IL DISCUSSO TRATTATO DI LONDRA

Il Trattato di Londra, o "Patto di Londra", è uno di quei trattati che molti ne parlano, oppure ne hanno sentito parlare, ma che pochi conoscono.
Era già all'inizio, quando fu firmato dall'Italia, un patto
segretissimo le cui clausole (deboli e imprecise) non si sono mai del tutto conosciute, e vaghe e segretissime rimasero anche negli anni successivi.


Nella inaspettata disintegrazione dell'impero asburgico e nello sfascio di quello tedesco, l'Italia vittoriosa a Vittorio Veneto, aveva contribuito non poco nel grande conflitto: quattro anni di guerra, 5 milioni di soldati al fronte, 600.000 morti, 900.000 mutilati, grandi danni economici e sociali.
Fu quella italiana - anche se tardiva - una determinante partecipazione
che oltre che procurare la decisiva disfatta austriaca, accellerò quella tedesca. Una Germania che da qualche tempo le tre grandi potenze europee temevano come una forte concorrente europea, economica, imperialista, colonialista. E se l'Impero Austro-Ungarico e la Germania per scatenare la guerra colsero l'occasione dal delitto di Sarajevo, le altre tre potenze fin dal 1913 avevano elaborato un progetto di distruzione e smembramento della potenza tedesca e la sua pretesa di dominio militare, politico ed economico. C'era la volonta di alcuni di raggiungere con la guerra loro fini particolari, specialmente nel campo territoriale, fini che prescindevano dal diritto di autodecisione, dal rispetto delle nazionalità e anche dalla perfetta eguaglianza delle nazioni e si proponevano il maggior danno possibile per il nemico. Si distinguevano in questo specialmente la Francia e la Russia, sia per quello che richiedevano a proprio favore, sia per quello che volevano dare (poco) ai loro minori alleati. E fra questi l'Italia che entrando in guerra era convinta che avrebbe ricevuto "parecchio" e non "poco". A Versailles anche con la vittoria determinante dell'Italia che pose fine al conflitto, quella vittoria valse poco, perchè le spartizioni da tempo erano state già fatte.

(di questo diabolico progetto dedichiamo pagine a parte)

Eppure alcuni storici ritengono che l'intervento dell'Italia - pur in ritardo- fu determinante anche per la Rivoluzione d'Ottobre, seguita poi dalla defezione della Russia dalla quadruplice alleanza. Se l'Italia nei due anni precedenti non avesse impegnato gli austro-ungarici nelle tre Venezie, tenendoli inchiodati sulle Alpi, i Corpi d'Armata nemici massicciamente utilizzati a est avrebbero provocato all'Armata zarista russa un immane disastro, essa sarebbe stata schiacciata dai micidiali colpi dell'artiglieria tedesca e avrebbe ripiegato in una precipitosa disfatta dalla quale la Russia non si sarebbe mai più riavuta.

Inoltre proprio per la defezione russa, disimpegnate le armate a est, solo all'esercito italiano toccò di sostenere l'urto offensivo impegnando sul Piave il nemico, impedendo così agli austro-ungarici di andare a rafforzare le offensive di Ludendorff. Insomma l'Italia a Parigi (trattata come Cenerentola) avrebbe potuto ricordare che fu la sua vittoria a Vittorio Veneto a decidere di parecchi mesi in anticipo la vittoria alleata.

E l'inizio della guerra? La stessa dichiarazione di neutralità dell'Italia
(così tanto criticata da Inghilterra e Francia) diede proprio alla Francia la immediata e piena disponibilità, di tutte le sue truppe che erano state, o avrebbero dovuto essere, dislocate nella frontiera italo-francese (quando la decisione dell'Italia di abbandonare la Triplice Intesa dopo Sarajevo, non era stata ancora presa). Il generale Meraviglia in proposito scrisse: "Fu un inestimabile aiuto materiale e morale; che la Francia doveva il mese dopo, mettere in valore sul campo della battaglia decisiva che impegnava sulla Marna, per salvare se stessa e, nello stesso tempo, la causa dell'intesa".
Confermato poi anche da alcuni capi francesi. Infatti, Salandra scrisse (nel suo libro "La neutralità italiana" pag 186) che il 30 marzo 1919 stando a fianco del maresciallo Joffre, l'illustre condottiero ebbe a dirgli a proposito del'Italia "�che la dichiarazione della neutralità italiana, reputata, come era, perfettamente sincera, gli era valsa per quella campagna (Battaglia della Marna) la disponibilità di dieci divisioni destinate a presidiare il confine italiano" (un settimo di tutte le forze francesi).
Ancora più chiaro
sul "Figaro" di Parigi del 24 maggio 1927 BARRERE, ambasciatore francese a Roma all'epoca dei fatidici giorni. "Mi luccicavano gli occhi quando ufficialmente appresi ufficialmente da Salandra la neutralità dell'Italia (1-2 agosto 1914). Il mio Paese (la Francia) aveva schierato alla frontiera italiana più di 350.000 uomini. Con l'annuncio di Salandra, era evidente che l'azione italiana non poteva essere diretta contro la Francia, perché tutta l'artiglieria pesante era stata mandata (nel corso della neutralità - Ndr) verso il confine austriaco. Dopo la dichiarazione di guerra tedesca, io potevo avvisare il mio Governo che le nostre truppe al confine italiano potevano recarsi a combattere i tedeschi sulla Marna. E da quel momento la vittoria della Marna fu sicura e lo scacco della strategia tedesca assicurato. Sia la neutralità sia il successivo intervento italiano a est divenne uno dei grandi fattori della vittoria degli Alleati".
La vittoria francese sulla Marna (5-9 settembre) era dunque una vittoria che moralmente apparteneva un po' anche all'Italia. I Tedeschi se avessero vinto sulla Marna in pochi giorni sarebbero piombati su Parigi.


Eppure tutte queste considerazioni non ebbero alcun peso sul contegno di Clemenceau, Wilson e Lloyd George, i quali furono ostili alle rivendicazioni italiane, e perciò resero acuto e insolubile il contrasto italo-jugoslavo.

Addirittura a Parigi, a Versailles, alla conferenza di Pace, l'Italia stava rischiando di non essere nemmeno presente nel momento in cui avvenivano le spartizioni di quella Europa centrale andata in frantumi, ivi comprese le colonie. Nè ebbe alcun valore il Patto di Londra quando fin dal 1915 erano state stabilite le spartizioni.

Il Patto era stato sottoscritto a Londra il 26 aprile 1915 dall'Inghilterra, Francia, Russia e Italia. In base a esso l'Italia (staccandosi dalla Triplice Alleanza) aderiva al blocco della quadruplice intesa, già sanzionato a Londra da un altro Trattato segreto del 4-5 settembre 1914.
L'Italia dopo molti mesi in una posizione neutrale, siglando questo patto del 26 aprile, si impegnava ad entrare in guerra contro le potenze centrali entro 30 giorni dalla sua sigla (il 24 maggio infatti l'Italia entrò nel conflitto). L'Italia entrava in guerra non per rivendicare il diritto internazionale e proteggere le nazioni più deboli dall'arroganza e dalla rapacità dei grandi imperi coloniali, ma per un contratto che le assicurava vantaggi materiali, e non badava più di tanto alle ragioni etniche ma solo a quelle strategiche.
E il possesso della Dalmazia era strategico. Dare la Dalmazia e Fiume agli Slavi era come offrire una porta aperta all'accesso delle coste venete. Era a quel punto inutile, avere dietro la muraglia difensiva delle Alpi, per poi avere davanti il mare Adriatico aperto a tutti.

La verità è che Fiume serviva un ampio retroterra comprendente la Croazia, l'Ungheria, la Transilvania e in parte anche l'Austria e la Cecoslovacchia, quindi non doveva andare in mano italiana, per il timore che avrebbe monopolizzato i commerci che passavano per quel porto.

I negoziati, che erano già stati avviati dall'Italia agli inizi del marzo 1915, furono nei due mesi di incontri, piuttosto laboriosi a causa degli interessi divergenti delle parti. L'ostacolo maggiore, che venne poi superato (ma a parole), era quello della Russia zarista per ciò che concerneva la Dalmazia (che nel Patto di Londra questa spettava all'Italia). Sostenitrice degli interessi serbi, questi coincidevano col programma zarista imperialista d'espansione verso i Balcani e verso il Mediterraneo. Forte di questo appoggio (ma anche la Francia non voleva una Italia forte) gli Slavi non vollero cedere sul possesso di Fiume. Che in verità nel Patto di Londra l'Italia aveva concesso proprio alla Croazia con una imperdonabile leggerezza. Ma del resto i firmatari e con essi il governo italiano, lontanamento immaginavano una così clamorosa disfatta e disintegrazione dell'Impero austro-ungarico. Nè avrebbero immaginato allora gli immani sacrifici che sarebbero costati per infliggerla. Quindi un miglioramento delle sue frontiere poteva essere giustificato anche se "l'Austria-Ungheria erano a pezzi e non potevano più costituire una minaccia militare per l'Italia" questo dicevano a Versailles le nuove tre grandi potenze improvvisamente (!?) divenute tutte filo-slave.
Infatti, i Croati fin dal 1915 avevano costituito in Francia ed in Inghilterra i cosiddetti "Comitati jugoslavi". Propagandando la liberazione delle "Nazionalità oppresse dall'Austria" svolsero un'abile azione presso le Cancellerie di Londra, Parigi e in seguito a Washington, per convincere gli Alleati della necessità di creare quel futuro Stato indipendente dei Serbi-Croati-Sloveni (S.H.S.) qualora l'Austria-Ungheria fosse stata sconfitta. Nel nuovo Stato doveva esser compresa l'intera Dalmazia e ciò in contrasto con le aspettative dell'Italia, garantite dal Patto segreto di Londra.
Così che a Versailles, nel 1919, non fu possibile addivenire ad alcuna intesa con l'Italia soprattutto per la posizione filo-slava assunta dagli Stati Uniti. Ma anche per la scarsa abilità della condotta dell'Italia durante la Conferenza della Pace oltre che essere sottoposta a continue pressioni diplomatiche
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CIRCA QUESTI NEGOZIATI, PATTI, ALLEANZE, ecc
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vedi la pagina riassuntiva > >

poi "La conferenza di pace a Versailles" > >

infine "Alla vigilia del 2nda Guerra M. analisi degli errori della Prima" > >

Al patto di Londra seguirono alcune convenzioni militari firmate il 2, il 4 e.... il 21 maggio 1915 (Quattro giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia)
Questi patti (per l'alleanza dell'Italia con la Quadruplice Intesa, e la sua entrata in guerra) concedevano a fine conflitto all'Italia alcuni possessi territoriali, e venivano inoltre promessi altri compensi a spese dei tedeschi, oltre a una parte dell'indennità di guerra "corrispondente ai suoi sforzi e ai suoi sacrifici". Articoli che in seguito si rivelarono deboli, vaghi e imprecisi. E invece delle indennità l'Italia dovette assumersi una enorme quantità di debiti nei confronti degli Stati Uniti, rimborsabili in oltre 60 anni("hanno avuto i soldi? e allora che paghino!" - fu il commento di un Presidente degli Stati Uniti, quando l'Italia in seguito attanagliata da una crisi, chiese magnanimità o al limite più lunghe dilazioni.


Il documento-patto che era segretissimo (anche se ad alcuni era già noto) fu -dopo tre anni di guerra- pubblicato improvvisamente dal nuovo governo sovietico all'indomani della Rivoluzione Russa, nel novembre 1917 ( dal giornale Izsvestia).
Iniziò così ad essere il Patto al centro delle polemiche dei politici italiani e europei, per alcune contraddizioni politiche, per le pressioni della Francia e soprattutto della Russia, per la disintegrazione dell'Austria (che nessun ottimista aveva lontanamente previsto), e per l'intervento nell'ultimo anno di guerra degli Stati Uniti e l'intervento del suo Presidente Wilson a Versailles che non volle riconoscere al tavolo della pace il Patto stesso.

Così che di fatto, dopo accese controversie - fino al punto che gli Italiani per protesta - come abbiamo già ricordato- lasciarono Versailles, il Trattato alla ripresa dei negoziati dovette essere lasciato cadere dagli stessi negoziatori italiani e dai loro sostenitori, con l'indegna accusa verso l'Italia di esserci trincerata per quasi un anno nel neutralismo, e... perchè -assente a Versailles- il Patto stesso decadeva.
"Clemenceau: "Bisogna far sapere ai delegati italiani che se essi si ritirono violano il Patto di Londra e gli alleati non sono più impegnati da esso". Wilson: "Bisogna far sapere che è l'Italia, e non la Francia e la Gran Bretagna, che viola il Trattato"
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Tutto ciò era invece un pretesto e si aggiunse la debolezza dei negoziatori italiani.
Infatti Clemanceau con il suo solito fare brutale aggiunse "La politica italiana evidentemente tende a condurre le potenze alleate ed associate ad un punto tale che non possono fare una pace comune, perchè l'Inghilterra e la Francia sono legate dal Trattato di Londra che il Presidente Wilson non può riconoscere. Noi dobbiamo far sapere agli italiani in anticipo che non venendo a Versailles hanno rotto il Patto di Londra al quale avevano aderito, e col quale si erano accordati di non fare pace separata. Noi dobbiamo mostrare che se essi rompono il Patto di Londra noi non siamo più impegnati"
(Lloyd George, The Truth about the Peace Treaties, London 1938, II, pag. 859 e seg.)

Alla Camera, l'Onorevole Bevione, fece un'esposizione del Trattato (quello diffuso attraverso l'Isvestia), che però ha lasciato molti sospetti per le alterazioni fatte a beneficio delle grandi potenze e soprattutto verso la Russia. Alterazioni che furono messe sotto accusa da alcuni politici e da milioni di reduci che avevano combattuto quella tragica guerra. Fu appunto per questo detta "vittoria mutilata". L'Italia ottenne una zolla di terra in più rispetto a ciò che si era vista offrire dall'Austria all' inizio del conflitto e anche durante il conflitto.
A riportare l'intervento di Bevione e a criticarlo e a sollevare il velo di alcune ambiguità fu Attilio Tamaro con una pubblicazione di cui ci siamo avvalsi per compilare le prossime pagine.

Tutte le rivendicazioni italiane - dopo così tanti sacrifici umani ed economici - per una sorta di sudditanza verso le grandi potenze, entrarono nel dimenticatoio; covando però rivalse (principalmente nel ventennale Fascismo), che poi esplosero nella partecipazione alla sciagurata guerra di Hitler - e anche in questo caso, l'Italia prima di intervenire ebbe un periodo di tentennamenti di circa un anno, trincerandosi nel neutralismo. Inimicandosi così sia il tedesco sia le nazioni alleate che avevano invece subito deciso di dare battaglia al dilagante nazismo.

Oltre che questi fatti italiani, decisivi quelli inerenti la Germania (questi furono infatti il fulcro di tutta la Conferenza di Parigi) che costretta ad accettare dai vincitori le condizioni delle pesantissime punizioni, queste favorirono successivamente in Germania la nascita del nazismo. E se grande fu a Versailles il livore francese (memore del 1870) verso la Germania , non di meno furono le pretese degli Stati Uniti nel volere il rimborso delle loro spese di guerra dagli Stati Europei vincitori e nel contempo libera navigazione nelle acque europee e l'abbattimento delle barriere doganali - cose piuttosto sgradite agli Inglesi, ma anche penalizzanti per tutti gli Stati europei, sia vincitori che vinti.

Per una conoscenza approfondita degli eventi di Versailles, è importante conoscere appunto il
"Trattato di Pace" con la Germania (con le cartine delle zone discusse)
che qui in un link a parte pubblichiamo integralmente (120 pagine 8 cartine)
nella sua prima edizione definitiva in italiano
(Dal volume "Diritto Internazionale", del luglio 1919)
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QUI



Qui invece l'intero documento originale (65 pagine e 3 cartine) dei discussi territori italiani
secondo il Patto di Londra

QUI

H.P. CRONOLOGIA