Storia dei partiti in Italia  (3)

 

FINE ANNI
'60  

IL 
SISTEMA IMBOCCA
IL VIALE DELLO SFASCIO

 

di CLAUDIO MARTINELLI

Il vento della contestazione, partito dall�America nella prima metà degli anni Sessanta, arrivò impetuoso qualche anno dopo anche in Europa, in particolare in Italia e Francia. Ma una caratteristica fondamentale distingueva le rivendicazioni giovanili d�oltre oceano da quelle del nostro continente, e cioè il pesantissimo carico ideologico marxista-leninista che connotava il movimento studentesco di casa nostra. Va detto che l�esplosione di una qualche forma di rivolta era praticamente inevitabile e forse anche facilmente prevedibile. 

La società italiana era da tempo in bilico fra evoluzione e stagnazione.Troppi settori erano impreparati alle trasformazioni che il boom economico, l�evoluzione dei costumi, il progressivo allentamento della pressione conservatrice della Chiesa cattolica stavano preparando. Ma la debolezza dei contestatori ed in particolare del movimento studentesco può essere individuata proprio nella sottolineatura delle rivendicazioni politico-ideologiche rispetto a quelle libertarie e moderniste. La contraddittorietà di questi elementi è ai nostri occhi evidente: individuare come veicolo di liberazione della società un�ideologia ed un sistema di valori che, dove concretamente applicato, aveva prodotto, oltre che terrore e violenza, anche arcaismi sociali, come la dominazione di una classe di burocrati legati al partito unico sulla massa delle persone, era palesemente assurdo.Sulle ripercussioni dell�ondata contestatrice si è discusso all�infinito, ma forse è possibile porre qualche punto fermo.

Sulla scena politica irruppero per la prima volta formazioni, gruppi e gruppuscoli espressione delle varie anime della contestazione, che si ponevano a sinistra del Pci. La più consistente da un punto di vista elettorale fu sicuramente Democrazia Proletaria, guidata da Mario Capanna, uno dei leader del�68. Sul fronte opposto, si assistette alla notevole avanzata dell�estrema destra del Movimento Sociale Italiano, considerato da una fetta dell�elettorato come una credibile reazione alla marea montante. Ma l�elemento più importante fu senza alcun dubbio il forte aumento di consenso per il Partito Comunista Italiano.

Alla fine degli anni Sessanta l�eredità politica di Togliatti era stata raccolta da Enrico Berlinguer, un dirigente cresciuto nel partito dove aveva brillantemente scalato tutti i gradini della gerarchia. Sotto la guida di Berlinguer il PCI cercò al tempo stesso di porsi come interlocutore, ed in definitiva di rappresentare il movimento della contestazione, e di crearsi una credibilità come partito di governo anche agli occhi di una certa parte della borghesia italiana. Alla metà degli anni Settanta la formula del centro-sinistra era ormai da considerarsi esaurita. Il sistema politico si stava sempre più avvitando su se stesso, incapace di affrontare in maniera decisa ed efficace i grossi problemi presenti sul tappeto. Due questioni in particolare tormentavano quegli anni difficili. L�economia, anche a causa della crisi petrolifera causata dalla guerra tra Egitto ed Israele, aveva imboccato una fase di stagnazione ed inflazione al tempo stesso.

Molte imprese sia del settore pubblico che privato attraversavano una grossa crisi, talvolta alimentata da un atteggiamento non sempre responsabile del Sindacato. Per lunghi anni il tasso di inflazione si attestò addirittura in doppia cifra, costringendo spesso le autorità monetarie ad accrescere i vincoli al credito. L�altro grave problema era costituito dal terrorismo. Infatti, uno degli effetti più perversi prodotti dalla contestazione fu di coltivare al proprio interno delle frange a dir poco estremistiche che nel volgere di pochi anni ritennero quasi uno sbocco naturale il passaggio alla lotta armata. Per tutti gli anni Settanta l�Italia fu percorsa da stragi, omicidi, ferimenti, rapimenti scontri di piazza, spesso riconducibili a matrici ideologiche formalmente opposte ma accomunate da una identica visione della violenza, della prevaricazione e della vigliaccheria.

Innumerevoli furono gli atti di inaudita violenza che insanguinarono il nostro Paese, ma forse due possono essere presi come simbolo per le conseguenze che ebbero sulla società italiana e sulla vita politica e per i misteri veri o presunti che ancora li avvolgono e spesso avvelenano tuttora la nostra vita pubblica: la strage di Piazza Fontana ed il caso Moro. Attorno al �75-�76 il quadro politico appariva quindi fortemente inadeguato a fronteggiare una situazione sempre più difficile. In quel biennio l�avanzata del Pci raggiunse il suo apice. 

Alle elezioni politiche del 1976 i comunisti sfiorarono il sorpasso ai danni della Democrazia Cristiana come partito di maggioranza relativa, posizione che la DC riuscì a conservare grazie soprattutto al fatto che buona parte del tradizionale bacino di voti dei partiti laici confluì sul partito cattolico esclusivamente in chiave anticomunista.
Ma in larghi settori della Democrazia Cristiana si faceva sempre più largo l�idea che alla situazione di stallo in cui si trovava la politica, l�unica risposta valida era costituita dall�ingresso del Partito Comunista nell�area del governo. Propugnatore di questa fase politica chiamata del "compromesso storico" era in particolare Aldo Moro. Questa esigenza trovò ovviamente come attento interlocutore il Pci, ed in particolare il suo segretario Berlinguer, il quale aveva già da qualche tempo cominciato a maturare questa idea.

Pare infatti che egli fosse rimasto molto colpito dal colpo di Stato militare verificatosi in Cile nel 1973, e che temesse che qualcuno stesse pensando ad una soluzione di questo tipo anche per mettere ordine alla situazione italiana, e che quindi la presenza di esponenti comunisti nei posti di comando avrebbe contribuito ad evitare un�eventualità di questo tipo. Inoltre in quel periodo, Berlinguer stava cominciando ad impostare la politica del cosiddetto
Eurocomunismo, cioè il tentativo di trovare una via occidentale al socialismo che evitasse le aberrazioni tipiche dei regimi dell�Est. Egli probabilmente credeva che il raggiungimento di responsabilità di governo avrebbe probabilmente accelerato questo distacco dalla casa madre di Mosca, creando così le condizioni per una alternativa di governo credibile anche nel nostro paese.

Negli intenti di quei democristiani favorevoli al compromesso storico vi era invece la convinzione che per affrontare le difficoltà che la situazione economica ed il terrorismo fosse necessario godere del grado più alto di consenso possibile, e questo era raggiungibile solo coinvolgendo il Pci nelle scelte più delicate. Probabilmente nella mente di Moro si fece via via strada l�idea che fosse possibile ripetere con i comunisti la stessa operazione compiuta con i socialisti all�epoca del centro-sinistra: cioè cercare di smorzarne i toni barricadieri e protestatari coinvolgendoli nella guida del Paese; operazione questa certo non priva di rischi per i partiti della Sinistra, fino ad allora privi di una vera cultura di governo e quindi esposti al rischio di un logoramento all�ombra dell�esperienza democristiana. Questo processo raggiunse il suo apice, simbolico e tragico come nel teatro di Eschilo, il 16 Marzo 1978. La mattina il primo governo di solidarietà nazionale, presieduto da Giulio Andreotti, si doveva presentare alla Camera per ottenere la fiducia. Ma il clima, già carico di tensione, venne sconvolto come da un fulmine devastante. Giunse notizia del rapimento di Aldo Moro e dell�uccisione degli uomini della sua scorta da parte delle Brigate Rosse, un�organizzazione terroristica che da qualche anno imperversa con imprese criminose di rilevante gravità, ma che mai si era spinta fino ad un punto così alto, un punto di non ritorno: l�attacco al cuore dello Stato.

Ha così inizio quello che ormai anche i libri di storia chiamano "il caso Moro", una vicenda che tenne il Paese intero con il fiato sospeso per 55 giorni e che si concluse con l�uccisione dello statista democristiano. Sulla vicenda si sono scritti fiumi di inchiostro, ed anche la nostra rivista non mancherà di dedicarle uno specifico esame. In questa sede è importante vedere quali conseguenze ebbe sullo sviluppo dell�assetto politico di quegli anni. La politica di solidarietà nazionale, appena abbozzata, entrò in crisi e, nel volgere di pochi mesi, si concluse. La DC cominciò allora ad entrare in una profondissima crisi di uomini e di idee, con la quale, come vedremo, dovette convivere fino al suo dissolvimento. Il Partito comunista rimase nudo di fronte al suo storico paradosso, cioè quello di rappresentare un terzo dell�elettorato senza essere in grado, soprattutto per ragioni ideologiche e di persistenti relazioni pericolose sul piano internazionale, di portarle al governo del Paese.

La nuova fase della vita politica che, all�indomani di quei drammatici eventi, si andava profilando, e che avrebbe caratterizzato tutti gli anni Ottanta, era quella del pentapartito, cioè la contemporanea presenza al governo della DC e di tutti quei partiti laici e socialisti che alternativamente erano stati suoi alleati. Nei primi anni Ottanta inoltre la DC fu costretta a subire il notevole smacco di essere sostituita, pur continuando a far parte della compagine governativa, alla guida dell�esecutivo. Il primo presidente del consiglio laico fu Giovanni Spadolini, storico e giornalista di grande valore, nonché segretario del Partito repubblicano. Successivamente, dopo le elezioni del 1983 che segnarono un tracollo elettorale della DC allora guidata da De Mita, arrivò a Palazzo Chigi Bettino Craxi, segretario del Partito socialista, che vi rimase per circa quattro anni.

Tutti questi cambiamenti attorno alla stessa formula politica erano il frutto dell�impossibilità per il sistema politico di trovare dentro di sè un rinnovamento credibile di uomini e di programmi. La democrazia italiana era ancora condannata alla stagnazione dalla presenza a sinistra del più forte partito comunista dell�occidente, sicuramente in fase di trasformazione ma ancora troppo legato all�impero Sovietico, e a destra di un raggruppamento di nostalgici di un regime ormai morto e sepolto. Il sistema tentò di dare una risposta a questa propria asfitticità attraverso formule come quella di pentapartito che però ebbero il difetto inevitabile di cooptare al potere sempre la stessa classe dirigente, e questo fatto prima o poi un sistema democratico lo paga. La spinta al cambiamento che non arrivò da fattori interni venne però propiziata da eventi internazionali. Sul finire degli anni ottanta l�impero sovietico, irrimediabilmente provato dalla battaglia scatenatagli contro dal Presidente degli Stati Uniti Reagan, si dissolse con una rapidità da lasciare esterrefatto chiunque.

Cadde il muro di Berlino e terminò la sua storia anche quel partito che in Italia aveva per un settantennio portato avanti i dettami della rivoluzione d�ottobre. Il Pci, già peraltro alle prese con una grossa crisi di consenso e di progettualità fin dalla metà degli anni Ottanta (basti pensare, ad esempio, alla sconfitta al referendum sulla scala mobile), abbandonò definitivamente l�ideologia ed i simbolismi del comunismo, trasformandosi in Partito Democratico della Sinistra e ponendosi l�obiettivo di evolvere in un moderno partito della sinistra europea occidentale. Nel frattempo, in alcune zone del nord Italia, prese piede un nuovo movimento che rivendicava, talvolta in modo estremista e contraddittorio più autonomia per quella parte del paese. Questo movimento, fino agli inizi degli anni Novanta praticamente ignorato da tutti gli osservatori, era la Lega Nord di Umberto Bossi, che in quegli anni cominciò a mietere nelle zone d�origine ragguardevoli successi elettorali.

Ecco quindi che il quadro politico cominciava in qualche modo ad evolvere. Ma il colpo decisivo a questo sistema dei partiti che sostanzialmente da cinquant�anni governavano il Paese, venne dall�inchiesta, portata avanti della procura della repubblica di Milano, denominata "mani pulite", grazie alla quale emerse la pratica sistematica della corruzione. Un sistema con il quale i partiti si finanziavano e diversi loro dirigenti si arricchivano, spesso con la complicità di larghi settori della società civile, come quel mondo imprenditoriale che preferiva vivere al riparo della protezione del potere politico piuttosto che affrontare le pericolose acque della libera concorrenza. Un�altra decisiva spallata al sistema politico venne portata dal movimento referendario, capeggiato da Mario Segni.

L�obbiettivo di questo movimento era la modifica del sistema elettorale da proporzionale a maggioritario, così da costringere i partiti ad allearsi dando vita a grandi coalizione che si sarebbero alternate alla guida del Paese, come avviene in tutto le grandi democrazie occidentali. Questo risultato venne raggiunto nel 1993, e quindi l�anno successivo si svolsero le prime elezioni dell�era repubblicana con un sistema prevalentemente maggioritario. Questa tornata elettorale portò alla ribalta e addirittura alla presidenza del consiglio un personaggio di cui la cronache si erano fino ad allora occupate come imprenditore del settore televisivo: Silvio Berlusconi. Temendo la vittoria elettorale delle sinistre questo imprenditore aveva investito ingenti capitali per fondare un suo partito che in qualche modo colmasse il vuoto lasciato dal dissolvimento, conseguente all�inchiesta Mani Pulite, della Dc, del Psi e dei partiti laici. Nei suoi intendimenti c�era soprattutto quello di ricreare una potente diga anticomunista e per fare ciò impostò tutta la campagna elettorale del 1994 su tonalità tipiche delle elezioni del 1948.

L�elettorato lo premiò, consentendogli di formare il nuovo governo assieme ai suoi alleati Lega Nord e Alleanza Nazionale (partito nato dalle ceneri del vecchio Msi). Questa esperienza di governo durò però solo pochi mesi, anche a causa dello sganciamento dalla coalizione della Lega. Dopo un periodo di decantazione costituito dal cosiddetto "governo dei tecnici" presieduto da Lamberto Dini, si arrivò alle elezioni politiche del 1996, che all�alleanza capeggiata da Berlusconi chiamata Polo per le libertà, videro contrapporsi un nuovo soggetto politico: l�Ulivo, un�alleanza tra le forze della sinistra democratica, in particolare il Pds e raggruppamenti che erano espressione del centro moderato.

Leader di questa coalizione era Romano Prodi, che grazie alla vittoria elettorale acquisì il diritto di guidare un governo che aveva come obbiettivo prioritario quello dell�ingresso dell�Italia nel sistema definito "moneta unica europea". Ma come vi sarete accorti, abbiamo ormai lasciato l�ambito della storia per entrare in quello della cronaca. L�unica previsione sul futuro che in questa sede ci sentiamo di formulare è che il nostro Paese sarà degno di entrare e rimanere nel consenso europeo solo se sarà in grado di rafforzare il sistema bipolare scaturito dalla riforma elettorale, creando le condizioni per un�effettiva alternanza al governo, così da evitare il più possibile quelle incrostazioni che la gestione del potere da parte degli stessi uomini e degli stessi partiti inevitabilmente porta con sé. 

CLAUDIO MARTINELLI 

Ringrazio per l'articolo
concessomi gratuitamente
dal direttore di

le puntate precedenti nascita dei partiti

PUNTATA 1

PUNTATA 2

'800 NASCITA DESTRA-SINISTRA      e       '900 LA SINISTRA INGLESE

MURRI E I CATTOLICI

DON STURZO E LA DEMOCRAZIA CRISTIANA


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