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45. ASIA CENTRALE - I TURCHI E I MONGOLI

Il nome di Asia centrale, dal punto di vista puramente geografico, dev'essere limitato al territorio di cui nessun corso d'acqua raggiunge l'Oceano ed all'Oceano stesso rimane del tutto estraneo, anche riguardo agli effetti sul proprio clima. In tale condizione si trovano i paesi tra l'Himalaya e il Thien-shan, cioè del vero e proprio altopiano asiatico. Esso è formato dalla regione alpestre del Tibet tra l'Himalaya e il Kuen-lün e i deserti e le steppe limitati al nord del Thoen-Shan, dall'Altai, dal Sajanishan e dai monti Jablonoi.
Verso occidente questo territorio tocca l'altipiano del Pamir, a cui si attaccano le impervie catene del Hondukush e Karakorum. Ad oriente i confini non sono nettamente segnati; solo la Mongolia si stacca dalla pianura con le ripide pendici del Chingan, mentre il Turkestan, con uniforme aspetto di terreno, passa in modo sensibile nella Cina settentrionale.

Dal nome di una singola tribù, che acquistò importanza mondiale, siamo soliti comprendere nella razza mongolica la grande massa di popoli dell'Asia centrale. Alcuni vi annoverano anche i Cinesi.

Se Cinesi e Mongoli abbiano una volta costituito un'unica "razza", la disputa degli studiosi non sono terminate nemmeno oggi. Ma abbiamo la fortuna che le indagini sulla genetica dei popoli di Cavalli Sforza (da alcuni anni completate) oggi ci dicono qualcosa di più; ma il colore della pelle che indica la "razza" è ormai un concetto inservibile "Le differenze tra popoli sono meno marcati di quanto si creda; siamo tutti della stessa specie, tra gli uomini non ci sono distinzioni qualitative".

Certo la cultura cinese ebbe su questi popoli un potente influsso: i Cinesi fondarono tra i barbari varie dinastie, come quella degli Houng-nu (Unno) col capostipite Shun-wei, da cui derivò la stirpe imperiale cinese dei Hia. La differenza fra questi e quelli - direbbe ancora Sforza - è che certi geni compaiono più di frequenti e certi meno.

Accennando agli Indoeuropei, abbiamo già detto che alcune parentele fra popoli è un fenomeno storicamente condizionato, non connesso con la comunanza di "razza", che è invece naturalmente condizionata dall'ambiente in cui vive. E soprattutto se ci vive senza avere - per tanti motivi - molti contatti con altri popoli. Così una lingua avente unità e coesione vive solo basandosi su una comunanza storica di vita.


Ecco perchè anche in questo caso la lingua divide i Cinesi dai popoli turco-mongoli. E' molto probabile - come ci dice la cartina sopra - che l'emigrazioni di alcuni gruppi (della famosa seconda ondata migratoria dall'Africa avvenuta circa 40-30 mila anni fa) si siano trasferiti a nord dopo una lunga permanenza a sud e al centro della Cina. E che fra questi e quelli si sia creata una divisione politica e culturale nel corso di circa 10.000 anni di isolamento.

Il cinese infatti forma, con altre lingue monosillabiche quali il tibetano, il siamese, il birmano, una speciale famiglia linguistica. Le lingue dei popoli dell'Asia centrale e settentrionale, comprese nel gruppo ural-altaico, hanno temi polisillabi e sono dominate dal principio dell'armonia vocalica e dell'agglutinazione. Questo ceppo linguistico è rappresentato in occidente da alcuni paesi nel nord europa, Es. dal finnico; in oriente gli spettano probabilmente il coreano e il giapponese.

I popoli dell'Asia settentrionale e centrale si dividono in Turchi, Tungusi e Mongoli propriamente detti.

Dopo i Turchi, l'Asia settentrionale fu dominata dalle tribù tunguse dei Sien-pi, Toba, Juc'en, che estesero talvolta la loro potenza anche su territorio cinese. Poi verso il 1200 C'inghiz-chan (Gengiscan) riunì le tribù mongoliche e con rapidi vittoriosi progressi assicurò loro un posto nella storia universale.
Infine, dai Tungusi si staccò il ramo dei Mang'u o Mancesi.

Gravi difficoltà si oppongono alla concezione complessiva dei popoli mongolici. I popoli acquistano tratti caratteristici solo dopo una lunga storia, nella disciplina della loro operosità civile; perciò, soltanto i popoli di una determinata cultura appaiono quali individualità intellettuali. Ciò nondimeno anche presso popoli di civiltà primitiva non si possono disconoscere speciali caratteri intellettuali; in primo luogo, il persistere di grandi contrasti.
Ciò può dirsi anche di tutta quanta la razza mongolica. Gli stessi popoli che come con
quistatori hanno riempito il mondo di spavento, riappaiono quali innocui pastori, miti e ospitali in sommo grado. Anche in singoli individui si accoppiano i più stridenti contrasti.

Acuta è soprattutto l'antitesi fra l'indole dei popoli indoeuropei e mongolici. Dovremo spiegarla col fatto che i Mongoli, anche nel più alto gradino di civiltà da essi raggiunta, hanno conservato molto della loro indole primitiva; mentre la mobilità intellettuale degli Indoeuropei tendeva dovunque a creare culture individuali e nazionali. Certi tratti antitetici appaiono nettamente delineati.
Gli Indoeuropei sono pervenuti all' individualismo, a plasmare la vita, con le forze della personalità, in modo indipendente; i Mongoli invece sono intimamente legati alla massa, alla famiglia ed allo Stato; nell'autorità della comunità sta la forza che determina la loro esistenza.

La diversa mobilità interna produce una diversa facoltà di adattamento. Gli Indoeuropei sono, fra tutti i popoli, i più capaci di trasformarsi; essi sono stati sempre e dovunque accessibili ad influssi stranieri, anche nella loro vita intima, mutando non di rado. il carattere loro proprio con quello di un'altra nazione.
La facoltà dì adattamento dei Mongoli è pur grande, ma esteriore; in singoli casi, in Persia e in India, si sono accostati alla cultura di questi paesi.
Solo in età recente la posizione storica dell'Asia centrale è apparsa con una certa nitidezza. Le scoperte di Sven Hedin hanno rivelato, nelle rovine di città situate nel deserto di Takla-Makan, un'antica civiltà, formata in primo luogo da elementi indo-buddisti e cinesi, mescolati al cristianesimo nestoriano della chiesa siriaca ed al manicheismo. Non mancano singole tracce di influssi greci, bizantini ed islamici. Tutto ciò si spiega col carattere storico del territorio dell'Asia centrale.

L'odierno Turkestan orientale è sempre stato, per la sua posizione geografica, l'intermediario fra i grandi imperi d'oriente, occidente e mezzogiorno, i quali tutti vi hanno stabilito colonie. Su questo terreno la tribù turca degli Uiguri, facendosi pacifica intermediaria di cultura, ha creato uno Stato che accoglieva tutte le nazioni e religioni; continuando così quanto avveniva già da tempo, come si può apprendere dalle notizie di scrittori greci.
Sulla storia più remota dell'Asia centrale gettano luce in parte la Cina, in parte l'antica regno persiano.
Fin da età remotissima (lo abbiamo già visto nel capitoli dedicati all'Iran) si accentua nel nord dell'Iran il contrasto fra l'agricoltore e il nomade predone. Nei deserti e nelle steppe distesi oltre il margine settentrionale dell'Iran, solo presso i corsi d'acqua si formano oasi di cultura profondamente addentrate nelle steppe: Merw, Samarcanda, Buchara, Chiva. La popolazione di queste terre, Margi, Sogdi e Chorasmi, è di stirpe iranica, al pari delle tribù predatrici del deserto e dei Saki e Massageti lungo lo Jaxartes.

Un'antica strada commerciale congiungeva questi territori con l'India. Un'altra, a nord, collegava il mondo greco con l'Asia orientale. Muovendo da Olbia sul Mar Nero, varcava il Don e lungo il Volga giungeva alla tribù finna dei Budini; quindi, nei pressi di Jekaterinoslav, attraverso l'Ural e le tribù finniche dell'Irtysh, penetrava per la Dsungaria nell'altopiano asiatico, sboccando nel territorio degli Argippei i quali, secondo le descrizioni del tempo il loro aspetto fisico, erano mongoli.

Come più tardi gli Uiguri, erano anch'essi un popolo pacifico e industrioso, che agevolando gli scambi commerciali tra i vari Stati aveva assicurata la propria posizione. Dagli Argippeo i mercanti greci ebbero notizie leggendarie circa i popoli iperborei; la gente monocula degli Arimaspi, che Aristea pone nei pressi del Lopnor sulla strada verso la Cina, era probabilmente una tribù tibetana. Non senza qualche elemento storico che il loro nome e forse da riportare alla parola mongolica l ram «cieco da un occhio». Infine, al di là di alte montagne soggiornava un popolo pacifico: forse fu la prima notizia che giunse ai Greci riguardo ai Cinesi.

Il carattere predominante della steppa determina fin dall' antichità la vita storica; il nomadismo e la prima forza dell'Asia centrale. Esso riesce a superare gli ostacolo anche più gravi. Le immense estensioni dell'altopiano asiatico hanno sviluppato nelle sue genti una forza migratoria che non teme né di stanze né difficoltà, tanto più che il tempo non ha alcun valore nella vita. Mongoli e Turchi hanno sempre vissuto da nomadi, mutando di soggiorno ad ogni mutar di stagione. Talvolta però si formavano dei regni di nomadi, che per breve tempo riunivano delle grandi masse di popoli in imprese comuni.
In tali casi la spinta parte sempre da un condottiero capace oltre che fortunato, che raccoglie intorno a se gruppi di predatori. Ecco il nocciolo dell'esercito nomade. Non essendo mai, tali Stati nomadi, fondati sulle condizioni naturali di vita, né rappresentando compiti duraturi di lavoro umano, ma essendo invece legati all'arbitrio di un capo, avviene che presto si sfascino.

Si aggiunga che la nazionalità non ha parte alcuna nel raccogliersi delle masse sotto la guida di un capo. Laddove le condizioni naturali permettano la coltivazione del suolo, sorgono, accanto al nomadismo, colonizzazioni stabili, città; e si vanno persino formando Stati. Nell'interno della regione soltanto le oasi, disperse a grandi distanze, offrivano possibilità di colonizzazione. Dalle scoperte di Sven Hedin e apparso che alcuni centri buddistici di cultura si erano spinti molto dentro nel deserto di Takla-Makan. I più antichi stanziamentii coloniali nel Turkestan orientale non sono dovuti, probabilmente, alle popolazioni indigene; tutti i ritrovamenti ce li mostrano sorti dalle relazioni commerciali con l'India e la Cina.
Tutte le località maggiori sono situate lungo le antiche strade commerciali. Antico centro di cultura e il Chotan, dove insieme al lavoro minerario dell'oro si coltivava già ab antiquo la seta e il cotone e si tessevano tappeti.

I Cinesi furono i primi a sfruttare razionalmente le risorse naturali del paese, che prosperò fin sotto la dinastia dei Tang (618-907). I Turchi invece, per le loro abitudini nomadi e per la loro pigrizia, sono stati incapaci di coltivare il suolo, cosicché lentamente il deserto ha progressivamente rioccupato le terre già colonizzate.

La civiltà che ebbe efficacia più lunga nell'Asia centrale, fu quella della popolazione turca degli Uiguri.


Fortunate scoperte di questi ultimi anni ci hanno fatto meglio conoscere lo stato e la cultura degli Uiguri. Possiamo seguire la loro storia politica fin verso l'850 d. C., quando essi ebbero, l'egemonia del Turkestan cinese. Questo regno si staccò da uno Stato più antico, formato da popoli turchi intorno alla capitale Karakorum, più tardi mongola. Il regno uigurico, importante per la storia della cultura, fu fondato presso Turfan da un discendente di quella dinastia.

La cultura degli Uiguri si basa sulla natura del paese, attraverso il quale avveniva lo scambio dei grandi prodotti asiatici; da tale commercio derivò la prosperità del paese. Le sue speciali condizioni fecero sì che lo Stato concedesse piena libertà religiosa; come tutti gli Stati commerciali, doveva mantenere rapporti pacifici con i suoi vicini. Gli Uiguri non sono certo mai stati politicamente forti ; il che impedì che qui si formasse una cultura nazionale omogenea. Uno storico arabo ci fa sapere che gli Uiguri erano un popolo pacifico, senza tendenze bellicose. Con ciò ben si accorda il fatto che il buddismo vi si trova rappresentato in misura pressoché eguale al cristianesimo.

I rappresentanti della cultura uigúrica, più tardi passati al servizio del regno mongolo, erano spesso preti buddisti. Nel XIII secolo la cultura uigurica predominò nel regno mongolo. Questo grande Stato nomade aveva bisogno, per la sua amministrazione, di un elemento importante, tuttora sconosciuto ai Mongoli, la scrittura.
Sotto C'inghiz-Chan si dovette ricorrere all'aiuto straniero, agli Uiguri ed al loro sistema di scrittura.

I TURCHI E IL FORMARSI DEI LORO STATI.

L'antichissima storia dei Turchi, invero assai oscura, ci riconduce ai movimenti di popoli, di continuo rinnovantisi, dell'Asia centrale. Dovremo cercare la patria dei Turchi nelle pianure lungo il corso superiore del Jenissei, Irtysch e Ob, dove soggiornavano da nomadi. La natura del suolo, tutto steppe, con i suoi grandi contrasti di clima, le intemperie paurose e la povertà di mezzi di vita, ha educato gli abitanti ad una straordinaria forza di resistenza, li ha resi capaci di sopportare le più gravi privazioni e ne ha sviluppato incredibilmente la tensione e la capacità corporea.

I Turchi penetrarono nei paesi civili di Occidente come predoni e guerrieri. Verso il 536, Tumyn, capostipite turco, le cui orde risiedevano nell'Altai, unì le tribù turche agli Uiguri e distrusse (522) il regno degli Yenyen, assicurando così ai Turchi l'egemonia dell'Asia centrale.
Di lì a poco l'espansione turca si volse ad occidente, per la facile via offerta dall'ampia porta dzungarica a sud dell'Altai. Bulgari, Avari, Peceneghi ed altre tribù si spinsero in Europa fin nell'impero bizantino, mentre altre tribù avanzavano contro il regno dei Sasanidi. Li abbiamo trovati come alleati di Chosrau I nella guerra contro gli Unni bianchi. La conquista della Sogdiana aprì ai Turchi la via del commercio mondiale.

Nell'interesse del commercio della seta, monopolizzato dai Persiani, un'ambasceria turca si recò (568) a Bisanzio alla corte di Giustino II, e quindi un'ambasceria bizantina visitò il Chakân nella sua sede dell'Altai. Circa questo tempo i Turchi conquistarono anche il bacino del Tarym (al centro della cartina sopra) mentre i Chazari penetravano nell'Europa orientale (626).

Regni di nomadi, distesi per un ampio territorio, perdono facilmente la coesione interna. Verso il 600 il regno turco si era già diviso in due parti, una orientale ed una occidentale. I Turchi orientali soccombettero (circa 630) ad un assalto dei Cinesi e il loro regno si spezzò in piccoli Stati. Una di queste tribù, stabilitasi lungo il confine cinese, riacquistò grande potenza, scosse il dominio cinese (681) ed estese il proprio sulla Mongolia e, come pare, anche sulla Sogdiana.

Il regno turco-orientale scomparve nel 745 dopo l'assalto dei Cinesi. L'invasione araba da occidente abbattè i Turchi nella Sogdiana (712).
Nel frattempo, verso il 620, delle tribù turche avevano formato un nucleo più potente, tra l'Altai e il lago di Aral ; di qui, mercenari turchi affluivano già nel regno dei Sasanidi.
Anche la potenza dei Turchi occidentali andò dispersa nelle lotte con i Cinesi e gli Arabi; nel corso del VII secolo i Tibetani penetrarono nel Turkestan e ne tennero l'egemonia. Il colpo di grazia fu dato, a questi Stati turchi, dai Karluk, tribù certo mongolica (circa il 760).

Importanza storica acquistarono però i Turchi islamiti, che col nome di Selg'uki hanno parte notevole nella storia del califfato. Dapprima si misero al servizio degli Arabi, come mercenari. A poco a poco l'esercito si trovò ad essere formato in gran parte di Turchi, stabilitisi nella parte incivilita del paese. I generali turchi diventano i veri padroni e fondano spesso dinastie proprie.
(Per i dettagli - vedi i capitoli-periodo inerenti gli Arabi )


Una di queste potenze create da signori turchi aveva per centro Ghazna nell'Afghanistan; l'aveva fondata Nasir ed din Sabuktegin (976-997). Grazie al figlio suo Mahmud (998-1030), la dinastia dei Ghaznavidi assunse notevole potenza storica, avendo egli conquistato il Chorasan e la maggior parte del nord-ovest dell'India. Nel Chorasan il regno di Mahmud toccava la Transoxania, antica sede di civiltà iranica, già inondata da orde turche, in specie da che si era sfasciata la potenza dei Samanidi. Ilek, Chan del Kashgar, si era spinto più avanti, conquistando Buchara. Dalla regione dell'Aral, guidata da Selg'uk, una tribù turca mosse contro Buchara e vi si stabilì come alleata dei Samanidi.
Da questo punto i Selg'uki costituivano un pericolo continuo per il Chorasan, dove comparvero nel 1030, davanti a Merw. Inflitta che ebbero una grave sconfitta a Masud, successore di Mahmud (1099), il loro dominio nel Chorasan era ormai assicurato, a spese della dinastia dei Ghaznavidi.

Anche i possedimenti indiani furono loro tolti dai Ghoridi, dinastia originaria delle aspre giogaie da Ghor a Herat. Hussein Ala e din prese Ghazna (1154) ed espugnò Lahore (1187). Del valore che ha il grande sultano Mahmud di Ghazna per la storia della cultura, nonchè della storia dei Selg'uki e dei loro celebri capi, quali Toghrul. Bek, Alp Arslan, Melik shah e il suo gran vizir Nizam al-Mulk si è parlato - come abbiamo già detto sopra - in quest'opera, trattando della storia dell'Islam.

L'Islam fu la forza che congiunse l'India, fino allora isolata, col mondo occidentale. Dall'Iran gli Arabi si spinsero dapprima nel Sindh (705); ma più efficace fu la penetrazione del governatore del Chorasan, Muhammad ibn Kasim, che nel 712 conquistò quella regione dalla parte del mare. I suoi successori occuparono il Gug'arat, cosicchè nel 714 il dominio islamico del Sindh era ormai assicurato. Dal Multan la propaganda maomettana si allargò, nell'India settentrionale.

Verso il 1200 sorse nel Bengala uno Stato islamita, e sappiamo che un sovrano islamita regnava verso il 1300 nel Kashmir. Alla diffusione dell'Islam nel Tibet e nella Cina possiamo qui soltanto accennare. Inoltre l'Islam penetrò e dominò fortemente l'arcipelago malese, per cui passava il commercio degli Arabi con la Cina meridionale; le fonti arabe ne fanno menzione all'incirca fin dall'850. La coesione e la rigida organizzazione delle masse facevano dell'Islam una cospicua forza politica e amministrativa.
I rappresentanti dell'Islam stavano sempre uniti di fronte al mondo disperso e individualista dello Stato e del popolo indiano, guadagnando in tal modo terreno. Fin dal 1170 Sumatra occidentale e in mano dell'Islam; nel 1345 anche sulla costa settentrionale si sono stabiliti regni islamiti. Così pure Giava venne colonizzata da occidente e guadagnata a poco a poco all'Islam, a cui l'induismo dovette cedere il passo, pur lasciando tracce profonde nella cultura di quella grande isola.

Insieme all'espansione dell'Islam come religione ed esponente di una civiltà, l'India ebbe a subire una trasformazione, feconda di conseguenze, dalla conquista politica per opera di dinastie islamiche, per lo più turche, creatrici di regni parziali nell'ambito del mondo islamita. Tale connessione con l'Occidente assume forme diverse.
A tutta prima si tratta solo di scorrerie, cui premono i tesori dell'India; tali furono le incursioni di Mahmud. In tal modo dinastie straniere vennero presto ad attrarre nel loro dominio parti dell'India. Infine sorsero in India signorie straniere, limitate all'India stessa. Tale forma di dominio si chiude col regno del Gran Mogul (ca. 1600) che perde il suo dominio e la penetrazione europea fa sentire i suoi effetti materiali e spirituali in crescendo fino all'inizio del XX secolo.

I cinque secoli trascorsi dall'invasione di Mahmud (1001) appartengono ai periodi più spaventosi e rovinosi che mai popolo civile abbia sofferto. Il suolo dell'India settentrionale fu di continuo, letteralmente, innaffiato di sangue. Le dinastie si succedevano con rapida vicenda; ad ogni cambiamento di trono, assassini e devastazioni tremende. Periodo di lotte selvagge, le cui passioni e crudeltà erano rinfocolate dal fanatismo islamita e dalla resistenza dell'induismo. Soltanto con l'avvento dei Mogul (1526) si iniziò un periodo dir tranquillità e di stabilità politica.

Allorché una potenza turca si stabilì a Ghazna, alle porte dell'India, il principe di, Lahore, G'aipal, cercò, alleatosi con i principi di Delhi, Ag'mir e Kanaug, di allontanare la minaccia mediante un assalto contro l'Afghanistan; ma fu sconfitto (988). Subito orde turche invasero il Peng'ab; già il regno di Sabuktegin si stendeva fino all'Indo. Suo figlio Mahmud (998-1030) continuò la lotta e, vittorioso di G'aipal II (1001) espugnò Lahore. Nell'India settentrionale esistevano nel X e XI secolo numerosi principati indipendenti ; mediante sedici incursioni Mahmud ne distrusse i più importanti. Nella battaglia decisiva di Peshawar (1008) egli sconfisse gli eserciti riuniti dei sovrani di Gwalior, Malva, Delhi, Kanaug' e Ag'mir.
Altre spedizioni raggiunsero il Gug'arat e la regione del Gange, dove il saccheggio dei templi di Nagarkot nel Himalaya, di Sthanesvara e Somnath nel Gug'arat e di Mathura, offrirono ricca preda. Mahmud rimase a lungo nel ricordo degli Indiani, quale iconoclasta. Però il suo regno non andò oltre l'occidente del Peng'ab.

Poi iI regno di Mahmud si sfasciò sotto i suoi successori, per interni dissensi dinastici e per gli attacchi dei Selg'uki. Quando i Ghoridi, dinastia originaria dell'Afghanistan occidentale, ebbero distrutto interamente Ghazna (1150), ai due ultimi Ghaznavidi (1152-1186 non rimase che il possesso di Lahore. Qui Chusrau Malik, l'ultimo Ghaznavide, fu sconfitto dal Ghoride Muhammad (1186); fatto prigioniero, fu ucciso insieme coi figli (1192).
Muhammad di Ghor (1186-1206) si accinse subito all'assalto degli Stati indiani. Prithvi, re di Ag'mir, che aveva respinto l'attacco degli Afghani nella battaglia di Sthanesvara (1191), fu poi sconfitto e ucciso (1193). L'Ag'mir fu messo a ferro e fuoco dagli Afgani, gli abitanti trucidati o venduti schiavi.

Ai rapidi colpi di Muhammad soccombettero presto gli Stati indiani, spesso in contrasto tra di loro. Kutb ed-din, generale dì Muhammad, espugnò Delhi (1193). Dal 1194 al 1196 furono assoggettate le regioni di Benares, Kanaug', Gwalior, Gug'arat e Audh. Assassinato Muhammad nel 1206, Kutb ed-din divenne il sovrano indipendente dell'India settentrionale.

Al dominio dei Ghoridi portò un grave colpo lo shah del Chwaresm, Takash. Mentre l'Afghanistan si univa al Chwaresm (1215), Kutb ed-din si stabiliva in India con un regno indipendente, fondando così la dinastia mammalucca (1206-1290), detta anche dei «re schiavi», perché il turco Kutb ed-din era stato schiavo dei principi Ghoridi, giungendo al trono attraverso i gradi di generale e di governatore.
Da sovrano restaurò l'ordine e la tranquillità, per quanto con mezzi violenti. Resta anche oggi il ricordo di lui, nel Kutub Minar, la grande moschea di Delhi. Suo figlio fu tolto di mezzo (1210) da un ex-schiavo per nome Altamsh o Altmysh, che Kutb ed din aveva adottato e che regnando (1210-1236) mostrò buone qualità politiche.

Il suo prudente riserbo salvò l'India da mali maggiori, allorché i Mongoli di C'inghiz-Chan passarono l'Indo (1222) e devastarono l'occidente. Soltanto in seguito Altamsh riuscì a riunire le membra disperse del regno e a ridurre in suo potere l'India settentrionale. L'amministrazione era bene ordinata; Altamsh favorì le scienze e l'architettura.
I disordini riscoppiarono sotto i suoi successori. I generali cercavano, qui come dovunque, di rendersi indipendenti; gli Hindu tentavano di scuotere il giogo straniero mediante numerose sollevazioni; per di più i Mongoli, che nel frattempo avevano conquistato la Persia, invasero più volte il paese.

Fra i successori di Altamsh é da ricordare sua sorella Rezia (Raziyah Begum, 1236-39) donna di forza virile e di rare qualità di dominatrice (si vedeva persino prender parte alle battaglie sul suo elefante). Essa soggiacque a ripetute sollevazioni, cui davano occasione o pretesto i suoi amori con uno schiavo abissino. Una certa tranquillità tornò solo, respinti i Mongoli (1247), sotto Mahmud Shah (1246-66), sesto figlio di Altamsh; però gli Hindu continuavano nelle loro frequenti ribellioni, soffocate nel sangue.

A Mahmud successe il suo gran-vizir Balban (1266-87), anch'egli ex-schiavo turco. Duro e crudele, ma severo anche verso sé stesso, represse le rivolte degli Hindu nel Bengala e Behar e distrusse i Rag'puti del Mewar. Suo figlio Muhamad Chan respinse i Mongoli dal Peng'ab (1285), ma cadde combattendo. Con l'inetto nipote di Balban, assassinato nel 1290, terminò questa dinastia.

Finora la conquista islamica aveva risparmiato l'India meridionale. Ancora verso la metà dell'VIII secolo si era sfasciata la dinastia dei C'alukya; circa il 973 un loro discendente ne restaurò il dominio, riconquistando l'antico regno, con Kalyani per capitale. A grande potenza sorsero i C'ola sotto Rag'arag'a il Grande (985-1011), che sottomise i Pallava, il regno dei Vtngi ed i Kalinga, riunendo così Ceylon al proprio regno. Suo figlio Rag'endra C'oladeva lo ampliò con la conquista di Orissa e del Bengala. Egli creò persino una notevole flotta. Il regno dei Pandya sembra fosse tributario dei C'ola.

Ad occidente, la dinastia dei Bellala aveva in nel frattempo occupato la regione dei Malabar e cacciato l'antica dinastia dei Tochera. Cresciuti in potenza, dopo la caduta dei C'alukya conquistarono la parte meridionale del loro regno (circa 1190). Nel XIII secolo la potenza dei C'ola comincia a decadere; i Pandya riacquistano la loro indipendenza; nel Telinga la dinastia Narapati fonda un regno proprio nel Varangal.

Caduta la stirpe di Altamsh e con essa la prima dinastia tatara, le successe (1290) un'altra famiglia turca della tribù dei Khilg'i ; emigrati nel X secolo dalla regione dell'Oxus nell'Afghanistan, avevano assunto, insieme all'Islam, la cultura persiana. Il loro capo G'elal ed-din Khilg'i, tolto di mezzo l'ultimo discendente di Altamsh e la sua famiglia, era salito al trono col nome di Firuz Shah, governando con mitezza e bontà.


Suo nipote Ala ed-din Muhammad intraprese, contro la volontà di lui, un'audace spedizione nel Dekkan, conquistandovi il forte di Dauladabad. Al suo ritorno fece uccidere il vecchio Firuz Shah, per dare sfogo alla propria ambizione.
Ala ed-din (1290-1316) aveva indole di dominatore, energico, operoso, ricco di qualità. Con crudeltà selvaggia soffocò le incessanti rivolte degli Hindu; ma respinse anche per tre volte, e vigorosamente, i Mongoli. La sua generosità e la salda amministrazione dello Stato non valevano ad attenuare, se non in scarsa misura, il terrore del suo nome. Fortunatissime furono le sue imprese guerresche, per le quali quasi tutta l'India si ridusse in suo potere. Il suo generale Malik Kasur conquistò (1309-1311) tutto il Dekkan. Rimasero indipendenti solo il Kashmir, Orissa e poche altre province.

Morto Muhammad Shah, forse avvelenato da Malik Kasur, la dinastia non tardò a sfasciarsi. Allorché Mubarak Shah, figlio di Muhammad, fu assassinato con tutta la sua famiglia dal suo gran-vizir (1320), il governatore del Peng'ab, Ghyas ed-din Tughlak, insorse e tolse a Delhi il trono all'usurpatore.
Con lui prese a regnare la terza dinastia tatara. Anche Tughlak, da schiavo, si era innalzato alla dignità di governatore. Come sovrano (1220-25) si mostrò ottimo amministratore; difese i confini ai quali si riaffacciavano i Mongoli e riacquistò alcune province perdute. Perito in un accidente, il regno passò al figlio Muhammad Tughlak, il Nerone dell'India.
All'inizio uomo coltissimo e pieno d'ingegno, patrono delle scienze e zelante del bene pubblico, impose da sovrano le misure più pazzesche e fatali e infierì da tiranno. Il regno si scioglieva in continue rivolte. Dappertutto si andavano ricostituendo i piccoli Stati indiani, fra i quali primeggiavano i regni di Bahmani e di Vig'ayanagara nel Dekkan. Anche il Gug'arat, Malva, Khandesh, G'aunpur e Bengala tornarono indipendenti, sotto principi afghani.

Il successore Firuz Shah III (1351-88), per quanto riordinasse egregiamente l'amministrazione interna, non poté restaurare la potenza della dinastia. Il regno fini per dissolversi fra le guerre civili, tanto che alla dinastia dei Tughlak non rimase che il territorio intorno a Delhi. Sotto l'ultimo sovrano di questa dinastia avvenne la spaventosa invasione di Timur (1398).
Lo sparpagliamento politico dell'India rendeva impossibile qualsiasi seria resistenza. Con rapida marcia Timur conquistò il nord ovest dell'India e si avanzò su Delhi. Il sultano Mahmud Tughlak (1394-1412) fuggì nel Gug'arat. Delhi aprì le porte a Timur, che promise di risparmiarla; qui egli fu proclamato imperatore dell'India. Ma dopo pochi giorni abbandonò la città al saccheggio delle sue orde selvagge e tornò a Samarcanda.

Timur segna realmente la fine delle dinastie turche. I tentativi di fondarne delle nuove non ebbero grande importanza. L'emiro dei Multan, Chizr Chan, tentò di assicurarsi il dominio del Hindustan (1414); ebbe solo tre successori, i Seyyidi, che sino al 1451 regnarono su Delhi e il territorio limitrofo.
Delhi passo poi nelle mani del governatore di Lahore, Batlul Lodhi, che estese il suo dominio (1451-1488) sopra un territorio più vasto. dal Peng'ab fino ad est di Benares, tenuto ancora da suo figlio Nizam Iskander (14881517. Finalmente sotto il terzo sovrano dei Lodhi, Ibrahim II (1517-26) il regno si sfasciò in numerose sollevazioni. Il governatore dei Peng'ab chiamò in aiuto, contro il proprio sovrano, il timuride Babar, che aveva fondato una dinastia in Kabul. I suoi primi passi ci conducono alla storia dell'Asia centrale.

La signoria afghana fu il calvario dell'India; essa segnò l'invasione della barbarie. Innumerevoli città, templi, opere d'arte vennero distrutte. Le lotte incessanti inghiottirono la prosperità del paese e gran parte degli abitanti. L'Islam divenne la religione dei popoli dominanti; gli Indiani persistettero nell'induismo, che divenne la religione degli oppressi ed anche perciò degenerò spesso in superstizione.

Un contatto spirituale tra islamismo e induismo non si verificò mai nell'India. Bastava l'istituzione indiana delle caste per impedire qualsiasi efficace comunanza di cultura; d'altra parte la cultura indiana era del tutto estranea alla mentalità dei sovrani islamiti. Solo l'architettura dell'India ebbe qualche impulso dall'amore dello sfarzo proprio ai re islamiti.

Mentre la potenza del califfato s'indeboliva sempre più e il regno dei Selg'uki si andava spezzando in principati minori, una nuova forza cominciò a stabilirsi nel Chwaresm.
Sang'ar, figlio del grande Malikshah, mantenne il dominio selg'uko nella Transoxania, nel Chorasan, Chwaresm e Seistan, mentre se ne staccavano ad occidente numerosi staterelli turchi: nel Mosul e Nishapur, in Armenia, Luristan, Kirman e Fars.

Ma nuove orde turche comparivano da oriente; i Kara-Khitai avevano esteso il loro regno dall'Altai fino a Bashgar infliggendo una grave sconfitta a Sang'ar (1141). Morto costui, i Ghuzi turchi penetrarono dalla Transoxania nel Chorasan, tutto devastando. Le terre di Sang'ar passarono in gran parte nelle mani dei governatori del Chwaresm, cresciuti in potenza; uno di questi, Tarasti, tolse di mezzo l'ultimo sultano selg'uko, Toghrul III, portando altresì un grave colpo alla signoria dei Ghoridi nell'Afghanistan.
I progressi del Chwaresm furono continuati per opera di suo figlio Muhammad (1200-1223), che sconfisse i Ghoridi e in varie scorrerie portò la devastazione in quasi tutta l'India settentrionale. Sorse così nel Chwaresm l'unica grande potenza islamica, che comprendeva il vasto territorio dalla Transoxania all'India.
La potenza dello shah del Chwaresm costituiva per il califfo la minaccia più grave, tanto più che Muhammad stesso aspettava solo un'occasione propizia per acquistare il predominio anche sul califfato. Una questione personale tra Muhammad e il califfo Nasir, che gli rifiutava il titolo di sultano, parve dovesse far scoppiare l'inevitabile conflitto, allorquando, come un improvviso uragano, irruppero da oriente le terribili orde mongoli che, guidate da C'inghiz chan (Gengis Khan) , mandando in rovina le sedi della civiltà dell'Asia occidentale.

La comparsa dei Mongoli
forma l'epoca massima della storia asiatica;
è un nuovo popolo che irrompe, con la forza elementare della barbarie.

I MONGOLI - IL GRANDE IMPERO DI GENGIS KHAN > >

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