Considerando la distribuzione degli esseri organizzati sulla superficie del globo, il primo fatto rilevante che richiama la nostra attenzione è quello che la somiglianza o la diversità degli abitanti delle varie regioni non può attribuirsi alle loro condizioni climatologiche, nè ad altre condizioni fisiche. Quasi tutti gli autori che recentemente studiarono codesto argomento pervennero a questa conclusione. Il solo caso dell'America basterebbe a provare la verità di questa proposizione, perchè se escludiamo le parti settentrionali, in cui le terre circumpolari sono quasi continue, tutti gli autori convengono che una delle divisioni più fondamentali nella distribuzione geografica è quella che esiste fra il nuovo mondo e il vecchio. Però se noi viaggiamo sopra il vasto continente americano, dalle parti centrali degli Stati Uniti fino all'estremo punto meridionale di quel continente, noi incontriamo le condizioni più disparate; distretti umidissimi, aridi deserti, alte montagne, pianure erbose, foreste, paludi, laghi e grandi fiumi, con tutte le temperature possibili. Nel vecchio continente non vi è certamente un clima, nè una condizione che non abbia il suo riscontro nel nuovo mondo, - almeno con quelle relazioni più intime che generalmente esige la medesima specie; perchè gli è uno dei casi più rari quello di trovare un gruppo di organismi confinati in un luogo piccolo, il quale abbia delle condizioni peculiari, anche solo in menomo grado; per esempio, potrebbero citarsi delle piccole superfici nel vecchio mondo assai più calde di qualunque altra dell'America, le quali ciò non ostante non sono abitate da una fauna o da una flora speciale. Nonostante questo parallelismo nelle condizioni del vecchio mondo e del nuovo, quanto non sono differenti le loro produzioni attuali!

Quando noi confrontiamo sull'emisfero meridionale dei grandi tratti di terra dell'Australia, dell'Africa meridionale, e dell'America meridionale occidentale, fra le latitudini di 25° e 35°, noi troviamo quelle parti estremamente conformi in tutte le loro condizioni, quantunque non sia possibile indicare tre faune e tre flore più dissimili. Se facciasi il paragone delle produzioni dell'America meridionale al 35° di latitudine sud, con quelle al 25° di latitudine nord, le quali conseguentemente stanno sotto un clima molto diverso, si osserva che esse sono assai più strettamente connesse fra loro che non lo siano le produzioni dell'Australia e dell'Africa, sotto un clima quasi uguale. Altri fatti analoghi si notano rispetto agli abitanti del mare.
Un secondo fatto segnalato che si presenta nella nostra rivista generale è che le barriere d'ogni sorta e gli ostacoli alla libera migrazione sono in rapporti stretti ed importanti colle differenze fra le produzioni delle varie regioni. Noi lo vediamo nella differenza grande di quasi tutte le produzioni terrestri dei due mondi, tranne le parti settentrionali dove le terre sono quasi congiunte e dove, sotto un clima leggermente diverso, debbono essere avvenute libere migrazioni per le forme adatte alle regioni temperate del nord, come oggi può verificarsi per le produzioni esclusivamente artiche. Lo stesso fatto si osserva nella differenza notevole esistente fra gli abitanti dell'Australia, dell'Africa e dell'America meridionale alle medesime latitudini: perchè queste contrade sono isolate fra loro nel miglior modo possibile. Anche sopra ciascun continente si trova il medesimo fatto; perchè sui lati opposti di una catena di montagne alte e continue, sui termini dei grandi deserti, e talora anche alle due sponde dei larghi fiumi si incontrano produzioni differenti. Ma poichè le catene di montagne, i deserti, ecc., non sono barriere insormontabili e non esistono da sì lungo tempo come i mari che si frappongono ai continenti, le differenze sono in grado inferiore a quelle che riscontransi nei diversi continenti.

Se ora esaminiamo il mare, troviamo la stessa legge. Le faune marine delle coste orientali ed occidentali dell'America meridionale e centrale sono assai diverse; assai poche specie di molluschi, di crostacei e di echinodermi sono loro comuni; il Günther però ha recentemente dimostrato che ai lati opposti dell'istmo di Panama circa il 30 per 100 delle specie sono le medesime, e questo fatto ha condotto alcuni naturalisti all'idea che l'istmo fosse prima aperto. A ponente delle coste di America si estende la vasta superficie di un oceano aperto, senza un'isola che possa servire di stazione agli emigranti; al di là abbiamo delle barriere di un'altra fatta e, non appena oltrepassato questo mare, noi incontriamo nelle isole orientali del Pacifico un'altra fauna totalmente distinta. Per modo che noi vediamo qui tre faune marine distribuite dal nord al sud in linee parallele, non lontane l'una dall'altra, e in climi corrispondenti; ma, essendo separate da barriere insuperabili di terra o di mare aperto, esse sono affatto distinte. Procedendo poi più verso ponente, oltre le isole orientali delle parti tropicali del Pacifico, non incontriamo barriere insuperabili ed invece troviamo innumerevoli isole come luoghi di fermata, o coste continue, finchè giungiamo alle coste d'Africa dopo di avere traversato un emisfero; e in questo vasto spazio noi vediamo delle faune marine non bene definite nè distinte. Benchè sì pochi animali marini siano comuni alle tre faune prossime, ora nominate, dell'America orientale ed occidentale e delle isole del Pacifico orientale, pure molti pesci si estendono dal mare Pacifico fino al mare delle Indie, e molti molluschi sono comuni alle isole orientali del Pacifico ed alle coste orientali dell'Africa, sotto meridiani quasi esattamente opposti.
Un terzo fatto grande, che in parte si comprende nei riflessi precedenti, è l'affinità delle produzioni del medesimo continente o di uno stesso mare, quantunque le specie siano distinte nei loro vari punti e nelle loro varie stazioni. È questa una legge della maggiore generalità, ed ogni continente ne offre innumerevoli esempi. Nondimeno il naturalista viaggiando, per esempio, dal nord al sud, non può mancare di riflettere al modo, secondo il quale i gruppi successivi degli esseri specificamente distinti, ed evidentemente affini, si rimpiazzano l'uno coll'altro. Egli vedrà delle razze distinte di uccelli, fra loro molto affini, dotati di un canto simile, che costruiscono i loro nidi in un modo analogo, e che hanno uova colorate quasi nello stesso modo. Le pianure vicine allo stretto di Magellano sono abitate da una specie di Rhea (struzzo americano), e al nord delle pianure della Plata vive un'altra specie del medesimo genere; e non vi si trova alcuno struzzo vero, nè casoar elmuto, i quali stanno sotto la medesima latitudine in Africa ed in Australia. In queste medesime pianure della Plata noi vediamo l'Agouti e il Bizcacha, animali che hanno abitudini quasi uguali a quelle delle nostre lepri e dei nostri conigli e appartengono al medesimo ordine dei roditori, ma posseggono un tipo d'organizzazione perfettamente americano. Se ascendiamo gli alti picchi delle Cordigliere, troviamo una specie alpina di Bizcacha; e se esaminiamo le acque noi non troviamo il castoro o il tipo muschiato, ma il Coypu ed il Capybara, che sono roditori del tipo americano. Si potrebbero citare moltissimi altri esempi. Se consideriamo le isole lungo le coste americane per quanto esse differiscano nella struttura geologica, i loro abitanti, sebbene possano formare altrettante specie particolari, sono essenzialmente del tipo americano. Or risaliamo addietro fino alle epoche passate, e vedremo (come si dimostrò nel capo precedente) che i tipi americani saranno prevalenti sul continente e nei mari dell'America. In questi fatti noi ravvisiamo qualche profonda connessione organica, la quale prevale nello spazio e nel tempo, sopra le regioni terrestri ed acquee, e rimane indipendente dalle loro condizioni fisiche. Dovrebbe essere ben poco curioso quel naturalista che non si sentisse ispirato a ricercare quale sia questa relazione.

Secondo la mia teoria, questa connessione è semplicemente la ereditabilità, la quale produce, per quanto noi sappiamo positivamente, organismi affatto simili, ovvero, come avviene nel caso delle varietà, quasi simili fra loro. La dissomiglianza degli abitanti di diverse regioni può attribuirsi alle modificazioni ottenute mediante l'elezione naturale e, in grado assai minore, all'influenza diretta delle condizioni fisiche. Il grado di tale dissomiglianza dipenderà dalla migrazione delle forme di vita più dominanti da una regione in un'altra, dall'essere avvenuta questa migrazione più o meno rapidamente e in tempi più o meno remoti, - dalla natura e dal numero delle forme che più anticamente immigrarono - e dalla loro azione o reazione nelle mutue loro lotte per l'esistenza, essendo la relazione fra organismo ed organismo la più rilevante di tutte le relazioni, come ho notato altrove. Così la grande importanza delle barriere consiste negl'impedimenti che esse frappongono alla migrazione; sono dunque un elemento non meno essenziale di quello del tempo, per il lento processo delle modificazioni mediante l'elezione naturale. Le specie molto estese, ricche di individui, che già trionfarono contro molti competitori nelle vaste regioni da esse occupate, avranno quindi una probabilità maggiore di prendere nuovi posti, quando si diffondessero in nuovi paesi. Nel nuovo loro soggiorno saranno esposte a condizioni nuove, e frequentemente andranno soggette ad ulteriori modificazioni e perfezionamenti; per tal modo diverranno sempre più vittoriose e produrranno nuovi gruppi di discendenti modificati. Con questo principio della ereditabilità delle modificazioni, è facile intendere perchè alcune sezioni di generi, come pure dei generi interi, ed anche delle famiglie, siano confinate nelle stesse aree, come si osserva comunemente.

Io non credo che esista una legge di sviluppo necessario, come notai nell'ultimo capo.
Siccome la variabilità di ogni specie è una facoltà indipendente, e contribuirà colla elezione naturale al miglioramento dell'individuo sol quando sia vantaggiosa all'individuo stesso nella sua lotta complessa per l'esistenza, così il grado di modificazione nelle specie differenti non sarà uniforme.
Se, per esempio, un certo numero di specie, che sono in concorrenza diretta con tutte le altre, emigrasse in corpo in una nuova regione la quale in seguito divenisse isolata, esse non sarebbero soggette a modificazioni che in piccolo grado; perchè nè la migrazione, nè l'isolamento in sè possono recare alcuna conseguenza. Questi principii influiscono solamente nel mettere gli organismi in nuove relazioni scambievoli e, in grado assai minore, per le loro relazioni colle condizioni fisiche della regione. Nell'ultimo capitolo abbiamo veduto che alcune forme hanno conservato caratteri quasi uguali, fino da un periodo geologico immensamente remoto; nello stesso modo certe specie emigrarono sopra vasti paesi e non si modificarono gran fatto, o rimasero inalterate.
Secondo questi concetti è chiaro che le diverse specie di un medesimo genere, benchè dimorino nelle parti più distanti del mondo, debbono in origine essere partite da una stessa sorgente, essere prodotte dal medesimo progenitore. Rispetto poi a quelle specie, che negli interi periodi geologici non subirono che piccole modificazioni, non è improbabile che emigrassero da una stessa regione; perchè nei grandi cambiamenti geografici e climatologici che avvennero dai tempi più antichi, tali migrazioni poterono effettuarsi. Ma in molti altri casi, nei quali abbiamo ragione di pensare che le specie di un genere furono prodotte in epoche relativamente più vicine a noi, questa difficoltà diviene molto grave. Ora è anche evidente che gl'individui della medesima specie, benchè oggi si trovino in regioni distanti ed isolate, debbono essere partiti da un luogo solo, quello cioè in cui i loro progenitori furono prodotti; perchè, come si disse nell'ultimo capitolo, è incredibile che individui identici possano essersi formati, mediante la elezione naturale, da parenti specificamente diversi.

SINGOLI CENTRI DI SUPPOSTA CREAZIONE

Frattanto noi siamo giunti alla questione se le specie siano state create in un solo punto o in diversi punti della superficie della terra; questione che è stata ampiamente discussa dai naturalisti. Certamente vi sono molti casi, nei quali riesce assai difficile il comprendere, come una medesima specie possa avere emigrato da qualche punto nei diversi luoghi distanti ed isolati in cui attualmente si trova. Eppure la semplicità dell'idea che ogni specie fu in origine prodotta in una sola regione appaga lo spirito. Chi la respinge nega la vera causa della generazione ordinaria, insieme alla migrazione susseguente, e ricorre all'azione di un miracolo. Generalmente si ammette che, nella pluralità dei casi, l'area abitata da una specie sia continua; e quando una pianta o un animale abita due punti tanto lontani l'uno dall'altro, o separati da un intervallo di tal sorta che non può essere agevolmente sorpassato colla migrazione, questo fatto si riguarda come una cosa rimarchevole ed eccezionale. La capacità di emigrare attraverso il mare è forse limitata più distintamente nei mammiferi terrestri che in tutti gli altri esseri organizzati; e perciò non abbiamo alcun caso di mammiferi che abitino luoghi assai distanti sul globo. Non vi sarà geologo che dubiti, riguardo a questo soggetto, che la Gran Bretagna non fosse un tempo unita all'Europa, e per questo motivo possieda i medesimi quadrupedi. Ma se le stesse specie possono essere prodotte in due punti separati, perchè non troveremo noi un solo mammifero comune all'Europa e all'Australia, o all'America meridionale? Le condizioni della vita sono quasi uguali, per modo che una moltitudine di animali europei e di piante furono naturalizzati in America e nell'Australia, ed alcune di queste piante aborigene sono assolutamente identiche nei luoghi più distanti dell'emisfero boreale e dell'australe? La risposta, che credo sia calzante, consiste in ciò, che i mammiferi non sono atti ad emigrare, e che per l'opposto alcune piante, coi loro diversi mezzi di dispersione, valicarono gli estesi ed interrotti spazi frapposti. La grande e decisa influenza che le barriere d'ogni fatta esercitarono sulla distribuzione, si spiega soltanto nell'ipotesi che la grande maggioranza delle specie avesse origine da una parte sola, e che non fossero tutte capaci di emigrare dall'altra parte.
Alcune poche famiglie, molte sotto-famiglie, un gran numero di generi e una quantità anche maggiore di sezioni di generi, sono circoscritte in una sola regione; e parecchi naturalisti hanno osservato che i generi più naturali, vale a dire quei generi in cui le specie sono più affini fra loro, generalmente sono locali, oppure che, ove siano molto estesi, la loro estensione è continua. Quale strana anomalia non sarebbe, se, discendendo di un grado più basso nella serie fino agl'individui di una stessa specie, una regola direttamente opposta prevalesse; e le specie non fossero locali, ma bensì prodotte in due o più aree affatto distinte!
Quindi mi sembra, e in ciò concordemente con molti altri naturalisti, che la supposizione più probabile sia che ogni specie sia stata prodotta in una sola regione, dalla quale abbia poi emigrato di mano in mano che lo permisero le sue attitudini ad emigrare e i suoi mezzi di esistenza, sotto le condizioni passate e presenti. Certamente conosciamo molti casi in cui non si sa spiegare in che modo una medesima specie possa essere passata da un punto ad un altro. Ma i cambiamenti geografici e climatologici, che avvennero certamente nelle recenti epoche geologiche, debbono avere interrotta o avere resa discontinua la estensione di molte specie che in origine era continua.
Per modo che noi siamo ridotti a considerare se le eccezioni alla continuità della estensione siano tanto frequenti e sì gravi che ci costringano ad abbandonare l'opinione, resa probabile dalle considerazioni generali, che ogni specie fu prodotta in una sola area e da quella emigrò fin dove potè giungere. Sarebbe inutilmente tedioso il discutere tutti i casi eccezionali di quelle specie che ora vivono in luoghi separati e distinti; nè pel momento pretendo che possa darsi qualche spiegazione a molti di questi casi. Ma, dopo alcune osservazioni preliminari, discuterò alquanto sopra parecchie delle più stringenti categorie di fatti; vale a dire l'esistenza di una stessa specie sulle cime delle catene di monti molto lontane, e in luoghi distanti delle regioni artiche ed antartiche; indi (nel capo seguente) la vasta distribuzione delle produzioni di acqua dolce; in terzo luogo la presenza delle medesime specie terrestri sulle isole e nei continenti, benchè separate da centinaia di miglia di mare aperto. Se la esistenza delle stesse specie in punti distanti ed isolati della superficie terrestre può in molti casi spiegarsi, partendo dal principio che ogni specie abbia migrato da un solo centro di origine: allora, ove si rifletta alla nostra ignoranza riguardo agli antichi mutamenti climatologici e geografici e ai diversi mezzi accidentali di trasporto, mi pare incomparabilmente più sicura l'opinione che questa sia la regola generale.

Nel discutere questo argomento potremo nel medesimo tempo considerare un punto ugualmente importante per noi, cioè, se le varie specie distinte di un genere, le quali secondo la mia teoria sono tutte derivate da un progenitore comune, possano essersi allontanate dall'area abitata dal loro progenitore (soggiacendo a modificazioni durante qualche fase della loro migrazione). Se potesse dimostrarsi che avviene quasi invariabilmente che una regione, in cui la massima parte degli abitanti si trova in stretti rapporti od appartiene ai medesimi generi delle specie di una seconda regione, probabilmente ricevette in qualche antico periodo degli immigranti provenienti da questa regione, la mia teoria ne sarebbe rafforzata; perchè allora sarebbe assai facile capire, seguendo il principio delle modificazioni ereditarie, in che modo gli abitanti di una regione potessero presentare qualche affinità con quelli di un'altra dalla quale trassero origine. Un'isola vulcanica, per esempio, sollevata e formata a poche centinaia di miglia dal continente, probabilmente ne riceverebbe nel corso dei tempi alcuni abitatori, e i loro discendenti, benchè modificati, sarebbero ancora affini manifestamente, per l'eredità, cogli abitanti di quel continente. I fatti di tal natura sono comuni e rimangono inesplicabili secondo l'ipotesi delle creazioni indipendenti, come vedremo in seguito più completamente. Questa idea delle relazioni esistenti fra le specie di una regione e quelle di un'altra, non differisce molto (sostituendo alla parola specie la parola varietà) da quella che recentemente fu esposta in uno scritto ingegnoso del Wallace, nel quale egli concludeva: «Ogni specie ha avuto un'origine coincidente, vuoi per il luogo, vuoi per il tempo, con quella di una specie molto affine».
Ed io ora so, per una corrispondenza scambiata con lui, che egli attribuisce questa coincidenza alla generazione diretta, con successive modificazioni.
Le precedenti osservazioni sui «centri di creazione singoli e multipli» non risolvono direttamente un'altra questione congenere, cioè, se tutti gl'individui di una stessa specie siano provenuti da una sola coppia, o da un solo ermafrodito, oppure se discendano da molti individui creati simultaneamente, come alcuni autori hanno supposto. Rispetto a quegli esseri organici che non s'incrociano mai (quando ciò sussista), seconda la mia teoria, le specie debbono essersi formate per una successione di varietà perfezionate, che non si saranno mai congiunte con altri individui o varietà, ma che si saranno surrogate l'una dopo l'altra; cosicchè, ad ogni successivo stadio di modificazione e di perfezionamento, tutti gli individui di ogni varietà sarebbero derivati da un solo parente. Ma nel maggior numero dei casi, cioè riguardo a tutti quegli organismi che abitualmente si accoppiano per ogni riproduzione o che spesso si incrociano, io credo che durante il lento processo di modificazione gl'individui di ogni specie si saranno conservati quasi uniformi coll'incrociamento, per modo che molti individui si saranno modificati simultaneamente, e tutto il complesso delle loro modificazioni non dovrà attribuirsi, in ogni stadio, alla discendenza da un solo progenitore. Per chiarire il mio concetto dirò che i nostri cavalli inglesi da corsa differiscono leggermente da quelli delle altre razze; ma essi non debbono la loro differenza e la loro superiorità alla provenienza da una sola coppia, ma alla cura continua nello scegliere ed addestrare molti individui nel corso di molte generazioni.
Prima di discutere le tre classi di fatti da me scelti perchè offrono la maggiore difficoltà nella teoria dei «singoli centri di creazione», debbo dire poche parole sui mezzi della dispersione.

MEZZI DI DISPERSIONE

C. Lyell ed altri autori trattarono abilmente di questo soggetto. Qui posso fare soltanto un brevissimo estratto dei fatti più importanti. Il cambiamento di clima deve avere esercitato una grande influenza sulla migrazione. Quando il clima era diverso in una regione, la migrazione poteva compiersi in una grande scala, mentre attualmente il passaggio è impedito; io dovrò nullameno discutere questo ramo del soggetto con qualche dettaglio. I mutamenti di livello nel suolo avranno potuto riescire altamente efficaci. Uno stretto istmo, ad esempio, attualmente separa due faune marine; supponiamo che si sommerga o che sia stato sommerso in altre epoche e le due faune si mescoleranno o potranno essersi confuse anticamente. Dove oggi si estende il mare possono essere state congiunte le isole ed anche i continenti fra loro, e così le produzioni terrestri erano libere di passare da un luogo all'altro. Nessun geologo contesterà che nel periodo degli organismi esistenti avvennero grandi oscillazioni di livello. Edoardo Forbes sostiene che tutte le isole dell'Atlantico erano recentemente unite all'Europa o all'Africa, e così che l'Europa si congiungeva coll'America.
Alcuni autori hanno anche supposto che esistettero delle terre a guisa di ponti in ogni mare le quali legavano quasi tutte le isole ai continenti. Se dovessero confermarsi gli argomenti addotti dal Forbes, si dovrebbe ammettere che non esiste forse un'isola sola che non fosse in epoca recente unita a qualche continente. Questa opinione taglia il nodo Gordiano della dispersione delle medesime specie nei punti più distanti e rimuove molte difficoltà; ma, per quanto mi è dato giudicare, noi non siamo autorizzati ad ammettere queste enormi mutazioni geografiche nel periodo recente delle specie attuali. Mi sembra che non ci manchino molte prove delle grandi oscillazioni di livello dei nostri continenti; ma non già di cambiamenti così vasti nella loro posizione ed estensione quali avrebbero per fermo dovuto verificarsi, quando nel periodo recente essi fossero stati congiunti l'uno coll'altro e colle diverse isole oceaniche interposte. Io ammetto pienamente l'esistenza primitiva di molte isole che ora giacciono sotto il mare, le quali possono aver servito come luoghi di riposo alle piante e a molti animali nella loro migrazione. Nei mari in cui si produce il corallo, queste isole sommerse sono presentemente indicate dai banchi circolari di corallo o dagli atolli che lo sormontano. Quando si potrà stabilire completamente, e credo che un giorno vi giungeremo, che ciascuna specie è partita da un solo punto di origine, e quando, nel corso del tempo, noi impareremo qualche cosa di preciso intorno ai mezzi di distribuzione, allora saremo in caso di speculare con sicurezza quale sia stata la primitiva estensione delle terre.

Ma non credo che si arriverà mai a provare che i continenti, che sono al presente affatto separati, abbiano potuto in un'epoca ancora recente essere uniti fra loro senza interruzione o quasi in continuità; e che si congiungessero inoltre colle molte isole oceaniche esistenti. Parecchi fatti riguardanti la distribuzione mi sembrano contrari all'opinione di quelle prodigiose rivoluzioni geografiche nel periodo recente, considerate necessarie secondo le idee esposte dal Forbes ed appoggiate dai molti suoi seguaci. Questi fatti sono: la grande differenza delle faune marine sui lati opposti di ogni continente, l'intima relazione degli abitanti terziari di parecchie terre ed anche di diversi mari coi loro abitanti attuali; un certo grado di relazione fra la distribuzione dei mammiferi e la profondità del mare (come vedremo fra poco), ed altri fatti analoghi. La natura e le proporzioni relative degli abitanti delle isole oceaniche mi sembrano pure in opposizione coll'ipotesi dell'antica loro continuità coi continenti. Anche la loro composizione, quasi universalmente vulcanica, viene a contrastare coll'idea che esse siano frammenti di continenti sommersi; e quando esse fossero esistite come catene di monti sulle terre, alcune almeno di queste isole sarebbero formate di granito, di schisti metamorfici, di antiche roccie fossilifere ed altre roccie consimili, come le altre elevazioni montuose, invece di essere semplici coni di materie vulcaniche.

Debbo ore dire qualche cosa di quelli che furono chiamati mezzi accidentali, e che più propriamente avrebbero a dirsi mezzi occasionali di distribuzione. Mi limiterò alle sole piante.
Nelle opere di botanica certe piante si riguardano come le più adatte ad una estesa diffusione; ma la maggiore o minore difficoltà di essere trasportate a traverso del mare può dirsi quasi completamente ignota. Prima delle poche esperienze da me istituite coll'aiuto di Berkeley, non si sapeva come i semi delle piante potessero resistere alla dannosa azione dell'acqua del mare. Con molta sorpresa trovai che, sopra 87 sorta di semi, 64 germogliarono dopo una immersione di 28 giorni, e alcuni pochi sopravvissero ad una immersione di 137 giorni. Fa d'uopo notare che certi ordini ne soffrono assai più di altri; si provarono nove leguminose, le quali resistettero malamente all'acqua salata, ad eccezione di una sola; sette specie degli ordini affini delle idrofillee e delle polemoniacee rimasero tutte estinte dopo l'immersione di un mese. Per maggiore sicurezza, avevo scelto principalmente i semi piccoli, spogliati della loro capsula o del frutto; ma siccome tutti questi semi scendevano al fondo in pochi giorni, non avrebbero potuto attraversare grandi tratti di mare galleggiando, sia che rimanessero offesi dall'acqua del mare, sia che non ne risentissero alcun danno. In seguito esperimentai alcuni frutti con capsule più grandi ed alcuni galleggiarono per lungo tempo. È noto che il legno verde sta a galla meno facilmente del legno secco; e pensai che le onde potevano gettare a terra delle piante e dei rami e deporli sui banchi ove si sarebbero disseccati; indi una nuova marea li avrebbe ripresi e restituiti al mare. Perciò feci disseccare i tronchi e i rami di 94 piante coi loro frutti maturi e li abbandonai all'acqua del mare. La maggior parte calò a fondo rapidamente, ma alcuni, che quando erano verdi rimanevano alla superficie per un tempo molto breve, se si disseccavano vi rimanevano più lungamente; per esempio, delle nocciuole mature si affondarono immediatamente, ma secche galleggiarono per 90 giorni, indi essendo piantate germogliarono. Una pianta di asparago colle bacche mature galleggiò per 23 giorni, se invece era secca galleggiava per 90 giorni, e dopo i suoi semi germogliavano. I semi maturi di Helosciadium andarono al fondo in due giorni, ma se erano secchi restavano a galla per circa 90 giorni e in seguito vegetavano. Infine, sopra 94 piante secche, 18 galleggiarono pei primi 28 giorni ed alcune di esse stettero alla superficie per un periodo molto più lungo. Così 64/87 semi diversi germogliarono dopo un'immersione di 28 215 giorni, e 18/94 piante con frutta mature galleggiarono (ma non tutte appartenenti alla medesima specie, come nell'esperienza precedente) per 28 giorni circa, dopo il disseccamento; e per quanto possiamo arguire da un numero sì scarso di fatti, sarebbe a concludersi che i semi di 14/100 piante di ogni paese possono essere trasportati dalle correnti del mare per 28 giorni e conservare ad onta di ciò la loro facoltà di germogliare. Nell'Atlante fisico di Johnston la velocità media delle varie correnti dell'Atlantico è di 33 miglia al giorno (alcune di queste correnti percorrono fino a 60 miglia al giorno); e stando a questa media i semi delle 14/100 piante di un dato paese potrebbero essere trasportati fino ad una distanza di 924 miglia di mare, verso un'altra regione; e quando fossero giunti alla spiaggia e un vento di mare li trasportasse in un luogo favorevole, essi vi germoglierebbero.

Posteriormente alle mie esperienze, Martens ne fece alcune altre consimili, ma in un modo molto migliore, perchè egli riponeva i semi entro una cassetta in balìa delle onde, cosicchè si trovavano alternativamente bagnati ed esposti all'aria, come le piante galleggianti. Egli provò 98 sorta di semi, quasi tutti diversi da quelli che furono da me sperimentati; ma scelse molti frutti grossi e semi di piante che vegetano in vicinanza al mare; locchè deve aver contribuito ad aumentare la durata media del tempo, durante il quale essi possono galleggiare e resistere all'azione nociva dell'acqua salsa. Ma egli d'altronde non fece in precedenza disseccare le piante o i rami colle loro frutta; locchè avrebbe permesso, come abbiamo osservato, ad alcune di esse il conservarsi alla superficie più lungamente. Ne risultò che 18/98 di quei semi galleggiarono per 42 giorni e furono poscia capaci di germogliare. Ma non dubito che le piante esposte ai flutti non debbano galleggiare per un tempo minore di quelle che nei nostri esperimenti erano protette contro i moti violenti.
Perciò potrebbe forse ammettersi con sicurezza che i semi di 10/100 delle piante di una flora, dopo di essere stati disseccati, potrebbero essere trasportati sul mare per uno spazio di 900 miglia e poscia germoglierebbero. Il fatto che i frutti più grossi spesso galleggiano più lungamente dei piccoli è interessante, nel riflesso che le piante fornite di semi o di frutti voluminosi difficilmente potrebbero essere trasportate altrove con mezzi diversi; e Alfonso De Candolle ha dimostrato che queste piante hanno generalmente poca estensione.
Ma i semi possono essere occasionalmente trasportati in un altro modo. Dei legni galleggianti sono gettati dal mare sopra quasi tutte le isole, anche su quelle che stanno nel mezzo degli oceani più vasti; e i nativi delle isole di corallo del Pacifico si procurano le pietre, di cui formano i loro utensili, solamente dalle radici degli alberi che vengono alla spiaggia, e su queste pietre viene imposta una tassa importante da quei governi. Ho trovato che, se nelle radici degli alberi sono penetrate delle pietre di forme irregolari, negl'interstizi si racchiudono spessissimo delle piccole particelle di terra, e con tale perfezione, che non se ne potrebbe perdere una sola nei tragitti più lunghi. Da una piccola porzione di terra, così completamente rinchiusa nel tronco di una quercia dell'età di 50 anni circa, germogliarono tre piante di cotiledoni; e io sono ben certo dell'accuratezza di questa osservazione. Posso anche dimostrare che gli uccelli morti, quando sono così trasportati sul mare, sfuggono talvolta all'immediata distruzione; e molte sorta di sementi conservano per molto tempo la loro vitalità, nel gozzo di questi uccelli galleggianti. I piselli e le veccie, per esempio, muoiono in pochi giorni quando siano immersi nell'acqua del mare; ma alcuni di questi semi che stavano raccolti nel gozzo di un colombo che aveva galleggiato sopra un'acqua salata artificiale per 30 giorni, con mia meraviglia germogliarono quasi tutti.

Gli uccelli viventi possono certamente essere gli agenti più efficaci pel trasporto delle sementi. Conosco molti fatti che provano quanto spesso avvenga che uccelli di molte specie siano trasportati dai venti a grandi distanze sopra l'oceano. In tali circostanze possiamo fondatamente valutare la rapidità del loro volo a 35 miglia l'ora, ed alcuni autori credono che sia anche maggiore. Non ho mai veduto un solo esempio in cui i grani nutrienti passassero inalterati per gl'intestini di un uccello; ma i semi dei frutti passano intatti anche negli organi digestivi del tacchino. Nel corso di due mesi raccolsi nel mio giardino 12 sorta di semi, che estrassi dagli escrementi di alcuni piccoli uccelli; tutti questi semi sembravano perfetti, anzi, avendone seminati alcuni, germogliarono. Ma conviene riflettere al fatto seguente, che è assai più importante. Il gozzo degli uccelli non produce succo gastrico e in esso i semi non soffrono menomamente, come risulta dalle mie esperienze, per cui non perdono la facoltà di vegetare. Inoltre si conosce positivamente che, quando un uccello ha trovato e divorato molto nutrimento, tutti i grani non passano nello stomaco che dopo dodici od anche diciotto ore. In questo intervallo un uccello può facilmente essere trasportato alla distanza di 500 miglia, e siccome sappiamo che i falchi assalgono gli uccelli stanchi, può in tal modo spandersi il contenuto dei loro gozzi lacerati. Alcuni falchi e i gufi mangiano la loro preda senza metterla in brani, e dopo un intervallo di dodici o di venti ore essi rigettano le pallottole dei peli e delle penne, le quali racchiudono semi atti a germogliare, come conosciamo dalle prove fatte nel Giardino Zoologico. Alcuni semi di avena, di frumento, di miglio comune, di miglio di Canaria, di canapa, di trifoglio e di bietola germogliarono dopo di essere rimasti per venti o ventun ore negli stomachi di vari uccelli rapaci: e due semi di bietola si svilupparono dopo di esservi dimorati per due giorni e quattordici ore. È noto che i pesci d'acqua dolce si cibano dei semi di molte piante acquatiche e terrestri: i pesci sono spesso divorati dagli uccelli e in tal modo i semi possono essere trasportati da un luogo all'altro. Io posi molte sorta di sementi negli stomachi di parecchi pesci morti, e diedi questi pesci alle aquile pescatrici, alle cicogne e ai pellicani; questi uccelli dopo un intervallo di molte ore o rigettarono i semi colle pallottole, o li emisero insieme ai loro escrementi; e diversi semi conservarono la loro facoltà di germogliare. Certi semi però erano sempre estinti in questo processo.
Le locuste talvolta vengono portate dal vento a grande distanza da terra; io stesso ne presi una a 370 miglia dalla costa africana, e mi fu detto che altre sono state raccolte a distanze ancor maggiori. R. T. Lowe fece sapere a C. Lyell che nel novembre 1844 stormi di locuste visitarono l'isola di Madera. Esse vi arrivarono in quantità ingente, così fitte come i fiocconi di neve durante la più violenta bufera, e si estendevano tanto in alto quanto portava il telescopio. Per due o tre giorni girarono lentamente intorno all'isola, disposte in una elisse del diametro di almeno cinque o sei miglia, e si ponevano di notte sugli alberi più alti che ne erano interamente coperti. Poi scomparvero sul mare così rapidamente com'erano apparse, e non hanno di poi mai più visitata l'isola. Nella colonia Natal credesi da alcuni, ma senza prove sufficienti, che cogli escrementi delle locuste, che visitano spesso quel paese in grandi stormi, siano introdotti nelle loro praterie dei semi dannosi di zizzania. Anzi un certo Weale mi ha spedito in una lettera una piccola quantità di queste pallottole disseccate, ed io ne estrassi al microscopio parecchi semi, da cui allevai sette piante erbacee, appartenenti a due specie di due generi. Uno stormo quindi di locuste, come quello che ha visitato Madera, può essere facilmente il mezzo col quale parecchie specie di piante giungono in un'isola molto discosta da un continente. Benchè i becchi ed i piedi degli uccelli siano generalmente molto netti, pure talvolta la terra vi aderisce. Una volta io levai 61 grani ed un'altra volta 22 grani di terra secca argillosa dal piede di una pernice, ed in essa trovai una pietruccia grossa come un seme di veccia. Il seguente esempio è ancora migliore. Da un amico mi fu spedito il piede di una beccaccia, a cui aderiva un poco di terra secca, che pesava soli 9 grani, ma questa conteneva il seme del Juncus bufonius, il quale germogliò e fiorì.
Il signor Swaysland di Brighton, il quale durante gli scorsi quarant'anni ha prestato molta attenzione ai nostri uccelli di passaggio, mi assicura di avere ucciso più volte delle cutrettole, dei mignattini e delle sassaiuole al loro arrivo prima che si poggiassero sopra il terreno inglese, e di aver trovato più volte ai loro piedi dei piccoli grumi di terra. Molti fatti potrebbero addursi per dimostrare come il terreno sia dappertutto zeppo di semi. Porterò un esempio. Il prof. Newton mi mandò la gamba della Caccabis rufa che era ferita e non poteva volare; intorno alla gamba ferita ed al piede erasi raccolto un grumo di terra indurita, il quale, quando fu levato, pesava sei once e mezza. Questa terra era stata conservata per tre anni; e dopo che fu sminuzzata, annacquata e posta sotto una campana di vetro, spuntarono non meno di 82 piante. V'erano 12 monocotiledoni, tra cui l'avena comune ed almeno una graminacea, e 70 dicotiledoni, le quali, a giudicare dalle giovani foglie, appartenevano almeno a tre diverse specie. Di fronte a questi fatti possiamo noi dubitare che i molti uccelli che annualmente dalle burrasche vengono portati a grande distanza sul mare, e che ogni anno migrano, ad esempio, i milioni di quaglie attraverso al Mediterraneo, portino occasionalmente un paio di semi ai loro piedi nascosti nel sucidume? Ma tra poco dovrò ritornare su questo argomento.
Sappiamo che i grandi ghiacci galleggianti contengono talvolta terra e sassi, ed hanno anche trasportato dei rami, delle ossa e dei nidi di uccelli terrestri; quindi è assai probabile che essi possano trasportare accidentalmente anche dei semi da una parte all'altra delle regioni artiche ed antartiche come Lyell osservava; e durante il periodo glaciale da un luogo all'altro delle attuali regioni temperate. Il numero straordinario di specie di piante che sono comuni all'Europa e che si trovano nelle isole Azzorre, in confronto delle piante di altre isole oceaniche più vicine al continente e, come notava il Watson, il carattere in certo modo settentrionale della flora di quelle isole, rispetto alla latitudine, mi fece nascere il sospetto che esse siano state parzialmente popolate da semi portati dai ghiacci nell'epoca glaciale. Dietro un mio suggerimento, sir C. Lyell scrisse all'Hartung per chiedergli se egli avesse osservato dei massi erratici sopra queste isole, ed egli rispose di aver trovato dei grandi frammenti di roccie granitiche e di altre roccie, che non sono proprie dell'Arcipelago. Quindi noi possiamo fondatamente dedurre che i ghiacci trasportarono nei tempi primitivi le loro pesanti roccie sulle coste di queste isole, ed è almeno possibile che essi vi abbiano anche trasportato i semi delle piante nordiche.

Pensando che questi vari mezzi di trasporto, e parecchi altri che senza dubbio sono a scoprirsi, furono in azione un anno dopo l'altro per secoli e per centinaia di migliaia d'anni, a mio avviso sarebbe un fatto portentoso se molte piante non fossero in tal modo ampiamente disseminate. Questi mezzi di trasporto sono detti talvolta accidentali, ma ciò non è esatto; le correnti del mare non sono accidentali, nè accidentale è la direzione dei venti prevalenti. Potrebbe osservarsi che questi mezzi di trasporto non sarebbero atti a spargere i semi a distanze molto grandi; perchè i semi non conservano la loro vitalità, quando siano esposti per lungo tempo all'azione dell'acqua del mare: nè potrebbero conservarsi a lungo nel gozzo o negli intestini degli uccelli. Questi mezzi però basterebbero per trasporti occasionali, per tratti di mare di parecchie centinaia di miglia, da un'isola all'altra, o da un continente alle isole vicine, ma non già fra due continenti lontani. Le flore di continenti discosi l'uno dall'altro non potrebbero frammischiarsi, con questi mezzi, ad un alto grado; ma rimarrebbero distinte, come lo sono presentemente. Le correnti nel loro corso non potrebbero mai trasportare semi dall'America settentrionale alla Gran Bretagna, quantunque esse li trasportino dall'India occidentale alle nostre coste occidentali, ove giunti, quando non siano stati estinti per la lunga immersione nelle acque salate, non possono sostenere il nostro clima. Quasi ogni anno uno o due uccelli di terra vengono tradotti sopra l'intero Oceano Atlantico dall'America settentrionale alle coste occidentali dell'Irlanda o dell'Inghilterra; ma i semi non possono trasportarsi da questi viaggiatori che con un solo mezzo, cioè uniti alla terra, che si attacca ai loro piedi, il qual caso è in se stesso molto raro. Ma anche allora, quanto piccola non sarebbe la probabilità che il seme cadesse sopra un terreno favorevole, e potesse giungere a maturità! Ma sarebbe un grande errore l'arguire che un'isola poco popolata non potrebbe ricevere nuovi abitanti con mezzi analoghi, benchè situata più lontana dal continente, dal fatto che un'isola bene popolata, come la Gran Bretagna, non ha ricevuto negli ultimi pochi secoli, per quanto ci è noto, alcuni immigranti dall'Europa (e ciò sarebbe assai difficile a provarsi) o da qualche altro continente, per mezzo di occasionali circostanze. Di venti semi od animali trasportati in un'isola, anche meno popolata di forme della Gran Bretagna, forse uno solo sarebbe stato adatto alla nuova sua dimora da rimanervi naturalizzato. Ma questo non sarebbe, mi sembra, un argomento valido contro gli effetti dei mezzi di trasporto occasionali, nel lungo corso delle epoche geologiche, in un'isola che si fosse sollevata e prima che il numero de' suoi abitanti fosse divenuto completo. Sopra qualunque terra sterile, in cui vivano pochi insetti ed uccelli distruggitori, oppure che ne sia affatto priva, non v'ha dubbio che ogni seme che vi giunga fortuitamente, se sia adatto al nuovo clima, vi germoglierà e sopravviverà.

DISPERSIONE NEL PERIODO GLACIALE

L'identità di molte piante ed animali sulle cime di monti separati da centinaia di miglia di pianure, dove queste specie alpine non potrebbero vivere, è uno dei più segnalati casi noti della esistenza delle medesime specie in punti distanti, senza che via sia un'apparente possibilità che esse abbiano emigrato da un sito all'altro. Invero è un fatto rimarchevole il vedere tante piante della stessa specie vivere sulle regioni nevose delle Alpi o dei Pirenei, e insieme nelle estreme parti settentrionali dell'Europa; ma è assai più singolare che le piante delle Montagne Bianche negli Stati Uniti di America siano tutte uguali a quelle del Labrador, e quasi le medesime di quelle delle più alte montagne d'Europa, come osservò il dott. Asa Gray. Fino dal 1747 questi fatti persuasero il Gmelin che le stesse specie dovevano essere state create indipendentemente, in parecchi punti distinti; e noi avremmo potuto conservare quest'opinione, se l'Agassiz ed altri non avessero richiamato la più viva attenzione sul periodo glaciale, che ci porge una semplice spiegazione di questi fatti, come ora vedremo. Noi abbiamo ogni sorta di prove immaginabili, nel regno organico e nell'inorganico, che in un periodo geologico molto recente l'Europa centrale e l'America settentrionale soggiacquero ad un clima artico. Le rovine di una casa incendiata non ce ne narrano la storia più esattamente di ciò che vediamo nelle montagne della Scozia e della Gallia coi loro fianchi striati, colle loro superfici liscie, e coi loro massi erratici, trasportati dalle correnti di ghiaccio che riempivano totalmente le vallate vicine. Il clima d'Europa si è cambiato tanto profondamente, che nell'Italia settentrionale le gigantesche morene, abbandonate dagli antichi ghiacciai, sono ricoperte di vigne e di grano. Sopra una gran parte degli Stati Uniti i massi erratici e le roccie striate dai ghiacci galleggianti o da quelli di costa ci rivelano chiaramente un antico periodo freddo.
La influenza del clima glaciale sulla distribuzione degli abitanti dell'Europa, quale fu esposta con mirabile chiarezza da Edoardo Forbes fu considerevole. Ma noi ne seguiremo più facilmente gli effetti supponendo che un nuovo periodo glaciale sia cominciato e si sia compiuto lentamente, come accadde in epoca remota. A misura che il freddo aumenterà e che ogni zona più settentrionale si renderà più adatta agli esseri delle regioni artiche, e meno acconcia agli antichi abitanti che vi trovavano un clima più temperato, questi ultimi saranno cacciati dalle artiche produzioni, che occuperanno il loro posto. Gli abitanti dei paesi più temperati saranno costretti nel medesimo tempo ad incamminarsi verso il sud, finchè non incontrino barriere insormontabili, nel qual caso periranno. Le montagne saranno coperte di neve e di ghiaccio, e i loro antichi abitanti alpini scenderanno nelle pianure. Per tutto quel tempo in cui il freddo avrà raggiunto il suo massimo grado, avremo una fauna e una flora artica uniforme, che si estenderà sulle parti centrali dell'Europa fino al sud delle Alpi e dei Pirenei, e penetrerà anche nella Spagna. Le attuali regioni temperate degli Stati Uniti saranno pure invase dalle piante e dagli animali del nord, e questi saranno quasi uguali a quelli dell'Europa; perchè gli abitanti circumpolari, che noi supponiamo abbiano viaggiato dappertutto verso il mezzogiorno, sono singolarmente uniformi tutto all'intorno del globo.
Non appena il caldo ritorni, le forme artiche retrocederanno verso il nord, e saranno seguite nella loro ritirala dalle produzioni delle regioni più temperate. E di mano in mano che la neve si scioglierà alle basi dei monti le forme artiche occuperanno il suolo scoperto e non gelato, ascendendo nei monti ad altezze sempre maggiori quanto più il calore aumenti, mentre le altre forme identiche continueranno il loro viaggio al nord. Perciò quando la temperatura sia ridivenuta completamente calda, le medesime specie artiche, le quali ultimamente avevano vissuto riunite in corpo sulle pianure del Vecchio Mondo e del Nuovo, rimarranno isolate sulle cime delle montagne fra loro distanti (essendo state estinte su tutte le altezze minori) e nelle regioni artiche dei due emisferi.

Così possiamo spiegare l'identità di molte piante in luoghi tanto lontani, come le montagne degli Stati Uniti e quelle d'Europa. Inoltre possiamo intendere il fatto che le piante alpine di ogni catena di monti sono più specialmente conformi alle specie che vivono in linea retta al nord, o quasi al nord, delle medesime; perchè la prima migrazione al crescere del freddo, e la seconda migrazione al ritornare del caldo, generalmente saranno accadute verso il sud e verso il nord. Le piante alpine di Scozia, per esempio, secondo H. C. Watson, e quelle dei Pirenei, secondo Ramond, sono più specialmente affini alle piante della Scandinavia settentrionale, quelle degli Stati Uniti a quelle del Labrador, e finalmente quelle delle montagne della Siberia alle specie delle regioni artiche di questo paese. Queste viste essendo appoggiate sull'avvenimento perfettamente constatato di un antico periodo glaciale, mi pare che ci spieghino in un modo soddisfacente la presente distribuzione delle produzioni alpine ed artiche di Europa e d'America; così quando noi trovassimo in altre regioni le medesime specie sulle cime di monti distanti, potremmo quasi conchiudere, senza altre prove, che un clima più freddo permise la loro antica migrazione a traverso dei bassi tratti interposti, divenuti in seguito troppo caldi per la loro esistenza.
Le forme artiche, durante la loro lunga migrazione al sud e la loro retrogressione al nord, saranno state esposte ad un clima quasi uguale e si saranno conservate in corpo tutte insieme, particolarità che merita di essere menzionata. Per conseguenza le loro mutue relazioni non saranno state molto disturbate e quindi non saranno andate soggette a molte modificazioni, in accordo ai principii inculcati in questo libro. Ma il caso sarà stato alquanto diverso nelle nostre produzioni alpine che rimasero isolate, dopo che il calore cominciò ad elevarsi, sulle prime al piede dei monti e da ultimo alla loro cima; perchè non può dirsi ugualmente che tutte le identiche specie del nord siano restate sulle catene dei monti lontane le une dalle altre, ed abbiano potuto sopravvivere colà dopo quell'epoca; anzi esse si saranno probabilmente confuse colle antiche specie alpine, le quali esistevano sulle montagne prima del principio dell'epoca glaciale, e che durante il periodo più freddo di quest'epoca saranno state temporaneamente spinte abbasso verso la pianura; e saranno anche state esposte ad influenze climatologiche alquanto diverse. Le loro mutue relazioni si saranno quindi turbate in qualche grado; e perciò avranno subìto delle modificazioni, come troviamo in realtà; mentre confrontando le attuali piante alpine e gli animali delle varie grandi catene di montagne dell'Europa, quantunque molte specie siano identicamente le stesse, alcune presentano delle varietà, altre sono considerate come forme dubbie, e molte altre specie sono distinte, ma tuttavia strettamente affini o rappresentative.

Nel dimostrare ciò che, a mio avviso, deve essere avvenuto effettivamente nell'epoca glaciale, supposi che al principio di quest'epoca le produzioni artiche fossero uniformi, come oggi, intorno alle regioni polari. Ma le considerazioni che precedono sulla distribuzione non si applicano solamente alle forme artiche, ma bensì anche a molte forme sub-artiche e ad alcune poche delle zone temperate settentrionali, perchè alcune di queste sono uguali nelle montagne più basse e nelle pianure dell'America settentrionale e dell'Europa; e potrebbe chiedersi con ragione come io dimostri la necessaria uniformità delle forme sub-artiche e di quelle delle zone settentrionali temperate intorno al globo, al principio del periodo glaciale. Presentemente le produzioni sub-artiche e quelle delle zone temperate settentrionali del Vecchio Mondo e del Nuovo sono disgiunte fra loro dall'Oceano Atlantico e dall'estrema porzione settentrionale del Pacifico.
Durante il periodo glaciale, allorchè gli abitanti dei due mondi vivevano molto più verso il sud che al giorno d'oggi, essi dovevano essere anche più completamente separati da mari più vasti. Io credo che la precedente difficoltà possa togliersi, ove si rifletta ai più antichi cambiamenti di clima che accaddero in senso opposto. Abbiamo buoni argomenti per ritenere che nel periodo pliocenico più recente, prima dell'epoca glaciale, e quando la maggior parte degli abitanti del mondo erano specificamente i medesimi dell'epoca attuale, il clima era più caldo dell'odierno. Quindi possiamo supporre che gli organismi ora viventi sotto il clima della latitudine di 60°, nel periodo pliocenico abitassero molto più verso il nord, sotto il circolo polare, alla latitudine di 66° - 67°; e che le produzioni rigorosamente artiche allora vivessero nelle terre interrotte che sono anche più vicine al polo. Ora se noi guardiamo una sfera, troveremo che sotto il cerchio polare le terre sono quasi continue dall'Europa occidentale, per la Siberia, fino all'America orientale. Io attribuisco a questa continuità delle terre circumpolari e alla conseguente libera intermigrazione sotto un clima più favorevole, la uniformità necessaria nelle produzioni sub-artiche e settentrionali delle zone temperate del Vecchio Mondo e del Nuovo, in un periodo anteriore all'epoca glaciale.

Credendo, per le ragioni alle quali accennai, che i nostri continenti siano rimasti per lungo tempo in una posizione relativa quasi uguale, benchè soggetti a grandi e parziali oscillazioni di livello, io sono assai propenso ad estendere le precedenti idee e a dedurne che durante qualche periodo più antico e più caldo, come il periodo pliocenico primitivo, un gran numero delle medesime piante e degli stessi animali abitavano le quasi continue terre circumpolari; e che queste piante e questi animali, nel vecchio e nel Nuovo Mondo, cominciarono lentamente a rivolgersi verso il sud, quando il clima diveniva meno caldo assai prima del periodo glaciale. Io penso che noi ora vediamo i loro discendenti, quasi tutti in una condizione modificata, nelle parti centrali dell'Europa e degli Stati Uniti. Con questi concetti possiamo intendere la relazione di affinità esistente fra le produzioni dell'America settentrionale e dell'Europa, relazione che è tanto più rimarchevole se si consideri la distanza dei due continenti e la loro separazione per mezzo dell'Oceano Atlantico. Ci è facile inoltre spiegare il fatto singolare, avvertito da parecchi osservatori, che le produzioni dell'Europa e dell'America erano più strettamente affini fra loro negli ultimi periodi terziari, che nell'epoca attuale; perchè in questi periodi più caldi le parti settentrionali del Vecchio Mondo e del Nuovo debbono essere state unite quasi in continuità delle terre, che avranno servito a guisa di ponte per congiungere le due regioni, finchè il freddo impedì completamente l'intermigrazione dei loro abitatori.
Durante il calore lentamente diminuente del periodo pliocenico, non appena le specie che abitavano i due mondi emigrarono in comune al sud del circolo polare, esse dovettero separarsi interamente le une dalle altre. Questa separazione deve essersi effettuata in epoca molto remota, per quanto riguarda le produzioni delle zone più temperate. E siccome queste piante e questi animali migravano verso il sud, essi saranno stati frammisti in una delle due grandi regioni colle produzioni native dell'America e avranno lottato con esse; e nell'altra con quelle del Vecchio Mondo. Perciò qui tutto era favorevole alla produzione di molte modificazioni, di modificazioni maggiori di quelle che si ebbero nelle produzioni alpine, rimaste isolate, in un periodo assai più recente, sopra diverse catene di montagne e sulle terre artiche dei due mondi. Quindi avviene che se noi confrontiamo le produzioni ora esistenti nelle regioni temperate del Nuovo Mondo e del Vecchio, noi troviamo pochissime specie identiche (quantunque Asa Gray abbia ultimamente dimostrato che un maggior numero di piante, di quel che prima si era supposto, sono identiche); ma noi troviamo in ogni grande classe molte forme che alcuni naturalisti collocano tra le razze geografiche e che altri considerano quali specie distinte, ed una schiera di forme strettamente affini o rappresentative, che sono classificate da tutti i naturalisti come specificamente distinte.
Come nelle terre, anche nelle acque del mare, una lenta migrazione verso il sud di una fauna marina che, durante il periodo pliocenico od anche qualche periodo più remoto, era quasi uniforme lungo le coste continue del circolo polare, potrebbe dimostrare, secondo la teoria delle modificazioni, in che modo molte forme strettamente affini vivano attualmente in aree completamente staccate. Così può anche spiegarsi, a mio avviso, la presenza di molte forme rappresentative esistenti e terziarie sulle coste orientali ed occidentali dell'America settentrionale temperata; e il caso anche più singolare di molti crostacei strettamente affini (come furono descritti nella stupenda opera del Dana), di alcuni pesci e di altri animali marini nel Mediterraneo e nei mari del Giappone, mari che ora sono divisi da un continente e da quasi un emisfero di oceano equatoriale.

Questi casi di parentela, senza identità, degli abitanti di mari attualmente separati, come pure degli abitanti passati e presenti delle terre temperate dell'America settentrionale e dell'Europa, sono inesplicabili secondo la teoria della creazione. Non si può dire che essi siano stati creati simili, in ragione delle condizioni fisiche quasi simili delle aree; perchè se noi paragoniamo, per esempio, certe parti dell'America meridionale coi continenti meridionali del Vecchio Mondo, noi vediamo delle contrade perfettamente rispondenti in tutte le loro condizioni fisiche, ma coi loro abitanti completamente dissimili.

ALTERNANZA DEI PERIODI GLACIALI AL NORD E AL SUD

Ma fa mestieri che noi torniamo al nostro soggetto più immediato, cioè il periodo glaciale.
Sono convinto che l'idea di Forbes può essere estesa largamente. In Europa noi abbiamo le prove più evidenti del periodo freddo, dalle coste occidentali della Gran Bretagna fino alla catena dell'Oural e verso il sud fino ai Pirenei. Dai mammiferi gelati e dalla natura della vegetazione dei monti, possiamo dedurre che la Siberia fu colpita nello stesso modo. Nel Libano, secondo il dott. Hooker, le nevi perpetue coprivano l'asse centrale e nutrivano dei ghiacciai che discendevano nelle vallate fino a 4000 piedi. Lo stesso osservatore ha trovato recentemente delle grandi morene, a piccole altezze nella catena dell'atlante dell'Africa settentrionale. Lungo l'Himalaya, sopra dei punti distanti 900 miglia, i ghiacciai hanno lasciato i segni dell'antica e lenta loro discesa; e nel Sikkim il dott. Hooker ha veduto crescere il grano turco sopra antiche morene gigantesche. Al sud dell'equatore abbiamo qualche prova diretta dell'antica azione glaciale nella Nuova Zelanda; e le medesime piante, trovate in monti molto lontani nell'isola, ci narrano la medesima storia. Se si avesse a confermare la verità di una descrizione che ne è stata fatta, anche nell'angolo sud-est dell'Australia si avrebbe una diretta constatazione dei fenomeni del periodo glaciale.

Rivolgiamoci all'America; nella metà settentrionale si sono osservati frammenti di roccia trasportati dai ghiacci sul lato orientale fino ad una latitudine sud di 36° - 37°, e sulle coste del Pacifico, dove il clima è al presente tanto diverso, se ne sono trovati fino al 46° di latitudine sud; si sono anche veduti dei massi erratici sulle Montagne Rocciose. Nelle Cordigliere dell'America meridionale equatoriale, i ghiacci una volta si estendevano molto al disotto del loro limite presente.
Nel Chilì centrale io ho esaminato un vasto ammasso di tritumi, che giacciono trasversalmente sulla vallata di Portillo, e li attribuisco interamente all'azione glaciale; ma noi avremo più innanzi delle notizie preziose su questo argomento dal(26) dott. Forbes, il quale mi annunzia di aver trovato sulle Cordigliere da 13° - 30° di latitudine sud, ad un'altezza di circa 12.000 piedi, delle roccie profondamente solcate, simili a quelle che egli era solito trovare in Norvegia, e parimenti delle grandi masse di tritumi che contenevano sassi striati. Su tutto questo spazio delle Cordigliere ora non esistono veri ghiacciai, anche ad altezze molto più considerevoli. Molto più al sud da ambe le parti del continente, fra la latitudine di 41° e la estremità più meridionale, abbiamo gl'indizi più evidenti dell'antica zona glaciale, nei massi smisurati che vennero trasportati lungi dalla loro situazione primitiva.

Questi fatti diversi, e cioè che l'effetto del ghiaccio si è esteso attorno all'emisfero boreale ed all'australe; che questo periodo fu in ambedue gli emisferi recente in senso geologico; che, a giudicare dagli effetti, esso è durato lungamente in ambedue; ed infine che ancora recentemente i ghiacciai sono discesi ad un basso livello lungo tutta la catena delle Cordigliere: - mi aveano condotto alla conclusione che durante l'epoca glaciale la temperatura si fosse abbassata contemporaneamente su tutta la superficie terrestre. Ma il Croll ha dimostrato in una serie di memorie interessantissime che una condizione glaciale del clima è il risultato di varie cause fisiche, che entrano in azione per l'aumento delle eccentricità dell'orbita terrestre. Tutte queste cause tendono allo stesso fine; ma la più potente sembra l'influenza indiretta delle eccentricità dell'orbita sulle correnti oceaniche. Secondo il Croll i periodi freddi ritornano regolarmente ogni dieci o quindicimila anni, ed essi si fanno estremamente severi ad intervalli più lunghi pel concorso di determinate circostanze, tra cui, come ha dimostrato C. Lyell, la più importante è la relativa posizione della terraferma e dell'acqua. Il Croll calcola che l'ultimo grande periodo glaciale risalga a circa 240.000 anni ed abbia durato con leggiere alterazioni di clima circa 160.000 anni. Quanto a periodi glaciali più antichi, parecchi geologi furono indotti a ritenere, da prove dirette, che ne siano esistiti durante le formazioni miocenica ed eocenica, per non parlare di formazioni più antiche. Ma il risultato per noi più importante, a cui giunse il Croll, si è questo, che mentre l'emisfero boreale attraversa un periodo freddo, la temperatura dell'emisfero australe è di fatto elevata con inverni più miti, principalmente in seguito al cambiamento nella direzione delle correnti marine. E viceversa ciò accade nell'emisfero boreale, quando l'australe passa per un periodo glaciale. Queste conclusioni gettano tanta luce sulla distribuzione geografica, che io inclino a ritenerle vere. Ma innanzi tutto io voglio esporre i fatti che richiedono una spiegazione.

Nell'America meridionale, il dott. Hooker ha provato che 40 o 50 specie di piante fanerogame della Terra del Fuoco, le quali costituiscono una parte non piccola di quella scarsa flora, sono comuni all'Europa, non ostante la distanza enorme che separa questi due luoghi; e vi sono anche molte specie strettamente affini. Sulle più elevate montagne del Brasile il Gardener trovò alcuni generi europei che non esistono nelle vaste ed ardenti contrade interposte. Così l'illustre Humboldt trovò, molti anni sono, sulla Sila di Caracas delle specie di generi caratteristici delle Cordigliere.
Nell'Africa, e precisamente sulle montagne dell'Abissinia, si hanno alcune forme caratteristiche dell'Europa ed altre poche rappresentative della flora del Capo di Buona Speranza.
Nello stesso Capo di Buona Speranza si trovano alcune specie europee che non si credono introdotte colà dall'uomo, e sulle montagne si trovano parecchie forme rappresentative dell'Europa che non furono scoperte nelle parti intertropicali dell'Africa. Il dott. Hooker ha anche dimostrato recentemente che parecchie piante viventi nelle parti superiori dell'alta isola Fernando Po e sugli attigui monti Cameroon nel golfo di Guinea sono strettamente affini con quelle dei monti dell'Abissinia e con quelli dell'Europa temperata. A quanto sembra, secondo una comunicazione fattami dal dott. Hooker, R. T. Lowe avrebbe scoperto alcune di queste forme temperate sui monti delle isole del Capo Verde. Tale distribuzione delle medesime forme temperate, pressochè sotto all'equatore, attraverso all'intero continente africano fino ai monti delle isole del Capo Verde, costituisce uno dei fatti più sorprendenti che si conoscano intorno alla distribuzione delle piante.

Sull'Himalaya e sulle catene di monti isolate della penisola dell'India, sulle alture di Ceylan, e sui coni vulcanici di Java, si rinvengono molte piante o identiche fra loro, o rappresentative le une delle altre e nello stesso tempo rappresentative di quelle d'Europa, le quali mancano nelle pianure calde frapposte. Una lista dei generi raccolti sui picchi più elevati di Java presenta l'immagine di una collezione fatta sopra una collina d'Europa! Anche più stringente è il fatto che le forme dell'Australia meridionale sono chiaramente rappresentate dalle piante che crescono sulle sommità delle montagne di Borneo. Alcune di queste forme australiane, secondo il dott. Hooker, si estendono lungo le alture della penisola di Malacca e sono rade e sparpagliate da una parte sopra l'India e dall'altra verso il nord sino al Giappone.
Sulle montagne meridionali dell'Australia il dott. F. Müller ha scoperto varie specie europee; nelle pianure si trovano delle specie che non furono introdotte dall'uomo in quella regione; e si potrebbe formare una lunga lista, da quanto mi comunicò il dott. Hooker, di generi europei trovati in Australia, ma non nelle intermedie regioni torride. Nella mirabile opera Introduction to the Flora of New Zealand del dott. Hooker sono citati analoghi fatti importanti, riguardo alle piante di questa grande isola. Per conseguenza noi osserviamo che per tutto il mondo le piante che si sviluppano sulle montagne più alte e sulle pianure temperate dello emisfero boreale e dell'australe sono talvolta identiche. Sarebbe da notarsi che queste piante non sono strettamente artiche, giacchè, come ha osservato recentemente H. C. Watson, «nel retrocedere dalle latitudini polari alle equatoriali, le flore alpine o dei monti realmente divengono sempre meno artiche». Oltre queste forme identiche e strettamente affini molte specie che abitano distretti tra loro molto discosti appartengono a generi che più non si rinvengono nelle interposte pianure tropiche.

Questo breve ragionamento si applica alle sole piante; ma potrebbero esporsi alcuni fatti analoghi sulla distribuzione degli animali terrestri. Nelle produzioni marine si trovano dei casi consimili; così, per esempio, posso citare un'osservazione tratta dalla più alta autorità, il prof. Dana, cioè che «certamente è un fatto straordinario che nella Nuova Zelanda si abbiano crostacei assai più somiglianti a quelli della Gran Bretagna, sua antipode, che a quelli di ogni altra parte del mondo». Anche J. Richardson parla della ricomparsa di forme nordiche di pesci sulle coste della Nuova Zelanda, della Tasmania, ecc. E il dott. Hooker mi narrava che venticinque specie di alghe sono comuni alla Nuova Zelanda ed all'Europa, ma non sono state trovate nei mari tropicali intermedi. Stando ai fatti suesposti, e cioè alla presenza di forme temperate sulle alture traverso tutta l'Africa equatoriale, e lungo la penisola dell'India, il Ceylan e l'Arcipelago Malese, e in modo meno marcato traverso il vasto spazio dell'America meridionale tropicale, sembra cosa quasi certa, che in un periodo passato e precisamente durante la parte più fredda dell'epoca glaciale le pianure di questi grandi continenti sotto all'equatore siano state abitate da un numero considerevole di forme temperate. In quell'epoca il clima equatoriale al livello del mare era probabilmente uguale a quello che ora domina alle stesse latitudini ad un'altezza di cinque a seimila piedi, e forse anche più freddo.

Durante quel tempo freddissimo le pianure sotto all'equatore saranno state vestite di una vegetazione mista, tropica cioè e temperata, simile a quella descritta dall'Hooker, che ora prospera sulle basse pendici dell'Himalaya ad un'altezza di quattro a cinquemila piedi, solo che in quella v'era forse maggiore prevalenza delle forme temperate. Anche il Mann ha trovato che nell'isola montuosa Fernando Po nel golfo di Guinea ad un'altezza di circa cinquemila piedi incominciano a comparire le forme temperate europee. Sui monti del Panama il dott. Seemann ha trovato ad un'altezza di soli duemila piedi la vegetazione uguale a quella del Messico, «forme della zona torrida armonicamente unite con quelle della temperata».
Ora vogliamo vedere se la conclusione del Croll, secondo cui nel tempo, nel quale l'emisfero boreale era dominato dal maggior freddo dell'epoca glaciale, lo emisfero australe era in fatto più caldo, rischiari alquanto la presente, apparentemente inesplicabile, distribuzione geografica di diversi organismi nelle parti temperate d'ambedue gli emisferi e sulle montagne dei tropici. L'epoca glaciale, misurata con un numero di anni, deve aver durato lungamente; e se pensiamo che alcune piante ed animali naturalizzati in pochi secoli si sono estesi sopra vaste superfici, quel tempo apparirà lungo abbastanza per qualsiasi grado di migrazione. Man mano che il freddo aumentava, le forme artiche invadevano le regioni temperate; e pei fatti su citati non può sussistere alcun dubbio che alcune delle forme dominanti temperate più vigorose e più diffuse abbiano invaso le bassure equatoriali. Allo stesso tempo gli abitanti di queste bassure calde saranno migrati verso le regioni tropiche e subtropiche del Sud, giacchè in quel periodo l'emisfero australe era più caldo. Non appena col declinare dell'epoca glaciale i due emisferi riacquistarono la primitiva temperatura, le forme nordiche temperate, le quali abitavano nelle bassure sotto all'equatore, saranno state cacciate nell'antica loro patria, o saranno state distrutte, e sostituite dalle forme equatoriali reduci dal Sud.
Frattanto alcune delle forme nordiche temperate avranno quasi certamente, ascendendo, raggiunto il più vicino altipiano, e se questo era sufficientemente elevato, vi si saranno lungamente conservate, a guisa delle forme artiche sulle montagne dell'Europa. E saranno sopravvissute anche colà, dove il clima non era loro interamente favorevole; imperocchè il mutamento di temperatura sarà avvenuto assai lentamente, e senza dubbio le piante posseggono una certa capacità di acclimazione, come risulta dal fatto ch'esse trasmettono ai loro discendenti un diverso potere costituzionale di resistere al caldo ed al freddo.

Secondo il corso regolare delle cose, l'emisfero australe sarà alla sua volta soggetto ad un intenso periodo glaciale, mentre il boreale si renderà più caldo; allora, inversamente, saranno le forme temperate australi che immigreranno nelle bassure equatoriali. Le forme nordiche, le quali erano rimaste sulle montagne, discenderanno e si mescoleranno colle forme meridionali. Queste ultime, ritornato il caldo, si saranno recate nell'antica loro patria, lasciando sulle montagne alcune poche specie, e conducendo seco verso il Sud alcune forme nordiche temperate che erano discese dalle loro stazioni montuose. Noi troveremo quindi identiche alcune poche specie nelle zone temperate nordiche ed australi e sulle montagne delle regioni tropiche interposte. Ma le specie lasciate per lungo tempo su questi monti o sugli opposti emisferi avranno dovuto lottare con molte forme nuove, e saranno state esposte a condizioni fisiche alquanto diverse; avranno quindi subìto delle modificazioni in alto grado, ed appariranno in generale come varietà o come specie rappresentative, ciò che appunto succede. Nè dobbiamo dimenticare che già prima in ambedue gli emisferi vi furono dei periodi glaciali, da che potremo comprendere, come, in accordo colle idee suesposte, avvenga che tante specie affatto distinte abitino le stesse aree ampiamente separate ed appartengano a certi generi che ora non si rinvengono più nelle zone torride intermedie.
Abbiamo un fatto rimarchevole, sul quale insistettero assai il dottore Hooker riguardo all'America e Alfonso De Candolle rispetto all'Australia, cioè che sembra molto maggiore il numero delle piante identiche e dalle forme affini che migrarono dal Nord al Sud, di quelle che seguirono una direzione opposta. Perciò noi vediamo solamente poche forme vegetali del Sud sui monti di Borneo e dell'Abissinia. Io penso che questa migrazione preponderante dal Nord al Sud sia dovuta alla maggiore estensione delle terre del Nord ed all'essere state più copiose nella loro patria le forme nordiche e quindi all'avere le medesime progredito, per mezzo della elezione naturale e della concorrenza fino ad un grado più elevato di perfezione od una facoltà di predominio più forte di quelle forme meridionali. Per conseguenza, quando le medesime nel periodo glaciale furono frammiste colle altre, le forme settentrionali saranno state più capaci di vincere le forme meridionali meno vigorose. Precisamente come oggi noi osserviamo che molte produzioni europee coprono il terreno della Plata e in grado minore quello dell'Africa, avendo fino ad una certa estensione battuto le produzioni indigene; al contrario, pochissime forme del mezzogiorno si sono naturalizzate in qualche parte di Europa, benchè delle pelli, della lana ed altri oggetti facili a trasportare semi siano stati largamente importati nell'Europa dalla Plata negli ultimi due o tre secoli e dall'Australia negli ultimi trenta o quarant'anni. Qualche cosa di consimile deve essere avvenuto sulle montagne intertropicali. Senza dubbio prima del periodo glaciale quelle montagne erano popolate di forme alpine indigene; ma queste dovettero quasi dappertutto cedere il posto alle forme più dominanti, sorte nelle superfici più vaste e nelle contrade più produttive del settentrione. In molte isole le produzioni native sono quasi uguagliate od anche sorpassate dalle produzioni naturalizzate; e se le native non sono state totalmente distrutte, però furono grandemente ridotte di numero, e questo è il primo stadio verso l'estinzione. Un monte è un'isola sul continente; e le montagne intertropicali debbono essere state completamente isolate prima del periodo glaciale; ed io credo che le produzioni di queste isole sul continente cedettero ad altre, generate nelle regioni più estese del Nord, esattamente nella stessa guisa con cui le produzioni delle isole furono recentemente surrogate in ogni luogo dalle forme continentali naturalizzate per opera dell'uomo.

I medesimi principii servono anche a spiegare la distribuzione degli animali terrestri e dei prodotti marini nelle zone temperate nordica e meridionale e sulle montagne intertropicali. Se durante il culmine del periodo glaciale le correnti marine erano molto diverse dalle attuali, alcuni abitatori dei mari temperati possono bene aver raggiunto l'equatore; di essi alcuni pochi, giovandosi delle correnti più fredde, avranno forse potuto migrare verso il Sud, mentre gli altri avranno cercato i fondi più freddi e vi saranno sopravvissuti finchè l'emisfero australe alla sua volta sarà stato soggetto ad un clima glaciale ed avrà permesso il loro progresso; nello stesso modo circa, come, al dire del Forbes, esistono anche oggi nelle maggiori profondità dei mari temperati boreali degli spazi isolati abitati da forme artiche.
Sono ben lontano dal supporre che siano eliminate tutte le difficoltà per le considerazioni qui esposte, riguardo alla distribuzione e alle affinità delle specie affini che vivono nelle zone temperate settentrionali e meridionali, e sulle montagne delle regioni intertropicali. Restano ancora molte obbiezioni da risolvere. Nè pretendo descrivere le linee esatte e i mezzi delle migrazioni o le ragioni per cui certe specie emigrano ed altre no; o per qual motivo certe specie si sono modificate ed hanno dato origine a nuovi gruppi di forme ed altre rimasero inalterate. Noi non possiamo sperare di spiegare questi fatti, finchè non sapremo dire come si naturalizzi una specie e non un'altra, per fatto dell'uomo, in una regione nuova; e come l'una si estenda il doppio o il triplo, od anche sia più comune e numerosa due o tre volte dell'altra, nelle loro dimore naturali.

Restano tuttora da risolversi molte difficoltà; come, ad esempio, la presenza, dimostrata dal dott. Hooker, di specie identiche in luoghi tanto lontani tra loro, come la Terra di Kerguelen, la Nuova Zelanda e la Terra del Fuoco; ma credo che verso la fine del periodo glaciale, i ghiacci abbiano contribuito in gran parte alla loro dispersione, come fu notato da Lyell. Ma l'esistenza di parecchie specie affatto distinte, appartenenti a generi esclusivamente confinati nel mezzogiorno, in questi ed altrettanti punti distanti dell'emisfero meridionale, è una difficoltà assai più notevole, secondo la mia teoria della discendenza modificata. Perchè alcune di codeste specie sono tanto distinte, che non possiamo supporre che il tempo trascorso dal principio del periodo glaciale fosse sufficiente per le loro migrazioni e per le consecutive modificazioni fino al grado necessario.

Mi sembra che i fatti indichino che le specie particolari e molto distinte partirono da qualche centro comune, spandendosi intorno a guisa di raggi da quel centro. Sono poi disposto ad ammettere nell'emisfero boreale e nell'australe un antico periodo più caldo, anteriore all'epoca glaciale, in cui le terre antartiche, oggi coperte di ghiaccio, alimentarono una flora affatto speciale ed isolata. Io suppongo che, prima che questa flora fosse distrutta dall'epoca glaciale, alcune di queste forme fossero disperse fino a raggiungere diversi punti dell'emisfero australe, con mezzi occasionali di trasporto e coll'aiuto di isole già esistenti ed ora sommerse, che servirono da luoghi di riposo. Con questi mezzi credo che le coste meridionali dell'America, dell'Australia e della Nuova Zelanda prendessero un carattere leggermente analogo, mediante le medesime forme particolari di vita vegetativa.

C. Lyell, in un passo importante, ha trattato, con un linguaggio quasi identico al mio, degli effetti delle grandi alternative del clima sopra la distribuzione geografica. E noi abbiamo visto, come le conclusioni del Croll, che cioè i successivi periodi glaciali di un emisfero coincidevano con periodi più caldi nell'opposto emisfero, unitamente alle modificazioni effettuate dalla elezione naturale, possano aiutarci a spiegare una moltitudine di fatti nella distribuzione attuale delle stesse forme di vita e delle forme affini. I flutti della vita durante un periodo sono partiti dal Nord, durante un altro periodo dal Sud, ed in ambedue i casi hanno raggiunto l'equatore; ma essi scorsero con maggior impeto dal Nord, in modo da inondare liberamente il Sud. Come il flusso depone in linee orizzontali le materie che trasporta, benchè elevate a maggior altezza in quelle coste in cui la marea è più forte, così anche le onde viventi lasciarono i loro depositi animati sopra le cime dei nostri monti, seguendo una linea che insensibilmente si innalza dalle pianure artiche ad una grande altezza sotto l'equatore. I vari esseri, così abbandonati a diverse altezze, possono paragonarsi alle razze selvagge dell'uomo, che furono cacciate sui monti di quasi tutti i paesi in cui si trovano e colà sopravvivono servendoci di memoria, piena d'interesse per noi, degli antichi abitatori delle pianure circonvicine.

CAPO 13 >

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