
INPS, chiede i soldi indietro la motivazione è assurda - cronologia.it
Nel salernitano l’INPS sta chiedendo il rimborso del Bonus Nido a molte famiglie: contestati i requisiti, avviate class action e petizioni contro le richieste giudicate ingiuste.
Un’ondata di notifiche sta travolgendo diversi nuclei familiari nei comuni di Altavilla Silentina, Albanella e Capaccio Paestum, in provincia di Salerno. L’INPS ha avviato il recupero di somme versate negli scorsi anni come Bonus Nido, ritenendole indebitamente percepite. Le lettere inviate dall’Istituto impongono la restituzione entro 30 giorni e in molti casi le cifre richieste superano i contributi inizialmente assegnati. Le famiglie coinvolte hanno avviato azioni legali collettive e chiesto maggiore chiarezza su requisiti e criteri usati per determinare l’irregolarità. Il caso sta sollevando interrogativi sull’efficienza dei controlli preventivi e sulla gestione dell’intero meccanismo di erogazione del contributo.
Come funziona il Bonus Nido e quali sono i requisiti richiesti
Il Bonus Nido è un sostegno economico rivolto ai genitori con figli sotto i 3 anni. Può essere richiesto per coprire i costi dell’asilo nido – sia pubblico che privato autorizzato – oppure per l’assistenza domiciliare, nei casi in cui il bambino sia affetto da gravi patologie croniche. Gli importi variano in base alla situazione economica della famiglia (misurata attraverso l’ISEE) e alla data di nascita del bambino.
Per i nati prima del 1° gennaio 2024, il contributo varia da 1.500 a 3.000 euro. Per i bambini nati dal 2024 in poi, si passa da 1.500 a 3.600 euro, sempre legando l’importo al valore dell’ISEE. L’obiettivo dichiarato del Bonus è quello di alleggerire le spese dei servizi per l’infanzia e sostenere l’accesso ai percorsi educativi già nei primi anni di vita.

Tuttavia, perché la domanda venga accolta, il bambino deve risultare iscritto a un nido autorizzato e riconosciuto. In alcuni casi, le famiglie hanno presentato la documentazione ritenendo che la struttura frequentata fosse regolare, ma l’INPS – a seguito di verifiche – ha stabilito il contrario. L’Istituto ha contestato l’erogazione con la motivazione che l’asilo nido non era convenzionato o accreditato. Le comunicazioni ricevute parlano chiaramente di “indebita percezione”, e nelle lettere viene indicata la somma da restituire e la scadenza di pagamento fissata a 30 giorni dalla data di ricezione della notifica. Non sono previste rateizzazioni automatiche, e ogni nucleo familiare coinvolto deve presentare istanza per richiederla.
Famiglie in allarme: tra rimborsi richiesti e iniziative legali collettive
La reazione delle famiglie colpite è stata immediata. Molti genitori hanno raccontato di aver ricevuto richieste di rimborso comprese tra 600 e 1.800 euro, a fronte di contributi che erano stati concessi e regolarmente utilizzati per le spese dell’asilo. Alcune madri hanno dichiarato di aver fornito tutta la documentazione richiesta, convinte di essere in regola. Eppure, l’INPS ha contestato i requisiti solo a posteriori, lasciando poco margine di manovra per chi si è ritrovato, da un giorno all’altro, a dover fronteggiare una richiesta di pagamento imprevista. Secondo alcune stime diffuse dai legali che stanno seguendo il caso, il totale delle somme da restituire potrebbe superare i 100.000 euro solo nell’area del Cilento. Il malcontento ha spinto alcune famiglie ad avviare una class action, mentre è già partita una petizione online che chiede la sospensione delle richieste di rimborso e una revisione dei criteri di valutazione usati dall’INPS.
La questione centrale riguarda il principio di buona fede: molte delle famiglie coinvolte ritengono di aver agito correttamente, compilando i moduli in modo trasparente e utilizzando il Bonus per il fine previsto. Alcuni genitori hanno fatto notare che, al momento della domanda, nessuno li aveva avvertiti che il nido frequentato non fosse convenzionato. E ora, si ritrovano a dover affrontare una restituzione improvvisa e onerosa, senza aver commesso, a loro dire, alcuna irregolarità. Sul fronte istituzionale, al momento nessuna risposta ufficiale è stata fornita dall’INPS in merito alla possibilità di sospendere i rimborsi o rivedere i controlli effettuati. La richiesta più frequente da parte delle famiglie riguarda proprio la trasparenza dei criteri adottati, per evitare che si ripetano casi simili in futuro e per assicurarsi che i contributi vengano erogati – o eventualmente revocati – con modalità chiare, comprensibili e documentate.