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Attenzione a cosa scrivi online, la Cassazione pubblica la lista nera delle parole che ti rovinano: multe pesantissime

Offese online risarcimentoLista di parole da non dire in rete-Cronologia.it

Attenzione a cosa commenti online: la Cassazione ha pubblicato una lista nera di parole che possono rovinare. Previste multe pesantissime. 

Il web è sicuramente un mezzo democratico che permette a tutti di dire la propria opinione senza condizionamenti esterni. Con l’affermazione dei social e delle diverse piattaforme poi si può intervenire in dibattici, e rilasciare commenti anche sopra le righe. Tuttavia è bene sottolineare che oltre al buon costume e una dose di educazione che dovrebbe limitare i commenti offensivi, ci sono termini non permessi dalla legge. Infatti bast poco per offendere pesantemente e ritrovarsi in tribunale. La legge infatti prevede l’applicazione del reato di diffamazione anche nel caso di commenti condivisi in rete, che hanno anche l’aggravante della così detta pubblicità.

Il reato in questione è disciplinato dall’art. 595 del c.p., il quale punisce chi – comunicando con più persone – offende la reputazione di un’altra persona assente. Una fattispecie che nel caso dell’offesa in rete prevede che il commento diventi un vero atto di prova. Se condannati si possono pagare gravi multe, e non sono esclusi altri provvedimenti che prevedono sanzioni penali più rigide. Resta solo da capire qual è il confine tra diffamazione, che legittima un apposita azione penale, e critica.

Quali parole si possono dire e non sono condannabili? La Corte di Cassazione ha pubblicato una lista nera di parole che possono rovinare. In modo indiretto il supremo organo  giurisprudenziale ha sintetizzato una serie di offese realizzate in rete che possono configurare un reato perseguibile per legge. Non c’è una vera lista, visto che la Cassazione valuta il senso oggettivo di alcuni termini usati e non il significato soggettivo attribuibile ad un termine in un’apposita condizione. Tuttavia la casistica ha selezionato una serie di situazione considerate offensive.

I termini “diffamatori” in rete per la Cassazione

La Cassazione considera termine diffamatori affermazioni del tipo: “Ma vai a farti fot*ere, ladro che non sei altro”, “Sei uno stron*o”, “Addio caz*one!” (Cass. Pen. 13252/2021), oppure “Sei un imbecille!” (Cass. 15060/2011). Diversamente scrivere “Cog*ione”, nel caso in cui sia usato con il significato di scemo o ingenuo, non integra il reato (Cass. 34442/2017). Anche “Rompip*lle” inteso come persona che da fastidio non è considerato un insulto.

Offese online risarcimento

Lista di parole da non dire in rete per legge-Cronologia.it

Dire o “Vaffanc*lo”  a qualcuno non è penalmente rilevante, perché si tratta di parola dell’uso comune (Cass. 27996/2007). La casistica è varia ed include anche una serie di termini che non sono parolacce ma che sono considerati comunque offensivi e lesivi della dignità: si tratta di parole come “gentaglia”, “complici”, o “vergogna… fate schifo”, soprattutto quando sono riferite a esponenti politici o pubblici (Cass. Pen. 1788/2024). Infine è bene sottolineare che il diritto di critica disciplinato dall’ dall’art. 51 del c.p. legittima la possibilità di esprimere la propria opinione, ma questa dovrebbe essere contenuta, non offensiva, veritiera e espressa in riferimento ad un determinato contesto.

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