17. L'UNITA' GRECA - LA MACEDONIA

Le ampie regioni del nord della Grecia, l'Epiro e la Macedonia, sino al V secolo non avevano si può dire partecipato affatto del progresso della nazione ellenica nell'incivilimento. Su di esse si stendevano foreste sconfinate in cui s'incontrava tuttavia l'urone e persino il leone; la rada popolazione dimorava sparpagliata in villaggi, priva a un di presso ancora di città fortificate. Il rozzo dialetto che vi si parlava riusciva quasi incomprensibile agli .altri Greci ; altrettanto apparivano ad essi stranieri i costumi arcaici che vi si erano perpetuati vivi e che sotto molti aspetti ricordavano ancora i tempi dell'epopea. Chi entrava in ,quelle regioni era tentato di domandarsi se era mai vero che si trovava tuttavia in Grecia, .e l'opinione pubblica, che come si sa giudica soltanto dalle parvenze esteriori, metteva perciò gli Epiroti e i Macedoni in un sol fascio coi barbari.
Anche l'antico potere regio dei tempi omerici si era colà perpetuato ; accanto ad esso una nobiltà potente dotata di estesi possedimenti fondiari, che costituiva il seguito del re in guerra, ed una numerosa classe di liberi agricoltori. Le continue lotte contro i vicini Traci ed Illiri mantennero agguerrito il popolo e contribuirono a rafforzare la potestà regia .specialmente in Macedonia che era da ogni lato circondata da questi barbari. Nel corso del VII e del VI secolo i re del paese tolsero ai Traci ed ai Peoni la ricca pianura che si stende intorno all'Assio inferiore e la popolarono di coloni macedoni; questo territorio coIoniale costituì da allora il nerbo del loro dominio.
Verso l'epoca della guerra del Peloponneso poi l'incivilimento greco cominciò a penetrare anche in queste contrade. Re Archelao (413-399) si rese a tal riguardo grandemente benemerito del suo paese; egli costruì fortezze e strade, riorganizzò l'esercito e, chiamando nel suo Paese artisti e poeti, si studiò pure di diffondere la cultura d'ordine più elevato. Con lui la Macedonia comincia ad entrare nel sistema degli Stati ellenici.
Data la grande estensione del paese (circa 30,000 kmq.) e la sua popolazione assoluta per conseguenza molto numerosa, la Macedonia era chiamata a rappresentare politicamente una parte decisiva. Se non che da principio le discordie ed i torbidi interni, scoppiati dopo l'assassinio di Archelao, paralizzarono le forze dello Stato ; alla fine però Filippo riuscì a restaurare l'ordine.

LA MACEDONIA DAL 392 AL 360 - GLI INIZI DI FILIPPO (360-359) - LA FALANGE MACEDONE - LA MACEDONIA DAL 359 AL 356 - LA NASCITA DI ALESSANDRO MAGNO - FILIPPO PRENDE METONE (355-354) - LA GUERRA SACRA: INTERVENTO DI FILIPPO (356-354) - FILIPPO IN TRACIA 352-351 - L'INTERVENTO DI DEMOSTENE: LA PRIMA FILIPPICA - LA GUERRA OLINTICA 350-348 - LA PACE DI FILOCRATE (346) - CROCIATA CONTRO I PERSIANI - FILIPPO ATENE E LA PERSIA (346-345) - ARTASERSE III - LE CAMPAGNE DI ARTASERSE III (346-343) - LA RICONQUISTA DELL'EGITTO (343)

LA MACEDONIA DAL 392 AL 360

FILIPPO II di Macedonia era il terzo figlio di Aminta III e di Euridice. Il padre (Aminta III) aveva avuto un regno abbastanza lungo (392-370 A.C.) ma poco glorioso e travagliato da conflitti intestini e invasioni esterne. Per tutta la durata la durata del suo governo, aveva lottato contro i tentativi degli Illiri, dei Traci, della Lega Calcidica guidata da Olinto e degli Ateniesi di assicurarsi la sottomissione della Macedonia, ed era sopravvissuto soltanto perché grazie alla sua diplomazia, riuscì di volta in volta a giocare i suoi ambiziosi vicini l�uno contro l�altro, alleandosi o atteggiandosi a tributario di volta in volta del più forte. Nel 377 per sfuggire alle pressioni della Lega Calcidica aderì alla Lega navale ateniese; più avanti entrò nell�orbita di Giasone di Fere e perfino di Tebe, conservando tenacemente la sua indipendenza.

Dalla moglie Euridice, Aminta, aveva avuto tre figli: Alessandro, Perdicca e FILIPPO. Alessandro successe al padre ma regnò soltanto un anno dal 370 al 369 prima di essere assassinato dal cognato Tolemeo d�Aloro, che era anche l'amante di Euridice. Tolemeo assunse la reggenza nei confronti di Perdicca, ancora troppo giovane per regnare. Quando Perdicca divenne maggiorenne e consapevole dei suoi diritti assassinò Tolemeo nel 365. Il nuovo Re ebbe un regno infelice e travagliato. Dovette vedersela innanzi tutto con gli Ateniesi che, guidati dall'ammiraglio Timoteo, presero Pidna e Metone nel 363; queste due città, situate nel Golfo Termico, che bagnava le coste Macedoni, impedivano in pratica l�accesso al mare a Perdicca. Agli Ateniesi in realtà servivano solo come basi per il vero scopo dell�operazione, che era quello di riprendere Anfipoli, una colonia da loro fondata nel 437, che ai tempi della guerra del Peloponneso si era resa indipendente (424) e sulla quale non erano mai più riusciti a riprendere il controllo. Le città del Golfo Termico, per prevenire gli Ateniesi, riuscirono a introdurre una guarnigione macedone nella città contesa. Il pericolo maggiore per i Macedoni veniva però dal selvaggio popolo degli Illiri che, sotto il comando di re Bardili, inflissero una disastrosa sconfitta a Perdicca nel 360. Il Re macedone perse la vita insieme a 4000 soldati.

 

GLI INIZI DI FILIPPO (360-359)

 

FILIPPO II aveva 23 anni quando Perdicca perì ed era il membro più anziano rimasto in vita della numerosa progenie di Aminta. Perdicca aveva lasciato un figlio, Aminta IV che, essendo ancora minorenne, non era in grado di regnare, pertanto Filippo fu eletto dall�assemblea del popolo come reggente e tutore. (sarebbe poi diventato Re a pieno titolo nel 359). C�erano poi molti altri possibili pretendenti al trono di Macedonia, perché Aminta aveva avuto parecchi altri figli oltre ai tre ufficiali di Euridice. Tra loro Archelao, Arrideo e Menelao avevano raggiunto l�età adulta ed erano un possibile pericolo per il trono. Filippo uccise il primo mentre gli altri due riuscirono ad eclissarsi e si rifugiarono ad Olinto dove li troveremo parecchi anni dopo.

Dal momento che i Macedoni erano stati gravemente sconfitti, non solo gli Illiri, ma anche tutti i popoli vicini invasero la Macedonia; i Peoni, e i Traci saccheggiarono e annessero la parte Orientale del paese, mentre gli Ateniesi, sbarcarono sulla costa un contingente di truppe al comando di un pretendente macedone, di nome Argeo, che aveva promesso loro di consegnare Anfipoli in cambio dell'aiuto per conquistare il trono. Filippo usò la diplomazia. Allontanò Peoni e Traci pagando loro tributi e si volse contro Argeo che era il pericolo più immediato. Lo stratego Ateniese Mantia, che era sbarcato al porto di Metone con 3000 opliti non avanzò oltre, lasciando che Argeo proseguisse da solo con i mercenari. Questi raggiunse Ege che era stata la vecchia capitale della Macedonia, ma, non trovando nessun appoggio presso la popolazione, fu costretto a tornare a Metone. Caduto in un'imboscata tesagli da Filippo, fu annientato col suo esercito (anno 359). Volendo però mostrare buona volontà nei confronti degli Ateniesi, Filippo ritirò la guarnigione macedone da Anfipoli, dando loro mano libera contro la città. Lasciato in pace per il momento dai suoi avversari, Filippo, rafforzò la sua posizione in Macedonia e procedette a riformare l'esercito con la creazione di quel formidabile corpo militare che, era la falange macedone, un corpo scelto di fanteria pesante la cui arma caratteristica era una lunghissima lancia, detta sarissa.

 

LA FALANGE MACEDONE

Il fante pesante che combatteva nella falange, era rivestito di una corazza metallica, schinieri, casco. Con la destra portava la lancia, mentre con la sinistra uno scudo che proteggeva tanto la metà del suo corpo che la metà scoperta del suo vicino. In tal modo i fanti della falange erano obbligati a combattere come un unico corpo e non potevano assolutamente impegnarsi in singoli duelli col nemico. Non appena abbassavano le sarisse formavano una sorta di muraglia invalicabile frontalmente per qualsiasi soldato avversario. Ai fianchi necessitavano della protezione di altri reparti di fanteria dotati di armi più corte, detti ipaspisti. L�altra arma risolutiva era costituita dalla cavalleria degli eteri, di grande mobilità e capace di sbaragliare con le sue cariche qualsiasi contingente avversario.

LA MACEDONIA DAL 359 AL 356

Il nuovo esercito macedone trovò subito il modo di essere testato. All�inizio del suo regno Filippo si era mostrato sottomesso agli Illiri e aveva sposato persino la figlia del loro Re, Audata. Ma, come vedremo, i matrimoni per Filippo avevano un valore politico limitato al momento in cui erano contratti, e non facevano sentire il Macedone obbligato ad essere fedele al suocero di turno. Appena le risorse umane ed economiche glielo consentirono, Filippo nel 358 marciò contro gli Illiri, deciso a prendersi la rivincita. In una ferocissima battaglia combattuta ai confini tra l'Illiria e la Macedonia l'esercito di Bardili venne annientato: il re illirico perse la vita insieme a 7000 dei suoi soldati. In seguito alla vittoria, Filippo annesse tutto il territorio degli Illiri fino all'attuale lago di Ocrida.

Gli Ateniesi avevano fallito nei loro tentativi di impadronirsi di Anfipoli, che, anche senza la guarnigione Macedone, non aveva intenzione di farsi annettere. Dal momento che era intanto scoppiata la guerra sociale, gli Ateniesi, non più in grado di mandare truppe in Macedonia, si accordarono segretamente con Filippo nell'anno 357. Se avesse recuperato Anfipoli agli Ateniesi, avrebbe avuto in cambio la città di Pidna, già tolta alla Macedonia nel 363. Filippo accettò volentieri lo scambio, ma, dopo essere riuscito facilmente a riconquistare Anfipoli, si rifiutò di consegnare la città agli Ateniesi e prese Pidna con la forza, con un voltafaccia che indusse gli Ateniesi a dichiarargli guerra. Filippo, per parare la loro minaccia si alleò con la lega Calcidica di Olinto. In questo caso mostrò di comportarsi da fedele alleato: conquistò poi la città di Potidea e la consegnò alla Lega nel 356.

Ma il vero colpo di Filippo in quegli anni fu la conquista di Crenide, un centro minerario fondato nel 361dall'isola di Taso, da cui si potevano sfruttare le miniere d'oro del monte Pangeo. Il possesso di quel centro era di vitale importanza per Filippo. Nel 356 vi inviò una nutrita schiera di coloni e ribattezzò il nome della città in Filippi. In questo modo, grazie al lavoro dei nuovi arrivati, le miniere gli produssero sufficiente oro da assicurargli una rendita di 1000 talenti all'anno. Questo continuo afflusso di denaro contante gli consentì tanto di pagare le costosissime campagne militari, che di finanziare tutte le fazioni e gli uomini politici a lui favorevoli nelle città Greche, tanto che fu detto che fu più il suo oro che le sue armi a conquistare la Grecia.

Gli Ateniesi cercarono di nuovo di fomentare i vecchi nemici della Macedonia, Illiri e Traci. Questi ultimi, che dopo la morte di re Cotys nel 360, si erano divisi in tre regni deboli, guidati da Amadoco, Berisade e Cersoblepte non riuscirono a tenere testa a Filippo, che estese i cui confini orientali del suo regno fino al fiume Nesto, mentre gli Illiri, ora guidati da Grabos, succeduto al defunto Bardili, furono sconfitti da Parmenione, il primo dei grandi generali macedoni al servizio di Filippo e Alessandro, grazie ai quali sarebbe stato conquistato l'impero.

 

LA NASCITA DI ALESSANDRO MAGNO

In quell'anno 356 che fu così denso di eventi per Filippo, nacque anche ALESSANDRO, il futuro conquistatore della Persia. Ecco come Plutarco racconta l'evento:
"Alessandro nacque all'inizio del mese Ecatombeone, che i Macedoni chiamano Loo, e precisamente il 6, nel medesimo giorno in cui fu bruciato il tempio di Artemide ad Efeso... Tutti i Magi che si trovavano ad Efeso videro nella distruzione del tempio il segno di un'altra sventura e corsero per la città battendosi il viso e gridando che in quel giorno aveva avuto origine una grande disgrazia per l'Asia. Filippo fu raggiunto invece a Potidea, dove aveva appena presa la città, da tre messaggi contemporaneamente: uno gli annunciava che gli Illiri erano stati sconfitti da Parmenione in una grande battaglia, il secondo che un suo cavallo aveva vinto la corsa ad Olimpia, e il terzo che gli era nato un figlio. Egli si rallegrò, com'è naturale , di queste notizie, ma ancor più lo esaltarono gli indovini, dichiarando che questo figlio, venuto al mondo insieme a tre vittorie, sarebbe stato invincibile".

 

FILIPPO PRENDE METONE (355-354)

Impegnata nella guerra contro gli alleati, Atene non riusciva a far fronte agli incessanti attacchi di Filippo che nel 355 pose l'assedio a Metone, l'ultima città del Golfo Termaico in possesso degli Ateniesi. Durante un assalto fu ferito ad un occhio, rimanendo orbo, ma l�infortunio non fu sufficiente a fargli mollare la presa. Gli Ateniesi mandarono due flotte con rinforzi. La prima, giunta nell'Autunno 355 si rivelò insufficiente al bisogno; la seconda, arrivò nell'estate del 354 quando la città era già caduta nelle mani del Macedone. Cacciati gli Ateniesi dal Golfo Termaico, Filippo prese ora di mira i loro possedimenti sulla costa Tracia. Abdera e Maronea, ad Oriente del fiume Nesto vennero annesse da Filippo tra il 354 e il 353. In compenso, nell'anno 353 gli Ateniesi ottennero un grande successo sul Chersoneso Tracico (odierno stretto dei Dardanelli) Il Re tracio Cersoblepte, ormai in gravi strettezze, cedette loro tutte le città di quella zona ad eccezione di Cardia. Gli Ateniesi poterono inviarvi dei coloni a presidio e rendere sicuri i rifornimenti di grano dal Mar Nero.

 

LA GUERRA SACRA: INTERVENTO DI FILIPPO (356-354)

Nel frattempo era scoppiato un grave conflitto nella Grecia centrale. Il tempio di Apollo a Delfi era il santuario più venerato e rispettato dai Greci. I devoti di ogni angolo dell'Ellade, della Magna Grecia e anche del mondo barbaro, vi deponevano ogni sorta di offerte, in cambio dei vaticini della Pizia. La cura dell'Oracolo era affidata ad un Consiglio Anfizionico, cui prendevano parte tutti gli stati confinanti con l'area del tempio o in ogni modo legati ad esso: i Locresi, i Focesi, i Beoti, gli Ioni, i Dori e Tessali che insieme formavano la Lega Anfizionica. La lega, sembra per i maneggi dei Tebani e dei Tessali, accusò i Focesi di avere coltivato il territorio di Cirra, una città della costa Focese a sud di Delfi, che era consacrato direttamente al tempio. I Focesi furono condannati ad una multa di molti talenti che non potevano pagare, ragion per cui sarebbero dovuti venire espropriati dell'intero loro territorio. Messi con le spalle al muro e incitati da Filomelo, che rivestiva la carica di Stratego si decisero per un'azione di forza. Dopo essersi accordati con gli Spartani, anche loro condannati ad una multa dal Consiglio Anfizionico per avere occupato illegalmente Tebe ben ventisei anni prima, nel 382, ed aver ricevuto dal loro re Archidamo 15 talenti, Filomelo arruolò un contingente di mercenari e occupò il santuario di Delfi nel Maggio del 355, annientando la resistenza degli abitanti locali. Il gesto riempì di orrore tutta la Grecia: il santuario era stato profanato!. Il Consiglio Anfizionico votò allora la guerra sacra contro i Focesi. A questa dichiarazione Filomelo reagì, mettendo le mani sulle offerte votive per arruolare altri mercenari, e invadendo sia la Locride che la Beozia.
Dopo una serie di scontri di vario esito, fu finalmente sconfitto nel 354 presso Neon sul Parnaso. Per sfuggire alla cattura e al supplizio si gettò in un baratro e il suo esercito si disperse. La guerra fu ripresa con ben altra energia dallo stratego focese, eletto al posto di Filomelo: Onomarco. Questi respinse tutti gli attacchi dei Beoti e dei Tessali e contrattaccò in modo risoluto, occupando la Locride, parte della Beozia e della Tessaglia. Questa regione era in mano a vari potentati in lotta fra loro, tra cui emergevano Licofrone di Fere e gli Alevadi di Larissa. Il primo aveva fatto causa comune con Onomarco, mentre i secondi, mancando di ogni appoggio politico e militare si rivolsero a Filippo di Macedonia

 

FILIPPO NELLA GUERRA SACRA (353-352)

Filippo si recò in Tessaglia nell'estate del 353, trovando ad aspettarlo 7000 Focesi e mercenari agli ordini di Faillo, fratello di Onomarco. Non c'era bisogno di pretesti per agire contro di loro poiché questi erano sacrileghi e quindi ogni buon devoto del tempio di Apollo era tenuto a combatterli. In breve Faillo fu cacciato dalla Tessaglia. Onomarco giunto allora dalla Beozia in aiuto del fratello sconfisse Filippo in due battaglie, infliggendogli gravi perdite. Sembra che la chiave del successo sia stata la sua abilità nell'attirare il Macedone in una posizione tale da impedirgli di fare uso della Falange. Ma Filippo riusciva sempre a dare il meglio di sé nelle difficoltà: Ritirandosi disse che agiva come l'ariete, che rincula solo per incornare ancora più forte la volta successiva. Onomarco però trascurò colpevolmente gli affari della Tessaglia rivolgendosi verso i Tebani che furono sconfitti presso Hermaion e persero la città di Coronea.

Giunta l'estate del 352 Filippo ritornò in Tessaglia; di nuovo il tiranno di Fere Licofrone si rivolse per aiuto ad Onomarco, che ancora una volta dovette accorrere dalla Beozia. Ma in questa occasione tutti i Tessali avevano fatto causa comune con Filippo, che aveva radunato con sé un esercito di 20000 fanti e 3000 cavalieri. Onomarco poteva invece contare su un pari numero di fanti, ma solo su 2000 cavalieri. La battaglia, che si svolse presso i Campi di Croco, vicino al porto di Pagase (l'odierna Volos), terminò con la totale vittoria di Filippo e lo stermino dei Focesi. 6000 furono uccisi sul posto, altri 3000 si arresero e furono in seguito annegati in mare come sacrileghi, mentre Onomarco fu ucciso durante la fuga dai suoi stessi mercenari e il suo cadavere fu crocefisso da Filippo.

La vittoria procurò un immenso prestigio al Macedone, che si impadronì senza colpo ferire di Fere, consegnata dai suoi stessi tiranni, Licofrone e Pitolao. Pagase chiese aiuto agli Ateniesi, ma questi non arrivarono in tempo e la città cadde nelle mani di Filippo. Lo stratego Ateniese Nausicle, inviato in aiuto dei Focesi superstiti, ebbe la saggia idea di occupare le Termopili. Filippo, trovato il contingente ateniese a presidiare il passo, non avanzò oltre (Agosto 352) e ritornò in Macedonia. Prima però si era fatto eleggere presidente a vita (il termine ellenico è Tago) della Lega Tessala. In tal modo cumulava ora le cariche di Re e di supremo magistrato del libero popolo dei Tessali, una posizione di forza mai raggiunta prima da un re macedone.

 

FILIPPO IN TRACIA 352-351

La partenza di Filippo dalle Termopili era dovuta ad un appello rivolto dalle città di Perinto e Bisanzio, che controllavano lo stretto del Bosforo, perché li difendesse da Cersoblepte, uno dei capi dei tre regni Traci, che sognava di recuperare la perduta gloria dei tempi di Cotys a spese tanto delle città Greche che dei Re suoi vicini: Berisade e Amadoco. Filippo ebbe così l'occasione di raggiungere il mar di Marmara nei pressi di Heraion Teichos. Atene, che aveva finora recitato con molta negligenza la parte di nemica di Filippo, non considerandolo un reale pericolo, si rese conto che venivano direttamente minacciate le cleruchie (colonie) Ateniesi nel Chersoneso, e soprattutto l'afflusso di grano dal Mar Nero. Una spedizione di 40 triremi e relativi opliti fu allestita in gran fretta, ma quando giunse la notizia che Filippo si era ammalato gravemente, la flotta fu lasciata nel porto; era come se il pericolo paventato si fosse dissipato. Gli Ateniesi si facevano grosse illusioni se pensavano che Filippo sarebbe morto o si sarebbe indebolito abbastanza da rinunciare alla spedizione. All'inizio del 351 infatti, era abbastanza in forze da espugnare finalmente la fortezza, sottomettere molti altri vassalli di Cersoblepte e, finalmente, costringere quest'ultimo a pagare un tributo e consegnare il figlio in ostaggio. Recitando la parte dell'alleato fedele Filippo consegnò Heraion Teichon ai Perinti.

L'evolversi della situazione aveva creato costernazione non solo negli Ateniesi. Gli Olinti vedevano la loro Penisola Calcidica circondata dalle conquiste del loro invadente alleato e non tardarono a offrire aperture diplomatiche agli Ateniesi, ritenendoli, a causa del loro indebolimento, un alleato meno pericoloso di Filippo. Il Macedone si rese conto del cambiamento dell'attitudine dei Calcidesi, e iniziò a fare delle scorrerie in tutta la penisola, sperando che fossero sufficienti ad intimidire Olinto e a rendere più forte la fazione filomacedone nella città.

 

L'INTERVENTO DI DEMOSTENE: LA PRIMA FILIPPICA

L'oratore Ateniese Demostene, tanto dotato di lungimiranza rispetto ai suoi inerti concittadini, capì che era il momento di fare qualcosa per scuotere la città, che, pur essendo in guerra da parecchi anni contro Filippo, aveva fatto poco o nulla per fermarlo. La scarsità di impegno era dovuta alla politica rinunciataria di Eubulo e del suo partito, allora al potere in Atene. Questi, in rappresentanza delle classi dei cittadini ricchi su cui pesavano gli oneri principali di mantenimento delle flotte da guerra e degli eserciti, aveva stornato con una legge i fondi destinati alla guerra per assegnarli alla cultura e agli spettacoli. Una politica in teoria lungimirante e attenta al benessere e alla istruzione del popolo, ma decisamente intempestiva. Atene era minacciata da un nemico potente e privo di scrupoli; aveva bisogno di rivolgere alla guerra più fondi e più uomini e mostrare una maggiore capacità di reazione alle iniziative avversarie. Invece le importanti posizioni sul Golfo Termaico come Pidna e Metone, erano state cedute quasi senza combattere perché non rappresentavano posizioni di grande interesse, né dal punto di vista strategico né da quello economico. Ma così facendo si era rafforzato Filippo, in modo tale che questi poteva ora minacciare gli interessi vitali di Atene tanto nella zona degli stretti che in quella della Grecia centrale.

Nella sua Prima orazione Filippica Demostene, senza attaccare direttamente la politica dei pacifisti, suggerisce che non ci si limiti più a reagire agli attacchi di Filippo con spedizioni abortite ancora prima di partire, come quella che avrebbe dovuto soccorrere Cersoblepte. Ma anche l'invio di un modesto contingente di duemila opliti e 10 triremi, da tenere a presidio delle coste Macedoni e tracie, si scontrò con la ritrosia degli Ateniesi a adottare questa sorta di difesa preventiva; pertanto non se ne fece nulla.

 

LA GUERRA OLINTICA 350-348

Ai già accennati motivi di tensione tra Olinto e Filippo si aggiungeva il fatto che la città ospitava Arrideo e Menelao, fratellastri di Filippo e potenziali rivali per costui, dato che potevano in qualsiasi momento marciare sulla Macedonia per rivendicare i loro diritti, magari con l'appoggio di un esercito straniero. Nel 351 e nel 350 Filippo non fece nulla contro di loro perché si trovò impegnato ai confini occidentali del suo regno in una campagna contro Aribba e i Molossi dell'Epiro. Nel 349 però Filippo ingiunse formalmente agli Olinti di rendergli i due fratelli che, naturalmente, non gli vennero consegnati. La campagna che segui fu contrassegnata da grande decisione e spietatezza da parte di Filippo. Secondo Diodoro gli Olinti contesero in campo aperto la supremazia a Filippo per poi chiudersi nella città. Molte città minori della Calcidica , tra cui Stagira, la patria di Aristotele, furono conquistate e distrutte dal macedone. La stessa Olinto subì un analogo trattamento, quando, grazie al tradimento di due suoi cittadini Euticrate e Lastene, corrotti dall'oro macedone, cadde nel 348. Della città rasa al suolo si conosce bene la pianta grazie agli scavi archeologici. Difatti non fu mai più ripopolata. Gli abitanti furono venduti come schiavi e la Lega Calcidica cessò semplicemente di esistere. Gli Ateniesi si erano ancora una volta mostrati inetti nel momento del bisogno. Nonostante le ambascerie degli Olinti e tre esortazioni consecutive di Demostene chiamate orazioni Olintiche, non fecero altro che mandare due inconcludenti spedizioni nel 349, prima di essere impegnati contro una rivolta in Eubea, probabilmente fomentata da Filippo, ma diretta da Callia di Calcide. I rinforzi Ateniesi destinati ad Olinto presero la via dell'Eubea. Di conseguenza la città Calcidica fu privata di un aiuto essenziale in un momento cruciale, mentre gli strateghi Ateniesi Focione e Molosso si rivelarono assolutamente impari al compito di controllare la rivolta che finì quando gli Ateniesi furono completamente cacciati dall'isola.

 

GUERRA E DIPLOMAZIA: LA PACE DI FILOCRATE 346

Mentre in Macedonia si tenevano feste e banchetti per festeggiare la conclusione della guerra, gli orrori ed eccessi compiuti dalle truppe Macedoni provocarono una reazione ad Atene. Lo stesso Eubulo, il capo dei pacifisti, cambiò ora parere, e, spalleggiato da Eschine, mandò una serie di ambascerie negli stati Greci, soprattutto nel Peloponneso (inverno 348-347). Il fallimento di queste iniziative e il concreto pericolo di essere ormai isolati di fronte a Filippo persuase gli Ateniesi a prestare ascolto alle proposte di pace che Filippo si era messo a fare in via informale. L'oratore Filocrate propose l'invio di un ambasciatore a Pella, e fu in questa iniziativa spalleggiato dallo stesso Demostene. A questo punto entrava in gioco un altro problema. Era ormai chiaro che Filippo stava intrigando sia con i Beoti e soprattutto i Tebani, per un intervento in Focide a risolvere la guerra sacra. SI aveva pure notizia certa che gli Arcadi del Peloponneso l�avessero chiamato per aiutarli contro Sparta. Sembrava quindi ovvio che una pace con la sola Atene non avrebbe fermato Filippo nell'intervenire negli altri conflitti, spostando, col suo peso militare la bilancia della vittoria dalla parte dei suoi protetti. Gli Ateniesi pertanto si mossero per trasformare l�accordo particolare tra Atene e Filippo in una pace generale, che spegnendo all�istante tutti i conflitti in corso, togliesse al Re Macedone l�occasione di intervenire a vantaggio dell�uno o dell�altro dei contendenti.

La situazione nella Grecia centrale era rimasta in fase di stallo. Dopo la morte di Onomarco Filippo si era ritirato dalla guerra senza più intervenire, e il comando dei Focesi era stato assunto prima dal fratello Faillo e infinde da Faleco, figlio di Onomarco. La lotta con i Beoti e i Tebani era proseguita senza un chiaro successo dall'una o dall'altra parte. Infine Faleco era stato accusato dai suoi connazionali di avere utilizzato i fondi del santuario di Delfi per usi personali, ed era stato deposto dalla carica di stratego (347). Tuttavia, anche deposto esercitava un forte ascendente sull'esercito Focese, composto tutto di mercenari, con i quali poteva esercitare anche un ruolo politico. Senza il controllo delle truppe mercenarie i Focesi non potevano sperare di resistere a Filippo. Fecero quindi appelli ad Atene perché li aiutasse, ed in concreto offrirono alla città il controllo delle Termopili. Ma quando un esercito Ateniese vi si recò , le trovò presidiate da Faleco e dai suoi mercenari, con i quali non fu possibile nessun accordo.

Filippo era stato contattato dai Tebani per avere un concreto aiuto contro i Focesi, e difatti aveva raggiunto la Tessaglia col suo esercito, ma non era andato oltre ed aveva posto l'assedio ad Alo, una città tessala alleata di Atene. Qui venne raggiunto da un'ambasceria Ateniese composta da dieci ambasciatori, tra cui Filocrate, Demostene ed Eschine, con i quali fu raggiunta una bozza di intesa. In pratica Filippo si disse disposto a rinunciare alle sue pretese sul Chersoneso e gli stretti, ma non a cedere Anfipoli. Era già abbastanza per un accordo, ma la questione fu tirata per le lunghe per il desiderio da parte degli Ateniesi di includere anche i Focesi nella pace. In tal modo Filippo non avrebbe avuto alcun motivo di marciare su di loro. Il Re macedone mandò Parmenione ed Antipatro a portare il suo giuramento ad Atene nell'Aprile del 346, ma, nello stesso tempo, non si sentì obbligato ad arrestare le sue conquiste degli stati non direttamente legati ad Atene, come il regno di Cersoblepte in Tracia o i Focesi in Grecia. Alla fine di un via vai di ambascerie e di giochi diplomatici, Filippo riuscì a buggerare gli Ateniesi. Tramite Eschine e Filocrate fece intendere di non avere intenzione di perseguire i Focesi e di essere invece interessato ad una soluzione pacifica della guerra, dettata dal Consiglio Anfizionico. Fece anche intendere segretamente di volere ridurre il potere dei Tebani togliendo loro alcune città al confine dell'Attica per darle agli Ateniesi.

Al momento della ratifica della pace sembrava che un'alleanza tra Filippo e Atene potesse essere ormai cosa fatta. Ma il Macedone aveva tenuto nascosto l'asso che giocò subito dopo i giuramenti delle ambascerie. Grazie ad un accordo con Faleco che, in cambio dell'immunità per sé e per i suoi 8000 mercenari, gli aveva consegnato le Termopili, invase la Focide, rimasta senza difesa, e la costrinse ad arrendersi nell'autunno del 346. La decisione sulla sorte di questo popolo fu lasciata al Consiglio Anfizionico, che comminò ai Focesi una multa gigante di sessanta talenti all'anno da pagarsi per i successivi cento sessant'anni, nonché punizioni supplementari, come la distruzione delle loro città e la perdita dei due seggi al Consiglio Anfizionico. Questi furono dati a Filippo, il quale, controllava ormai la maggioranza grazie anche ai voti dei Tessali, tutti allineati con lui. La pace di Filocrate e la successiva risoluzione della guerra sacra furono due colpi magistrali per Filippo, che diventava il protettore del massimo potere spirituale in Grecia, con la possibilità di lanciare, per così dire, guerre sacre contro i suoi nemici.

 

I NUOVI OBIETTIVI DI FILIPPO: LA CROCIATA CONTRO I PERSIANI

Come membro del Consiglio Anfizionico, Filippo ricevette l'incarico di organizzare i Giochi Pitici. Gli Ateniesi non parteciparono per ripicca, e questo fu considerato un grave sgarbo da Filippo, che se ne lagnò ufficialmente. Il discorso "sulla pace" di Demostene suggerì una politica di cautela nei confronti del Re macedone, almeno finché Atene non fosse riuscita ad uscire dal suo isolamento, e avesse trovato nuovi alleati. In realtà, non pochi uomini politici e di cultura in Grecia, senza essere direttamente corrotti da Filippo avevano una sincera ammirazione per questa figura sovrana, che con tanto polso sembrava reggere l'egemonia del continente. Il retore Isocrate aveva fatto diffondere nel periodo successivo alla pace un lungo discorso, in forma di lettera aperta, che c�è stato tramandato come Filippo. Si tratta un'aperta esortazione al Re macedone di mettere fine alle continue discordie tra gli stati Greci ed unire le forze in una sorta di crociata nazionale contro la Persia. I Greci guardavano ormai da anni con occhi cupidi alle pingui regioni dell'Asia Minore e alle possibilità che avrebbero avuto, nell'emigrare in queste regioni. La Grecia era in uno stato di prostrazione afflitta da innumerevoli cittadini delle poleis, che vagavano esuli da una città all'altra, ridotti in miseria dalle continue guerre, o confiscati dei loro beni, perché appartenenti ad una fazione sconfitta da quella al governo nella loro città. Per tutti questi uomini un pezzo di terra, per così dire un posto al sole in Persia rappresentava un sogno. Inoltre l'impero persiano pareva avviato ad un declino che ne faceva una facile preda. A partire dal 404 aveva iniziato a perdere i pezzi, sia a causa di rivolte nazionali, come quella che rese l'Egitto indipendente per un periodo di sessanta anni, sia per lo spirito ribelle dei satrapi dell'Asia Minore e della Fenicia. Questi a più riprese si erano ribellati e avevano pure tentato di fare fronte comune contro Artaserse il re dei Persiani. La loro mancanza d�unità, dimostrata dal fatto che erano sempre pronti a reciproci tradimenti, per riottenere il favore del Gran Re, fece fallire tutti i loro tentativi. Molti di costoro facevano uso di mercenari Greci che si mostrarono sempre invariabilmente superiori alle truppe nazionali persiane. Questo fatto aveva fatto scendere di molto la reputazione delle truppe non-greche come valore guerriero, e autorizzava Filippo e la sua corte a non considerarle come un grave pericolo.

 

FILIPPO ATENE E LA PERSIA 346-345

Il controllo della Focide e delle Termopili permetteva a Filippo di intervenire in paesi come il Peloponneso dove non aveva avuto contatti in precedenza. Da oltre vent'anni si combatteva in questa regione una lunga faida tra Spartani da una parte e Argivi, Messeni e Megalopolitani dall'altra. Questi ultimi tre popoli si rivolsero a Filippo, per aiutarli contro Sparta, e questi rispose prontamente, inviando un contingente di mercenari. Intanto la Persia aveva cominciato a nutrire giustificati timori contro il sorgere di una potenza aggressiva dall'altra parte dell'Egeo. I piani di Filippo non erano più un mistero per Artaserse, che inviò un'ambasceria ad Atene, (345) in cui fu proposta un'alleanza nascosta contro Filippo. In pratica si promettevano agli Ateniesi ingenti somme di denaro se avessero ripreso la guerra. Questa manovra fu neutralizzata da Pitone di Bisanzio che, mandato come ambasciatore da Filippo propose di rivedere le clausole della pace di Filocrate in senso più favorevole ad Atene. Per il momento questo bastò a non fare di Atene un'alleata della Persia.

 

ARTASERSE III

Artaserse III detto "Ocho" (nome che portava prima di essere salito al trono), era uno dei 115 figli, che Artaserse II (404-359) aveva avuto nella sua lunga e prolifica vita. Non era nemmeno il figlio maggiore, ma grazie ad intrighi e calunnie nei confronti dei suoi fratelli Ariaspe e Arsame, riuscì a farli eliminare entrambi e salì lui al trono alla morte dell'anziano padre. La situazione del regno Persiano sembrava già compromessa al tempo del padre, ma degenerò sensibilmente durante i suoi primi anni di regno. Siccome i satrapi dell'Asia Minore si erano resi praticamente indipendenti grazie all'impiego di truppe mercenarie greche, ordinò loro di congedarle. Tuttavia con questo provvedimento ottenne soltanto che si ribellassero apertamente. Uno di loro, Artabazo, satrapo della Frigia Ellespontica tentò prima di arruolare il mercenario Ateniese Carete, ma di questo piano non se ne fece nulla a causa delle pressioni diplomatiche di Artaserse su Atene. Meglio andarono le sue trattative con Tebe che gli mandò nel 353 il suo migliore generale, Pammene, che difatti spazzò via le truppe di Artaserse in due battaglie. Ancora una volta si rivelava l'inconsistenza delle truppe indigene asiatiche contro i Greci.

Per fortuna di Artaserse, Pammene venne poi in sospetto ad Artabazo e dovette ritornare in fretta in patria. Artabazo, rimasto senza il suo apporto, fu ovviamente sconfitto e riparò presso Filippo insieme a molti altri esuli Persiani e a Memnone di Rodi, di cui risentiremo parlare. Il Macedone poté così avere informazioni di prima mano sullo stato della Persia. Artaserse III tentò allora di riconquistare l'Egitto nel 351, ma la spedizione finì in un completo disastro, dando il via a tutta una serie di ribellioni che ridussero quasi in rovina l'impero e diedero davvero l'impressione ad Isocrate che la Persia fosse un frutto ormai maturo per cadere in mano a chi avesse allungato la mano. Oronte, il satrapo di Misia, che ancora continuava la ribellione dal tempo in cui Artaserse era salito al trono, e Tennes di Sidone guidavano i rivoltosi in Asia Minore e in e in Fenicia. Anche Salamina di Cipro si era ribellata sotto la guida di Pnitagora, e aveva trascinato alla ribellione tutti gli altri re dell'Isola. Nectanebo Re dell'Egitto, che aveva respinto l'invasione del 351, non era rimasto a guardare, ma aveva mandato Mentore di Rodi (fratello di quel Memnone rifugiatosi da Filippo con Artabazo) insieme a 4000 mercenari. Nel 350 (probabilmente, perché le date di questo capitolo non sono sicure) una prima spedizione guidata dal satrapo della Siria Belesi, e da quello della Cilicia Mazeo, fu completamente sconfitta da mentore e cacciata dalla Fenicia.

 

LE CAMPAGNE DI ARTASERSE III (346-343)

A questo punto il prestigio della Gran Re era al suo punto più basso e un'invasione della Persia sembrava avere ottime prospettive.

Artaserse riuscì tuttavia a trovare una soluzione ai suoi problemi giocando i ribelli con le loro stesse carte: l'arruolamento dei mercenari e la corruzione. Per prima cosa si rivolse ai satrapi rimasti più o meno fedeli. Idrieo, satrapo della Caria, discendeva da una famiglia che aveva fatto della Caria una sorta di feudo personale e di Alicarnasso una vera e propria capitale. Dei vari satrapi si ricordano Mausolo 377-353, reggitore di Alicarnasso, ricordato per aver sposato la sorella Artemisia e per avere fatto costruire il Mausoleo, cioè la sua tomba personale, fatta decorare dai migliori artisti Greci dell'epoca e considerata quindi una delle sette meraviglie dell'antichità. Dopo la morte di Artemisia nel 351 la Caria era passata, a quanto pare senza nessuna conferma da parte del Gran Re, al fratello Idrieo. Questi tuttavia prestò ascolto alla richiesta del Gran Re ed arruolò ben 8000 mercenari Greci dandone il comando all'Ateniese Focione, che, come molti uomini d'arme dell'epoca, alternava un ruolo ufficiale di stratega nella propria città con quello di capo privato di bande mercenarie.
In breve tempo Cipro fu ricondotta all'obbedienza e Pnitagora, riconquistato incredibilmente il favore del Re poté continuare a regnare come monarca subordinato. Per riconquistare la Fenicia e L'Egitto il Gran Re fece preparativi in grande. Mandò a reclutare ben 1000 Tebani al comando di Lacrate, 3000 Argivi e il loro stratego Nicostrato e altri 6000 Greci dell'Asia Minore. (345) Anche con questo rinforzo, la missione non sarebbe stata comunque facile senza un improvviso capovolgimento di fronte. Infatti, Tennes di Sidone e Mentore decisero di tradire la causa dei ribelli e passare dalla parte di Artaserse. Forse il Gran Re riuscì a corromperli, anche s e secondo Diodoro l'iniziativa del tradimento fu tutta loro. In breve Sidone cadde in possesso del Persiano. Gli abitanti da veri Fenici quali erano preferirono immolarsi dando le fiamme le loro stesse abitazioni così che quarantamila di loro morirono nell'incendio. Artaserse riuscì a recuperare un grande bottino grazie all'oro e all'argento fusi trovati in città.

 

LA RICONQUISTA DELL'EGITTO (343)

Molto utili tornarono anche i 4000 mercenari di Mentore che cambiarono tranquillamente padrone, dal faraone Nectanebo che li aveva mandati ad Artaserse III. Per la verità il faraone egiziano aveva abbondanza di mercenari sotto di sé: almeno 20000 Greci, comandati da esperti capitani come Filofrone da Sparta e Clinio di Cos. Ma ebbe la cattiva idea di assumere il comando operativo dell'esercito, mentre Artaserse più saggiamente decise di lasciare le operazioni ai suoi validi subordinati. Nel 343 l'esercito Persiano fu diviso in tre parti. Ognuna di esse era comandata da un comandante Greco ed un Persiano: Lacrate era affiancato dal valoroso Rosace, che deteneva insieme a Spitrobate la satrapia di Ionia e Lidia. Nicostrato collaborava con Aristazane, ed infine Mentore comandava un'unità scelta insieme a Bagoa, un eunuco che aveva raggiunto la carica di chiliarca, capo quindi della guardia personale del Re, e rivestiva anche la funzione di visir. La campagna fu decisa ben presto dal valore e dalla perizia dei comandanti al servizio dei Persiani. Nectanebo aveva disperso i suoi uomini in vari presidi intorno al braccio orientale del delta del Nilo, sperando di impedire il passaggio del fiume ai nemici. Di fronte a questa strategia statica i mercenari di Artaserse ebbero buon gioco. Nicostrato varcò il fiume con un'operazione anfibia e grazie a guide locali. La resistenza di Clinio di Cos fu superata con la sconfitta e morte in battaglia del mercenario. Lacrate conquistò Pelusio e Mentore costrinse alla resa Bubasti. Ormai tanto le truppe mercenarie che gli Egiziani defezionavano a Nectanebo, che si rifugiò in Etiopia.

Artaserse vinse quindi quasi senza colpo ferire, ma non fu moderato nello sfruttare il successo. I Persiani non avevano mai avuto un grande feeling con L'Egitto e lo dimostrarono anche stavolta. Le mura delle città vennero rase al suolo e i templi subirono un grave taglieggiamento, essendo spogliati dei propri arredi che recuperarono solo pagando cospicui riscatti.. Artaserse II pugnalò di sua mano il toro Apis mettendo al suo posto un asino.
Gli Egiziani per il momento morsero il freno, ma poi all'arrivo di Alessandro lo accolsero come liberatore.

Sono le vicende del prossimo capitolo...

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