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L'EUROPA DOPO DUE RIVOLUZIONI - ( 1849 - 1871 )


205. 14) - I TENTATIVI COLONIALI NEI CONTINENTI EXTRAEUROPEI.
AFRICA, CINA, GIAPPONE

Quali rappresentanti della civiltà europea nell'Asia nel XIX secolo sono da considerare soltanto due Potenze: Russia e Inghilterra.
Quantunque la Francia già all'inizio del secolo avesse messo saldo il piede nel Tonchino, e mediante la pace di Saigon del 1862 una parte della fertile Cocincina fosse diventata protettorato francese e anche lo Stato della Cambogia, un tempo così potente, fosse caduto sotto la protezione francese, né la lingua francese, né il commercio francese non rappresentavano nell'Asia meridionale e orientale una parte importante, e anche nella Siria e sulle coste dell'Asia minore l'influsso francese, pur ravvivato da Napoleone III, non riuscì a lungo a conservare il suo posto.

Invece i Russi, da quando essi, per porre fine al turpe commercio degli schiavi ebbero occupato, sullo scorcio del XVIII secolo, il territorto della Grusia nel Caucaso, di lì e dalla Siberia si avanzarono sempre più nell'interno dell'Asia.
Indubbiamente la rivolta, durata vari secoli, dei popoli guerrieri caucasici costò, sotto la guida del principe Schamyl, innumerevoli vittime: però la strapotenza russa con consapevole energia domò una tribù dopo l'altra.
La lotta vittoriosa era sempre accompagnata dall'incendio dei boschi, ma era seguita da costruzione di strade, ferrovie e stazioni commerciali. Lo Schamyl, scaltro e audace maestro dalla guerra di bande, si mantenne da ultimo solo nella rocca di Ghunib, che però alla fine, il 6 settembre 1859 fu costretto arrendersi e consegnarsi al nemico.

Seguirono battaglie non meno ardue con i Circassi amanti della loro libertà; e anche questi furono nel 1865 domati; la più gran parte dei vinti fu trasportata nell'Asia minore e nella Bulgaria, e con una tale dispersione essa fu votata alla distruzione come nazione (oggi esiste tuttavia una Repubblica di Karakajevo di soli 55.000 abitanti, confinante con la Georgia)
A questo fatto tenne dietro la conquista di Cars e di Baturn nell'Armenia. Né la violenta oppressione degli indigeni, né l'amministrazione russa dei nuovi possessi non possono certo riuscirci simpatici: però se confronteremo l'ordine imposto dai Russi con l'anteriore scompiglio di brigantaggio e di ostilità continua, é innegabile tuttavia una specie di progresso.

I buoni successi dei Russi nell'Asia non sono esclusivamente il frutto della loro audace e perseverante politica e del valore delle loro milizie; essi si fondano sul carattere particolare del popolo russo. Per l'intero secolo XIX, una caratteristica principale della Russia era rimasta quella di un popolo delle steppe con una forte propensione a sacrifici immani e al nomadismo.
I soldati più nazionali, i Cosacchi, poco differivano dai Chirghisi, dai Turcomanni, e dai Manciù. Una parte del commercio russo ha anche in seguito conservato, nonostante l'invenzione del battello a vapore e delle ferrovie, il carattere del traffico carovaniero.
Molte migliaia di uomini sono sempre in giro facendo il merciaiolo ambulante, pellegrinando o elemosinando; la vita sotto le tende non è per niente insolito, e anche quanto al resto, hanno molto di comune nei costumi e negli usi con gli abitanti dell'Asia centrale.

La lunga dominazione mongolica ha dato al carattere del popolo russo un'impronta, che la vernice dell'educazione occidentale non ha del tutto cancellato. In seguito a questa affinità di razza con gli Asiatici del centro, il Russo, come ha con convinzione dimostrato lo Zabel, sa trattare più giustamente delle province asiatiche che l'Inglese o il Francese, pieno di tutti i pregiudizi europei.
Questi arrivano, attraverso il mare, poi più oltre verso l'Impero di mezzo; ma da tempi immemorabili una strada commerciale, fortemente battuta, porta di qui ai mercati russi. L'antichissima conoscenza dei popoli fra loro agevola d'altronde l'assoggettamento dei popoli più deboli nell'educazione militare e nella capacità tecnica.
Anche i rapporti religiosi si dimostrarono favorevoli alla conciliazione. Tanto la Francia cattolica, quanto l'Inghilterra protestante inviarono nelle province assoggettate immediatamente delle missioni, che però iniziarono la lotta con il sacerdozio indigeno (ortodosso) e non di rado provocarono le discordie più gravi.

All'incontro nell'Asia russa fioriscono l'islamismo, il buddismo e il paganesimo pacificamente quasi sotto la protezione della croce ortodossa greca.
Inoltre una vasta corrente immigratoria coadiuva l'amministrazione; mercanti e soldati russi, operai e agricoltori russi si fondono con gl'indigeni formando un popolo misto, come un tempo nelle stazioni militari dell'Impero romano i barbari con i legionari e con i coloni romani.

Tutte queste virtù favorirono l'avanzata dei Russi nell'Asia centrale. La campagna contro Chiva nel '30 era finita con una spaventosa disfatta; l'esercito russo sotto il Perovski era stato quasi distrutto dal freddo e dalla fame. Però gli sguardi della Russia seguitarono lo stesso a rivolgersi ai canali del lago di Aral e del Caspio, un tempo così ben sviluppati, tanto che dopo la guerra di Crimea il Governo si mise ad attuare il disegno preparato da lungo tempo.
Chiva dopo una valorosa difesa divenne uno Stato vassallo della Russia; né i Chirghisi né i Turcomanni riuscirono a sfuggire alla ferrea stretta del loro vicino più forte.
Anche queste nuove province, per effetto della speciale attitudine dei vincitori di incorporarsi elementi semi-barbari, diventarono russe non solo sotto l'aspetto politico, ma pure sotto quello della civiltà.

Il caso é diverso, come ho già fatto notare, rispetto alle colonie britanniche. Esse conservarono il selfgovernment così vantato dagli Anglosassoni, ma non ne derivò l'alienazione delle colonie, sì invece, sotto l'influsso del princìpio di nazionalità, aumentò il sentimento della loro omogeneità.
Al Canadà e all'India, verso la metà del secolo, si aggiunse l'Australia. Dopo i risultati di varie esplorazioni del nuovo continente non si poté più dubitare che l'interno non fosse che un immenso territorio desertico. All'incontro le coste si coprirono di una corona di colonie inglesi e ben presto in grandi città.

Anche i più promettenti Stati insulari dell'Oceano pacifico passarono sotto la sovranità britannica. In Africa le conquiste degli ultimi secoli furono avviate, da viaggi di esplorazione. Primi gli italiani. Tra il 1815 e il 1820 il Finati e il Minutali percorrevano le inospitali regioni del Sudan, seguiti dal grande geologo Brocchi, che lasciò la vita a Cartum nel 1826.
Gli inglesi in seguito seguirono e ne trassero i maggiori vantaggi. Il missionario scozzese David Livingstone scoprì nel 1851 lo Zambesi, nel 1855 le cascate Vittoria, nel 1859 i laghi Niassa e Scirna, nel 1868 il lago Bangucolo. Dopo che ebbe riattraversato il paese dei Mangema, dovette fermarsi, per il completo spossamento fisico, in Uggia. Mancando per molto tempo sue notizie fu dato per diperso, finché lo Stanley, partito alla ricerca dello scomparso, non l'ebbe trovato e condotto con se in patria. Nessun altro esploratore in Africa prima e dopo di lui fu pari all'infaticabile Scozzese e come Livingstone fortunato.

L'inglese Speke nel 1854 esplorò la Somalia; in un secondo viaggio cercò di conoscere il lago Niansa e assodò che era qui che bisognava ricercare il bacino sorgentifiro del Nilo. Nel 1864 l'inglese Baker trovò la sorgente lacustre minore del Nilo bianco, il Lago Mvutan.
I Francesi sotto Napoleone III procurando di incivilire la provincia d'Algeri, volgevano i loro sguardi di là dal Sahara verso il grande mercato di negri, verso Tombuctù. Anche partendo dalla Senegambia furono considerevolmente estesi i
possedimenti francesi.
Della massima importanza fu poi il canale di Suez, compiuto sotto la direzione del francese Lesseps negli anni 1859-1869, la via internazionale del traffico fra il Mediterraneo e il Mar rosso.

Anche viaggiatori tedeschi parteciparono onorevolmente all'esplorazione dell'Africa. Un paese come la Germania, il numero dei cui abitanti cresceva annualmente di un milione di anime, che era obbligato a importare materie prime da tutti i paesi del mondo e a esportare in grande i suoi manufatti in tutta la terra, aveva bisogno, come nessun altro paese, di colonie.
Ciononostante durante il periodo della confederazione germanica nessuno pensava ancora a tali conquiste; i Tedeschi guardavano indifferenti alla spartizione della terra fra le altre nazioni; il platonico ardore d'esplorazione, senza alcun riguardo a interessi accessori politici o economici, fu l'unica molla che spinse qualche tedesco a partecipare alla scoperta dell'Africa.
Dal 1861 Gerardo Rohlfs esplorò parti sconosciute del Sahara; nel 1866 viaggiò quel continente, recandosi da Tripoli per Murzuk, Kuka, Jakuba, loruba fino a Lagos sulla costa della Guinea. La conoscenza del Marocco, del Sahara settentrionale e del deserto libico fu accresciuta sostanzialmente da lui.

Il suo compatriota Gustavo Nachtigal, dopo che ebbe portato dei doni del Re Guglielmo di Prussia al Sultano di Bornù, attraversò la pianura sudanese fino al Nilo, sul quale per via acqua tornò in Nubia e in Egitto.

Esploratori francesi cercarono con zelo e buona fortuna di trovare una congiunzione dei possedimenti algerini con le colonie del Senegal. Con tutto ciò il territorio dell'Africa, ancora inesplorato nel 1874, secondo i calcoli del Petermann, arrivava a circa 40.000 miglia quadrate.

La Cina con la sua civiltà antichissima, e molto progredita aveva un certo diritto di considerarsi come l'impero di mezzo benedetto da Dio. Però invece di una giustificata consapevolezza del proprio valore un po' per volta si era fatta strada una pedantesca valutazione esagerata dei propri meriti, e il disprezzo dei barbari dai rossi capelli aveva tanto meno ragione d'essere, in quanto la capacità militare dei Cinesi non era pari alle loro attitudini artistiche e industriali.
Al traffico europeo era aperto l'unico porto di Canton, e anche questo con forti limitazioni. Tutti gli sforzi inglesi per indurre il Governo cinese ad aprire il paese alla civiltà occidentale rimasero infruttuosi. Anche la condizione dei seguaci del cristianesimo in Cina divenne sempre più difficile.

Ma ancor più che tutto il resto eccitò lo sdegno degli Inglesi la proibizione dell'importazione in Cina dell'oppio indiano; fino nel 1842 questo fatto provocò una guerra, e già allora la superiorità delle armi europee contribuì a una facile vittoria. Ora anche la chiusura delle piazze marittime non poté mantenersi più a lungo.
Dopo nuove sfortu
nate battaglie con gli Inglesi e con i Francesi il Governo imperiale dovette concedere, con il trattato di Tien-tsin del giugno 1858, ai cristiani cinesi libertà di culto, accordare al commercio europeo la navigazione sul grande fiume Iang-tse-kiang e permettere agli Europei di viaggiare e domiciliarsi nell'interno dell'Impero. Ma siccome l'atteggiamento del Governo rimase ostile, l'anno dopo avvenne una nuova spedizione anglo-francese.

I Cinesi quasi senza difesa di fronte a simili avversari furono, dopo una spaventosa disfatta a Palikiaho, respinti fino a Pechino; il palazzo d'estate di Yuan-ming-yuan venne, dopo che i vincitori ebbero asportato innumerevoli tesori, bruciato per ordine di lord Elgin; il 13 ottobre 1860 la capitale stessa dovette arrendersi; questa conclusione fu celebrata come un magnifico trionfo della civiltà europea sulla barbarie orientale.

La pace di Pechino (25 ottobre 1860), negoziata dall'inviato russo Generale Ignatieff, confermò e allargò le concessioni di Tien-tsin. Anche ai Russi dovettero concedersi territori sull'Amur e i vantaggi commerciali, ottenuti dalle Potenze occidentali.
Gli Europei si acquistarono un vero merito riguardo alla Cina, poiché posero termine nel 1864 all'infausta rivoluzione taiping. Incoraggiato dalla debolezza del Governo imperiale, messa in luce dalla guerra dell'oppio, un avventuriero, Hung Siutsuan, col pretesto di riporre sul trono la dinastia Ming, cacciata dai Manciù nel 1644, aveva fin dal 1851 suscitato alcune rivolte, che si estesero oltremodo e non poterono esser sopraffatte dal Governo.
Hung-Siutsuan si fece proclamare Imperatore; da lui doveva derivare una nuova dinastia della grande pace (taiping).
Quando lo scompiglio dell'Impero fu così cresciuto che apparve in pericolo il pagamento delle spese di guerra, pattuito nella pace di Pechino, le truppe europee, che ancora si trovavano in Cina, intervennero.

Con la conquista della città di Nanchino (19 luglio 1864), dove, dopo valorosa difesa, l'Imperatore dei ribelli si bruciò con le sue donne, la rivoluzione taiping, che - secondo il Richthofen - era costata la vita di circa due milioni di uomini, e aveva danneggiato spaventosamente la prosperità del paese, terminò.

Da allora in poi il Governo si comportò un po' meno ostilmente verso l'influsso straniero, quantunque, per mantenere l'isolamento del paese nell'interesse dei culti e dei costumi indigeni, venissero ostinatamente proibite ferrovie e navigazione a vapore.

ILGIAPPONE

Il secondo grande Impero civile della razza mongolica offre un'immagine del tutto diversa.
Indubbiamente l'ingresso del Giappone nel cerchio della civiltà occidentale appartiene ai più importanti avvenimenti della storia universale del nostro tempo; forse le età posteriori lo chiameranno l'evento più notevole del secolo XIX.
L'Impero del sol levante aveva già concesso di penetrarvi a missionari stranieri e a mercanti fin dal XVI secolo.- L'apostolo dell'India, il gesuita Francesco Saverio, vi aveva fondato la prima comunità cristiana. Il popolo, immiserito in seguito a innumerevoli guerre civili, salutò con gioia una religione, che concedeva protezione ai poveri in questa vita e dopo la morte prometteva il paradiso.

Nondimeno le inopportunità, onde gli Europei cercavano di conseguire influenza sulla corte e sul Governo, e la speciale avidità di guadagni, con cui esercitavano gli affari, suscitarono un po' per volta tale odio contro gli stranieri, che quello Stato insulare si isolò non meno bruscamente della Cina. Più volte avvennero spaventose persecuzioni contro i cristiani; tutti gli sforzi per fondare nuovi stabilimenti andarono a monte.
Ancora nel 1837, quando la nave inglese « Morrison » si avvicinò a un'isola giapponese per sbarcarvi alcuni giapponesi salvati da un naufragio, fu accolta da cannonate e costretta a tornare indietro. I Giapponesi non volevano saper nulla dell'Europa, e gli Europei non sapevano proprio niente del Giappone.

Perfino i magnifici bronzi giapponesi e gl'intagli in avorio, come pure le incisioni in legno colorate stavano, quali creazioni di un gusto barbarico, inosservate in angoli oscuri delle raccolte etnografiche. Ma quando fu imposta con la forza l'apertura della Cina, anche lo Stato limitrofo non poté conservarsi a lungo nel suo isolamento. Al commodoro degli Stati uniti dell'America del Nord, il Perry, minacciando di bombardare il porto, riuscì per la prima volta a ottenere un trattato di commercio col Giappone, che infine concesse ai bastimenti dell'Unione l'accesso ad alcuni suoi porti e il permesso ai mercanti di fondare stabilimenti (1854).

Altre nazioni tennero dietro agli Stati uniti; la permuta di manufatti occidentali con thé e seta prese gradatamente una grandiosa estensione; nelle piazze marittime si fuse la vita della civiltà europea e giapponese: Yokohama sulla baia di Ieddo si trasformò da un misero villaggio di pescatori in una magnifica grande città. Mediante un colpo di Stato fu iniziata una trasformazione più sostanziale della vita sociale.
Alla testa dello Stato c'era fino allora, un Micado, da considerarsi piuttosto un sommo sacerdote che un vero sovrano. L'effettivo potere governativo si trovava nelle mani dei generali ereditari o maggiordomi, lo Sciogun. Anche il trattato commerciale del 1854 era stato concluso con lo Sciogun. Ma quando nel 1867 la dignità del Micado fu passata nel giovane, sveglio e ben dotato Mutsuhito, venne attuata una riforma, che non solo fece del Micado il vero padrone dello Stato, quantunque con limitazioni costituzionali, ma significò pure la completa modificazione di tutte le condizioni della civiltà sul modello occidentale.

Da principio l'odio contro gli stranieri fu addirittura l'impulso all'abolizione del sistema dell'isolamento. Il Micado, per quanto potesse sentirsi inorgoglito come sovrano del mondo, non poteva nascondersi che l'eletto regno di Dio con le sue istituzioni antiquate e col suo risibile ordinamento militare non era in grado di opporre resistenza alcuna agli odiati barbari.

Per difendersi dalle usurpazioni degli stranieri non c'era alcun altro mezzo, poiché solo un nuovo ordinamento generale poteva portare salute e pace. La prima cosa era l'abolizione del cerimoniale, che fin allora aveva tenuto lontano il Micado, come il Dalai Lama, quasi da ogni contatto con il mondo esterno, e quindi dal Governo.
Lo Sciogunato fu tolto di mezzo, l'opposizione dei numerosi prìncipi vassalli, dei daimios, fu spezzata, la superba nobiltà si dovette accontentare dei titoli dell'aristocrazia europea.
Al regime indipendente delle province fu sostituita un'amministrazione unitaria. Una rete telegrafica congiunse le isole fra loro e con l'Europa: si costruirono ferrovie e navi a vapore: fu introdotto il sistema monetario americano, accettato il calendario europeo: l'ordinamento dell'esercito, l'amministrazione della giustizia, l'organismo scolastico furono trasformati secondo l'esempio europeo.

Alla testa del movimento progressivo stava il prudente ed energico Mutsuhito, appoggiato da funzionari aventi le sue medesime innovative tendenze, i quali o avevano fatto la loro educazione in paesi europei, o vi avevano viaggiato e avevano imparato a conoscere gli effetti della civiltà europea con i loro occhi.

Ambascerie giapponesi giunsero nelle corti europee: migliaia di Giapponesi studiarono nelle scuole europee: migliaia di Europei furono assunti nel Giappone stesso con l'incarico di insegnare ai loro compatrioti tutti i rami possibili della vita civile (e ovviamente implicita quella militare).

Si é detto che la Prussia deve la vittoria di Sadova ai suoi maestri di scuola. Con egual ragione si può dichiarare che, se una generazione dopo il colpo di Stato del 1868 i Giapponesi vinsero ad Yalu e a Liaoyang le forze terrestri russe, annientarono la flotta russa presso l'isola di Tsu-scima e costrinsero Porto Arturo ad arrendersi, in quei giorni della mietitura si raccolse solo ciò che nel suolo ben predisposto avevano seminato da trent'anni, ufficiali prussiani, costruttori navali inglesi e ingegneri americani.

Torniamo ora in Europa:
segue

206. 15) - LA GUERRA AUSTRO-FRANCESE DEL 1859
E LA FORMAZIONE DEL REGNO D'ITALIA > >

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