedire l'accrescimento della popolazione di questi Stati ; per il qual motivo, s'oppose alle leggi per la naturalizzazione degli stranieri, non ne lasci passare altre, che incoraggiavano l'immigrazione, e inasprì le condizioni per l'acquisto di nuove terre. Egli ha messo ostacoli all'amministrazione della I giustizia rifiutando di sancire leggi, e dovevano creare dei poteri giudiziari. Egli ha nominato giudici, che nelle funzioni, nella d& ità e nel pagamento del loro stipendio, dipendevano soltanto dalla sua volontà. Egli ha istituito una folla di nuovi uffici, e ha mandato qua frotte di impiegati ad opprimere il nostro p polo e a vivere alle sue spalle. Egli ha mantenuto nel paese, in tempo di pace, eserciti permanenti, senza l'approvazione del potere legislativo. Egli si è adoprato a rendere il potere militare indipendente da quello civile, e ad innalzarlo al disopra di esso. Egli ha con altri cooperato ad assoggettarci ad una giurisdizione, estranea alla nostra costituzione, e non riconosciuta dalle nostre leggi; egli ha dato la sanzione agli atti della sua illegale legislazione: inoltre all'accantonamento di grandi masse di truppe nel nostro paese; a un simulacro di procedura per proteggerle dal castigo per gli omicidi, che possono commettere contro gli abitanti di questi Stati; all'imposizione di tasse, senza il nostro consenso; alla privazione, in molti casi, del beneficio della corte d'assise; al trasporto per mare per esser puniti di pretesi delitti; all'abrogazione, in una provincia a noi limitrofa, del libero sistema di leggi inglesi, sostituite da un regime arbitrario, allargandone i confini, per averlo, ad un tempo, come esempio e come opportuno strumento a introdurre la medesima dominazione assoluta in queste Colonie; alla abolizione delle nostre patenti; all'annullamento delle nostre leggi più preziose, e alla radicale mutazione del nostro reggimento politico; alla sospensione della nostra speciale legislazione, e alla dichiarazione che egli è rivestito del potere di emanare per noi leggi in ogni caso. Egli ha rinunciato al nostro Governo, in quanto ci ha dichiarato fuori della sua protezione, e ha tramato la guerra contro di noi. Egli ha predato le nostre acque, devastato le nostre coste, bruciate le nostre città, e ucciso dei nostri compatrioti. Adesso egli fa trasportare grandi eserciti di mercenari stranieri per completare l'opera di morte, di distruzione, di servaggio, che già è cominciata, con atti di crudeltà e di slealtà, che appena se ne rintracciano dei simili nei tempi più barbarici, e sono affatto indegni del capo supremo di una nazione civile. Egli ha costretto nostri concittadini, presi in alto mare o a impugnare le armi contro la loro patria, e a diventare i carcerieri dei loro amici e fratelli, o ad uccidersi. Egli ha suscitato rivolte interne fra noi, e si è sforzato di far muovere gli abitanti alle nostre frontiere, gli spietati selvaggi indiani, il sistema ben noto dei quali nel guerreggiare consiste nell'indifferente distruzione di ogni età, di ogni stirpe e di quanto esiste. In ogni stadio di queste oppressioni noi abbiamo, con le espressioni più ossequiose, supplicato che esse cessassero; alle nostre ripetute preghiere fu risposto con ripetute offese. Un principe il carattere del quale assunse cotale figura, per tutte quelle azioni che dell'uomo fanno un tiranno, non è adatto a capo supremo di un popolo libero. Nè abbiamo mancato di informarne i nostri fratelli britannici. D: tanto in tanto li abbiamo avvertiti di smettere l'idea di estendere, mediante la loro legislazione, una giurisdizione ingiustificata sopra di noi, ed abbiamo richiamato alla memoria loro le cause, che c'indussero ai emigrare e stabilirci qui. Ci siamo richiamati ai sentimenti di giustizia e di generosità in loro innati, come pure ai legami della nostra comune origine, scongiurandoli di desistere dalle loro usurpazioni, che avrebbero avuto inevitabilmente per effetto di spezzare la nostra unione e i nostri rapporti. Essi però sono rimasti sordi alla voce della giustizia e della consanguineità; perciò dobbiamo rassegnarci alla necessità, che impone la nostra separazione, considerandoli, come consideriamo il rimanente del genere umano, nemici in tempo di guerra, in tempo di pace, amici. Noi, i rappresentanti degli Stati Uniti di America, radunati in congresso generale, invocando a testimone delle nostre rette intenzioni il supremo Giudice del mondo, nel nome e per l'autorità del buon popolo di queste colonie, notifichiamo solennemente e dichiariamo che queste colonie unite sono e debbono essere Stati liberi e indipendenti; che esse sono sciolte e libere da ogni obbligo e fedeltà verso la corona britannica; che tutti i legami statali fra esse e la Granbrettagna sono e debbono essere, una volta per sempre, spezzati; che esse, come Stati liberi ed indipendenti hanno pieni poteri di far guerra, concluder pace, combinale alleanze, di regolare il commercio e di porre mano a tutte quelle cose ed azioni, che Stati indipendenti sono autorizzati a compiere. Per il mantenimento di questa dichiarazione impegnamo reciprocamente, con piena fiducia nella protezione della divina Provvidenza, la nostra vita, le nostre sostanze il nostro sacrosanto onore. (firme)

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