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CRONOLOGIA
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191. - 9.) - LA RESTAURAZIONE - IL RIORDINAMENTO DELL'EUROPA


9. - LE ENERGIE SPIRITUALI e CULTURALI
NEL PERIODO DI CONSERVAZIONE

Nel campo della produzione spirituale del periodo, che va dal 1815 fin verso il 1830, si nota evidentemente fra le varie nazioni, nel complesso e in singoli territori, un reciproco ricevere e dare; come pure una gara dei popoli, che, quì ha prodotto certi frutti, là degli altri.
Così la Francia consegue il primato nelle arti plastiche, e al tempo stesso la preminenza nel foggiare una dottrina ultramontana, e magnifici successi nelle scienze naturali.
La Germania ha tanti potenti germi nel campo della poesia con la più forte dominanza su altri popoli, e ha iniziato una speciale evoluzione delle discipline storico-filologiche. Mentre il fiorire della filosofia idealista tedesca é stato tanto splendido, quanto fugace.

Ciò che del Goethe comparve dopo il 1815 potrebbe a stento ascriversi alla serie dei libri allora più letti: non perchè il suo genio, giunto con gli anni ad una rigida sublimità, si fosse chiuso dinanzi ad ogni cosa nuova. Come egli, nonostante il suo classicismo, comprese ed amò l'antica arte tedesca, giacchè lo zelo del Boisserée gliel'ebbe fatta conoscere, così dal mondo dischiuso della poesia orientale trasse la forma per i tesori poetici del suo gran sogno d'amore nel "Divano occidentale-orientale".
Ma, per quanto i contemporanei onorassero altamente sia personalmente, sia letterariamente quello spirito poderoso, non potevano ancora valutare appieno l'inarrivabile artista della vita: quindi gli ultimi scritti del poeta, espressi nella forma simbolico-allegorica, dovevano passare, senza troppo interessare le persone colte.

Quanto il Goethe, lo Schiller e insieme con essi Guglielmo von Humboldt si sforzavano di ottenere, un'educazione estetica dell'umanità, poté trovare un terreno adatto per prosperare soltanto dopo che la tendenza neoumanistica, trapiantata nelle scuole medie, massime della Prussia, fino dal secondo decennio del secolo, ebbe maturato i suoi frutti.
Nel frattempo il romanticismo teneva il campo, quantunque i romantici non annientassero i loro avversari. Non solo la poesia classica si mantenne in vita, non solo si ascoltarono, nonostante tutto, volentieri i drammi del tanto beffato Kotzebue, ma la dottrina politica del diritto naturale seguitò a costituire un importante fermento, e nel campo della teologia protestante il nazionalismo si salvò fino alla prossima generazione, finché non si estinse nei suoi convinti sostenitori.

In generale, il romanticismo passava con ardore da un razionale illuminismo a un passato vero o sognato, a un'aurea età dell'arte, che esso voleva riconoscere nell'affratellamento della Chiesa e dell'arte.
Nell'effusione di un giovanile entusiasmo esso si era accostato alla poesia profetica, anzi, almeno secondo il suo desiderio, aveva considerato poesia e religione come una unità.
Nessuno inoltre ha con maggior risolutezza dei suoi seguaci condotto nei nostri campi la fonte della poesia degli altri popoli mediante rimaneggiamenti o traduzioni delle opere dei loro grandi. Il pensiero di una letteratura universale, un tempo meditato dallo Herder e ora salutato benevolmente dal Goethe, parve attuarsi. I romantici nel loro ardente ritorno al passato riscoprirono egualmente, per così dire, ciò che era patrio, nazionale, allontanandosi consapevolmente dalla materia e dalle forme classiche.

Certo il momento culminante della creazione puramente poetica era passato per il Tieck Augusto Guglielmo e Federico di Schlegel, i plasmatori della scuola romantica, quando i romantici, orgogliosi della consapevolezza di partecipare all'evoluzione della coscienza nazionale, giunsero al periodo della restaurazione.
In verità le novelle del Tieck, i "sonetti corazzati" del Rückert e i canti politici dell'Uhland meritano il loro posto d'onore; l'impeto del Fouqué, la leggiadria del Brentano e di Achim von Arnim hanno incantato ancora varie generazioni. Ma prevale negli argomenti sempre più l'arbitrario, l'esagerazione, la predilezione per un'ironia dissolvente e per un'interpretazione che pare un fantasma. La forma diventa pensatamente oscura. Nel dramma bisogna ricordare soltanto Zaccaria Werner e le più vecchie creazioni del Grillparzer. Come narratore E. Th. A. Hoffmann ha palesato nel modo più esplicito in scritti assai letti la brama di presentare la vita sotto un aspetto del tutto irreale. Il genere delle fiabe, nel quale ha fatto epoca l'insuperabile raccolta di novelline popolari tedesche dei fratelli Grimm, e la cui artistica imitazione fu tentata con fortuna, per esempio, da Guglielmo Hauff, si tramutò nelle sue mani nervose in un capriccio. Del resto qualche tendenza, che oggi appare modernissima, troverebbe in quei tempi il suo archetipo: così la sentimentale poesia nel raffinato Chamisso (per esempio Salas y Gomez).

Ma, pur prescindendo dal diluvio di troppa roba di nessun conto, favorito dal disprezzo delle regole, il danno del romanticismo deve valutarsi di gran lunga superiore all'utile. Il malato, l'inverosimile predominava troppo. Il presente si vedeva in pratica risospinto nel passato, separato dalla corrente della vita per opera del romanticismo, che ormai si confondeva con i movimenti regressivi del periodo della restaurazione.

Solo come sintomo si pensi alle numerose conversioni e ai non meno notevoli risvegli della fede ortodossa.
Tutta la forza di quella maniera di pensare influisce sull'intellettuale fondatore della scuola storica del diritto, il Savigny; il quale con la sua famosa narrazione dell'inettitudine del presente per una legislazione universale divenne un difensore del quietismo nella teoria e nella pratica della vita politica.

Adamo Müller fu un romantico dall'ardore sentimentale, e dalla ponderazione positiva il suo amico F. von Gentz, che la dottrina delle costituzioni storicamente cresciute trasse dai rottami di concezioni medioevali e contrappose all'idea statale della costituente francese del 1791, com'essa fu, nel complesso, rappresentata allora in esposizioni storiche, in discussioni giuridiche e in discorsi politici dall'instancabile professore Rotteck di Friburgo: il quale rimase a lungo il venerato predecessore di popolani liberali.

Ambedue i su ricordati sotto un certo rispetto debbono esser grati al patrizio bernese K. L. von Hailer, che aveva dato dei grossi colpi alla dottrina del Rousseau dello stato di natura e a quello della formazione dello Stato per mezzo del contratto sociale mediante la sovranità dei singoli prima nel 1808 e poi nel 1816 con la sua dottissima Restaurazione delle scienze politiche. Come in essa il moderno concetto dello Stato sia, a profitto dell'idea patrimoniale, spogliato del più importante contenuto civile occorre qui notare con la maggior brevità:
"Lo Stato - vi è detto - è essenzialmente eguale ad altre associazioni private con la differenza che la suprema autorità, rappresentata in esso, nel principe o anche in una corporazione, appare, come risultato naturale di una propria indipendenza, conquistata tale quale come la potenza. Così lo Stato è cosa del principe, ne é un patrimonio: quindi funzioni e diritti si estendono solo agli interessi propri del sovrano.
Dipende dalla sua volontà, se si vuole, dalla sua perspicacia fino a qual punto i bisogni de' sudditi rientrino nei fini dello Stato. A questo padrone dello Stato sono per natura simili i sudditi più liberi, cioè i nobili, che possiedono diritti propri, e perciò sono i consiglieri naturali del sovrano.
In uno Stato simile, dove, ben si può dire, il principe si contrappone quale proprietario ai suoi dipendenti, non esiste in sé, cioè senza uno speciale accomodamento, nessun obbligo dei sudditi al servizio militare.
Il principe deve provvedere alle spese con mezzi propri. Egualmente contraddicono alla natura di un così fatto Stato codici generali, ammissibili soltanto come guide per impiegati entro il circolo di privilegi principeschi".

Lo Hailer arriva così oltre, da riconiare in questo modo in servizio della sua maniera di vedere la frase famosa di Federico il Grande: "Un principe è il primo servitore di sè stesso".
Autenticamente medioevale contro questo potere considerato irrevocabile non esiste altro riparo che nel diritto di resistenza. Basta questa dottrina antistatale, con cui la libertà civile nel senso moderno o addirittura la vita costituzionale è assolutamente incompatibile.

Sarebbe interessantissimo osservare più da vicino in qual modo le assai tarde applicazioni della dottrina abbiano potuto trovare tanto consenso in circoli autorevoli, anzi addirittura presso i principi medesimi. Soprattutto in uno spirito brillante, come il Re Federico Guglielmo IV, in quel modo di pensare a lui instillato di buon'ora dal suo contorno potesse riconoscere l'ideale dello Stato cristiano-germanico improntato al medioevo, a cui egli desiderava possibilmente avvicinare la sua Prussia, il paese dell'eguaglianza, nel diritto nelle imposte, del servizio militare generale obbligatorio e dell'istruzione obbligatoria.

La filosofia idealistica s'affaticava ad abbracciare in grandi sistemi gli enigmi del mondo e dell'esistenza. Ciò che il Fichte e lo Schelling hanno scientificamente elaborato nella loro età giovanile appartiene ai periodo passato.
La dottrina filosofica naturalistica dello Schelling ha, com'è noto, esercitato un infausto influsso in Germania sulla tendenza alla costruzione fra i medici e i naturalisti. Il terzo della serie dei grandi sistematizzatori, lo Hegel, appartiene per la sua efficacia fin dalle sua chiamata alla università berlinese (1818-1831) del tutto a questo periodo.

E' notorio che la sua filosofia mantenne il predominio per tutta la sua vita: tanto che, per esempio, le idee dello Schopenhauer non furono per nulla apprezzate.
Solo l'autentica interpretazione del profondo, ma artificiale sistema del maestro per opera dei suoi scolari ha in seguito rotto il bando.
Per la scienza il maggior merito dello Hegel può riconoscersi nel rilievo, dato dallo Herder, alla evoluzione delle cose: dove s'appoggia, al tempo stesso, a così dire, un principio progressivo della sua dottrina; la quale, in generale, servì al Governo prussiano come un efficace baluardo dell'ordine esistente. "Il reale è razionale".
Lo Stato era considerato come totalità di tutti i fini morali; ciò che, d'altra parte, era escluso dallo Hailer, ma poteva essere opposto tanto agli attacchi del Rousseau come anche alla corrente nazionale tedesca.
Più duratura del suo sistema fu l'efficacia di Federico Schleiermacher (1768-1834), massime per tutti i popoli d'origine germanica, una semenza, che, per quanto spesso nel continuare il lavoro sia stata ben ben arata, produce sempre nuovi frutti.

Si è battezzato lo Schleiermacher come un genio religioso. In realtà egli ha salvato la religione trasportandola dal campo della scienza e dell'azione nel sentimento dell'individuo, per quanto egli avesse un'alta considerazione della vita sociale: quindi nei dogmi non poteva riconoscere che astrazioni derivanti dal processo storico della vita religiosa, nient'affatto la natura della fede medesima.
Ma ciò che lo Schleiermacher e la sua scuola volevano erigere a contenuto della religione, a molte anime spasimanti per la sicurezza della loro salute bastava tanto poco quanto il vecchio razionalismo, tuttavia sopravvivente.

L'ortodossia confessionale faceva progressi, giacché nella calamità dei tempi anche nella Chiesa evangelica taluni avevano riacquistato la fede perduta nella redenzione solo mediante il sacrificio della morte di Cristo. Nell'anno 1828 la propensione, anche senza ciò favorita da certi umori contemporanei politici e filosofici, si creò un organo battagliero nella «Gazzetta della Chiesa evangelica», fondata dallo Hengstenberg.

In Francia la stampa in senso più vasto formava, come vedemmo, uno strumento di battaglia per i partiti in lotta fra di loro. Questa tendenza alla vita pratica è però anche significativa per le concezioni soprattutto del genio poetico e creatore. Precedono tutti con uno zelo quasi apostolico in scritti roventi e senza riguardi i campioni della Chiesa militante, il de Bonald, il conte de Maistre e il de Lamennais.
Tutti costoro, primo il piemontese de Maistre predicarono, a dispetto del gallicanismo represso dalla rivoluzione in poi, l'assoluta autorità pontificia nella Chiesa e un potere arbitrale del papa nelle faccende temporali. Nel de Maistre ciò è una legittima conseguenza del suo modo politico di vedere le cosa del mondo.

Il sentimento religioso proruppe con appassionata esagerazione nel sacerdote brettone Lamennais, che poi verso la fine del nostro periodo storico, disingannato a questo proposito, cambiò e mirò alla conciliazione del cattolicesimo con la cultura contemporanea. La strada era stata efficacemente spianata a questi personaggi appunto fin dal principio del secolo dalle narrazioni, animate da una vera forza poetica, del visconte Chateaubriand; il quale si scelse come compito di rappresentare con efficacia la poetica bellezza del cristianesimo e della sua tradizione ecclesiastica in confronto dell'arido classicismo. Il Chateaubriand è il padre del romanticismo come espressione libera, non legata ad alcuna sorpassata regola, dell'anima poetica in Francia.

Insieme con l'epico narratore grandeggiò subito per la nazione A. De Lamartine come lirico (Meditazioni 1820), cui era dato di trovare anzichè creare, di vedere anziché di cercare, in modo che egli sapeva strappare al mondo esteriore, concepito idealisticamente, i più teneri toni intimi.
Il Lamartine, nonostante la parte politica, che ebbe a sostenere in seguito, era un temperamento melanconicamente solitario, sforzantesi in uno squisito atteggiamento di vivere liberamente secondo ce sue inclinazioni poetiche. Oggi, forse per questo, il cantore, celebratissimo per qualche decennio, é posposto al logoro A. de Bygny, e a Victor Hugo, che a poco a poco riuscì a farsi largo, nonostante la debolezza del suo carattere, nella lirica, nel dramma e nel romanzo.

Costoro, preferiti a causa della formale perfezione della loro poesia, in parte anche della facoltà di scoprire i più profondi contrasti della loro natura e di rivelarli ai lettori, costoro, a cui immediatamente prima dello scorcio del periodo della restaurazione si aggiunse Alfredo de Musset, fondarono in tutti i campi intellettuali la signoria del romanticismo, che di là dal Reno, per quanto non senza rapporti con lo spirito tedesco ed inglese, tuttavia era in sostanza giunto a una perfetta maturità.
Bisogna rammentare fra i romantici lo storiografo A. Thierry e il ben preparato Guizot, che da prima meditò i principi dell'arte come quelli della storia.

Ancora durante il periodo della restaurazione si preparò, a causa di gravissimi errori della monarchia legittima, il distacco del romanticismo dal suo ideale legittimista e religioso, giacchè questa forma artistica, dopo la rivoluzione del 1830, potè irradiare del suo crepuscolo il Governo borghese di Luigi Filippo. Non si deve dimenticare che insieme con essa, egualmente quale germoglio dello spirito del secolo XVIII, acquistò terreno un'altra tendenza, rappresentata da storici d'ingegno, come A. Thiers e il Michelet, che prima avevano seguito il romanticismo ed ora, sotto l'anatema della restaurazione, osavano celebrare la rivoluzione del 1789: innanzi a tutti però il popolarissimo Beranger, il quale in pungenti satire scherniva i sostenitori della restaurazione e si atteggiava a consolatore del suo infelice paese, evocando la gloria di Napoleone, da lui deificato, e la speranza.

Ciò fu tanto più efficace in quanto in altre canzoni compariva tra il popolo con le sue passioni e le sue gioie e conosceva tecnicamente, in maniera insuperabile, l'arte di lasciare smorzarsi il nesso logico delle idee in ritornelli, carezzanti l'orecchio.

Diversamente da quanto avveniva in Francia, in Inghilterra appartengono alla serie dei romantici, nel campo della letteratura, tanto i difensori del trono e dell'altare, quanto i campioni della libertà popolare. Sono eccettuati solo alcuni giovani scrittori che, come il Macaulay, palesarono allora per la prima volta l'unghia del leone. Quanto ciò che ho detto si abbraccia ai poeti della così detta scuola del mare e, da un lato, al grande romanziere scozzese e, dall'altro, all'intero gruppo byroniano é noto.
Gualtiero Scott ebbe la fortuna che appunto nelle contrade più lontane dalla tendenza prevalente in Irlanda ("Ballate di Tommaso Moore") e in Scozia le arpe erano da lunghissimo tempo avvezze ai canti locali. Quest'arte locale divenne la forza principale dello Scott nei suoi romanzi storici, rimontanti al nostro periodo, i più belli dei quali si distinguono per la fedeltà nel ritrarre la natura e per il sentimento persistente dei procedimenti dell'anima popolare, per la ricchezza dell'invenzione e, almeno in confronto di Tedeschi contemporanei, per la loro forza artistica.

Lo Scott rimase sempre un conservatore zelante. Non erano per tutti le profonde creazioni poetiche dello Shelley, il quale si conquistò l'interesse del pubblico con la sua sincerità di ateo e di radicale (nel senso inglese, s'intende).

Salda é la fama mondiale di Lord Byron per le sue avventure e per le sue creazioni, appunto avvantaggiata dal fatto che egli dalla patria, che ingenerosamente lo respingeva, si dovette in qualche modo rifugiare nell'universalità. D'altra parte le sue esperienze fecero sì che i suoi giudizi sugli uomini al timone dello Stato inglese, sia in satire, sia sparsi nei suoi grandi poemi epici riuscirono piuttosto astiosi. Con tutte le straordinarie doti dello spirito e della fantasia Lord Byron non é il primo, ma il più completo tipo della sentimentale negazione universale, derivante, nonostante la sovrabbondanza di vita esterna ed interna, dallo struggente dolore per i lati brutti della esistenza; dolore che ha trovato in questo poeta privilegiato della doglia mondiale l'espressione senza confronto più acre e poeticamente più luminosa.

Il dolore personale di Lord Byron s'irradia dalla bocca degli eroi dei suoi canti grandiosi, massime del Giovine Aroldo e del don Giovanni; il suo soggettivismo é così efficace come quello del Rousseau, perché nei suoi spasimi possono specchiarsi innumerevoli persone. Ma in ciò sta la forza, come pure la debolezza della sua poesia; il lettore di quando in quando si stanca attraverso il labirinto della sua arbitraria fantasia.

Arduo riuscì all'Italia liberarsi dalle catene del convenzionalismo, mentre le sue sconsolate condizioni politiche non potevano neppure favorire un tale scopo. Soltanto nel segreto del cuore dei patrioti avevano avuto eco le forti voci prima dell'Alfieri e poi del Foscolo. Perfino un uomo come il Manzoni represse i suoi desideri patriottici.
Questo tardivo Manzoni (all'inizio scettico) convertitosi in un ardente cattolico, dette nei suoi drammi e nel suo romanzo «I promessi sposi» una poetica espressione reale al sentimento religioso del suo popolo, e prestò omaggio all'ideale romantico della unità della poesia e della religione.

All'incontro il conte Leopardi nelle sue poesie, non solo espresse delicatamente il lutto per l'avvilimento della patria, ma si addentrò con foga pessimistica sempre più nella miseria dell'umanità. -

Si può difficilmente dimostrare che mediante le poesie, sgorgate dallo spirito romantico di altri paesi, nella Scandinavia, in Polonia, in Russia, per esempio dallo Oehlenschlager, dal Mickiewic e dal Puschkin, sia derivato un tono particolare nella sinfonia romantica.
Come la figura del Goethe grandeggia nella letteratura romantica, così quella del Beethoven nella futura arte dei suoni, soggetta a diversi influssi. Il geniale musicista era nel colmo della sua fama, quando le armonie delle sue sinfonie salutarono i principi e gli statisti tutti radunati a Vienna.
Colpito poi da insopportabile sordità, seguitò a creare, e scrisse la messa in rè maggiore e la nona sinfonia, nella quale, mediante l'aggiunta del canto corale, riuscì al grande maestro della musica strumentale di manifestare proprio tutto quello che aveva nell'anima.

Su di lui, senza dubbio, si era formato il suo compatriota Franz Schubert, sul quale esercitò la sua influenza tanto il classicismo quanto il romanticismo; cosicché questo genio lirico divenne un ordinatore del quadro musicale del suo tempo. Le sue canzoni, delle quali se ne é cantate oltre 600, i suoi quartetti e le sonate lo rendono un immortale promotore di musica da camera tedesca. Egli si fece strada lentamente, mentre sotto i suoi occhi a Vienna come nell'intera Germania la musica italiana del Rossini, in seguito anche le opere del Bellini e, dopo il 1836, del Donizetti dominavano incontrastate.
Lo stesso avveniva in Francia, soprattutto dopo che il Rossini si fu stabilito a Parigi: accanto al quale parve, tutt'al più, piacere la serena musa dell'Auber e il Boieldieu. Spettava ad un compositore della Germania nordica il rivaleggiare vittoriosamente per la prima volta con gli Italiani non solo in patria, ma anche a Parigi e a Londra, cioè a K. M. von Weber, che nelle sue migliori creazioni, da prima nel "Francotiratore" (1821), fece risuonare con effetti duraturi armonie romanticamente popolari.

Ben presto si fece avanti (subito dopo il 1830) il berlinese Meyerbeer, che i Parigini, certo con fondamento amavano considerare quasi come uno di loro, e con le sue opere melodiose e infiammate di passione drammatica dominò le scene per un decennio.
Ancora nel corso del decennio 1820-1830 divenne noto Felice Mendelssohn-Bartholdy con le sue prime creazioni; nessuno giovò più di lui a diffondere la musica strumentale tedesca, per esempio in Inghilterra.
Ormai incomincia il periodo classico dei concertisti, la piena fioritura de' quali avvenne solo dopo il 1830; già nel 1829 Chopin, anche nelle sue composizioni gravemente melanconico, suonò a Vienna; e subito dopo ebbero rinomanza il Thalberg, F. Liszt e altri.

Nel campo delle arti figurative si realizzò in Francia un movimento, la finale vittoria del quale in patria portò come conseguenza ulteriori cambiamenti anche in Germania.
La tendenza classicheggiante, quasi esclusivamente dominante in Francia, rappresentata da L. David e dalla sua scuola, ripeteva immaginari tipi ideali, che, secondo il suo concetto, si erano consciamente usati nell'arte greca in luogo di forme naturali. Dagli avanzi allora noti dalla plastica si erano derivate le regole di un lineamento idealmente bello, le quali dovevano valere anche per la pittura, che così veniva condannata a essere la schiava del disegno e costretta all'ufficio di colorire o sfumare figure da disegnatori.

Contro questa tendenza, per cui un tenero immergersi nella natura, un'imitazione dell'efficacia della sua luce e dei suoi colori era quasi una cosa orrenda, si formò per varie cause una potente controcorrente. Il tedio per i soggetti e i modi di espressione antichi, il mondo sentimentale del romanticismo, da poco rievocato, tanto sotto l'aspetto religioso cristiano, quanto sotto quello individuale, reso accessibile per i rapporti coi poeti, l'amore così risvegliato per il proprio passato, inoltre lo studio dei capolavori stranieri portati a Parigi per opera di Napoleone, portò la conoscenza delle creazioni realistiche di artisti inglesi viventi hanno cooperato a produrre il movimento.

Con una vivace battaglia gli innovatori, a cui non si risparmiava il rimprovero che amavano di far pompa del brutto, presero d'assalto la «Bastiglia accademica». I seguaci di questo così detto romanticismo obbedirono a vari impulsi: ma nel complesso questi grandi pittori di figure erano dei coloristi.
Ciò riunisce, nonostante tutte le differenze, uomini come l'Ingres, il Géricault e il più grande di tutti, il Delacroix, il solitariamente fosco maestro, che nei suoi inizi si provò con predilezione a esprimere potenti tempeste d'anime.
Insieme con quelli si debbono ricordare anche il Delaroche e Orazio Vernet. Già in questo periodo i maestri del "Paysage intime", più tardi raccolti nella scuola di Barbizon, si annunziano con paesaggi pieni d'incanto, il valore coloristico de' quali consisteva nell'afferrarne il tono.

Nell'anima di pittori come lo Huot, il Corot, il Rousseau e altri, natura ed arte si unificavano. Nella plastica David d'Angers amava iperbolici tentativi per ritrarre, come dimostra il suo busto del Goethe, l'anima dei personaggi. Insieme con lui godé grande fama il Rude come realista.

In Inghilterra si trovavano in gran quantità capolavori stranieri nel segreto della case private: nel 1816 arrivò a Londra il fregio del Partenone. Il paese possedeva una serie di rinomati maestri, de' quali però solo il paesista Constable e il ritrattista Lawrence, con l'esposizioni di quadri nel salone di Parigi, ebbero efficacia notevole all'estero. La fama del Turner, del Millais, come pure dei loro imitatori, rimase cosa tutta insulare, finché, circa la metà del secolo, la propensione preraffaellita si estese oltre modo.

Di ciò che fu fatto nel nord e specialmente in Germania il presente cenno poco può tener conto, giacché nell'ultimo terzo del secolo soprattutto la pittura, nel cambiamento dei valori fino allora prevalsi, andò a scuola con passione dai seguaci de' coloristi francesi.
La dottrina del Winckelmann s'incarnò nell'opera, nutrita dell'ideale ellenico della bellezza, sentito liberamente, del geniale disegnatore Asmus Carsten (morto nel 1798), i concetti del quale vennero seguiti nell'architettura e nella plastica. La rinascita di un idealismo classico esercitò la sua efficacia, almeno nella pittura, sul paesaggio idealizzato di Giuseppe Kock (morto nel 1839). Accanto a queste operarono le propensioni romantiche.

Il danese Thornwaldsen, che visse 45 anni a Roma, vide nel linguaggio formale dei capolavori greci, scoperti nel frattempo, l'eterno modello e i mezzi espressivi d'ogni plastica. Eccettuato il suo Cristo nella chiesa delle monache a Copenaghen, le sue opere sono figlie di questo spirito. C. F. Rauch a Berlino seppe congiungere felicemente la bellezza ideale greca con le imperiose esigenze della verità moderna, nell'età nostra con il monumento sepolcrale della regina Luisa e le statue degli eroi della guerra d'indipendenza. L'artista instancabilmente creatore lasciò anche con l'educazione di valenti scolari la sua impronta nella scultura. K. G. Schinkel, cui l'opera d'arte d'ogni età era espressione dell'ideale morale contemporaneo, costruì il teatro e il vecchio museo secondo il gusto ellenico, e, se avesse potuto, avrebbe volentieri trasformato del tutto la sua Berlino, ispirandosi liberamente al medesimo stile.

Né minori furono i trionfi d'un ellenismo alquanto irrigidito nei suntuosi edifici innalzati in Monaco, per volontà del Re Luigi I, per accogliere statue e quadri. Ma la posteriore trasformazione di Monaco e Berlino in centri artistici fu principalmente determinata dalla pittura alla quale idee, soggetti e forme romantiche furono rese accessibili nella galleria di antichi maestri tedeschi, raccolta per opera dei fratelli Boisserée, galleria che da lungo tempo ammirata, aveva da ultimo trovata la sua sede in Monaco.

Le aspirazioni religiose e nazionali contemporanee favorivano quella evoluzione. Ma, molto prima d'allora, in Roma una riunione di ardenti giovani artisti tedeschi di tutti i paesi aveva accolto e impresso notevoli impulsi. Legati con una specie di vincolo ecclesiastico-religioso questi «Nazareni» sorpassarono la natura e cercarono di conseguire il risanamento dell'arte non tanto con l'imitazione di quei maestri tedeschi, quanto con l'accostarsi con la maggior sollecitudine alla pittura calda trecentesca dell'Umbria e della Toscana.
Essi si prefissero grandi scopi, la congiunzione della pittura con l'architettura secondo il concetto di quegli antichi Italiani; testimonianza di ciò i loro affreschi nella casa Bartholdi (ora a Berlino) e nella villa Massimi. Ma nelle loro creazioni c'é qualcosa di mal vivo. Uno solo però, Federico Overbeck, per il quale l'arte valeva unicamente come un'arpa per lodare il Signore, fattosi cattolico, andò del tutto perduto per l'ulteriore evoluzione.
Il maggiore di questa scuola, Pietro Cornelius, poté in seguito a Düsseldorf, dopo il 1825 a Monaco (solo da ultimo a Berlino) immortalare in sorprendenti composizioni la sua artistica abbondanza di idee mediante una geniale individuazione di alcune sue figure. Quantunque però il maestro non disconoscesse la nobiltà degli antichi, persistette nel fascino della méta della sua gioventù e fu, sotto l'aspetto pittorico e coloristico, inferiore al suo compito.

Lo stesso può dirsi del suo collega monachese Schnorr di Carolsfeld. Data la profonda impressione della persona e dell'opera del Cornelius su scolari e ammiratori, la via battuta ebbe grande valore per l'evoluzione dell'arte tedesca. Le figure della scuola di Düsseldorf, fiorente fino dal 1826, sono all'incontro compenetrate da un'amabilità lirica o anche da un umorismo maliziosetto. Nel settentrione tedesco la caratteristica romantica del tempo condusse, per quanto s'attiene al paesaggio, a notevoli studi della natura conforme alle tendenze della pittura sentimentale. Il futuro vide nel Katulbach, discepolo del Cornelius, e in Federico Preller, derivante dal Koch, uno sviluppo ulteriore dell'arte monumentale sotto l'aspetto della figura e del progresso.
Nel silenzio maturava a Berlino l'ingegno realistico di Adolfo Menzel. A così diversi risultati riusciva l'opposizione alla costrizione delle regole e alla pedanteria in paesi diversi, al momento opportuno.

Fuori della sfera delle scienze subito si pensa alla concezione filosofica della vita e alle teorie politiche intorno allo Stato. Insieme con queste il periodo della pace vide germogliare una folla quasi incredibile di uomini geniali in vari rami speciali della scienza, lavoratori insigni per la scienza in sé, ma anche per la fecondazione della letteratura e della pratica.
I ricercatori tolsero ai dilettanti romantici nel senso buono la fiaccola dalle mani. Solo appena in breve si riesce a dire quanto, per ciò che s'attiene alla così detta scienza dello spirito, l'orizzonte intellettuale sia stato allargato da quegl'impulsi romantici. Ciò che hanno fatto per la scienza del diritto i fondatori della scuola storica del diritto, il Savigny innanzi a tutti, muovendo dal terreno della schellinghiana concezione organica dello Stato, ma però anche sotto l'influsso dell'idea romantica riguardo alla poesia popolare, non è dimenticato.

Accanto alla filologia perfezionatasi appunto in Germania in una vera scienza dell'antichità, che, ne' suoi lati migliori, é rappresentata dal Bòckh, vigoreggiò, come il più bel frutto dell'amore alla nazionalità, la glottologia tedesca. Storia della lingua e grammatica, antichità del diritto e dell'ingenuo spirito popolare furono trattate con eguale perfezione da Jacopo Grimm, accanto al quale si segnalarono Guglielmo Grimm e il Lachmann, il critico battagliero della canzone dei Nibelunghi.
Il tedesco Diez si considera il fondatore della filologia delle lingue romaniche. Mediante lo studio del sanscrito iniziato in Inghilterra, e proseguito con profondità d'idee dal Bopp in Germania, fu avviata la nuova scienza delle lingue comparate, mentre dai Francesi la cultura egiziana era esaminata con criteri scientifici, ed era intrapresa l'ardua opera di decifrare la scrittura cuneiforme.
Guglielmo von Htumboldt indagò con una profonda ricerca le misteriose connessioni fra lo sviluppo delle lingue e quello dell'umanità.

Ma altri popoli divennero gli imitatori della Germania soprattutto nel campo della propria storiografia, dove ha peso quel che fecero personaggi, soggetti agl'influssi romantici, come in Francia il Thierry o in Germania F. Raumer; tuttavia non tanto quanto poté creare uno storico più vecchio, del tutto impregnato dello spirito dell'illuminismo, come Ch. Schlosser, nonostante le riconosciute sue debolezze.
Il rinnovamento però della disciplina, la sua trasformazione in una scienza, che insieme con le scienze naturali ha dominato la maggior parte del secolo XIX, fu merito del Niebuhr; il quale, accogliendo con geniale energia un concetto più antico, provò con lavori originali sulla storia romana come le ricerche possono giungere, per mezzo dei cronisti, a ricostruire gli avvenimenti passati, e al tempo stesso, dette la gagliarda rappresentazione al vivo degli avvenimenti in rapporto all'ufficio dello storiografo.

L. Ranke, che nel 1824 con la sua prima opera inaugurava un'età nuova, piglia come non si può dubitarne, per base, per quanto si attiene al metodo, i lavori del Niebuhr.
Fino allora il sentimento artistico della tradizione era risultato più forte nella sua essenza. Ma nessuno prima di lui, lo storico più geniale e più fecondo del secolo, ha rigettato, con tutta semplicità, la concezione della storia ancella: della teologia o del proferimento d'una sentenza o mezzo di educazione estetica con la massima che importa soltanto di stabilire come le cose sono andate. Si offende, sia detto di passata, questo aureo principio, quando se ne vuol ricavare che allo stesso Ranke mancava la comprensione del divenire dell'evoluzione.

Nella geografia Carlo Ritter mostra le correlazioni fra la terra e gli uomini suoi abitatori: ma l'era naturalistica della geografia era già iniziata. Mediante la teoria, da prima esposta dal Kant, poi nel 1796 dimostrata indipendentemente dal Laplace sotto il rispetto meccanico ed astronomico, della formazione del nostro sistema solare per mezzo del conglomerarsi di una nebulosa si era sparsa della luce sugli stadi primitivi della terra.
Fin dal 1827 aveva spiegato la sua posizione nell'universo in alcune conferenze, tenute a Berlino, ampliate poi nel suo «Cosmo» Alessandro van Humboldt; il quale ha fatto progredire potentemente la geografia con una diligentissima compilazione dei suoi viaggi d'esplorazione, compiuta in un decennio che ebbe rapporti con dotti delle più svariate specialità in Parigi.

Ma il lato storico di questa disciplina sembra sia stato ancor più oscurato dal fiorire degli studi geologici. La sostituzione alla così detta teoria catastrofica del Buffon e del Cuvier delle idee geniali del Lyell, secondo le quali anche attive forze naturali nel corso di lunghissimi periodi avevano prodotto le modificazioni della superficie terrestre, ha reso necessario l'uso del principio genetico nella geografia.

Il concetto dell'evoluzione, che già era stato così fruttuoso per la vita spirituale, conquistò quasi al tempo stesso il campo della biologia. Certo in Francia nel 1828 il Cuvier incontrava ancora favore nella difesa, ch'egli faceva, della sua opinione d'una maggioranza di tipi fissi nella fauna contro il Geoffroy St. Hilaire, il quale aveva ripreso, in un senso alquanto più ampio, la concezione lamarckina della evoluzione degli organismi col mutarsi delle condizioni della loro esistenza.
Ma già si agitavano energie contrastanti nel campo dell'anatomia e dell'anatomia comparata. Circa il 1827 il maggiore embriologo K. F. von Baer aveva partecipato la scoperta dell'uovo dei mammiferi e un anno dopo incominciava a pubblicare la sua «Storia dell'evoluzione degli animali ».

Nella matematica pura alcuni geniali Francesi pure in questo periodo resero importanti servizi alla scienza, e anche nella meccanica si segnalarono tutti i maestri della scuola politecnica. Solo a poco a poco fu nota la creatrice versatilità d'ingegno del von Gauss, il quale come avvantaggiò la matematica con la sua teoria dei numeri, così accrebbe oltremodo la precisione delle osservazioni con ricerche astronomiche.
Il Bessel osservò il movimento delle comete e con i suoi calcoli assodò l'esistenza di un pianeta sconosciuto, che il francese Laverrier riuscì a scoprire. Nella fisica ebbe importanza fondamentale la teoria delle ondulazioni del francese Fresnel, secondo la quale tutti i fenomeni luminosi risulterebbero di vibrazioni trasversali dell'etere.

Il danese Oerstedt aveva nel 1820 assodato l'efficacia della corrente elettrica sul magnete. Ora l'Ampére giunse alla concezione di una completa reciprocità fra l'azione delle correnti elettriche e del magnete e così alla constatazione di una unica forza naturale (legge elettro-dinamica). Dopo ulteriori scoperte dell'Arago, dell'Ohm e di altri il Faraday sia nel campo dell'elettricità, sia in altri fece genialmente della capacità di mutua trasformazione delle forze naturali punto di partenza e di arrivo di ricerche, che aprirono nuove vie.
Nel campo elettromagnetico due Tedeschi mossero un passo molto avanti nella pratica, quando il Gauss e G. Weber a Getting costruirono il primo telegrafo a impulso elettrico. Nessun ricercatore poté più a lungo trascurare i campi limitrofi a quelli della propria scienza.

Se il fisico Faraday ebbe a elencare delle scoperte chimiche, il suo maestro Davy era stato il primo, che pose in intima relazione ambedue le scienze, quando verificò le azioni chimiche della corrente elettrica. Dopo che nella precedente generazione fu avvenuta la creazione della chimica per opera del Lavoisier, fu fondata la dottrina delle proporzioni chimiche ed esposta la teoria atomica del Dalton, lo zelo scientifico fu stimolato da bisogni pratici, come questi vennero promossi da quello.
Quanto fu compiuto da ricercatori come il Davy e il Gay-Lussac venne sorpassato dall'opera assidua dello svedese Berzelius nel campo dell'analisi della materia inorganica ed organica, del perfezionamento della elettrochimica, della ricerca delle proporzioni chimiche e della determinazione dei pesi atomici. I suoi discepoli ampliarono ed estesero in Germania i principi e i metodi del suo lavoro. Ma accanto e sopra questi uomini si levò il geniale I. Liebig (dal 1824 in Giessen), il quale non solo avvicinò la scienza al grado del suo più alto sviluppo, offrendo alle applicazioni pratiche gl'impulsi più notevoli mediante le sue scoperte.

Le terapeutica mosse grandi passi innanzi nel nostro periodo, in quanto si liberò gradatamente della pedanteria dei sistemi tradizionali e dalla cattiva rotta delle fantasticaggini soggettive accogliendo metodi scientifici. Il posto d'onore spetta alla scienza francese, che ha sfrondato della sua sicurezza il vitalismo del Bichat e la seducente teoria dello stimolo del Broussais, che fra le altre cose nella terapia aveva causato i troppi frequenti salassi. Il Magendie fu il primo, il quale promosse il metodo sperimentale nella patologia e nella terapia. Dipoi il Laennec, a buon diritto celebre, divenne il creatore dell'anatomia patologica e della sua applicazione clinica. L'uso regolare della percussione e il ritrovamento dell'auscultazione fu opera sua. L'interesse per le discipline affini, l'educazione di numerosi discepoli assicurarono la continuità del movimento nella scuola parigina. D'altra parte l'avviamento francese per lungo tempo influentissimo si precluse da un lato ulteriori progressi, per esempio, nella etiologia.

In Inghilterra, Carlo Bell pubblicò nel 1824 delle ricerche, che fanno epoca, intorno alle funzioni dei nervi del midollo spinale; su questa base in seguito lo Hall e il tedesco Giovanni Mòller poterono svolgere la dottrina dei movimenti riflessi. I lavori del Bright sulle malattie nefritiche ottennero fama mondiale. Certo, tanto in Inghilterra, quanto in America la frenologia del Gall trovò numerosissimi seguaci. In Germania, tra il 1820 e il 1830, le nebbie delle speculazioni di filosofia naturale, per esempio negli scritti di un personaggio così insigne come l'Oken, deviarono la scienza e i pratici. Fino a che punto si giunse lo dimostra, in quel periodo, la fortuna dell'omeopatia, messa in voga dallo Hahnemann.
Questo stato di cose durò, finché, dietro l'esempio di Parigi, non si adattarono al metodo delle ricerche fisiche. Solo nella ostetricia il Nâgele introdusse per tempo riguardo al meccanismo del parto principi anatomico-fisiologici. Del rimanente ciò che fu accennato della Francia vale ancor più per la Germania, che cioè lo svolgimento delle scienze naturali solo molto più tardi produsse la rivoluzione della medicina pratica.

RITORNIAMO ORA AI FATTI POLITICI

EUROPA - lL PERIODO FRA DUE RIVOLUZIONI > > >

 

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