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85. GLI STATI DELLA PENISOLA IBERICA

Abbiamo già letto nei precedenti capitolo dei "barbari", quando il Paese intorno al V secolo era finito in mano ai Visigoti provenienti dalla Gallia ma già in gran parte romanizzati. Non fu questo un brutto periodo, anzi un periodo prospero, grazie anche alla loro conversione al cristianesimo; una ruolo quello della Chiesa che nella monarchia visigota divenne sempre maggiore, fino a mettere radici profonde in tutta la storia spagnola. Fu la spinta e l'amalgama di buona parte delle vicende più importanti del Paese, a cominciare dalla lotta per l'affrancamento degli Arabi i quali si stanziarono definitivamente nella penisola Iberica nel 771.
La vecchia struttura sociale di eredità romana con l'arrivo dei Visigoti, si sfasciò completamente, e oltretutto dopo un paio di secoli, venne nettamente superata dalla civiltà importata dagli Arabi di cui la Spagna conserva ancora oggi segni molto tangibili.
Come si sa, gli Arabi meditavano una totale conquista del continente europeo e consideravano la Spagna la migliore strada di accesso. Se ciò non si verificò, più che alle forze che contrastarono questa avanzata, fermandola ai Pirenei, fu dovuto soprattutto alla disgregazione delle signorie Araba all'interno della stessa Spagna. I Capi di queste signorie piuttosto autonome e di diverse dinastie, più che pensare alle conquiste, si impegnarono a consolidare gli stanziamenti nel proprio territorio della penisola, caratterizzando ben cinque secoli di storia spagnola.

L'unificazione poi ci fu, ma non fu impresa facile dato il miscuglio di interessi e di diversa mentalità che l'interminabile lotta aveva messo in evidenza. Vi erano infatti due Spagne: la Castigliana tenace e guerriera, e la Catalana-Aragonese (nella fascia Mediterranea, con capitale Barcellona) aperta ai commerci e alla mentalità europea; una Spagna povera e orgogliosa fanaticamente raccolta nella propria religione, e una Spagna meno fanatica anche se altrettanto profondamente legata al proprio territorio e alle proprie tradizioni. Entrambe inoltre avevano due lingue, due culture, due società diverse.
L'ostacolo della unificazione per un paio di secoli furono proprio queste diversità. E non ultimo il grosso problema fu quello - fra le tante dinastie - di decidere quale dinastia dovesse regnare. La questione fu più tardi risolta con una astuta politica matrimoniale, nel 1469, grazie all'unione di Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia: i due "re cristiani", che andarono così a creare la definitiva Spagna, quando due decenni dopo l'unione fu pienamente raggiunta alla fine della "Reconquista", con la caduta del regno di Granada nel 1492. Finiti così i problemi, la Spagna potè prestare ascolto, a un audace marinaio che nell'arco di pochi mesi dello stesso anno aprì alla Spagna la via ma aprì anche i ricchi forzieri del Nuovo Mondo.


I primi piccoli Stati cristiani della penisola iberica si erano formati e ampliati durante le secolari lotte contro i conquistatori maomettani. Il processo si iniziò nell'estremo nord-ovest della penisola, nelle Asturie, dove sorse il regno di Leon, che si estese in seguito verso oriente e verso sud-est, dove fu fondata la contea di Castiglia. Un secondo regno cristiano, quello di Navarra, si formò negli ultimi contrafforti occidentali dei Pirenei, con al centro Pamplona. Tra il regno di Navarra e la marca o contea spagnola di Barcellona, istituita da Carlo Magno, giaceva la contea di Aragona, inizialmente limitata alla parte montuosa del paese.
Nell'XI secolo la dissoluzione del califfato degli Omajadi in una quantità di piccole signorie territoriali aprì definitivamente la strada all'avanzata dei cristiani. Verso quest'epoca i regni cristiani si trovavano riuniti sotto lo scettro di re Sancho III di Navarra ; ma con la divisione della sua eredità fra i tre figli da lui lasciati vennero a costituirsi in seguito i tre regni di Navarra (il cui sviluppo ulteriore fu poi impedito dall'espansione degli altri due), di Castiglia e di Aragona. Il più potente di questi Stati nei tempi immediatamente successivi è il regno di Castiglia cui si incorporò presto quello di Leon; i Castigliani tolsero ai maomettani Toledo e transitoriamente persino Siviglia. È questa l'epoca eroica della cavalleria spagnola ; essa si impersona nella figura del Cid Campeador, attorno al quale la leggenda ha largamente intessuto la sua tela, e che, dopo aver servito sotto le bandiere di vari sovrani, si conquistò alla fine un regno proprio, quello di Valenza, dove morì nel 1099. Le caratteristiche prevalenti del suo carattere sono le stesse che contrassegnano la cavalleria spagnola in genere: zelo religioso, bravura ed egoismo.

I re castigliani prepararono sulla costa occidentale l'avvento del futuro regno di Portogallo. Re Alfonso VI nominò cioè nel 1095 suo vicario in questa regione il conte burgundo Enrico; il costui figlio Alfonso si rese indipendente e nel 1143 si fece incoronare re dall'arcivescovo di Braganza; nel 1147 conquistò Lisbona con l'aiuto di alcune schiere di crociati che, essendosi smarriti, avevano approdato sulla costa.

Nel frattempo il regno d'Aragona, lottando con l'emiro di Saragozza, si era spinto sino all'Ebro; nel 1118 fu conquistata la stessa Saragozza. Ma l'avvenimento più importante fu la fusione del regno di Aragona con la contea di Barcellona, preordinata fin dal 1157 mediante il matrimonio della erede del trono aragonese col conte di Barcellona.

Il principale anello di congiunzione della Spagna all'Occidente cristiano era la curia romana, la quale tramava per togliere di mezzo le originarie prerogative peculiari della chiesa spagnola e di acquistare una propria influenza dominante sul ricco e potente clero spagnolo, mentre da parte sua anche la Spagna nella lotta contro gli infedeli cercava volentieri di aver l'appoggio dal potente papato.

Non pochi re spagnoli si resero in certo modo dipendenti da Roma, nel senso che si riconobbero vassalli della Santa Sede e si obbligarono a pagarle un tributo. Come in occidente, così nella Spagna sorsero inoltre degli ordini monastici cavallereschi: quelli di Alcantara (1156), di Calatrava (1157) e di S. Jago di Compostella (1175). Il loro sorgere coincide con il riaccendersi della lotta contro i mori.
Verso la metà del XII secolo una dinastia berbera tentò con poca fortuna di restaurare l'antico regno degli Omajadi: ma in seguito gli Almoadi, anch'essi di razza berbera, riuscirono ad unificare nuovamente sotto il loro scettro i dominii maomettani.
Combattendo contro di essi il campione dei cristiani, re Alfonso VIII di Castiglia, subì nel 1195, nonostante il grande valore dimostrato, una grave disfatta ad Alarcos; e tanto più essa riusciva pericolosa in quanto i regni cristiani erano da tempo afflitti da discordie in

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testine. Il regno di Leon, staccatosi nel 1157 da quello di Castiglia, era in guerra con quest'ultimo, ed il regno d'Aragona era funestato anch'esso da lotte interne.
Ma la salvezza venne dall'Occidente, d'onde mosse in aiuto dei cristiani spagnoli un poderoso esercito crociato, il quale insieme con gli spagnoli riportò nel 1212 sugli Almoadi la grande vittoria di Navas de Tolosa. Questa vittoria decise dell'avvenire della Spagna; i Mauri non furono mai più in grado di prendersi la rivincita ed i progressi del cristianesimo non incontrarono più una resistenza compatta ed energica. Il regno di Castiglia nel 1236 conquistò Cordova e nel 1243 Siviglia; dopo ciò questo Stato, cui
nel 1230 si era nuovamente venuto ad incorporare per non più staccarsene il regno di Leon, dominò tutto l'interno della penisola più le regioni costiere a nordovest e a nord tra il confine del Portogallo ed il confine della Francia ; esso toccava poi il mediterraneo a sud-est, insinuandosi tra i regni di Granata e di Valenza col possesso di Alicante e di Cartagena; e finalmente confinava a sud con l'Oceano Atlantico da Gibilterra alle foci della Guadiana.
Quanto al regno di Aragona, anch'esso nel periodo dal 1224 al 1233 conquistò le Baleari, nel 1238 Valenza e nel 1244 Dativa, col che raggiunse il suo massimo e definitivo limite di espansione. Esso constava dei tre regni di Aragona, Catalogna e Valenza. Né
mancò dal prender parte al generale movimento di espansione a danno dei Mauri il Portogallo; esso già a principio del XIII secolo aveva cominciato a conquistare l'Algarve, dove poi nel corso del secolo estese e stabilì permanentemente la propria dominazione. Cosicché i Mauri dal 1250 in poi si ridussero al possesso del piccolo regno di Granata. Ma anche su questo dovettero riconoscere l'alta sovranità feudale del re di Castiglia ; ché anzi solo la morte impedì che Ferdinando III, il conquistatore di Cordova e di Siviglia (1217-52) intraprendesse una campagna per la conquista di Granata.
Il suo successore Alfonso X « il Saggio » (1252-86) non riprese questo progetto. Il suo regno ebbe un carattere essenzialmente pacifico ; amante del sapere, Alfonso favorì lo sviluppo delle scienze, specialmente dell'astronomia e della storiografia ; sotto di lui l'università di Salamanca salì a gran fiore. Anche la lingua spagnola deve molto a questo re ;
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egli la sostituì al latino negli atti pubblici e nei negoziati diplomatici e fece tradurre in castigliano la bibbia. Inoltre Alfonso creò un codice uniforme di leggi per tutto il regno. Se non che Alfonso X, a causa del fasto che volle dare alla sua corte e per l'ambizione di cingersi la corona tedesca (1257), si immerse nei debiti e rovinò le finanze del suo regno. I tempi in realtà non erano maturi per il governo di un principe pacifico e dotto, e quindi sotto Alfonso il prestigio di Castiglia scadde di molto, tanto che alla fine egli dove' vedere i Mauri riprendere l'offensiva dal regno di Granata. Dopo la morte di lui la Castiglia, mancando di un sistema legale di successione al trono, fu funestata da lotte interne dinastiche, le quali vennero sfruttate dagli Stati vicini; i Mauri poi nel 1319 riportarono sul Genil una vittoria sui Castigliani. In seguito però i tre regni di Castiglia, di Aragona e di Portogallo si collegarono nuovamente contro i Mauri e riportarono nel 1340 su di essi la decantata vittoria del Salado. Essa portò con se la conquista di Algesiras, non lontano da Gibilterra. Ed anche quest'ultima via d'accesso alle invasioni dei Mori sarebbe stata allora occupata se la morte di Alfonso XI di Castiglia (1350) non avesse nuovamente gettato il suo regno in preda alle contese dinastiche. Contro il figlio di Alfonso, Pietro, un principe energico e duro, ma giusto, che non ha meritato il soprannome di « Crudele » che gli fu attribuito più di quanto lo meritassero numerosi altri principi di quei secoli ferrei, si levò a competitore un figlio naturale della stesso Alfonso, Enrico di Trastamara, il quale, malgrado l'intervento inglese, ed in grazia dell'appoggio della Francia, ridusse in suo potere il re legittimo e lo fece uccidere (1369). I1 regno di Enrico « il Bastardo » (sino al 1379) e quello di suo figlio Juan I furono assorbiti da lotte contro I' Inghilterra e contro il Portogallo, durante le quali Algesiras andò nuovamente perduta. Ed in seguito si successero a breve distanza in Castiglia due reggenze per la minore età dei sovrani, il che permise ai Mauri di sostenersi a Granata sin verso la fine del XV secolo, cosa che nell'anno 125o nessuno avrebbe creduto possibile.
Malgrado tanti sconvolgimenti si conservò in Castiglia un alto concetto dell'autorità regia, cui, almeno in teoria, si riconosceva un potere illimitato. Tuttavia vi furono in uso molto precocemente assemblee degli stati, le Cortes, nelle quali ben presto troviamo una rappresentanza regolare della borghesia; peraltro esse non avevano in sostanza che voto consultivo. Notevole influenza godeva invece la nobiltà feudale di carattere militare, i ricoshombres, e questa influenza sarebbe diventata addirittura predominante se la corona non si fosse appoggiata, vincolandosela col favorirla, alla nobiltà minore, gli hidalgos o caballeros, e così pure alla borghesia delle città. Queste ultime ottennero molto presto una considerevole misura di autonomia (con i cosiddetti fueros); esse si amministravano mediante propri organi, salvo che a capo di ciascuna stava un funzionario regio. Però erano oberate dalle imposte, e ciò impedì il loro sviluppo economico; esse rimasero per lungo tempo piccoli centri di carattere sostanzialmente agricolo. In Castiglia il vero e proprio fattore influente rimase malgrado tutto - accanto alla corona - la nobiltà.
Mentre la storia del regno di Castiglia si svolse esclusivamente entro i confini della penisola iberica, i Vespri Siciliani del 1282 porsero al piccolo regno di Aragona l'occasione di entrare nella grande arena della politica internazionale e di rappresentarvi una parte importante. Accettando la corona del regno di Sicilia, come regno autonomo, Pietro III d'Aragona venne a controbilanciare la potenza degli Angiò (che per questo fatto dovettero rinunziare alla loro politica di assoggettamento dell'intera Italia, anzi alla loro politica di dominazione universale) e rafforzò il partito ghibellino italiano, il che giovò poi ai tentativi dei re tedeschi, Arrigo VII e Ludovico il Bavaro, di rimetter piede nella penisola, anzi rese si può dire possibile il buon esito, per quanto transitorio, di tali tentativi.
In seguito, mentre il regno di Sicilia passava con Federico, terzogenito di Pietro, ad una linea collaterale della casa aragonese, il regno d'Aragona ebbe un nuovo impulso all'espansione verso oriente per il fatto che il papa, arrogandosi l'alta sovranità sulla Corsica e la Sardegna, le concesse in feudo a re Giacomo, mentre erano in possesso dei Genovesi e dei Pisani. Re Giacomo accettò l'infeudamento; d'onde conseguì una lunga guerra con
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le due repubbliche, nel corso della quale l'Aragona riuscì nel 1326 a sloggiare dalla Sardegna la già decadente Pisa, mentre non venne a capo di togliere la Corsica ai genovesi. Ché anzi Genova tentò poi di scacciare anche dalla Sardegna gli aragonesi, i quali a tal punto si allearono con Venezia, la rivale di Genova. Così l'Aragona, che come accennammo possedeva già le Baleari, si conquistò una posizione assai importante nel bacino occidentale del Mediterraneo; né il suo commercio (o meglio quello della provincia marittima di Catalogna) rimase limitato a questo mare; ma, appoggiandosi alla Sicilia, giunse sino in Levante ; e l'impero greco aprì volentieri i suoi porti ai rivali degli Anjou. Anzi troviamo anche a servizio di Bisanzio mercenari catalani (la cosiddetta grande compagnia catalana); le conquiste da essi fatte in Grecia procurarono al re aragonese di Sicilia il titolo di duca d'Atene. La linea siciliana si estinse nel 1377, e -la Sicilia divenne un vicereame aragonese. Nel 1410 poi si estinse pure la linea principale maschile della famiglia d'Aragona; ma il regno conservò la sua indipendenza ed il suo carattere di Stato a parte sotto una nuova dinastia castigliana fondata da Ferdinando, figlio della sorella dell'ultimo re.
Anche nel regno d'Aragona, come in quello di Castiglia, troviamo che funzionano fin dai primi tempi assemblee degli stati che il re consulta quando lo ritiene necessario. L'impresa di Sicilia poi procurò a queste assemblee una posizione costituzionale assai più influente. Per ottenere l'appoggio. della nazione nelle guerre d'oltre mare re Pietro III fin dal 1283 concesse al paese il così detto privilegio generale di Saragozza, una specie di Magna Charta dell'Aragona. Esso vincolava il re al consenso delle Cortes per tutti gli affari di Stato più importanti e prevedeva allo scopo la loro convocazione annuale periodica. Le Cortes erano composte dell'alto clero, di rappresentanti delle varie classi della nobiltà e di rappresentanti della borghesia. La tutela delle prerogative degli stati era affidata ad
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un funzionario inamovibile (giudice supremo = Justicia), che decideva i conflitti tra la corona e l'assemblea al pari delle controversie tra nobili.
Analoghi, ed anche più estesi privilegi ottenne la Catalogna, dove gli stati avevano pure competenze giurisdizionali e nominavano d'accordo col re i membri dei tribunale supremo. Meno estese erano le prerogative degli stati a Valenza. Questi tre regni avevano ciascuno le proprie Cortes e ciascuno un proprio codice : ma nel 1319 in una dieta generale tenuta a Taragona stabilirono formalmente di rimanere perpetuamente uniti.
Verso la metà del XIV secolo re Pietro IV (1336-87) provocò gravi perturbamenti interni. Non avendo figli maschi, egli avrebbe voluto assicurare la .successione a sua figlia; ma trovò opposizione nei propri fratelli, cui aderirono anche gli stati stringendo una lega che abbracciava i tre regni. Il re però la vinse. Tuttavia da vero re costituzionale conservò integre le prerogative degli stati, la cui inviolabilità giurò solennemente egli stesso di salvaguardare, facendo giurare anche i suoi funzionari. In generale la vita pubblica nell'Aragona ha una impronta moderata; la legislazione era per quei tempi mite, limitato al possibile l'uso della tortura. Anche qui fra le classi sociali godeva influenza preminente l'alta nobiltà terriera (ricoshombres) ; la monarchia promosse però sistematicamente la formazione di centri cittadini per creare in seno al paese eminentemente agricolo un elemento borghese finanziariamente forte in grazia dei vantaggi dell'economia monetaria. Le città godevano nell'Aragona una completa autonomia amministrativa interna. Particolarmente dotata di numerosi privilegi era Saragozza, ma più importante ancora divenne Barcellona come città marittima e mercantile.
Nel Portogallo, alle lotte in mezzo alle quali si era costituito il regno, seguì un periodo più pacifico, caratterizzato specialmente dal lungo regno di re Diniz (Dionisio) - 1279-1325. Il suo soprannome di « Giusto » o di « Agricultore » attesta un governo tranquillo e benefico. In particolare Dionisio si impegnò a frenare l'invadenza della Santa Sede che aveva creato tanti sopraccapi ai suoi predecessori ; egli difese vittoriosamente gli interessi dello Stato e l'autonomia interna del suo regno e represse il soverchiante aumento della mano morta. Tentò pure di proteggere i Templari contro le sopraffazioni di papa Clemente V e dopo la loro distruzione fondò un ordine monastico-cavalleresco portoghese, l'Ordine di Cristo, in cui l'Ordine dei Templari celebrò per così dire la propria resurrezione. Rimonta a Dionisio anche la fondazione di una università, che prima (nel 1290) ebbe sede a Lisbona, e poi (nel 1308) passò definitivamente a Coimbra. Di pari passo col progresso intellettuale andò lo sviluppo materiale : l'agricoltura fiorì e il lavoro minerario rese notevoli frutti, le città si ingrandirono ed i commerci si intensificarono. Anche gli inizi della navigazione portoghese cadono in questo periodo. Maestri dei portoghesi a tal riguardo furono i Veneziani, i quali dal 1300 all'incirca cominciarono a dirigere le loro navi verso l'Inghilterra e l'Olanda, e durante questi lunghi viaggi usarono far sosta a Lisbona. Il loro esempio incitò i portoghesi ad arrischiarsi anch'essi sul liquido elemento ; ma sin molto avanti nel XV secolo non seppero staccarsi dalla navigazione strettamente costiera.
Nel corso ulteriore del XIV secolo il Portogallo non andò. esente da gravi sconvolgimenti. Nella famiglia regnante vediamo svolgersi tragedie e delitti in cui sono attrici principali e vittime specialmente delle donne, come Ines de Castro, idealizzata dalla poesia, che fece uccidere (nel 1355) suo suocero, re Alfonso IV ; la demoniaca Leonora Tellez che rappresenta una parte funesta nella vita di Ferdinando IV, e la sua vittima Maria Tellez. Con Ferdinando IV si estinse nel 1383 la linea maschile della dinastia burgunda, e la sua vedova, per l'appunto quella Leonora Tellez, tentò di far passare la corona sul capo di suo genero, re Giovanni I di Castiglia; ma la nazione si schierò col fratellastro di Ferdinando, Joao « il Gran Mastro di Avis », il quale prevalse, prima sotto la veste
di protettore e poi come re (Giovanni I ; 1385-1433). Egli sconfisse il 14 agosto 1385 i
castigliani ad Aljubarotta presso Lisbona e salvò l'indipendenza del Portogallo, pur dovendo continuare la lotta.
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Dall'avvento della nuova dinastia data pure un nuovo periodo di rinascenza del paese, che lo sgoverno di Ferdinando IV aveva rovinato con guerre altrettanto costose quanto inutili, la cui conseguenza erano state alterazioni di moneta ed oppressione tributaria degli agricoltori.
Del generale malcontento si erano già rese interpreti le Cortes nel 1371 esponendo una lunga serie di lagnanze e reclamando la sottoposizione della corona ad una continua vigilanza dei rappresentanti della nazione. Se anche tutto ciò non fu completamente ottenuto, pure il solo fatto che le Cortes abbiano potuto avanzare simili pretese dimostra l'alto grado di influenza che esse avevano raggiunto in Portogallo. Esse erano sorte in maniera ed in condizioni analoghe agli altri Stati della penisola iberica; ed anche qui assai presto vi avevano trovato adito i rappresentanti della borghesia cittadina.
I re favorirono sempre nel beninteso loro interesse la ricca borghesia, la quale peraltro visse per lo più in buona armonia anche con la nobiltà, e solo transitoriamente questo accordo fu turbato dopo la morte di Ferdinando IV per il fatto che la nobiltà parteggiò in maggioranza per il pretendente castigliano. Il trionfo del principe nazionale tornò poi ancora a maggior vantaggio della borghesia che insieme con la massa del popolo lo aveva seguito. Infatti re Giovanni confermò alla città di Lisbona, che da ora divenne stabile residenza della corte, i suoi privilegi e ne ampliò il territorio aggregando ad essa i villaggi circonvicini. Anche la città di Porto godé il favore del monarca.
Ma sopra tutto con l'avvento della nuova dinastia il Portogallo iniziò la serie delle sue conquiste d'oltre mare che dovevano fare assurgere questo piccolo regno ad un inopinato grado di potenza. Il movimento d'espansione prese le mosse dall'impresa, accuratamente preparata da re Giovanni, contro Ceuta (1423), la più grande e popolosa città della Mauretania, una delle più importanti basi d'operazione dei Mori; la città dopo breve assedio cadde nelle mani dei portoghesi. Fu questa la loro prima guerra marittima, compiuta a mezzo di navi straniere noleggiate un po' dappertutto. Ma poco dopo il mare divenne l'elemento nazionale dei portoghesi ; prendendo a punto di partenza Ceuta, essi estesero le loro conquiste sulle coste dell'Africa settentrionale e non tardarono ad affrontare anche la navigazione nell'Oceano Atlantico, preparando così il terreno ai grandi viaggi transoceanici di scoperta del XV e XVI secolo.

Lasciamo ora la Spagna che si appresta ad uscire dal Medio-Evo
e andiamo in Italia, che sta facendo altrettanto
formando alcune potenti città in piccoli stati e Repubbliche
avocando a sè i poteri pubblici.

LE CITTA' E I PICCOLI STATI ITALIANI > >

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