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CRONOLOGIA
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ANNO X ANNO
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E TEMATICI
PERSONAGGI
E PAESI

11. GLI ASSIRI (in breve)

Re Hammurabi riceve le leggi da Shamash, dio del Sole

IL TERRITORIO - GLI ABITATORI - STORIA - LA SCRITTURA E LA LETTERATURA - LE COGNIZIONI SCIENTIFICHE - LE ARTI - BABILONIA - IL COMMERCIO E LE INDUSTRIE - ISTITUZIONI, USI E COSTUMI - LE RELAZIONI FRA GLI ASSIRI E GLI EGIZI
(la cartina a fondo pagina)

Quale è più antica delle due civiltà, la babilonese o l'egiziana? Questa domanda spesso ripetuta ricorda un problema altrettanto importante, o meglio altrettanto insignificante: quale biblioteca possiede più libri, quella del British Museum di Londra o la Bibliotheque Nazionale di Parigi? L'esperienza ha insegnato che i volumi erano in maggior numero là dove se ne era fatta più di recente la catalogazione; e così può dirsi in generale di quelle civiltà, secondo le esperienze degli ultimi decenni, che i nuovissimi scavi, intrapresi su larga scala, hanno via via messo in luce i più antichi strati di cultura.

Nelle pagine scritte negli ultimi anni del secolo XIX, Babilonia poteva pretendere di aver conservato i più antichi monumenti storici dell'umanità. Dopo, nei primi anni del XX secolo, i singoli ritrovamenti degli scavi di alcune spedizioni inglesi, avevano permesso di seguire la antica cultura babilonese fino ai tempi di Sargon I, infine a metà secolo venne messa al sicuro, per le indagini assiriologiche, un'altra quantità di materiale antico mediante gli splendidi risultati di molte altre spedizioni francesi, inglesi, americane e Italiane. Come a Babilonia, a Telo o quelli di Nippur. Scoperte che ci hanno fatto conoscere l'arte più antica e già sviluppatissima dei Sumeri. Inoltre dalle grandiose rovine dei templi si ebbe una chiara idea dell'esercizio dei culti religiosi nella più remota antichità, come dai numerosi ritrovamenti sepolcrali dei vari modi di inumazione, mentre il decifratore era attirato da migliaia di iscrizioni, con una ricca messe dall'epoca in cui la Babilonia era riunita in un unico grande impero.

Che dire poi della istruttiva corrispondenza di Chammurabi con uno dei suoi vassalli, con l'inestimabile - Corpus Jiuris - a lui attribuito. Liste di re e innumerevoli documenti privati completarono il quadro dell'antica cultura di Babilonia, le cui particolarità appaiono nel modo migliore in una corsa attraverso le rovine finora messe in luce, oppure nel seguire la descrizione, tra gli altri, da H. V. Hlprecht nella sua opera, riccamente illustrata, Exploration in Bible lands during the 19 Century (Esplorazioni nei paesi della Bibbia durante il XIX secolo), Philadelphia

LA MESOPOTAMIA
IL TERRITORIO.

Nel bacino dell'Eufrate e del Tigri, in questa vasta pianura limitata a occidente dal deserto, dal monte Tauro al nord, dall'altipiano montuoso dell' Iran all'est, bagnata dal golfo Persico a mezzodì, si svolsero, si sovrapposero e si fusero le civiltà caldaiche e assire, dal connubio delle quali con l'egizia fu generata la civiltà che poi dai Greci ai Romani abbiamo ricevuto.
L' Eufrate e il Tigri produssero in Asia lo stesso fenomeno del Nilo in Egitto: creando oasi fiorenti e larghe in mezzo al deserto, resero possibile l'espansione di popoli intelligenti e forti. I due fiumi asiatici non hanno però la potenza e la regolarità del Nilo: nati dalla giogaia del Tauro, scorrono dapprima in senso opposto, l' Eufrate verso ovest, verso est il Tigri, e apertasi una via nelle gole dei monti arrivano al piano e subito diventano navigabili. Il Tigri va diritto al mare, ingrossato all'est dai fiumi della Media e della Persia; l'Eufrate fa un lungo giro verso ovest e perde una parte delle sue acque nelle sabbie del deserto, del quale segna il limite con la riva destra. Prima di giungere al golfo Persico, i due corsi d'acqua si riuniscono oggi; un tempo invece le loro foci erano distinte e formavano un delta vasto, si che le rive del golfo erano a 150 chilometri più dentro terra che non oggi.

Gli straripamenti di questi fiumi erano capricciosi sì che l'attività umana dovette intervenire, per regolarne il corso, più frequente e alacre che non sulle rive del sacro fiume egizio.
I geografi greci chiamarono con il nome di Mesopotamia - paese tra i due fiumi - la parte superiore della pianura tra l' Eufrate e il Tigri, Babilonia la parte inferiore fino al mare, Assiria la regione dell'alto Tigri fin presso i monti dell'Armenia al nord e della Media all'est, Susiana o Elam la regione fra il Tigri e il Choaspes. Diverso il clima; al nord nella Mesopotamia, rade le piogge, eccessivo il caldo d'estate, fertilissimo il paese; nell'Assiria, inverno piovoso, estate violenta d'uragani, terreno vario; nell' Elam, fertile il suolo quanto il babilonese.

Oggi nulla rimane di quella meravigliosa fertilità che ad Erodoto ispirò una pagina entusiastica.
"La nutrice gloriosa di tante generazioni scomparse è esangue: solo in primavera, di marzo, d'aprile, è bella, allorchè le inondazioni le danno una fioritura pomposa che i venti disseccano subito. L'Eufrate inferiore anzi è diventato pestilenziale".

" Le piogge non sono frequenti e la poca acqua che cade fa germogliare le radici dei grani seminati; si innaffiano poi le piante con l'acqua del fiume che le fa giungere a maturazione e non è già come in Egitto, dove il Nilo si spande da sè per le campagne, ma solo a forza di braccia e con l'aiuto di macchine si fa l'irrigazione. Del resto, la Babilonia è come l'Egitto intercisa tutta quanta da canali, dei quali i più grandi portano veri e propri navigli. Il massimo si volge a sud-est dall' Eufrate al Tigri, dove sorge Ninive. Di tutti i paesi che conosciamo è senza dubbio, il migliore e il più fertile in frutti di Cerere e non vi si tenta di far produrre alla terra fichi, vite, olivi, ma essa, in compenso, è sì adatta a ogni sorta di grano che rende sempre 200 volte quanto si è seminato e negli anni in cui sorpassa sè stessa dà trecento volte più di quel che abbia ricevuto. Le foglie del frumento e dell'orzo vi hanno quattro dita e più di lunghezza e, benchè non ignori a quale altezza vi crescano gli steli, di miglio e di sesamo, non ne farò menzione, persuaso che quelli che non sono stati in Babilonia non potrebbero prestar fede a ciò che racconto di quel paese. I Babilonesi non fanno alcun uso dell'olio d'olivo, ma adoperano quello di sesamo, e la pianura è coperta di palme, delle quali la maggior parte dà frutti e di tali frutti una parte si mangia e dall'altra si estrae vino o miele".

"La posizione di questo paese ne aveva fatto la grande strada del mondo antico per cui l'Estremo Oriente comunicasse con l' Egitto e con l' Europa; la sola che i prodotti d'Oriente potesse arrecare al Mediterraneo e di qui, per mezzo dei Fenici, a tutto il mondo. Ora le sabbie silenziose hanno steso un funebre velo sulle piagge fiorenti, sulle strade, sulle città popolose".

GLI ABITATORI.

- Per la Caldea, come per quasi tutte le altre regioni del mondo, è impossibile sapere esattamente d'onde venissero i suoi primi abitanti, e a qual razza appartenessero. Per quanto lontano le scoperte moderne ci facciano risalire nella storia, giunge sempre un momento in cui veniamo a trovarci di fronte ad una densa notte, innanzi alla quale è necessità soffermarci, poichè non possediamo nè guida, nè fiaccola che possa servirci di guida.

La scrittura degli antici Assiri, la scrittura cuneiforme, decifrata nello stesso modo con cui lo furono i geroglifici egiziani, ci mostra che vi erano in Mesopotamia due linguaggi, per conseguenza, due razze distinte: l'assiro di Ninive e il sumero-accadico della Caldea.
Non si ha più alcun dubbio sull'origine degli Assiri : erano Semiti. Più difficile è sapere a quale razza appartenessero i Caldei, divisi nell'antichità in due diramazioni: il popolo di Shumir e quello di Accad. Essendosi riconosciuto nel sumiro-accadico una lingua agglutinata che presenta qualche analogia coi dialetti uralo-altaici, si volle vedere nei Caldei un popolo d'origine turanica. Questa opinione è oggidì assai contraddetta.

Secondo l'opinione più generalmente accettata, i Caldei si stabilirono nella regione delle foci, dove condussero vita pacifica, scavando canali d'irrigazione, costruendo città, nelle quali si organizzarono governi, religioni e scienze. Divenuti troppo numerosi, essi risalirono verso il nord, lungo il Tigri, e colonizzarono la regione montuosa che domina sulla riva sinistra. Così crearono l'Assiria (oggi Kurdistan). Gli Assiri, abitando un paese più rude e meno fertile, cercarono di vivere delle risorse dei loro vicini e divennero un popolo di conquistatori. La guerra fu la loro principale industria. E, sintetizzando, si può affermare che nella civiltà caldeo-assira le arti della guerra furono create e sviluppate dagli Assiri, mentre le arti di pace furono coltivate dai Caldei.

STORIA.

- La storia della Caldea e dell'Assiria può essere divisa in quattro periodi dal 4000 al 533 a. C.
1° il primo impero caldeo, fino al XIV secolo;
2° il primo impero assiro, fino al X secolo;
3° il secondo impero assiro, da 1000 anni fino al 625 a.C.;
4° il secondo impero caldeo, dal 625 al 533 a.C.
La differenza caratteristica per cui si sono stabilite queste divisioni molto larghe e imprecise, sta nella supremazia dell'una o dell'altra delle due capitali (Babilonia e Ninive). In realtà la loro storia
e la civiltà loro furono identiche, poichè le razze e le lingue si dovettero fondere insieme assai presto.

Prima di esporre la storia così quale può essere desunta dai ricordi che i re ed i popoli lasciarono di sè, non sarà inopportuno ricordare le leggende e le tradizioni che ormai sono state relegate assieme a tutte le altre favole di cui il genio greco si compiacque, riproducendo e ampliando le narrazioni di Ctesia, medico greco, addetto alla corte di Artaserse Mnemone. Di Beroso, sacerdote caldeo contemporaneo d'Alessandro, che avrebbe scritto la storia dell'Assiria secondo i testi cuneiformi, possediamo ben scarsi frammenti, citati da Eusebio e da Giuseppe, sicchè non se ne può apprezzare il valore e la portata.

Nei primordi della leggenda, appare, come nella maggior parte di quelle riguardanti i popoli d'Asia, un grande cataclisma, un diluvio, a cui succede la reintegrazione del mondo per opera d'uomini divini. Venendo in età più recenti, ecco le imprese gigantesche di Nino, che sottomette metà dell'Asia; ecco le gesta di Semiramide, figlia di un mortale e d'una dea, nutrita dalle colombe del deserto, della quale il re di Battro s'innamora, inalzandola agli onori del trono. Essa avrebbe fondato Babilonia, le cui mura erano lunghe 360 stadi (66 km.) e larghe tanto che sei carri, uno accanto all'altro, potevano percorrerle sopra comodamente; essa avrebbe sulle due sponde del fiume costruito due superbi palazzi, comunicanti fra di loro per un grande passaggio sotto il letto dell'Eufrate; essa ancora avrebbe fondato Ecbatana; e giunta prima d'ogni altro assiro al mare. Dopo di lei, regnarono Sardanapalo voluttuoso, Sennacheribbo, che la collera di Geova abbattè, Nabucodonosor orgoglioso, Balthazar che vide Babilonia distrutta.

Gli scavi iniziati in quelle regioni da P. E. Botta, nipote dello storico d'Italia Carlo Botta, nel 1842, cominciarono a mettere in luce palazzi magnifici, bassorilievi e iscrizioni. Proseguiti poi dal Layard, ci resero noti Ninive e i suoi monumenti, e una miriade di mattoni di terracotta riproducenti, in scrittura cuneiforme, storia e avvenimenti. I Grotenfeld, i Bournouf, i Lassen, i Rawlinson, gli Oppert riuscirono a scoprire la chiave di quel linguaggio misterioso che sembrava non potesse più dir nulla al pensiero umano; per essi si può, nelle sue linee generali, narrare la storia di quei luoghi come realmente fu.

Del primo, impero caldeo, o meglio dei primi regni sumiri e accadici, si sa che ogni città aveva dei capi indipendenti, sacerdoti e re.
Sembra che il primo re dei Shumir e degli Akkad uniti sia stato Hammurabi, figlio di Amarpal, soldato valoroso e saggio politico, che elevò Babilonia - sua città nativa - a capitale del regno, compì quella grandiosa e utile opera che servì per molti secoli all'irrigazione, il canale reale di Babilonia, e lasciò quell'importante documento della sua saggezza, da poco scoperto, che è - mutilo purtroppo - il codice noto sotto il suo nome.

Sarrukinu, o Sargon l'Antico, è il primo sovrano di origine semita che sia venuto a dominare sulla "valle felice" di Babilonia. Fu sovrano d'Akkad e conquistatore di Shumir; egli fece costruire in Sippar il celebre tempio del Sole, che una iscrizione di Nabonid, che ne fu il restauratore - 550 anni a. Cr. - dice essere stato fondato 3200 anni prima dell'età che fu sua. Questo stesso re Sarrukinu avrebbe fatto compilare in sumiro-accadico opere di magia e di vaticinazione; noi le possediamo, perchè raccolte e tradotte trenta secoli più tardi da Assurbanipal, uno degli ultimi re niniviti.

Tra gli avvenimenti svoltisi successivamente, uno di quelli che ha lasciato maggiori ricordi è l'invasione degli Elamiti, venuti dall'est del Tigri, che trasportarono nei templi della loro capitale, Susa, gli idoli delle città caldaiche. Alcune iscrizioni ci dicono che, allorquando Assurbanipal si impadronì di Susa, nel 660 a. Cr., le statue che egli prese ai vinti avevano già soggiornato 1600 anni nei santuari stranieri; dal che si può dedurre che l'invasione elamita risale almeno a 2300-2400 anni prima della nostra era.

All'invasione elamita ne succedettero molte altre. Dato il suo frazionamento in piccoli principati, era naturale che la Caldea divenisse preda dei conquistatori stranieri. Fatto sta che verso il XIV secolo tutta questa regione era sotto i figli del divino Assur.
Comincia il primo impero assiro, nei primordi del quale vanno poste le leggende di Nino e di Semiramide, che nessun annale assiro menziona.
I principi di questo impero furono difficili: era l'epoca in cui l'Egitto ascendeva trionfante. Thutmosi I venne fino a Karkemis; Thutmosi lI impose un tributo al re di El-Assar, capitale dell'Assiria; Amenhotpu Il discese il corso del Tigri. Ma appare un grande guerriero, Tiglat Pilesar il quale riesce ad assoggettare 42 popoli e respinge l'invasione nemica. Poi continua l'antagonismo tra Assiri e Caldei e, dopo un periodo oscurissimo, ci appaiono trionfanti gli Assiri.
Abbandonata El-Assar, i nuovi monarchi fissano la loro sede a Kalah (Nimrud), là dove lo Zab affluisce nel Tigri. Dopo otto o nove generazioni, Ashshurnazipal adotta per capitale Ninive.

Ashshurnazipal non fu solo un grande conquistatore, ma si compiacque di innalzare monumenti, ricordi grandiosi dell'opera sua. Egli ci ha lasciato per esteso il racconto delle sue gesta: le province del medio e del basso Eufrate sottomesse, la Siria, la Fenicia conquistate, l'Egitto umile tributario, Babilonia piegata. Shalmanúshshur III, che gli successe nell'860, continuò la guerra incessante, allargando i confini dell'impero. Poichè i suoi successori credettero di poter vivere solo di rendita , Medi e Babilonesi si scatenarono contro ed eclissarono per quasi un secolo la potenza di Ninive, che ebbe poi la fortuna di rialzarsi per opera di un grande sovrano.

Questi fu Tugulti Palésharra (o Tiglat Pilesar) II, salito al trono nel 745. Ricominciò l'era dei trionfi militari e della ricchezza di Ninive, che, accresciuta poi dal re Shalmamîshshur V, ebbe in Sharukin (detto più comunemente Sargon) capo militare inalzato al trono poichè si era spenta la legittima dinastia, l'erede più degno. Egli accrebbe, con l'aggiunta del regno d'Israele e dei Filistei, dell'isola di Cipro, dell'Armenia, di una parte della Media, il territorio: il magnifico palazzo di Khorsabad, che rivide la luce poco più di un secolo fa, è opera sua.

Gli successe il figlio Sennacherib, che regnò 24 anni (dal 704 al 680 a. Cr.) e anch'egli impegnato in continue guerre. Assalì prima i re della Siria meridionale, collegati contro la sua potenza, e a lui riuscì (come non era riuscito ai suoi predecessori) di prendere Tiro e obbligarla a pagar tributi (701 a. Cr.); poi andò contro il regno di Giuda e pose l'assedio a Gerusalemme; ma qui il suo esercito fu sterminato dall'Angelo del Signore (come dice la Bibbia), cioè, secondo l'interpretazione che si può dare a questo passo, o da una terribile pestilenza, o da qualche altra grave sciagura, che lo ridusse nell' impossibilità di combattere; sicchè fu costretto ad abbandonare l'assedio di Gerusalemme e a tornare a Ninive (700 a. Cr.).

Intanto una terribile rivolta era scoppiata nella Babilonia, che non lasciava intentata qualsiasi occasione per riacquistare l'indipendenza; e Sennacherib vi accorse col furore del barbaro e represse la rivolta percorrendo il paese come un uragano devastatore.
Ma egli pure finì tragicamente la vita, ucciso da due suoi figli. Il terzo figlio però ne vendicò la morte, uccidendo i fratelli e facendosi egli re dell'Assiria, Fu questi Asarhaddon.
Asarhaddon (680 av. C.) domò nuove rivolte che scoppiarono in più luoghi, e poi portò la guerra contro I' Egitto, su cui dominava ancora la stessa dinastia etiopica col re Tahraka. Asarhaddon lo conquistò e lo tenne per otto anni, finchè Tahraka riorganizzatosi riuscì a cacciarlo. Dopo ciò Asarhaddon si ritirò in Babilonia e abdicò in favore del figlio Assurbanipal (667 av. C.).

Assurbanipal (667-626 av. C.) fece come i suoi predecessori: represse energicamente ribellioni nell'interno, e rinnovò la guerra a vari stati vicini e lontani, ingrandendo il già vastissimo impero. Ma negli ultimi anni del suo regno piombò nella valle del Tigri, dal settentrione, una numerosissima invasione di Sciti nomadi, i quali sconvolsero tutto l' impero e diedero così l'occasione sia a un intervento dei Medi, sempre più preoccupati del soverchio ingrandimento degli Assiri, sia a una nuova rivolta dei Babilonesi, ostinati nei tentativi di rivendicare da quelli la propria indipendenza.

Intanto un nuovo impero si era fatto grande nell'Oriente, quello dei Medi. Ciassare, loro re. unitosi ai Babilonesi e agli Egizi, distrusse Ninive (606). Regnava allora Ashshurakheidin Il, figlio di Ashshuredililan. La rovina della città assira, che avvenne probabilmente nel 625 a. C., rimase avvolta in un tragico mistero: fu rapida e completa. Nessuno scrittore ne racconta i particolari; solo si alza la voce di Nahum, il profeta ebreo che annuncia al mondo, esultante d'odio feroce "O principi d'Assur! I vostri pastori e le vostre guardie si sono addormentati; i vostri principi furono sepolti mentre erano in preda al sonno, il vostro popolo è andato a rifugiarsi e a celarsi nelle montagne e non vi è persona che valga a chiamarlo a raccolta". "La vostra rovina è palese agli occhi di tutti, la vostra piaga è mortale e tutti quelli che hanno appreso ciò che vi è toccato hanno applaudito ai vostri mali; perchè chi non ha sentito gli effetti continuati della vostra malvagità? ».

Babilonia risorse. Per un secolo - dal 625 al 533 a. C. - tenne alto il nome caldeo. Nabudurussur (Nabucodonosor), figlio di Nabuballussur (Nabopolassar), fu l'emulo dei grandi sovrani assiri, di Sarrukin, di Assurbanipal. Egli sconfisse il re egizio Niko (o Necho), sull'Eufrate (605 a. C.) costringendolo a rientrare in Egitto; poi, divenuto re nel 604, sottomise la Siria, ed assalì due volte le Giudea: nel 597, rendendola tributaria, e nel 587 sottomettendola del tutto, distruggendo Gerusalemme, e trasportando captivi in Babilonia tutti i Giudei che gli si erano ribellati. In seguito conquistò anche la Fenicia, prendendo con lungo assedio la stessa Tiro (574 a. C.), e infine estese il suo dominio su gran parte dell'Arabia.

Babilonia divenne la meraviglia del mondo antico, abbellita da lui con giardini pensili e con la torre di Belo, che poi fu detta di Babele; nuovi canali furono fatti per collegare quelli antichi, la navigazione nel golfo Persico ebbe vivace impulso, sorse tra l'Eufrate e il Tigri la muraglia meda.
Per propiziarseli, nessun popolo inventò ed ebbe in tanto onore amuleti, talismani, filtri, sillabe fatidiche, quanto i Caldei.
Codesti geni erano perpetuamente in lotta fra loro: ne fanno fede tutti i monumenti figurati che ce li mostrano in continua tenzone. Chi voleva sfuggire ad un genio, bisognava invocasse, a fugarlo, un genio più potente di quello che tentava di nuocergli. Altro segno caratteristico è questo della concezione dualistica della natura, della lotta eterna della luce contro le tenebre, del bene contro il male; e tale è il concetto che dominò anche più tardi in seno alle religioni che fecero rivivere le antiche credenze della Caldea.

l culti assiri, che furono alquanto diversi da quelli di Ur, di Sippar, di Babilonia, ebbero un carattere più crudele, con sacrifici barbari, persino di vittime umane, mentre presso i Babilonesi si cercava di onorare la divinità penetrando nei segreti della natura e di ogni dio. L'unico sacrificio qui che sembra piacesse agli dèi era quello della castità: in Erodoto sono descritte le pratiche voluttuose che si compivano nel tempio della dea Mylitta, dove ogni donna doveva, almeno una volta in vita, offrire la sua bellezza alla dea in sacrificio assoluto. Non solo, ma ogni santuario aveva le sue prostitute sacre, con le quali il dio, a detta dei sacerdoti, amava intrattenersi di quando in quando.

La forma caratteristica dei templi è spiegata da una particolare concezione caldea. Verso il nordest, «il padre delle contrade», essi volsero lo sguardo: là immaginarono il soggiorno degli dèi, dimora futura di ogni uomo grande e buono, «un paese con cielo di argento e suolo producente messi senza lavoro» dove s'innalza « la montagna di Bel, che tocca con la doppia testa i cieli, come un bufalo possente irritato, dal quale le corna scintillano come un raggio di sole, come una stella».
Il monte sacro era riprodotto nei templi assiro-babilonesi, con lo Zibburat. «Picco di montagna», specie di piramide con tre o cinque o sette piani : il 3, il 5, il 7 erano numeri sacri: il primo rappresentava la triade divina, Na, il cielo, Ea, la terra, Mul-ge, il signore delle cose sotterranee; il secondo, i cinque pianeti; il terzo, le sette stelle del cielo.

Nonostante le superstizioni e gli eccessi materialistici, i popoli della Mesopotamia ebbero una fede profonda e cosciente. Nei loro inni al fuoco, al sole, al vento, ai fiumi, nelle loro invocazioni c'è un'elevatezza di sentimenti che fu raggiunta da pochi popoli.

LA SCRITTURA. - LA LETTERATURA.

- Due sono dunque i linguaggi che numerosi documenti mesopotamici ci hanno fatto conoscere il sumiro-accadico, parlato e scritto dai primi caldei, di lessico kuscita e di sintassi turanica, e l'assiro, linguaggio prettamente semitico che finì col trionfare dell'antico idioma. Infatti, la sola biblioteca di Assurbanipal, nel palazzo di Koyangik a Ninive, che ha fornito tale quantità di tavolette d'argilla da formare un cumulo di cento metri cubi - press'a poco 500 volumi di 500 pagine - ne presenta pochissime in lingua sumirica.

La scrittura tanto assira quanto sumirica era in caratteri cuneiformi, a forma di chiodi o di cunei, disposti orizzontalmente, verticalmente o in forma di ferro di lancia. Pare che tale forma singolare sia dovuta allo strumento scrittorio e alla materia. Lo stilo, di cui si sono trovati molti esemplari d'avorio, terminava in una estremità triangolare, premendo la quale sull'argilla molle ne risultava la caratteristica linea claviforme.
I segni cuneiformi formano una scrittura fonetica, rappresentando però non sillabe, ma suoni elementari: veramente, oltre ai segni che rappresentavano questi suoni semplici, v'erano dei monogrammi di convenzione che non avevano valore fonetico, ma significavano un nome, una parola speciale e dei prefissi determinativi, specie di maiuscole, che, poste innanzi ai nomi propri, servivano a mostrare che la parola seguente designava un dio, un re, un uomo, una città, un popolo, una donna, un animale, un metallo.

I 300 e più segni delle scritture mesopotamiche non hanno ancora del tutto avuto una definitiva interpretazione indiscutibile, si che la lettura di quei testi procede a rilento.
Singolari i prismi e i cilindri di argilla che narrano le gesta che i re vollero ricordare alla posterità, seppellendoli nelle fondamenta dei grandi edifici che costruivano; ma più singolari ancora i documenti privati. Erano tracciati sopra pani d'argilla che avevano la forma dei nostri saponi da toeletta. Per evitare tutte le contestazioni che potevano sopraggiungere in seguito - per lo più si tratta di contratti - coloro che redigevano quelle scritture le avvolgevano poi in un nuovo strato leggero d'arpilla, sul quale scrivevano un duplicato del testo, sottoponendo di nuovo il tutto a cottura.

Della letteratura babilonese antichissima, data la scarsa conoscenza che si ha del sumiro-accadico, si può sola parlare per fama. Dalle citazioni degli antichi possiamo arguire che si dovettero avere non solo opere scientifiche, storiche, religiose, ma perfino componimenti di pura immaginazione, favole, leggende.
Degli Assiri si conosce qualche cosa di più preciso: la massima parte dei "libri-tavolette" che noi possediamo consiste in grammatiche, lessici, raccolte di omonimi, di parole polifone e di etimologie. Essi ebbero gran cura della purezza e della stabilità della loro lingua, non solo, ma studiarono anche attentamente la vecchia lingua caldea. Ci restano dizionari, libri di esercizi e di temi che servivano senza dubbio per apprendere la lingua classica.

Le cronologie sono numerose, e frequenti sono le corrispondenze dei re con i loro messi in guerra o in pace, con gli scienziati incaricati di raccogliere osservazioni astronomiche. Non rare, ma purtroppo mutile, le tavolette che contengono racconti fantastici. Tra questi, piena di elevata poesia e importante per la storia dei miti la discesa all'Inferno della dea Ishtar, la dea dell'amore, che va a strappare dalle viscere del mondo, alle mani rapaci della dea della terra Antar, il diletto figlio Tammuz. Il racconto vi procede speditamente con osservazioni, ora leggiadre ora profonde, che offrono un interesse vivissimo.
Così suona il principio del poema :
" Verso la regione dalla quale non è ritorno, verso la casa della corruzione ha rivolto Ishtar la sua mente; verso la dimora che ha una via d'entrata, ma non una di uscita, verso una strada sulla quale si va avanti, ma non indietro, verso la dimora donde è esclusa la luce del sole, ove la fame si sazia di polvere e di fango, ove mai non si vede la luce, ove le ombre dei morti dimorano nell'oscurità, munite di ali come gli uccelli. Sullo stipite e sulla serratura della porta la polvere si è accumulata".

Molto meno interessanti altri racconti, come i Malefizî dei sette spiriti del male, il Peccato del dio Zu, rivòltosi contro Belo, le Gesta di Cubara, il dio della peste, le favole del cavallo, del bue, della volpe, dell'aquila, ecc.
Forse si conosceva anche la frase ritmica e si componevano dei veri versi: molti dei racconti eroici hanno apparenza di veri poemi epici; di lirica ardente hanno impronta gli inni in onore degli dèi, dei quali vogliamo riprodurre un frammento ispiratissimo
" Signore, dissipatore delle tenebre, che penetri l'oscurità; Iddio buono che sollevi quelli che giacciono nell'abiezione e sostieni i deboli; - I grandi dei dirigono i loro sguardi verso la tua luce; - Gli spiriti d'abisso contemplano avidamente il tuo viso; - Come un fidanzato, tu riposi pieno di gioia e adorno di bellezza; - Raggiungi con il tuo splendore i confini del cielo; - Tu sei il vessillo di questa vasta terra; - O Dio, gli uomini che l'abitano ti contemplano da lungi e gioiscono ».

LE COGNIZIONI SCIENTIFICHE.

- Le ricerche moderne, lo studio minuzioso dei resti dell'antica civiltà caldeo-assira, la interpretazione dei testi, se ci hanno mostrato un popolo intelligente e avido di cognizioni, perseverante nelle sue indagini scrutatrici dei fenomeni naturali, non sono però valse finora a confermarci nell' opinione della saggezza e della sapienza dei vecchi sacerdoti caldei. Ci troviamo di fronte a un cumulo di osservazioni laboriose, non animate mai da alcuna legge generale.

Le scienze famose della Caldea e dell'Assiria si possono riassumere in alcune nozioni d'astronomia e di matematiche e in un immenso guazzabuglio d'astrologia, di magia e di concezioni favolose dell'origine delle cose.
L'astronomia nacque nella Caldea, quasi tutte le città avevano accanto ai palazzi dei re, un osservatorio; e i templi stessi, con i quattro angoli rivolti ai punti cardinali, servivano forse da osservatorio, dove giorno per giorno registravano senza tregua gli astronomi quel che avveniva in cielo, calcolando la latitudine delle stelle sullo zenit di Elam. In tal modo essi poterono notare il ritorno delle eclissi lunari nello stesso ordine e alle stesse date per periodi di 223 lune; inoltre, seppero distinguere dalle stelle fisse i pianeti visibili a occhio nudo, Ea (Saturno), Bel (Giove), Nergal (Marte), Istar (Venere), Naba (Mercurio); infine, raggrupparono in costellazioni le stelle fisse.

Conoscevano quegli antichi l'anno solare di 365 giorni e mezzo, ma d'uso comune era invece l'anno di dodici lunazioni, che completavano a epoche fisse con l'aggiunta d'un mese intercalare. La loro preoccupazione più intensa fu quella di ricercare i rapporti fra l'apparizione degli astri e gli avvenimenti della vita e predire per tal mezzo la sorte degli uomini e degli imperi: delle loro chimere si impregnarono i Greci e i Romani non solo, ma gli Arabi stessi, per mezzo dei quali quelle favole tornarono in nuova luce a noi. Quadranti solari, gnomoni, clessidre erano gli strumenti di cui si valevano gli Assiri per misurare il tempo; essi avevano la giornata di ventiquattro ore, l'ora di 60 minuti, il minuto di 60 secondi. Pare che per misurare l'altezza degli astri avessero un astrolabio e che conoscessero le proprietà delle lenti.

Più ragguardevoli erano le loro cognizioni matematiche: il sistema decimale, il duodecimale, il sessagesimale, che ha per base 60 divisibile per 10 e per 12, furono da essi inventati. Loro è la divisione del circolo in 360 gradi, del grado in 60 minuti e delle divisioni sessagesimali successive, di cui ancora oggi ci serviamo. Il loro sistema di misure derivava, come il nostro, da una unità tipica di lunghezza, l'empan (27 mm.); i quadrati dei multipli e dei sottomultipli davano le misure di superficie.

Le tavolette ci mostrano anche dei tentativi di classificazioni botaniche, mineralogiche e zoologiche: i vegetali e i minerali sono catalogati secondo il criterio delle rassomiglianze e degli usi loro; gli animali sono divisi in famiglie: quella dei grandi carnivori, nella quale si trovano insieme il leone e il cane; quella degli erbivori (il bue e la capra); quella degli insetti, classificati secondo l'ambiente in cui vivono.

LE ARTI.

- I primi scavi nel territorio dell'antica Assiria furono intrapresi nel 1841 da P. E. Botta, di fronte a Mossul, sul suolo stesso di Ninive, e, continuati nel villaggio di Khorsabad, a 20 km. a nord, furono poi terminati da V. Place. I risultati furono eccellenti. Si scoprì una città costruita da Sargon, il distruttore di Samaria. Un po' più tardi H. Layard (1842-1843) esplorò nel villaggio di Calaat-Sherghat, a 9 km, al sud di Mossul, i resti di un palazzo costruito da un re d'Assiria chiamato Tuklatpal-Asar I, un omonimo dell'avversario dei re di Giuda e d'Israele, che regnò circa 386 anni prima di quest'ultimo. Layard scoprì in seguito, nelle rovine dell'antica Calach, i resti dei palazzi di una dinastia di re assiri che si succedettero durante un lungo periodo di anni. Infine egli riprese nello stesso suolo di Ninive gli scavi interrotti dal Botta e scoprì le rovine dei palazzi dei re di Ninive della dinastia di Sargon.

Dopo tali grandi scoperte gli scavi furono continuati in vari punti da Rassam, Smith e da missioni tedesche e americane, che portarono ugualmente preziosi contingenti alla storia dell'Assiria. Tutte queste esplorazioni hanno portato alla luce monumenti di ogni natura: palazzi di cui ciascun mattone porta il nome e i titoli dei sovrani che li costruirono, e i cui muri sono carichi di sculture e di iscrizioni in carattere cuneiforme; poi stèle, statue, statuette, pietre incise e una grande quantità di tavolette d'argilla (coctiles laterculi) provenienti dalle antiche biblioteche dell'Assiria, delle quali parla Plinio.

La lettura di questi documenti ha permesso di ricostruire una grande parte della storia di quel vasto impero, scomparso da si lungo tempo. I re del periodo della civiltà e della floridezza assira, oltre ad essere grandi conquistatori, furono anche grandi costruttori. Assurbanipal fu anche un letterato e un protettore delle arti. Si deve a lui se si è trovata l'intera collezione delle tavolette d'argilla, i cui frammenti erano stati raccolti nel suo palazzo a Koniundijk.

Vi aveva fatto trascrivere i vecchi testi religiosi (Smith nella sua storia di Assurbanipal ha riunito tali testi). Nelle rovine dei palazzi di Koniundijk, come in quelli di Khorsabad e di Nimrud, si può avere l'idea delle costruzioni meravigliose erette per tre secoli dai monarchi assiri. La natura sabbiosa del suolo e la mancanza di pietra fece sorgere nello spirito di quel popolo la necessità di crearla. L'argilla, arrossata dal fuoco, divenne dura come la roccia e fu così che nacque la ceramica. In Caldea la costruzione fu più accurata, almeno in certe epoche e in certi edifici; anzi la Caldea può essere considerata come la vera culla della civiltà e dell'arte, per essere stata l'anello di congiunzione fra l'Egitto e la Grecia.

Nella rovina conosciuta sotto il nome di Babil, che rappresenta uno dei principali monumenti dell'antica Babilonia, i blocchi di argilla cotta sono tenuti insieme dal limo, che servì a fabbricarla. Altrove, come a Birs Nimrud, vi è una specie di calce, che rende più tenace l'unione dei materiali è una specie di bitume. La Genesi, raccontando la costruzione della torre di Babele, dice: L'argilla loro servì di pietra e il bitume di cemento.
La volta negli edifici assiri era costruita in parte per coprire certi lati dell'edificio stesso. Chi osservò tale verità fu l'Handin, disegnatore per le opere del Botta. Il Thomas, collaboratore del Place, riprese la stessa idea con buon risultato. Si trovarono infatti blocchi curvilinei, coperti di stucchi e di affreschi, che dovevano ornare le volte stesse.

Lo stesso metodo fu seguito poi dai bizantini e ciò ha una grande espressione nel palazzo di Sarbistan. Molti frammenti trovati a Khorsabad avevano già condotto Place a indovinare che gli Assiri applicavano il bronzo in foglie sulle porte; ma è una scoperta recente che leva tutti i dubbi e ha mostrato come l'arte avesse finito con l'approfittare di una semplice precauzione difensiva.

Nel 1878, Hormuzd Ranam (ch'era stato compagno di Layard), incaricato di fare scavi per conto del Museo Britannico, raccolse a Balavat a 15 miglia da Moosul, delle lastre metalliche decorate da bassorilievi, ove si lesse il nome di Salmanasar II (895-825). Le porte avevano in Assiria un lusso molto appariscente. I colori più vivi erano adoperati per la decorazione. Erano anche notevoli gli obelischi istoriati, di cui nel Museo Britannico esistono vari esemplari. Splendidi poi erano i tori alati, che sono alti fino a cinque metri e che servivano come divinità tutelari all'ingresso dei palazzi. Nel palazzo di Sargon si sono contate ventisei paia di tori alati e a Koniundjik in una sola facciata v'erano dieci di tali colossi.

A Ninive la scultura non è, come a Menfi e a Tebe, in Egitto, dispersa e diffusa. Occupa sempre lo stesso posto. Le figure sono come infisse nei plinti del muro. I loro piedi toccano il suolo. Si è calcolato che nel palazzo di Sargon, le lastre scolpite, messe di seguito, avrebbero una lunghezza totale di circa due chilometri. Una larga parte era dunque assegnata alla scultura in tutti gli edifici. Le credenze dell'Egitto, ritrovate in Caldea, offrirono vari temi alla scultura. I demoni, i mostri furono soggetti preferiti.
L'arte, procedendo da principi realistici, si compiacque riunire l'animale e l'uomo in strane, fantastiche ricomposizioni. Si son trovati anche vari esempi di pittura murale. Era per solito la parte alta dei muri interni degli edifici, che veniva decorata di una brillante pittura a smalto.
I vasi in Assiria erano tutti cotti al fuoco e presentavano forme svariate. Il Museo Britannico ha molti esemplari di argille lavorate simili alle ceramiche egizie. Il vetro, già fabbricato nell'Egitto, fu usato anche in Caldea, e la metallurgica appare in larga scala adoperata in tutti gli usi della vita. Per i mobili, si sa che erano eleganti e preziosi per gli intagli e il pregio del legname. Il profeta Nahum, nel maledir Ninive, accennando al bottino dei vincitori, dice : "Rapite l'oro e l'argento: le ricchezze di Ninive sono infinite, i suoi vasi e i suoi mobili preziosi sono senza prezzo".

La tradizione orientale dei vasi è continuata fino ai nostri giorni presso i popoli arabi, e sappiamo che la fabbricazione delle splendide coppe metalliche ebbe origine nell'antica Mesopotamia: poi i Fenici, che tutto imitarono, naturalizzarono e diffusero quelle industrie.
Nè meno pregevoli erano le armi, che Rawlison e Layard hanno descritte nelle loro opere. Le asce e le spade damaschinate resero celebri gli Assiri in quest'arte di lusso, ed oggi ancora Damasco serba la gloriosa tradizione. Perfino gli oggetti da toeletta e di uso quotidiano furono ornati dall'arte caldea, e nel Louvre sono raccolti, di tali oggetti, esemplari bellissimi. Dell'oreficeria assira ci restarono splendidi campioni che ci dànno un'idea del lusso assiro. Le stoffe in Assiria furono assai curate, data la pomposità del vestire, e certo furono ammirabili per la varietà del colore e l'eleganza del disegno.

In Assiria la tomba è muta e anonima. Non si possiede una sola iscrizione funeraria, che rimonti ai tempi in cui i due regni della Mesopotamia s'appartenevano. Si sono trovate sepolture a Nimrud, a Koniundijk, a Khursabad, nei dintorni di Messul, ma è provato, dalla loro posizione che sono posteriori alle rovine dei palazzi assiri. Ranam e Luftus trovarono tombe con ossa: ma non appartenenti al periodo della potenza assiro-caldea. Che facevano dei loro morti gli Assiri? Layard, preoccupandosi del problema, esplorò senza risultati la regione di Mossul, promettendo premi a chi gli trovasse una tomba assira.

Ma nulla si trovò: nè Place, nè Hurmuzd Ranam dopo di lui trovarono qualcosa. Solo in una stele si è trovato un tema funerario. Ma non si trovano mai scene funerarie sui bassorilievi di battaglie. Pare che l'orgoglio assiro non ammettesse che i guerrieri potessero cadere e morire. Loftus volle dare una spiegazione essendo la Caldea piena di tombe, forse ivi si trasportavano tutti i morti come in una terra santa. Con tutto ciò la tomba caldea nulla offre d'importante dal punto di vista dell'arte.

BABILONIA.

- Di tutte le città caldeo-assire, la più importante, e quella che durò di più, fu Babilonia. Fondata, secondo alcuni scrittori antichi, da Semiramide, secondo Erodoto dalla regina Nitocris, la Città dalle cento porte cominciò ad avere splendore sotto Hamurabi, e acquistò sull'impero assiro un predominio che doveva durare fino al tempo degli Arabi. Sopravvisse a tutti gli assedi e a tutti i saccheggi dei re di Ninive. Nabucodonosor ne fece la più grande città dell'Asia. I Persiani, e più tardi i Greci, la rispettarono. Essa diffuse per secoli sul mondo il fulgore di una civiltà raffinata fino alla corruzione.

Babilonia dovette i suoi grandi destini e la sua durata all'eccellenza della sua posizione geografica. Sorgeva in un punto del corso inferiore dell'Eufrate, nel cuore del paese più fertile che allora esistesse. Quel fiume la faceva comunicare col Golfo Persico e la Siria. Il popoloso centro inoltre imperava sulla grande strada commerciale che andava dall'Europa Centrale e dall'Asia Minore alle Indie, e sulle strade per l'Egitto, l'Armenia e la Persia. Tutto il commercio internazionale del mondo antico passava fra le sue mura. Quand'ebbe conquistata la supremazia sull'impero assiro, la potenza politica venne ad accrescere la sua grandezza, e la sua ricchezza, dovuta alle guerre e alle scienze, non ebbe più limiti.

La mano d'opera dei prigionieri di guerra servì a fare di Babilonia la Regina dell'Asia. I Greci parlavano di quella città con grandissima ammirazione. Il luogo sul quale sorse Babilonia é da molti secoli un cumulo immane di rovine dalle quali l'opera infaticabile degli archeologi ha dissepolto vestigia imponenti. Templi, cittadelle, palazzi, baluardi, monumenti, cimiteri, librerie e altri inestimabili tesori, che giacquero sepolti per migliaia e migliaia d'anni, vennero alla luce; e il mondo moderno stupì davanti a codesta rievocata civiltà millenaria, della quale i nostri padri non ebbero alcuna idea.

Il prof. Maspero, il dott. Hilprech, il dott. Delitsch, il dott Budge, il dott. Pinches, Rawlison, Loftus, Spet, Rogers, ecc., che esplorarono le rovine della città magnifica, misero in luce testimonianze colossali dell'eccellenza dell'arte architettonica babilonese.
(oggi con le foto aeree, e con l'aiuto del computer sono state ricostruite le città nei minimi particolari).
La massa più sorprendente degli avanzi e quella situata al sud-ovest di Hillah, consistente in un terrapieno (648 m. di circonferenza) di forma oblunga, spaccato nella parte orientale, mentre nell'occidentale s' innalza una figura conica, alta 60 metri, con un masso solido di mattoni sulla sommità, perforato da piccoli pertugi, disposti in romboidi, e adorno di iscrizioni. Qua e là appaiono collinette e piccole valli: sono gruppi di case e piazze, ma ancora gli esploratori si domandano invano dove sorgesse il rogo che distrusse l'effeminato Sardanapalo, dove la base della Torre di Babele, dove il palazzo di Semiramide.

I barbacani e i pilastri, generalmente di mattoni, erano parte degli edifici babilonici. Per l'abbellimento, si inverniciavano tegole e si preparavano mattoni di bellissima qualità, improntati di caratteri cuneiformi, concatenati talvolta anche con ferro e piombo, come nel ponte sull'Eufrate. I Babilonesi non conoscevano i cassoni idraulici e non avevano l'idea dell'arco, che sostituivano nelle parti superiori delle porte, con travi o altro. Si decorava con animali in rilievo, ritratti, statue, ecc., e, in luogo, di colonne, si usavano pile.
Fra le rovine, che occupano una distesa immensa di terreno, si può riconoscere il tempio di Baal, che, con le sue otto terrazze, si eleva a un'altezza di 600 piedi, oltrepassando anche le più alte piramidi d'Egitto, e al quale Strabone dà una circonferenza di 2600 piedi.

Il palazzo di Nabucanezar, che aveva un vasto perimetro, non è più che una immensa collina di macerie. Dei giardini detti di Semiramide, che furono costruiti e guisa di anfiteatro, e che si elevavano, simili a terrazze, con gradini sostenuti da gallerie, non si trovano che pochi resti di forme architettoniche complete : le superficie dei muri sono tutte rivestite di tavolette d'alabastro, con rilievi rappresentanti soggetti della vita dei re e la parte superiore mostra una ornamentazione di mattoni verniciati a diversi colori. Nell'entrata si trovano due statue colossali, guardiane delle porte, aventi un corpo di toro, con due grandi ali, e una testa d'uomo, ornata d'una tiara. Questi edifici si elevavano sopra terrazze ed avevano una pianta semplicissima : si componevano di una grande corte interna a cielo scoperto. di forma quadrata e circondata da lunghe sale parallele. Interessanti frammenti di antichità babilonesi si trovano nel Museo Britannico di Londra.

IL COMMERCIO E LE INDUSTRIE.

- La posizione geografica della Mesopotamia fu ragione precipua del grande sviluppo del commercio di questa regione. Essa era « la maggiore arteria de', mondo conosciuto, ricca di posti di scambio e di magazzini, che terminava, alle due estremità, ai due capi del commercio marittimo dell'antichità Babilonia e Tiro ».
Babilonia dava a Tiro le perle d'Ofir, l'oro, l'avorio, I' ebano dell' Etiopia, i profumi, le pietre preziose, gli scialli dell' India, i tappeti superbi, i ricami, i ricchi mobili ch'essa stessa fabbricava, e ne riceveva stoffe egizie, vasi di bronzo, ferro di Cipro, porpora, oli, lane e, soprattutto, danaro, mucchi d'oro, per saziare i suoi desideri avidi sempre di voluttà.
I contratti erano compilati con grande cura e con minuzia non differente dall'egizia, regolarmente firmati coi suggelli di sette testimoni, oltre a quelli dei contraenti. Troviamo che l'interesse legale poteva salire sino al 25 per cento.

L'agricoltura era floridissima per la gran ricchezza dei fiumi e dei canali e per la dolcezza del suolo: il prodotto più importante era quello delle palme, ma di poco gli era inferiore il raccolto di grano, di frumento, di miglio; l'Assiria produceva inoltre (allora, prima della desertificazione) gran quantità di vini.
Non si conosce popolo che abbia lavorato il ferro e l'acciaio prima dei Caldei e degli Assiri: ne foggiarono spade, lance, cotte e caschi mirabili per solidità ed eleganza, e umili ma ancor più utili strumenti, come vomeri, asce, falci, picconi, uncini, cerniere, ecc. Anche gli altri rami della metallurgia vi fiorivano: l'oro e l'argento erano usati senza leghe, in lamine battute, e fusi in diverse fogge; il bronzo si trova colato in statue, in vasi, in piatti, in caldaie.

Avanzatissima la glittica: tale e tanta è la finezza di lavorazione dei rilievi scolpiti in pietre durissime - corniole, onici, agate, sardoniche - che si è dovuto supporre per molti che siano state eseguite con la lente. Tal ramo d'arte doveva, per dir così, avere assunto un carattere industriale, data la consuetudine assira di avere ognuno il proprio suggello, di cui si valeva a modo di firma, applicandolo sull'argilla molle, dove si erano scritti editti o contratti.
La lavorazione dell'argilla in mattoni costituiva un'altra industria importante in quel paese privo di pietra: se ne facevano disseccati al sole oppure cotti nella fornace, colorati diversamente con ossidi metallici. Nelle fabbriche servivano quelli per i muri interni e questi per i muri maestri: cemento era il fango frammisto a paglia e al bitume tanto abbondante sulle rive dell'Eufrate.
Le ceramiche, i mobili d'avorio, i gioielli e specialmente le stoffe e i tappeti finissimi sono altri prodotti d'arte industriale i quali diffusero il nome mesopotamico e ingentilirono il gusto barbarico.

ISTITUZIONI, USI E COSTUMI.

- Quantunque la vita pubblica e privata di Ninive e di Babilonia abbia finito col conformarsi su uno stesso tipo, differenze notevoli si possono notare, determinate parte dalle condizioni topografiche e caratteristiche storiche, parte da movimenti etnici.
I Babilonesi furono uno dei grandi popoli marittimi dell'antichità; l'india lontana, ricca d'oro e di profumi, li vide; li vide l'Etiopia, inesausta d'avorio e di legni e di metalli preziosi.
Gli Assiri non si affaticarono mai nel possesso dei mari, ma padroni di Tiro e della Caldea ne sfruttarono con le navi fenicie, con le babilonesi, i vantaggi. Babilonia eccelse per la saggezza, naturale nella sua razza; Ninive per la violenza brutale del suo temperamento semitico: quella ebbe un reggimento quasi sempre teocratico, questa fu organizzata a monarchia assoluta. Il re assiro era il capo della religione; così come l'arbitro delle vicende civili militari; rappresentante del dio Ashur e pontefice, in suo nome comandava gli eserciti, e muoveva alla conquista del mondo; in suo nome dettava le leggi. Solo il primo ministro e il capo degli eunuchi potevano rivolgergli la parola. Nella Caldea il re invece subiva l'influenza della casta sacerdotale dei Magi famosi, che ci trasmettevano misteriosamente l'eredità del sapere antico.

Gli eserciti erano numerosissimi, armati delle armi più perfezionate del tempo, ma pronti sempre alle ribellioni e poco disciplinati: constavano di fanteria pesante che montava sui carri di guerra e constavano di cavalleria, ed erano entrambi eccellenti nell'arte degli assedi, forniti come erano di catapulte, d'arieti poderosi. Narra Diodoro :

"Per la sicurezza dell'impero e, allo scopo di mantenere i suoi sudditi nell'obbedienza, il re levava annualmente un certe numero di soldati (una vera e propria coscrizione) i capi dei quali erano scelti per ogni provincia; riuniva le truppe fuori della città e dava a ogni nazione un governatore devoto a lui; alla fine dell'anno congedava le soldatesche e ne faceva levare di nuove in numero eguale. Con questo mezzo egli manteneva tutti i suoi sudditi in rispetto e con la presenza dei soldati, accampati a cielo aperto, additava ai facinorosi, ai ribelli una repressione sempre pronta. Il rinnovamento annuo delle truppe aveva inoltre per effetto che i capi e i soldati venissero licenziati prima di aver appreso a conoscersi reciprocamente, perché un lungo soggiorno negli accampamenti dà ai capi l'esperienza della guerra e li dispone spesso a rivoltarsi e a cospirare contro il loro sovrano".

Della vita privata i ricordi sono ancora più scarsi. Possiamo però dedurre dai racconti degli storici greci - i monumenti essendo muti - che le abitudini dovettero essere fin dai tempi antichissimi molto raffinate. Quei re assiri, uccisori di leoni, carnefici di popoli, quegli scribi impassibili che registrano il numero delle teste e delle mani mozzate ai vinti, quei soldati che impalano, inchiodano sul campo i prigionieri (nessun altro popolo ci ha lasciato bassorilievi tanto ferocemente accurati) si compiacquero del lusso e dei piaceri ma anche del cinismo.

Vestivano i re e i sacerdoti lunghi abiti sontuosi, ricamati d'oro, gravi di frange; portavano in capo una specie di tiara e avevano ai piedi calzari, dal sandalo allo stivale alto fino al ginocchio. L'abbigliamento comune constava d'una tunica di lino lunga, alla quale n'era sovrapposta un'altra di lana e una specie di mantello: consuetudine degli umili era l'andar scalzi e a testa scoperta. L'acconciatura dei capelli e della barba era molto accurata: dal pastore al re, tutti portavano i capelli, naturalmente crespi, inanellati e disposti con tanta simmetria da far supporre che usassero il ferro.
Delle donne bassorilievi ci hanno lasciato soltanto immagini brutte e prive di grazia, vestite di abiti larghissimi a pieghe che non lasciano intravedere le linee del corpo: gioverà supporre che sia piuttosto mancata all'artista l'abilità di riprodurle che non ad esse la leggiadria. Collane, braccialetti, armille, pendenti non erano solo usati dalle femmine, specialmente nella molle Babilonia.

Per molto tempo, almeno, pare che gli Assiri si siano conservati monogami, mentre fra i Babilonesi fu in grande uso la poligamia. I contratti matrimoniali si facevano in un modo curiosissimo che Erodoto ci riferisce:
"Ogni anno chi aveva figlie da marito le portava in un luogo determinato; colà erano disposte in ordine di bellezza e messe successivamente all'incanto da un banditore, a cominciare dalla più bella. Il miglior offerente di quelli ch'erano corsi ad assistere a quell'avvenimento si portava via colei che aveva acquistato. Le brutte erano invece messe all'asta, con soprappiù una data parte della somma ricavata dalla vendita delle belle, per un prezzo vile".

Narra ancora Erodoto :
"Ogni donna nata nel paese è obbligata una volta nella sua vita a recarsi nel tempio di Venere per darsi a uno straniero... Essa segue il primo che le getta del danaro e non le è consentito, di rifiutar chicchessia. Indi, quando s'e sciolta di ciò che doveva alla dea dandosi a uno straniero, ritorna fra i suoi. Dopo di ciò qualunque sia la somma che le si offra non riesce possibile il sedurla. Anche qui le brutte s'avevano la peggio; stavano anni ed anni nel tempio, poichè nessuno voleva prestarsi ad aiutarle al compimento del loro voto. Era questa una forma curiosa di monachismo, parallelo alla prostituzione".

Curiosissima e singolare è un'altra consuetudine che ci è pure riferita dallo storico greco:
"Siccome non avevano medici quei popoli mesopotamici, quando uno cadeva ammalato lo si trasportava nella pubblica piazza. Chiunque passasse aveva l'obbligo di chiedergli qual male avesse e di suggerirgli i rimedi che egli stesso aveva usato o che da altri sapeva essere stati usati in casi consimili".

LE RELAZIONI FRA GLI ASSIRI E GLI EGIZI.

- Nell'antichità, la guerra fu, più del commercio, la forma normale delle relazioni fra i diversi popoli. La civiltà del Nilo e quella dell'Eufrate vennero a contatto e si compenetrarono per effetto di una lunga serie di guerre alle quali abbiamo già accennato. Queste possono essere divise in tre periodi.

Nel primo, i piccoli regni del medio Eufrate subirono la sovranità dei faraoni conquistatori della XVIII dinastia. Più tardi, divenuti potenti i re di Ninive, gli Egizi intimoriti spinsero contro di essi i loro alleati di Siria e d'Israele. Questi furono sconfitti, ed anzi la caduta di Damasco e di Samaria decise Sabacon, faraone di Napata, ad intervenire personalmente. Ma il suo esercito, come vedemmo, fu messo in fuga a Rafia, da Sargon (VIII secolo a. C.), e i successori di questo re penetrarono in Egitto, presero Tebe e sconfissero gli Etiopi.
Dopo la distruzione di Ninive, i faraoni dei Delta ripresero l'offensiva in Asia. Niko invase la Palestina e la Siria. Ma Nabucodonosor lo vinse a Karkemis e l'Egitto perse ogni influenza in Asia. Poi, i due Stati rivali furono conquistati dai Persiani e subirono la dominazione di Cambise.


è ora utile un breve riassunto dell'antica cultura delle popolazioni citate
cioè la babilonese, l'egiziana, l'assira e la israelitica.
Iniziamo con la prima:

CULTURA DELL'ANTICO ORIENTE - LA BABILONESE > >

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