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41. INFLUENZE DELL'ANTICA CULTURA INDIANA

Fin quando si vide la storia dell'India soltanto alla luce di fonti e monumenti indiani, quel mondo dovette apparire come assolutamente separato da ogni rapporto con altri paesi. Infatti lo sviluppo della cultura indiana, fino alla conquista islamita, si presenta ristretto in sé stesso, senza che nessun paese straniero lo turbi o vi influisca.
Eppure la civiltà indiana esercitò un'efficacia sugli altri popoli, più estesa e profonda in tutti i paesi dell'Asia orientale, nell'Arcipelago indiano ed anche (come ora sappiamo) nell'Asia centrale; e di cui rimangono tracce e singoli influssi nell'Asia occidentale e perfino nel mondo greco, particolarmente dell'ellenismo.

L'India e la Cina sono le due grandi province della civiltà orientale più strettamente e per più lati congiunte. Gli impulsi partono dall'India: elementi della religione - innanzi tutto col buddismo - e del pensiero indiano, della legislazione e dell'arte dell'India passano in Cina. Per l'India transgangetica, le isole della Malesia e il Tibet, l'India ha lo stesso significato che ha Roma per la cultura europea.

L'altipiano meridionale, il Dekkan, è la prima terra straniera in cui la civiltà indiana penetrò senza distruggere o scacciare la popolazione aborigena. Qui gli Indiani trovarono diversi regni dravidici, certo non inferiori ad essi per civiltà e forza politica. Nell'estremo sud si stendeva il regno dei Pândya, comprendente - come pare - anche Ceylon e ricordato dalle cronache buddistiche di Ceylon, dal greco Megastene (III secolo a. C.), nonché dalle iscrizioni di Asoca.

Il regno dei Pândya ebbe persino relazioni commerciali con Roma ed inviò un'ambasciata ad Augusto. Verso nord confinava con altri due Stati dravidici sulla costa orientale, il regno dei Cola, da cui prese nome la costa del « Koro-mandel « (Colamandala): sulla occidentale, quello dei Cera, pacifico popolo di mercanti. La prosperità degli Stati meridionali dipendeva dai ricchi prodotti naturali delle coste, innanzi tutto dalle perle e pietre preziose.

In questi regni meridionali la cultura brahmanica era penetrata già molto prima dell'età di Alessandro Magno. Nel Mahâbhârata si fa menzione di eremitaggi brahmanici fin sulla punta meridionale dell'India. Ma insieme alla popolazione meridionale si conservarono numerosi elementi della sua civiltà, innanzi tutto la lingua e un'antica scrittura indiana. Dalla costa del Malabar gli influssi della cultura indiana penetrarono a poco a poco nell'interno, raggiungendo solo in età più tarda il regno dei Cera.
Accanto al brahmanesimo
anche i buddisti e i Jaina trovarono per un certo tempo numerosi seguaci nell'India meridionale. I molti e splendidi templi ci attestano tuttora il predominio dello spirito indiano.
Anche nella letteratura indiana il mezzogiorno é rappresentato da opere assai notevoli: vi appartengono due sommità scientifiche, il filosofo Cancara, il proclamatore della dottrina del Vedânta mediante i suoi commenti alle Upanishad, e Sâyana, il celebre commentatore del Veda (XIV secolo d. C.).

Nelle lingue dravidiche - Tamil, Malayalam, Telugu e Kannada (canarese) - si svolse una letteratura dominata dallo spirito e dalla tecnica indiana. La letteratura tamulica fiorisce sin dall'VIII secolo d. C., con una serie di scritti morali e mistico-religiosi, da porsi tra le più belle gemme della poesia indiana, superiori - per il calore e l'immediatezza del sentimento - a più d'un'opera artistica della poesia sanscrita.

Merita innanzi tutto menzione la raccolta di versi morali « Kural » del tamulo Tiruvalluver, frutto di esperienza personale e celebrante in delicati e sentiti accenti il valore del matrimonio e della vita domestica. Nella sua schietta e naturale umanità questa poesia si innalza di assai al disopra dell'arte raffinata degli stilisti indiani.

Già in tempo antichissimo l'India meridionale, sempre sede di attivo commercio, manteneva relazioni con Ceylon, dove si era riversata una forte immigrazione ariana. La storia comincia per noi solo da quando vi fu introdotto il buddismo (245 a. C.) per opera di Mahendra figlio di Asoca.
La storia di Ceylon s'inizia col sovrano che accolse benevolmente la missione buddista, Devâuampiya Tissa, contemporaneo di Asoca. É probabile che Ceylon fosse in qualche modo dipendente dal regno di Asoca, il che spiegherebbe l'invio del figlio suo e la festosa accoglienza che gli gli fu riservata.

La vita del popolo e la cultura di Ceylon é tutta, dominata dal buddismo. Sorsero grandi conventi, cui i re assegnarono estesi terreni, villaggi e campi, laghi e canali. Ne venne a soffrire il ceto indipendente dei contadini, passato in tal modo alla servitù dei conventi. L'agricoltura ebbe intenso sviluppo e nella capitale si ammassarono grandi ricchezze, come attestano le rovine di palazzi e conventi, nonché grandi acquedotti. I sovrani curarono anche la piantagione di alberi fruttiferi, fondarono ospedali e favorirono le arti e le scienze. Ma il dominio della cultura buddistica presuppone che lo Stato abbia solidamente assicurata la propria esistenza; esso non ha mai mostrato la forza necessaria ad affermarla in tempi difficili.

Le ricchezze accumulate dall'ordine monacale di Ceylon ne corruppero la vita intima. La tendenza alla formazione di sétte, sempre propria del buddismo e spesso degenerata in intolleranza ed odio appassionato, fu per un certo tempo fatale anche al buddismo singalese. I sovrani cercarono, di tanto in tanto, di ristabilire l'unità dell'ordine monacale. Ma le ricchezze e l'ozio della vita contemplativa guastavano ogni disciplina morale. Le invasioni dei Tamuli, mettendo in serio pericolo la libertà dell'isola, affrettarono la decadenza del buddismo, già soggiacente allo stesso fato nell'India settentrionale.

La civiltà dell'India transgangetica e dell'arcipelago malese é pure di origine indiana. Le relazioni dell'India con questi paesi sono connesse con un movimento di cultura partito dalla costa orientale, specialmente dal regno dei Kalinga lungo la Godavari, dove gli Ariani e i Dravidi erano già venuti ripetutamente a contatto. Nomi indiani nell'India ulteriore sono attestati già nel II secolo d. C. da Tolomeo.

La storia antichissima dell'India ulteriore é illustrata da notevoli fatti linguistici. La popolazione attuale, costituita in massima parte dai Birmani, Siamesi e Annamiti, è penetrata solo in età recente nella penisola, conquistandola e cacciandone quasi totalmente, o assorbendone o distruggendone la popolazione più antica. Scomparvero così dei regni come quelli dei Mori o Talaing nel corso inferiore dell'Iravadi nel Pegu, dei Khmêr (Cambogia) nel basso Mechong, dei Tjam nella parte meridionale dell'Annam.
Solo da recenti ritrovamenti archeologici siam venuti a conoscere l'antica civiltà di questi popoli. W. Schmidt ha dimostrato la parentela delle lingue Mori Khmêr con le malaio-polinesiache; esse sono pure affini alle lingue degli aborigeni indiani, Munda e Kolarii. I Birmani e i Siamesi, penetrati da conquistatori nell'India ulteriore, appartengono, insieme ai Tibetani ed ai Cinesi, ad un altro grande gruppo di popoli. I Birmani conquistarono il Pegu. Nel XVIII secolo il condottiero dei conquistatori birmani, Alampra, cacciò quasi del tutto i Mon ; solo una piccola parte ne è rimasta fino ad oggi nell'interno dei Siam.

I Mon avevano già fortemente subita l'influenza della civiltà indiana, ed esercitarono alla loro volta la propria sulla cultura e la letteratura dei Birmani, i quali solo nel XV secolo cominciarono a servirsi letterariamente della loro propria lingua, traducendo dal Talaing.
L'influenza buddistica sulla Birmania é rintracciabile fin dal V secolo, da quando cioè vi penetrò il buddismo. Numerose colonie e fattorie indiane, sorte dal vivace commercio con la costa occidentale del Deccan, si stendevano sulle coste della Birmania, mantenendo relazioni coll'interno del paese. Accanto al buddismo, vi fu accolto l'induismo.

Il diritto indiano acquista soprattutto influenza dall'XI secolo in poi; il grande Codice del re Vagaru (XIII secolo) é basato sulla giurisprudenza brahmanica (Manu). Influssi indiani si possono rintracciare ancor oggi nella vita e nei costumi del popolo, nella religione, nell'arte e nell'industria.

Più accentuati ancora li vediamo nei numerosi edifici e rovine del Cambogia. Le iscrizioni, dapprima in sanscrito, poi in lingua Khmêr, appartengono al VI-XIII secolo e la scrittura deriva da alfabeti dell'India meridionale; nel IX secolo si adopera anche un alfabeto settentrionale. Queste iscrizioni ci offrono un ricco quadro della vita indiana trapiantata nel Cambogia. La nobiltà guerriera vi ha messo piede, da conquistatrice; nelle corti, i principi coltivavano la poesia e le science. Fondazioni reali provvedevano allo studio della letteratura sanscrita, della musica, della recitazione. Il culto sacrificale dei brahmani trovava appoggio nella generosità dei principi. Anche qui sta a fondamento del diritto il codice brahmanico di Manu, cui nemmeno il buddismo, penetratovi più tardi, riuscì a soppiantare.

La cultura indiana trova la più splendida espressione nei grandiosi edifici e l'architettura cambogiana raggiunge la sua perfezione in un'opera relativamente moderna, il tempio di Angar-Vat. Le pareti sono ornate di bassorilievi, rappresentanti, con ricchezza di figure, il mondo degli déi, le feste del culto, avvenimenti storici, e innanzi tutto episodi del Mahâbhârata e del Râmâyana.
Il buddismo è attestato nel Cambogia fin dal IX secolo, ma vi appare già nella forma assai modificata del cosiddetto buddismo settentrionale, caratterizzato dal gran numero di déi celesti e dalla fantastica mitologia riversatavi da varie religioni popolari.

Fin dal X secolo il Siam si é staccato dal Cambogia, assicurandosi mediante lunghe lotte la propria indipendenza. La civiltà del Siam rivela in singole tracce l'influsso brahmanico, come nella legislazione (Manu). Però gli influssi brahmanici hanno ceduto davanti al buddismo, accoltovi nel 638 e rimasto la religione dominante del Siam.
Nell'Annam meridionale, nello Stato di Tjampa, le iscrizioni in sanscrito e in tjam (III-XV secolo) attestano l'influenza dell'induismo. Le lotte con i Siamesi e con gli Annamiti segnarono la fine di questo regno; la cultura cinese prese, nell'Annam, il posto dell'indiana.

L'architettura birmana, rappresentata dai templi della capitale Pegu (XI-XII secolo), sembra dipenda dall'arte del nord-ovest dell'India, sebbene la costruzione del tempio abbia qui assunto una forma particolare (vôlta reale cuneata, costruita in mattoni; mancanza di fregi plastici). L'architettura del Siam, i cui modelli più insigni ci sono offerti dagli avanzi dell'antica capitale Ayunthya (XIV-XV secolo) e dai templi di Bangkok (XVII secolo), è senza dubbio basata sull'indiana, pur procedendo in modo particolare nella costruzione e adottando, nei dettagli ornamentali, numerosi motivi cinesi. Sorse così un'architettura robusta, ma pure sovraccarica e senza effetto d'insieme; la grande pagoda di Vat-Cing a Bangkok ne è il miglior modello.

Le isole della Malesia sono interamente dominate dall'influsso della civiltà indiana. É probabile che esistessero fin da tempo antico relazioni commerciali con la costa orientale dell'India Il viaggiatore cinese Fa hien vi trovò (413) cultura brahmanica, senza traccia di buddismo. Il culto di Vishnu in Giava é attestato da iscrizioni sanscrite del V secolo. I conquistatori indiani vi portarono, oltre ai loro déi, le opere letterarie; in ispecie le grandi epopee furono tradotte in giavanese e drammatizzate; il teatro giavanese di marionette ha radice nell'epica indiana.
Il fiorire della letteratura giavanese si deve interamente all'efficacia della indiana. La peculiare lingua letteraria di Giava, il Savi, é antico giavanese con una fortissima mistura di parole sanscrite. Pare che il sorgere della letteratura, prevalentemente poetica, fosse favorito dall'unione di tutta Giava sotto lo scettro di Er-Langa (XI secolo)

L'India influì anche sulla vita politica; un documento cinese del 435 attribuisce a un re di Giava un titolo indiano. Un codice, tuttora in vigore nell'isola di Bali, si riattacca a Manu; soltanto qui l'induismo si mantenne dopo la conquista musulmana (1468).
Nella religione di Giava gli elementi induisti si uniscono a quelli del buddismo settentrionale, che vi esercitò molta influenza, accanto al culto di Çiva, col quale si trova persino accoppiato. Come espressione artistica di tale religione é sorta la grande architettura buddista di Giava; il maestoso tempio di Boro Bulur (circa il 900) ne é il monumento più insigne, il più vigoroso prodotto di quell'arte. Non é un tempio vero e proprio, ma un rivestimento architettonico di uno stûpa, il tumulo sepolcrale o reliquiario, sormontato da una cupola. I numerosi bassorilievi offrono una vivace rappresentazione di tutta la mitologia buddistica e delle sue connessioni terrestri. Tutto il monumento rispecchia mirabilmente la concezione mondiale buddistica e, in ultima analisi, indiana; é una meditazione tradotta in pietra.

Le statue del Buddha di Boro Budur appartengono alle opere più nobili della scultura indiana; i tratti arcaici della plastica antica sono attenuati e umanizzati, sì che la contemplazione, l'abbandono del mondo dei sensi per quello dell'anima hanno in esse trovato un'espressione, nel suo genere, classica.

Sumatra, l'intermediaria del commercio cinese e malese con l'India e la Persia, divenne anche il centro orientale della cultura indiana: vi si poteva studiare il sanscrito, come fece il cinese Fa-bien. Epigrafi del XIV secolo attestano la penetrazione dell'induismo, confermata dal fatto che la vita dei popolo malese, nonostante l'Islam, subì numerosi influssi indiani negli usi e costumi e nella religione.
La diffusione della cultura indiana verso oriente si può seguire coll'aiuto della storia e della scrittura. Gli alfabeti dei Makassar e Bugi di Celebes, come pure dei Tagali delle Filippine, sono modellati su quello di Sumatra. Un'iscrizione attesta che l'influenza indiana toccò anche Malacca. Un'altra iscrizione indiana si é trovata sulla costa orientale di Borneo.

Due altre grandi regioni sono state toccate dalla civiltà indiana o dominate da essa. Dell'efficacia dell'India sulla civiltà cinese ne parleremo in altri capitoli dedicati alla Cina.

Ma anche l'Asia centrale é una provincia della cultura indiana. Antiche strade commerciali, muovendo dal Kashmir, conducono per diversi valichi in Persia, nel Chorassan, nel Chotan; e il Kashmir fu sempre sede di cultura brahmanica, attestata dal culto della letteratura sanscrita, da templi e sculture, iscrizioni e monete.
Un altro territorio é formato dall'altopiano del Nepal, i cui sovrani fondarono una grande biblioteca di opere in specie buddistiche. Dal Nepal la cultura indiana passò nel Tibet. Tra questa popolazione nomade, povera e barbara, il buddismo creò il monachesimo e la chiesa lamaica, organizzata gerarchicamente, fece del Tibet uno stato teocratico. In tal modo pervennero nel Tibet anche gli influssi intellettuali dell'India.

Ora andiamo a ovest, dove nello stesso periodo di Buddha
presso altri tribù ariane
sta nascendo una nuova forza religiosa

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