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168. LA 2a E LA 3a SPARTIZIONE DELLA POLONIA - 1788 - 1797

" FINIS POLONIAE" (la terza e definitiva spartizione del 1795)

Nel capitolo 157 abbiamo già narrato quando - approfittando dell'instabilità del paese nel corso di una guerra civile (1768) - vi era stata la prima spartizione della Polonia tra le tre potenze europee che erano subito corse non per non difenderla dal caos ma ognuna con l'intenzione di entrarci e rimanerci. Però come forze si equivalevano e invece di reciprocamente combattersi, nel 1772 si accordarono dividendosi il grosso boccone.

La Polonia, che era stata un giorno splendida e potente - nello stesso periodo quando a Parigi iniziava la rivoluzione - si trovava in uno stato di dissoluzione. L'aristocrazia era dominante come nella Francia di Luigi XIV e XV, la classe media mancava, i contadini erano poveri e servi di nobili e alto clero.
Nel campo finanziario dominavano gli ebrei; dal punto di vista costituzionale il regno era una consorteria aristocratica con a capo un re fantoccio elettivo, che alla sua elevazione al trono doveva sempre riconoscere solennemente la propria impotenza.
La classe dominante di fatto era cavalleresca e patriottica, ma troppo mobile, desiderosa di novità, egoista, amante del fasto, impoverita di animo, senza saldezza, senza amore dell'ordine personale e politico. Né vi era da meravigliarsi che le cose andassero di male in peggio; e questo mentre alla sua decadenza andava di pari passo l'ascesa della Russia e della Prussia e il rafforzarsi recente dell'Austria. Prima o poi una di esse avrebbe trovato l'occasione di ampliare il suo terzo a spese delle altre due.

Infatti tutte queste tre potenze estere - diffidandosi reciprocamente - mantenevano dei propri partiti in Polonia, fra i quali i patrioti locali si destreggiavano con il debole re Stanislao, finché si ribellarono e il 3 maggio 1791 fecero (o - come al solito - qualcuno gli fece fare) un colpo di Stato. Il loro scopo era di rafforzare la corona purché potesse garantire l'unità nazionale e reprimere i disordini. Perciò si stabilì l'eredità della corona nella casa della Sassonia elettorale, la supremazia del re sopra l'esercito, la nomina regia dei funzionari e l'esercizio del potere esecutivo da parte della Corona, di quello legislativo da parte dell'assemblea.

Questo tentativo all'inizio riuscì. Se si fosse consolidato, avrebbe significato un mutamento completo nelle condizioni dell'Oriente, poiché uno Stato vitale di oltre 10 milioni di abitanti, congiunto con la Sassonia, superava la Prussia in potenza ed era un emulo naturale della Russia.

Ma l'avvenire della Polonia dipendeva poco dal suo popolo ma semmai dagli Stati vicini, che già da tempo erano impegnati per risolvere i due grossi problemi, questa questione orientale e quella francese.
Naturalmente il rivolgimento polacco produsse malcontento a Berlino e inquietudine a Pietroburgo, dove Caterina da tempo considerava la Polonia ormai come una preda sicura. E sarebbe subito intervenuta con la forza delle sue armi, se non avesse avuto timore dell'Austria e della Prussia. E forse insieme - per quanto entrambe si odiassero - avrebbero unite le armi per dargli scacco e spartirsi non in tre ma in due la Polonia.

Data questa situazione le venne comodo che le due potenze si trovassero sempre più invischiate negli affari di Francia. L'imperatrice molto determinata e astuta fece il possibile affinché quel debole iniziale coinvolgimento delle sue due rivali giungesse fino ad una guerra con i rivoluzionari francesi, per avere così le mani libere essa stessa. Non aspettava altro che il momento favorevole.

Ma accorto era anche l'imperatore Leopoldo. Una Polonia forte, come contrappeso contro la Russia e la Prussia, gli era così necessaria che egli aveva probabilmente messo dentro le mani negli avvenimenti del 3 maggio (colpo di Stato).

Poiché nel tempo stesso la questione francese prendeva una piega minacciosa, Leopoldo decise di trattarle ambedue insieme. Un mutamento di persone a Berlino favorì i suoi piani. Qui l'Hertzberg aveva continuato la politica di Federico il Grande, ostile alla Polonia e all'Austria, ma fu sopraffatto dal sassone Bischoffswerder, che aveva di mira un'alleanza con l'Austria e di conseguenza un trattamento indulgente verso i Polacchi.
Riconobbe perciò il riordinamento del vicino regno, si recò presso l'imperatore e il 25 luglio concluse con lui un trattato provvisorio, che garantiva il territorio e la costituzione della Polonia ed invitava tutte le potenze ad una guerra contro la Francia.

Questo voleva dire un pieno mutamento della politica dell'Europa centrale. A Pillnitz il compromesso fu rinnovato e confermato da Federico Guglielmo e da Leopoldo. Tuttavia, siccome Leopoldo sapeva che, intervenendo a fondo negli affari della rivoluzione in Francia, si sarebbe consegnata la Polonia alla Russia, si trattenne con accortezza. Però poco dopo morì e Francesco suo successore venne in guerra con la Francia, sostenuto dalla Prussia alleata.

Si era così verificato ciò che Caterina aveva atteso. Sostenne l'agitazione dei piccoli partiti nel regno vicino. I capi dei malcontenti polacchi, una minoranza ma dipendenti del tutto dall'imperatrice, si radunarono il 14 maggio 1792 in Targowiza, dichiararono illegittima la nuova costituzione e invocarono l'intervento della Russia perché ristabilisse l'antica libertà.
Caterina non si fece pregare a lungo, pochi giorni dopo mandò 80.000 uomini sul confine. Sebbene si sapesse da un pezzo quello che c'era da aspettarsi dalla zarina, in Polonia non si erano fatti armamenti se non in misura del tutto insufficiente.

Solo allora l'assemblea veramente sgomenta concesse al re Stanislao poteri illimitati, ma questi rimase calmo calmo a Varsavia, perché non credeva di poter vincere i russi. Non così i patrioti, che misero insieme 30.000 uomini, sostennero presso Dubienka una gloriosa battaglia sotto il valente generale Taddeo Kosciusko, ma poi si videro ben presto costretti ad arretrare di fronte a forze superiori, fino a dover rinunziare perfino ad una ulteriore resistenza.

Il 22 luglio Stanislao aderì alla convenzione di Targowiza. Se con questo aveva sperato di salvare il territorio allora posseduto dalla Polonia, era caduto in errore, anzi nella trappola. Caterina voleva annettere al suo impero quel paese indifeso. Per riuscirvi gli occorreva il consenso dei vicini e questo si poteva comprare soltanto spartendo con loro la preda.
A questo scopo era già entrata in relazione con essi; ma anche la Prussia era pronta, mentre l'Austria invece temporeggiava con le idee del Bischoffswerder (già detto sopra).

La sovrana dissimulatrice approfittò di questa disunione operando con dei negoziati, che si protrassero per dei mesi. L'imperatore Francesco- convinto dal Bischoffswerder- aveva abbastanza da fare con la Francia. Il 13 luglio concluse un trattato con la Russia, in forza del quale si doveva ristabilire l'antica costituzione polacca e la Russia avrebbe prestato il suo aiuto contro la Francia.
Nel mese seguente seguì un accordo simile con la Prussia. In ambedue gli accordi però non si era parlato di una spartizione della Polonia.
Continuavano intanto le trattative tra la Prussia e l'Austria per un accordo reciproco che presero in alcuni incontri le forme più odiose quando si toccò il tasto dolente della future spartizioni.
Per una provincia polacca la Prussia offrì all'Austria l'acquisto della Baviera, il cui elettore doveva ricevere in cambio il Belgio. L'Austria stimava che così non guadagnava proprio nulla mentre la Prussia si accaparrava i suoi territori di Ansbach e Bayreuth. Federico Guglielmo andò sulle furie perché il suo odioso alleato pretendeva ancora dei territori degli antichi Hohenzollern. Ma intanto andava perduto l'oggetto del cambio proposto, cioè il Belgio, conquistato nel frattempo dal Dumouriez, e l'Austria, nel caso di un compenso accordato alla Prussia, chiedeva pure di prendersi alcuni territori polacchi.
In seguito a quest'ultima proposta la Prussia minacciava di ritirare le sue truppe dal teatro della guerra francese. All'Austria non rimaneva altro che dare di mala voglia il suo consenso ad un compromesso separato tra Berlino e Pietroburgo, e nel far questo però non omise di stipulare segretamente sulla Neva che la parte che sarebbe toccata alla Prussia fosse la più piccola possibile.

La gelosia dei due vicini era tale che Caterina per un certo tempo pensò a non lasciar loro niente, ma conservare per sé l'intera Polonia. Ma temendo che gli Stati, allora tra loro nemici, potessero poi riavvicinarsi e forse rinunciare alla guerra contro la Francia, preferì che la Prussia ottenesse una fetta più consistente di territorio in Polonia, persuasa che l'Austria non perdonerebbe mai alla sua vicina un simile ingrandimento unilaterale. Era questo un astuto modo per continuare a farle rimanere nemiche.

La politica conquistatrice ed artificiosa di Caterina rispetto alla Polonia ed alla penisola balcanica ha reso possibile la vittoria della Francia, pur esausta e lacerata da interne discordie.
Quando la cosa fu decisa, l'imperatrice la condusse a termine rapidamente. Il 23 gennaio 1793 sottoscrisse il trattato di divisione in forza del quale la Russia ricevette 64.000 miglia quadrate con 3 milioni e mezzo di abitanti, la Prussia 25.600 miglia quadrate con un milione e mezzo; alla parte toccata alla Prussia spettavano Danzica, Thorn e Posen.
Il trattato politico era preceduto dalla dichiarazione che le due potenze avevano riconosciuto la pretestuosa necessità di opporsi alle influenze dei giacobini, e poiché anche nella Polonia ne esisteva un covo, fu questa la prima giustificazione data al trattato.

Per acquietare l'infuriata Austria la Prussia promise di continuare la guerra contro la Francia fino al ristabilimento dell'ordine e alla restituzione delle conquiste francesi. Le due potenze offrivano i loro buoni servizi per ottenere il cambio della Baviera con il Belgio. Il 14 gennaio i Prussiani sotto il generale Mollendorf erano già entrati nella parte della Polonia ad essi riservata e la occupavano senza una resistenza degna di menzione, salutati perfino da una grande parte degli abitanti.

Così il fatto stesso della divisione, come il modo tutt'altro che franco di eseguirla e i grandi acquisti territoriali, tanto superiori a quelli che si erano prima temuti, tutto questo eccitò a Vienna un profondo malumore. L'imperatore licenziò Cobenzl e Spielmann, che avevano condotto i negoziati con l'Haugwitz, e chiamò a dirigere gli affari esteri il barone Thugut. Con le più fosche prospettive si entrò nella campagna francese del 1793.

Quel che rimaneva ancora della Polonia comprendeva 64.000 miglia quadrate. Sotto la pressione degli inviati russi e delle baionette russe si costrinse un'assemblea, raccoltasi a Grodno, ad acconsentire alle perdite subite. Ma i deputati offrirono una resistenza inaspettata e tenace, che i plenipotenziari russi poterono vincere soltanto con la violenza più brutale.
Un comitato il 23 luglio sottoscrisse, digrignando i denti, la cessione alla Russia, senza desistere da un contegno ostile verso la Prussia. Si venne ad un brutto gioco d'intrighi, nel quale s'ingolfò anche l'Austria, fino a trovarsi alla vigilia di una guerra contro la Prussia.

Finalmente l'inviato russo pose un termine alla cosa, circondando con soldati la sala delle sedute e non lasciando uscire alcun deputato; dichiarò poi che il loro silenzio equivaleva ad un'approvazione ed estorse così il 25 settembre la sottoscrizione del trattato. Se questi avvenimenti furono fatali per la Polonia non lo furono meno per la guerra di coalizione contro la Francia, che fallì appunto a causa di essi.

Il rimanente dell'infelice Polonia doveva contrarre un'alleanza con la Russia e lasciare spadroneggiare gl'inviati e le guarnigioni russe. I patriotti, divorati dalla rabbia, agivano nel silenzio. Fondarono società segrete per far risorgere la loro patria, mentre esuli polacchi, specialmente dalla Sassonia svolgevano una vivace propaganda.
L'inviato russo cercava di ovviare al pericolo, che andava crescendo, col richiedere che le truppe polacche fossero ridotte a 15.000 uomini. Ottenuto questo con lo stesso sistema del 25 settembre alla sala delle sedute, la Polonia a quel punto era disarmata, non si poteva più attaccare il nemico e quindi ogni speranza andava perduta.

Gli animi furono presi dalla disperazione. Al principio di marzo la brigata Madalinski rifiutò di sciogliersi. Cracovia cacciò la guarnigione russa; Kosciusko accorse e fu proclamato comandante generale. Il vincitore di Dubienka aveva combattuto nella guerra dell' indipendenza nord-americana, dando prova di abilità militare. Dalle complicazioni del 1792 era uscito con onore immacolato, moderato, accorto e valoroso, pieno di nobili sentimenti, ma non sagace né come generale, né come statista. Ardente di zelo si gettò nel movimento, chiamando il popolo alle armi. Nella battaglia guidava personalmente i suoi insorti armati di falci, come un atteggiamento patetico, vestito con un abito da contadino, la sciabola in una mano, la croce di Cristo nell'altra.

Col denaro francese approntò gli armamenti necessari, vinse poi una divisione russa e mantenne accesa la debole fiamma della speranza. Quando Ingelstróm, comandante russo in Varsavia, ordinò che gli fosse consegnato l'arsenale di quella città, la guarnigione polacca si sollevò e scacciò i Russi, dopo due giorni di sanguinosi combattimenti nelle vie.
Il re fu imprigionato, Kosciusko chiamato a Varsavia fu riconosciuto condottiero dei polacchi con poteri di dittatore. Allora anche Wilna si sollevò. Dovunque i Russi dovettero abbandonare il campo.

La notizia dell'insurrezione polacca fece grandissimo rumore ed ebbe un effetto profondo sulla guerra contro la Francia. Prima e dopo di essa Prussia, Austria ed Inghilterra rimasero tra loro discordi. A Berlino non si voleva aiutare la Casa di Asburgo né in Baviera né nel Belgio né in Francia, mentre il gabinetto di Vienna rifiutava di riconoscere gli ingrandimenti della Prussia in Polonia.

Per gli Hohenzollern il centro di gravità stava ad oriente e non bastando i mezzi ad una doppia guerra, il re si decise a lasciare sul Reno soltanto un corpo di osservazione e a marciare con 40.000 uomini contro la Polonia. La conseguenza fu che i Francesi poterono conquistare l'Olanda e la riva sinistra del Reno.

Frattanto Thugut non si era stancato di adoperarsi per ottenere il favore di Caterina, alla quale aveva offerto perfino che l'Austria avrebbe aiutata come sua alleata a fare una nuova guerra contro la Porta.

Nella convinazione che la questione polacca fosse per il momento già composta, Caterina accondiscese al desiderio di Thugut. Cominciò a raccogliere le sue forze sulla frontiera turca e indebolì le sue forze in Varsavia. Quando la Polonia si sollevò inaspettatamente, vi dovette mandare i suoi soldati; ma la strada era lunga e ci voleva del tempo. Tuttavia aveva deciso con determinazione di farla finita con la Polonia, mentre Thugut, data la distruzione imminente dello Stato vicino, voleva accaparrarsi il più possibile territori, o impedire con ogni mezzo e potere un ulteriore ingrandimento della Prussia.

Frattanto la situazione in Polonia era divenuta molto sfavorevole. Non si era giunti ad un movimento unitario, che spazzava via ogni elemento di divisione, memtre invece crescevano le tendenze più disparate. Kosciusko riusciva sospetto alla nobiltà per le sue tendenze democratiche e filo-rivoluzionarie, mentre nello stesso tempo pareva troppo aristocratico ai contadini e alla borghesia uniti come in Francia nel giacobinismo.

I contadini chiedevano di essere liberati dalla servitù ai nobili oppressori, mentre l'aristocrazia ovviamente si opponeva per non perdere i propri privilegi; nelle città presto sorsero clubs politici sul modello di quelli di Parigi, nei quali i gruppi radicali aizzavano il popolo contro le persone sospette e volevano mandare alla ghigliottina tutti gli aristocratici e i moderati.
Si venne ad aperti tumulti, che Kosciusko dovette reprimere con la forza, suscitando ancora più odio tra le parti in lizza e tanti sospetti nei moderati.
Così in nessun luogo la sollevazione patriottica ebbe successo e tantomeno risolutiva; molti cittadini si arretrarono spaventati da quegli eccessi e nelle campagne la popolazione soggetta alla servitù, rimase per lo più inattiva e ancor più spaventata dei cittadini, temendo poi dai loro padroni ritorsioni peggiori.
Tutto questo paralizzava le misure bellicose di Kosciusko e dei suoi patrioti. A quel punto la potenza, che per prima avesse varcato i confini, poteva essere sicura di un buon successo.
E questa potenza fu appunto la Prussia. Il 6 giugno presso Rawka i Prussiani disfecero i Polacchi; Kosciusko si ritrasse a Varsavia, mentre il nemico s'impadroniva di Cracovia. Azione fatale perché l'Austria considerava Cracovia come appartenente alla sfera dei suoi interessi di conseguenza pure gli asutriaci invasero la Polonia con 20.000 uomini.

Se Federico Guglielmo fosse stato un uomo di più forte volontà, avrebbe soltanto combattuto rapidamente la guerra con la Polonia e nella posizione politica così conquistata avrebbe atteso sicuro gli avvenimenti. Questo però non era nel suo carattere; egli preferiva leggere i dispacci, che gli giungevano in gran quantità da Vienna e da Pietroburgo.
Solamente il 2 luglio comparve davanti a Varsavia dove si era ritirato Kosciusko con i suoi uomini. Un attacco risoluto l'avrebbe messa nelle sue mani, poiché nella città tutto era sottosopra. Ma invece di assalire, i Prussiani se ne stettero tranquilli, trattenuti ancora da scrupoli diplomatici, che Caterina sapeva alimentare accortamente.
Le malattie cominciarono a diradare le file dell'esercito e nei territori da poco acquistati scoppiava l'insurrezione, mentre Madalinski cominciava a taglieggiare le città prussiane e a tagliar la via ai viveri. Questo era troppo, il re perse la testa, levò scontento l'assedio da Varsavia e si ritirò verso la Polonia prussiana.

Era giunto il giorno della Russia. Dalla Turchia affluivano le sue numerose truppe, condotte dal Suworoff, che aveva l'ordine preciso di porre presto e con ogni mezzo termine alla guerra. Avanzando in modo irresistibile abbatté tutto quello che gli si opponeva e marciò sulla capitale. Dall'altra parte giungeva la divisione russa, che era stata con i Prussiani.
L'ultima speranza della Polonia per non essere stretta in una fatale tenaglia, era riposta nell'impedire l'unione dei due capi russi. Quindi Kosciusko si gettò sul nemico più debole, che si avvicinava da ponente, ma il 10 ottobre 1794 presso Maciejowice subì una piena sconfitta. Le sue truppe furono sbaragliate da un contingente russo di numero tre volte a lui superiore, egli stesso fu ferito e fatto prigioniero. Che cadendo da cavallo abbia esclamato «finis Poloniae !» (questa è la fine della Polonia) é storicamente privo di fondamento, ma nei fatti quelle parole colgono nel segno.

A Varsavia pur nel caoso totale e senza più Kosciusko, le passioni patriottiche si agitavano ancora selvaggiamente intenzionate a resistere , quando Suvoroff comparve presso il sobborgo di Praga. Dopo un breve cannoneggiamento, nella notte dal 3 al 4 novembre mosse all'assalto. I Polacchi si difesero disperatamente, ma non è che poterono resistere a quell'attacco; infatti in massa i Russi furenti con un ultimo poderoso attacco si riversarono per le strade e fecero strage di tutto quello che si offriva ai loro colpi: una vera e propria tabula rasa, 20.000 persone rimasero sul selciato. Una ecatombe.
Anche in Varsavia cadde ogni ulteriore resistenza. L'8 novembre 1794 Sovoroff fece il suo ingresso e con questo finì l'indipendenza della Polonia.
Dichiarò che vi erano soltanto territori conquistati e che la sua imperatrice intendeva completare diplomaticamente la vittoria delle sue armi. Caterina e non la Prussia aveva la forza nella sua mano e di questo doveva fin troppo accorgersi Federico Guglielmo.

Caterina ovviamente prese per sé la parte più grande del paese e distribuì il resto in modo favorevole all'Austria; la Prussia dovette restituire perfino Cracovia. Si era quasi in procinto di assalirsi l'un l'altro con le armi a causa della preda da spartire e questa fu per la Prussia la ragione principale di fare cinque mesi dopo, la pace di Basilea (5 aprile 1795).

Finalmente, il 24 ottobre le tre potenze giunsero ad una conclusione. In seguito a questa la Russia ottenne tutta la Polonia orientale, una larga striscia dal Baltico fino vicino al Dniester con Wilna; l'Austria la Polonia meridionale fino al Bug e alla Pilica con Cracovia e Loblino, la Prussia la Polonia del nord-ovest con Varsavia e Bialystock.

Caterina morì il 16 novembre 1796, lasciando al suo successore Paolo la cura di concludere il trattato definitivo del 26 gennaio 1797. Un articolo segreto stabilì che le tre potenze dovessero estirpare tutto ciò che potesse ricordare il regno di Polonia. Con il suo «finis Poloniae !» Kosciusko come abbiamo detto sopra non si era proprio sbagliato!

La Russia ebbe nella spartizione della Polonia l'utile principale, non solo perché si prese il territorio di gran lunga maggiore, ma perché si annesse un popolo di stirpe quasi affine alla sua. Data la mescolanza di popolo dell'impero austriaco, parve abbastanza indifferente che le fossero aggiunti alcuni milioni di Polacchi e di Ruteni.
La cosa era diversa per la Prussia. Fino a quel tempo era stata propriamente considerata come uno stato puramente tedesco; allora si mutava nella sua intera costituzione per il forte aumento della popolazione slava, e come doveva vedersi in seguito non a suo vantaggio. Si aggiungeva poi che la Polonia, come «Stato cuscinetto», aveva tenuto lontana la Russia dall'Austria e dalla Prussia, mentre questa potenza mondiale, divenuta immediata vicina dei due Stati più deboli, sarebbe stata in seguito per loro molto pericolosa, e come la Polonia non era mai stata.

Inoltre vi è da dire che l'aumento di popolazione per tutte e tre le potenze non si é dimostrato affatto vantaggioso, perché il sentimento nazionale dei Polacchi, che era quasi scomparso durante queste calamità del loro proprio regno, tuttavia rinacque anche sotto la signoria straniera e prese forma di una energia indipendente, nemica dello Stato dominatore.
Perciò per la Prussia fu addirittura una fortuna l'aver potuto nella pace di Tilsit cedere la massima parte delle sue conquiste polacche e scambiarle poi nel congresso di Vienna con paesi schiettamente tedeschi. Soltanto così le fu in seguito possibile ampliarsi poi in un impero tedesco.

Abbiamo quindi qui capito perchè la questione polacca
favorì la Francia nella sua guerra allo straniero.
E infatti ora torniamo sulle scenario occidentale


LA GUERRA CON L'AUSTRIA - SORGE L'ASTRO NAPOLEONE - 1795-1797 > >

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