6. ANTICHE MONARCHIE
LA FONDAZIONE DI ALCUNI STATI

 

LA PRIMA ETA' - FONDAZIONE DEL REGNO DI SICIONE - RELAZIONI DEGLI ANTICHI PRINCIPATI GRECI - FINO ALLA GENERALE ABOLIZIONE DEI GOVERNI MONARCHICI - IL PRIMO REGNO DI SICIONE - FONDAZIONE DI ARGO - FONDAZIONE DI MICENE - FONDAZIONE DI TEBE - FONDAZIONE DI CORINTO - FONDAZIONE DI SPARTA - FONDAZIONE DI ATENE
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(Testo integrale di William Robertson
"Istoria dell'Antica Grecia")

La prima età - dal 2100 fino al 1556 - può dirsi l'infanzia della Grecia, e si presenta all'inizio un paese diviso in diversi piccoli principati.
Dopo questo primo periodo, inizia quello che comprende gli eroici tempi, sotto i quali si ripongono la spedizione degli Argonauti, la crudeltà delle Danaidi, le fatiche di Ercole, l'assedio di Tebe, l'assedio di Troja, ed altri antichi avvenimenti, i quali sono stati grandemente deformati dalle favole dei Poeti di allora -che forse pur udirono qualcosa come leggenda- ma deformati anche da quelli che non videro né udirono nulla e nel raccontarci le "storie" con la loro fantasia crearono tante... "storielle".

Poiché l'intera mitologia, e le varie metamorfosi di cui le opere abbondano, null'altro sono che piccoli e grandi fatti dell'antica Istoria Greca, questi furono sfigurati e trasformati dalla copiosa fantasia dei primi poeti quando con l'avvento della scrittura vollero "storicizzare" ognuno nel proprio paese, le tradizioni e gli avvenimenti che fino allora erano stati tramandati da padre in figlio in una forma orale.
Le colonie che abbiamo menzionato nelle precedenti pagine, contribuirono a rendere umane e attenuare le selvagge maniere dei primi cosiddetti "Greci". Dai Fenici (ma non è del tutto certo) essi appresero la navigazione, il commercio, la scrittura; e dagli Egiziani da oltre un millennio bene organizzati, appresero le leggi, la religione, i principi delle belle arti, e gli esercizi corporei.

I Greci gradatamente emersero dal barbarismo, dalle forme arcaiche della loro vita e acquistarono a poco a poco più giuste nozioni di tutte le cose. Ciascuno individuo iniziò prima a dare più peso alla sua famiglia come un membro di una comunità chiamata poi "popolo", poi a dare grande importanza anche al luogo dove era nata questa famiglia-popolo; nacque così lo "Stato" che, non solo un singolo, ma tutti insieme, iniziarono a chiamarlo con orgoglio "Patria", cioè "padre/madre" comune di tutti coloro che vi erano nati e l'abitavano.
Ben presto conobbero la necessità e la varia natura del governo di questa patria-stato. All'inizio forse prevalse il reale potere dell'uomo più ricco, più forte e più audace della comunità. Ma con il tempo -dopo il periodo assolutistico monarchico- la maggior parte degli stati assunse la forma di governo repubblicano, che aprì una strada anche ai più bassi membri della comunità per arrivare con altre virtù (saggezza, esperienza, cultura, capacità espressive ecc.) ad onori ed uffici; tutto questo produsse nei petti dei cittadini un sempre più straordinario amore per il loro paese, culla delle loro famiglie.
Ma nel contempo dentro questi membri -ognuno per emergere dalla sua condizione- si sviluppò anche l'antagonismo fra di loro. Ma in forma maggiore, più o meno violente ci furono contese con i vicini principati per i più disparati motivi, da quelli futili a quelli di non essere disposti a subire una forzata colonizzazione.

I soggetti di questi uffici pubblici nei successivi governi repubblicani, essendo ordinariamente ristretti alla durata di circa un anno, potevano difficilmente trasformare l'amministrazione in peggio da come l'avevano lasciata i predecessori; sapendo che presto dovevano dimettersi e ritornare al livello dei loro concittadini, e che quindi erano obbligati a rendere conto della loro amministrazione durante e dopo la loro carica. Inoltre, il loro laborioso corso di vita, speso principalmente nella coltivazione delle terre che questi prescelti soggetti possedevano, li preservava in gran parte dalle più nocive e viziose passioni, e manteneva un certo grado di eguaglianza fra tutti i membri dello stato.
Quindi la semplicità e la sobrietà con le loro concomitanti virtù, erano tenute in onore e stima.
Tali erano i Greci durante questa prima età e in gran parte nella seconda.

 

LE RELAZIONE DEGLI ANTICHI PRINCIPATI DI GRECIA DAI LORO TEMPI PIÙ ANTICHI, FINO ALLA GENERALE ABOLIZIONE DEL GOVERNO MONARCHICO.

L'Istoria delle prime età della Grecia è, come la storia di quasi tutte le altre nazioni, ravvolta in una quasi impenetrabile oscurità. Questa oscurità danno luogo alla fantasia poetica; la quale mentre riempie il vacuo totale della remota antichità con immaginari eventi e rivoluzioni, trasforma ed abbellisce i pochi reali avvenimenti dei tempi, di cui qualche ricordo era pur conservato, e in una tale maniera che essi sembrano meravigliosi, non naturali, molto spesso incredibili e alcuni impossibili alla razionale ragione.

Alcuni sapienti uomini hanno lavorato per distinguere il fatto dalla favola in questo smisurato Caos; le loro analisi mostrano le loro grandi e copiose letture, ma per fortuna frequentemente, benché non sempre, scoprono molto discernimento fra il vero e il falso, fra le ottusità e l'ingegno e fra l'irreale e il reale. Ma questa è tutta la gloria che può loro esser data. Poiché in una sagace ed attenta lettura spesso si scopre essere le loro teorie dirette da qualche particolare inclinazione (essere di un paese e non di un altro) e trova le loro deduzioni vane e non sempre soddisfacenti per il lettore razionale.

Ma un'inevitabile ignoranza della più antica istoria delle nazioni, benché possa essere materia di rincrescimento ai filosofi, non è un'essenziale carenza per gli scrittori, poeti o cosiddetti storici. Poiché se i fatti fossero stati fedelmente narrati dagli immaginari scrittori che vissero in quei tempi, altro noi non leggeremmo che noiosi annali di varie tribù di selvatici uomini, vaganti qua e là da un luogo ad un altro, secondo gli accidenti della natura, secondo le stagioni, o per il proliferare in un luogo delle sorelle belve. Annali con noiose cronache di operazioni, di spostamenti da un territorio ad un altro quasi sempre dovute alle immediata necessità esistenziale, piuttosto che da un razionale concepito più moderno disegno politico.
Al filosofo, il quale desidera delineare l' uomo dallo stato brutale a quello di società, una tale istoria (l'annalistica cruda e nuda) può esser utile; ma ad altri lettori essa darebbe poca istruzione e pochissimo interessante intrattenimento. Quindi il genere umano in questa cronistica esposizione sembrerebbe essere un soggetto solo per la filosofia che non per l'Istoria.
Gli antichi poeti della Grecia, furono similmente i suoi primi istorici. La stessa cosa è accaduta con la maggior parte delle altre nazioni. L'oggetto di questi poeti essendo stato di piacere e di sorprendere, piuttosto che limitarsi alla piana narrazione delle cose di fatto, le loro descrizioni sono meravigliose oltre tutti i confini della credibilità, e presentano una confusa mescolanza di miracoli, di mostri, di Semidei e di Eroi (e ognuno solo i propri).
Qui avremmo potuto non far menzione delle assurde favole della più antica Istoria della Grecia, se la cognizione delle stesse non fosse necessaria a coloro i quali leggono le opere degli antichi; necessarie perché altrimenti molte pagine scritte diventerebbero oltre che noiose totalmente impenetrabili. Per questa sola ragione, qui siamo costretti a procedere a questo sgradevole incarico di spesso menzionare miti, favole, grandi poemi, incredibili e spesso impossibili epopee.

La Grecia nei suoi tempi più antichi era divisa in questi sette piccoli regni, detti principati; Sicione, Argo, Micene, Tebe, Corinto, Sparta, ed Atene. In questo ordine secondo la loro antica fondazione o dal momento in cui "universalmente" fanno parlare di sé.

IL REGNO DI SICIONE - ANNO 2100 A.C.

Prese il nome da Sicione, una città del Peloponneso, situata presso l'Istmo di Corinto; da alcuni Sicione è considerata la più antica città della Grecia e quindi il più antico regno.
EGIALEO è menzionato come il primo Re di Sicione, ma molti storici non sono d'accordo circa il numero dei re successori. Certamente questo regno non ebbe grande potere nei vicini territori. Ed è forse per questo motivo che la sua esistenza è avvolta nell'oscurità. Solo Argo che non era molto distante, più tardi ne fa menzione, ma non sappiamo dove finisce la leggenda e inizia la realtà dei fatti veramente accaduti.

IL REGNO DI ARGO - ANNO 1856 A.C.

Il principato d'Argo sorpassava, tanta in potere, quanto in ricchezza, quello di Sicione, e forse per questo orgoglioso motivo accennano all'esistenza di Sicione. I nomi dei re di Argo, tramandati poi nelle Istorie, sono questi: INACO, FORONEO, API, ARGO, CRIASO, FORBANTE, TRIOPADE, EROTOPO, STENELO, GELANORE, DANAO, LINCEO, ABANTE, PRETO, ACRISIO.

Del primo sappiamo poco, tuttavia la sua presenza avvolta anch'essa nella leggenda la narriamo più avanti: mentre di re FORONEO sappiamo che si sforzò di rendere umani i suoi sudditi dominando le loro menti con il terrore di una non nota religione e tenne a freno le loro cattive azioni con il vincolo di alcune severe leggi da lui emanate. Foraneo era anche molto abile nell'arte della guerra, ottenne molti vantaggi sopra gli Arcadi e ridusse tutto il Peloponneso sotto il suo potere e forse fu lui a mettere fine all'esistenza del regno di Sicione. Del suo successore API non abbiamo quasi nessuna menzione; mentre re ARGO, da cui la capitale del regno prese poi il suo nome, fu stimato e fu in seguito ricordato come il primo re che aggiogò i bovi all'aratro. Fu insomma il cosiddetto pioniere dell'agricoltura in una Grecia che ai suoi tempi doveva essere ancora molto arcaica.
Venne poi CRIASO che fu il primo re a dedicare altari alla Dea Giunone, identificata con la dea Era. Secondo il mito greco Era è la madre di Ares (Marte) il dio della guerra, e Zeus ne è il padre.
Tutto ciò che fu poi creato in seguito dal mito romano è poco più che una successiva leggenda, forse creata per giustificare l'arcaica e tradizionale festa di Giunone, o Matrionalia, il primo giorno di marzo, mese dedicato a Marte.
E' anche probabile che l'antico nome giunga da "juvenis, "giovane" nel senso di "sposa"; ed infatti, dai romani fu celebrata come dea protettiva delle donne e del matrimonio; associata inoltre a Ilizia, la dea del parto.
Torniamo a INACO, il secondo re che divenne famoso per essere il padre di IO che diede tanta materia alla poetica immaginazione. Vi troviamo la favola delle Danaidi, che all'incirca era pressappoco questa: Egitto il re che diede il suo nome all'omonimo suo territorio-regno (con Danao era figlio gemello di Belo, re di un vasto impero che comprendeva l'attuale Siria, l'Arabia, l'Egitto e la Libia) avendo cinquanta figli decise di dare loro una sposa con l'ugual numero di figlie di suo fratello gemello Danao, che con lui non andava però molto d'accordo; per evitare questa nuova scomoda parentela con l'odiato fratello, Danao preferì con tutte le sue figlie fuggire ad Argo con chissà quali intenzioni, forse quella di crearsi anche lui come il fratello, un proprio regno. Il vascello sul quale navigava, fu il primo di una certa considerevole stazza che comparve sulle coste della Grecia.
Al suo arrivo ad Argo, egli subito reclamò la corona, come discendente di Epafo, e la ottenne perché dai locali fu preferito a re Gelanore, che al momento del suo arrivo la possedeva; si oppose alle sue pretese, ma alla fine la spuntò Danao, grazie anche a un cattivo presagio per gli Argivi; infatti il giorno che il popolo tutto riunito discuteva a chi dei due dare il regno, un grosso lupo scese dalla montagna, prima attaccò un gruppo di Argivi poi sgozzò un toro.
Danao ottenne il trono e dedicò pure un tempio a Likeios (al "lupo").
Egitto appresa la fuga del fratello e il ben accolto sbarco ad Argo, ebbe timore che Danao divenisse troppo potente per le parentele che egli avrebbe potuto procurarsi nel nuovo territorio con i matrimoni delle sue cinquanta figlie. Spedì così i suoi cinquanta figli maschi alla testa di un'armata per costringere le nipoti ad accettarli come mariti. Il loro zio, trovandosi costretto in una così forzata maniera, fu dopo l'ostile sbarco, obbligato ad acconsentire; persuase le sue figlie al grande matrimonio di massa, ma privatamente impartì a loro l'ordine di assassinare i loro rispettivi mariti nella stessa prima notte di nozze. Pur essendo questo un raccapricciante ordine, nondimeno queste figlie ubbidirono al padre e nel corso della notte trucidarono i loro rispettivi mariti nel talamo nuziale.
LINCEO, il marito di una figlia di Danao, chiamata Ipermestra, fu l'unico a sfuggire a questa orribile strage. Quando poi morì Danao, fu lui Linceo -unico superstite e quindi unico genero del re- a salire sul trono del regno di Argo.
ACRISIO e PRETO, i due figli gemelli di Linceo, alla sua morte si disputarono il regno l'uno con l'altro; vi salì prima Preto contrastato da Acrisio; ma poi giunsero finalmente ad un accomodamento dividendo il regno, la corona di Argo fu riservata ad Acrisio, mentre Tirinto con le varie altre Città furono cedute a Preto.
Questo Acrisio, re di Argo, fu poi il padre della bella Danae, tanto celebrata dai poeti. Acrisio essendo stato avvertito da un oracolo che il futuro nipote partorito da Danae gli avrebbe causato la morte, rinchiuse la figlia in prigione in modo da non permettergli di avere alcun figlio.
Ma un principe dal nome Giove, corruppe la guardia della prigione, ottenne l'accesso nella torre ove Danae era racchiusa, e la sposò. PERSEO fu il frutto di questo ratto che si era concluso in un clandestino matrimonio.

Questa storia può sembrare romanzesca ma fa parte dell'antica Istoria di Argo.

Nel frattempo erano trascorsi molti anni dal primo re. Molte meravigliose azioni sono attribuite a questo Perseo. Si narra avere egli abbattuto dei mostri; di avere ucciso Medusa, la quale si crede che fosse una regina di un paese dell'Africa, il cui regno egli conquistò, dopo aver liberato Andromeda da un mostro marino, più verosimilmente da qualche persona invaghitosi di lei e che forse stava per rapirla mentre era in mare su un vascello.
Perseo, giunto poi in Tessaglia per assistere a certi pubblici giochi, uccise accidentalmente Acrisio.
Circa nello stesso periodo, Pelope figlio di Tantalo Re di Frigia, avendo sposato Ippodamia, la figlia di Enomao Re di Pisa, succedette al suocero nel suo dominio, e regnò lungamente. Egli si fece padrone del Peloponneso, ed ebbe un vasto numero di discendenti divenuti poi famosi nella Greca Istoria, e sono distinti con il nome di Pelopidi.

IL REGNO DI MICENE - ANNO 1344 A.C.

PERSEO trasferì il trono a Micene, e affidò la città di Argo a suo figlio Anassagora, che fu padre di una lunga stirpe, che gli succedettero fino alla fine della monarchia.
II regno di Perseo durò cinquant'otto anni, ed ebbe il tempo sufficiente per stabilire sopra una ferma base il nuovo regno di Micene. I nomi dei suoi successori, furono STENELO , EURISTEO, ATREO, TIESTE , AGAMENNONE, EGISTO, ORESTE, TISAMENE.

EURISTEO fu quello che impose ad Ercole le dodici fatiche, così tante esagerate dalle numerose leggende. Secondo certi storici, questi erano uomini eccezionali ma esistiti in differenti nazioni e sempre sotto questo nome: infatti, il nome Ercole pare sia stato un generico appellativo dato a tutti coloro che si distinguevano con straordinari fatti di valore oppure volevano farli credere tali.
Alla fine le gesta di tutti questi "valorosi, furono dai Greci mitologisti attribuite tutte a un loro unico concittadino, un principe che portava questo nome o gli era stato dato per qualche suo atto di valore; sappiamo che il suo vero nome era ERACLE (= "dono di Era", venerata ad Argo, ed era figlio di Alcmena e di Anfitrione, o come i poeti vogliono, di Giove (Zeus) il capo degli Dei.
Tebe rivale di Argo, cercò di ottenere l'onore di avergli dato i natali.
Euristeo per gelosia della bravura di Ercole, lo impegnò in varie pericolose imprese dove egli sperava potesse perire. Queste imprese hanno nella favola ottenuto il nome delle dodici fatiche, e sono state rese romanzesche oltre tutti i limiti della credulità. Il Lione Nemeo e l'Idra setticipite, probabilmente erano metaforiche bande di ladri o assassini sconfitti da Ercole, poiché in questa prima età poco civilizzata, persone di feroce audacia animalesca percorrevano in lungo e in largo i territori con assalti banditeschi, alla maniera dei nostri più peggiori medievali cavalieri erranti.
La spedizione degli Argonauti deve essere collocata circa in questo periodo; GIASONE giovine principe di Tessaglia, fu spinto a quest'impresa da suo zio Pelia, il quale avendogli usurpato il suo trono, sperò che il nipote potesse in qualche modo perire nell'impresa.
Questa spedizione era stimata così ardita e pericolosa, che i più bravi uomini della Grecia si ritennero onorati e obbligati a prender parte alla gloria che ne sarebbe poi venuta.
Ercole frattanto, con Castore e Polluce, Teseo, Peleo, Laerte e Telamone, accompagnò Giasone, unitamente ad Argo sotto la cui direzione fu costruito il vascello che poi li trasportò a Colco, il quale per tale ragione fu nominato "Argo".
Questi intrepidi avventurieri passarono per l'Ellesponto, la Propontide, il Bosforo Tracio, nel Mare Eusino, e attraversarono la bocca del fiume Faso nel territorio di Colco, nella estremità più orientale di questo mare.

Sebbene fossero pochi per scatenare una offensiva con la forza, e troppo distinti secondo le idee dei moderni tempi, per agire bassamente, nondimeno sembra esser certo, che in quest'occasione fu soltanto la brama di ricchezza il vero scopo di questi Greci-Eroi, e infatti i ricchi tesori di Oeta, il principe di quel paese, fu il premio al quale gli Argonauti aspiravano.
Gli avventurieri riuscirono nel loro disegno e senza alcuno spargimento di sangue; poiché Medea figlia di Oeta, essendosi innamorata di Giasone, lo pose in possesso di tutte le ricchezze del padre, per indurlo a sposarla.
Questa Medea divenne in seguito famosa per la sua scienza negl'incantesimi (e fin dalla tenera età, si dimostrò maga come la sua famosa zia Circe) ma anche infame per la sua scelleratezza.

I poeti si sono compiaciuti di assegnare un aureo vello, guardato da un dragone, come unico oggetto di questa spedizione, ed abbellirono il racconto con pompose favole. Il viaggio veniva a quel tempo giudicato così pericoloso e così meraviglioso, che una delle più risplendenti costellazioni del cielo fu poi chiamata Argo dal nome dell'omonimo vascello.
Ma ritorniamo ad Ercole. Questo principe Eroe dopo essersi acquistato immortale gloria, dopo aver capito di essere giunto al termine della sua esistenza mortale, si immolò sul monte Eta in Tessaglia salendo sopra una pira in fiamme in un eccesso di dolore, cagionato, come ci viene raccontato, dalla camicia avvelenata mandata a lui da sua moglie Dejanira, persuasa dal suo rivale Nesso a commettere l'uxoricidio.

Euristeo animato contro i figli di Ercole dallo stesso odio e crudeltà che egli aveva nutrito contro il loro padre, li espulse dal Peloponneso; i loro discendenti furono conosciuti col nome di Eraclidi, e si rifuggirono in Attica, dove Euristeo avendoli di nuovo attaccati fu infine sconfitto ed ucciso. Dopo il fatto ritornarono nel Peloponneso; ma tre anni dopo, Elleno, il maggiore dei fratelli messosi contro il Re di Tegea, fu sconfitto e il resto dei suoi parenti fu obbligato a disperdersi per differenti paesi.

Dopo la morte di Euristeo, suo nipote Atreo, figlio di Pelope, s'impossessò dell'intero Peloponneso, la cui gente prese poi il nome di Pelopidi. Questo nipote Atreo si fece distinguere per la sua crudeltà. Avendo scoperto che il suo fratello Tieste teneva una colpevole corrispondenza con sua moglie Europa, prima lo esiliò; ma in seguito avendolo richiamato, uccise Pelope figlio di Tieste, porgendo poi le teneri carni come vivanda a suo padre.
Questo cruento fatto non ci viene raccontato da alcuna seria autorità storica, ma unicamente dalla mente dei poeti successivi, e perciò può essere giustamente posto nei legittimi dubbi.
Tuttavia ha fornito materiale alla tragica Musa, negli antichi, quanto nei moderni tempi.

Agamennone figlio di Plistene e nipote di Atreo, si suppone essere stato il successore di Atreo nel regno di Argo e Micene. Agamennone fu ben presto noto come un audace e anche potentissimo principe, e forse proprio per questa ragione fu scelto Generale delle Greche armate nella guerra contro Troja.

IL REGNO DI TEBE - ANNO 1493 A.C.

CADMO nativo di Egitto, e figlio di Agenore, è reputato il primo re di Tebe. Sotto il pretesto di cercare sua sorella, che era stata portata via da un principe chiamato Giove, Cadmo condusse in Grecia una colonia di Fenici, e fondò questa città. Si afferma pure nella storia antica, che proprio con questo arrivo di Fenici, furono loro con Cadmo ad introdurre in Grecia l'alfabeto Fenicio.
L'invenzione delle lettere che è generalmente attribuita ai Fenici fu, prima per la Grecia poi per il resto dell'intero occidente, la più ammirabile e la più utile di tutte le invenzioni dell'uomo.

I successori di re Cadmo furono poi POLIDORO, LABDACO, ELICO.
Nel tempo di quest'ultimo, ANFIONE e ZETO si fecero padroni di Tebe, ed assunsero il sovrano potere. Anfione essendo un uomo d'inclinazione pacifica ma anche molto loquace, persuase i Tebani a confermarlo volontariamente con il suo collega nel dominio, ed in tal modo riuscì a prendere più efficaci misure per la difesa della città costruendo in breve tempo le sue mura. Così velocemente, che senza dubbio diede occasione alla poetica favola di narrare che Anfione fabbricasse le mura di Tebe con il semplice suono della sua lira.
Il suo regno fu tuttavia di breve durata, poiché Lajo il figlio di Labdaco ben presto ricuperò il regno.
LAJO avendo sposata Giocasta fu avvertito dall' oracolo che il figlio da lei partorito sarebbe stato la cagione della sua morte. Cosicché appena il fanciullo fu nato ordinò che fosse esposto. Un pastore trovò il bambino, lo salvò dal pericolo e gli diede il nome EDIPO.
Divenuto adulto, ed ambizioso, accadendogli di scontrarsi con Lajo nella Focide, Edipo venne a seria contesa con lui e lo uccise senza minimamente supporre che era suo padre.
CREONTE frattanto, il fratello di Giocasta, usurpò la corona lasciata dal re morto.

Qui la verità della Istoria Tebana viene stravolta e trasformata dalla fantasia dei Poeti. Ci raccontano, infatti, che una Sfinge comparsa sul lido del mare proponeva un enigma a tutti i passanti che volevano andare oltre, e divorava quelli che non sapevano scioglierlo. Creonte pubblicò un editto per tutta la Grecia, proponendo che avrebbe dato in dono il regno di Tebe, unitamente alla sua regina Giocasta, a quell'uomo che avrebbe risolto l'enigma della Sfinge.

Edipo accettò la sfida; e quando si presentò davanti alla Sfinge, questa gli propose questo indovinello: qual'era l'animale che camminava la mattina con quattro piedi, il giorno con due, e la sera con tre? Edipo rispose, che questo animale era l'uomo; alludendo all'esser egli abile a trascinarsi qua e là nella prima infanzia con braccia e gambe, a camminare su due gambe nella virilità, e a reggersi con le due e un bastone nella vecchiaia.
La Sfinge infuriata udendo svelato il suo enigma, si gettò in mare. Edipo, come ricompensa del suo ingegno, ricevette in matrimonio Giocasta, e con la dote della moglie il regno di Tebe.

Una terribile peste desolò la Beozia; in questa circostanza consultato l'oracolo, la risposta fu, che il morbo sarebbe continuato ad incrudelire, finché l'assassino di Lajo non fosse stato scoperto. Dopo molte ricerche si scoprì questo misterioso assassino indicando Edipo, il quale venuto a conoscenza che lui non era soltanto l'uccisore del proprio padre, ma addirittura era diventato il marito della propria madre, fu colpito dal più grande orrore, e nella disperazione si cavò gli occhi, o forse più verosimilmente per la vergogna si esiliò dalla vista dei suoi sudditi con un volontario allontanamento. Giocasta anch'essa fu molto turbata, e in un eccesso di angoscia e di dolore mise fine ai suoi giorni strangolandosi.
I tragici poeti, in ogni età, hanno trovato in questi fatti molto materiale per esercitarvi copiosamente la loro Musa.
ETEOCLE e POLINICE, i due sventurati frutti dell'incestuoso matrimonio di Edipo e sua madre-moglie Giocarta, presto divennero famosi per la loro grande animosità e per l'odio che nutrivano l'uno contro l'altro. In questa poco felice disposizione d'animo, entrambi si combatterono per aspirare al trono lasciato vacante da Edipo, ma alla fine non riuscendo trovare altri mezzi per sopraffarsi, ricorsero alla riconciliazione, accordandosi a regnare alternativamente un anno per uno; ma Eteocle essendo stato il primo preferito alla dignità reale per ragione di esser il maggior fratello, ricusò allo spirare del suo anno di consegnare il trono a Polinice. Quest'ultimo perciò implorò l'assistenza di Adrasto re di Argo, il quale non solo si unì a lui, ma ben presto formò una potente confederazione e con essa dichiarò la guerra ad Eteocle.
Tebe di conseguenza, fu assediata sotto il comando di sette Generali, Adrasto, Polinicej Tideo, Anfiarao, Capaneo, Ippomedonte, e Partenopeo. Di questi Generali la maggior parte perì nell'assedio; il quale, dopo aver cagionato lo spargimento di molto sangue, fu alla fine abbandonato, avendo i due fratelli Eteocle e Polinice terminato il loro contrasto in un drammatico combattimento, nel disperato furore di volersi scannare l'un l'altro, gravemente feriti, entrambi perirono.
Questo assedio di Tebe si crede abbia preceduto quello di Troja di circa trent'anni.

Dopo la morte dei due fratelli, i figli dei sette comandanti che avevano guidato ma erano pure morti nell'assedio, decisero di vendicare l'uccisione dei loro padri. Devastarono prima la Beozia poi si scontrarono con i Tebani in battaglia; questi avendo perduto il loro due litigiosi re nel cruento combattimento, abbandonarono la loro città, e gli Epigonei, nome dato a questi sette comandanti e ai loro vendicativi figli, questi presero immediatamente possesso della città.
Il seguito di questo periodo dell' Istoria Tebana, non è meno incerto ed oscuro del suo inizio. Zanto, si pensa sia stato l'ultimo Re di Tebe, essendo il governo alla sua morte divenuto repubblicano.

IL REGNO DI CORINTO - ANNO 1393 A.C.

L'origine di Corinto è avvolta anch'essa in una grande storica oscurità. Si suppone essere stato prima eretto in regno da SISIFO.
GLAUCO figlio di Sisifo e a lui succeduto istituì i giuochi istmici, e fu padre del famoso Bellerofonte, il quale, secondo i Poeti, montò il cavallo Pegaso per combattere un mostro.
La verità della cosa sembra essere che BELLEROFONTE partecipò eroicamente in molte imprese guerresche, e fu lui a guidarle dopo averle queste guerre lui stesso scatenate.
Siccome vi è una grande confusione nell'istoria rispetto ai re di Corinto, noi menzioneremo soltanto che uno di questi re, BACCHIDE, lasciò una numerosa posterità, conosciuta con il nome di Bacchidi. Questi dopo un considerevole intervallo, durante il quale varie rivoluzioni accaddero nel regno, si presero l'intero potere dello stato e resero il governo di Corinto tutto aristocratico.

In quest'intervallo di tempo, la città di Corinto era arrivata ad un rispettabile punto di forza navale, ed aveva fondato le colonie di Corcira e Siracusa; l'ultima delle quali per il vantaggio della sua posizione e la bontà del suo clima, divenne ben presto la più bella città della Magna Grecia.
CIPSELO, malgrado i numerosi ostacoli frapposti al suo cammino, s'innalzò al supremo potere a Corinto, ed avendo completamente superata ogni opposizione, governò i suoi sudditi con grande moderazione per il tempo di circa trent'anni. Morto lui, suo figlio PERIANDRO gli succedette, ma divenne un manifesto tiranno, poiché egli non causò la morte solamente ai principali cittadini di Corinto, ma uccise perfino la sua stessa moglie.
La sua gran corrispondenza, per altro, coi filosofi di quei tempi, lo spirito filosofico, che nonostante la crudeltà della sua natura in lui regnava, gli procurarono un posto fra i sette Savi della Grecia; onore da cui i suoi delitti dovevano averlo escluso.
Dopo la sua morte i Corinti stanchi di essere governati da un principe assoluto, decisero un bel giorno di cambiare la forma di governo: dal monarchico passarono a quello democratico; e con questo nuovo sistema, essendosi liberati dai rami che restavano della famiglia reale, vollero la loro naturale libertà e stabilirono il loro primo Governo Popolare; e che sembra essere stato uno dei primi in assoluto.

La vantaggiosa posizione di Corinto sopra lo stretto collo di terra che unisce il Peloponneso al Continente, le procurò il nome di "occhio della Grecia", e sembrò particolarmente adatta per crearsi una superiorità sopra tutti gli stati vicini. Ma il genio dei Corinti ben presto fu espresso unicamente nel commercio, e da questo aspirarono più alla ricchezza che alla potenza. E senza potenza non solo non andarono molto lontano, ma nemmeno furono capaci di difendersi.

 

FONDAZIONE DI SPARTA - ANNO 1533 A.C.
LELEGE è il primo re di Laconia menzionato nell' Istoria.
I suoi successori furono poi, MILETE, EUROTA, LACEDEMONE, AMICLE, ARGALO, CINORTA, EBALO, IPOCOONTE, e TINDARO.
EUROTA fu il vero fondatore della città di Sparta, così chiamata dalla sua figlia Sparta, moglie di Lacedemone, che dette il suo nome al paese, come sua moglie aveva dato il suo alla città. (Sparta nacque per l'unione di quattro villaggi molto vicini posti nella valle dell'Eurota: Limnai, Mesoa, Cinosura, Pitana).
TINDARO (Tindareo) sposò Leda, (figlia di Testio, re dell'Etolia) che divenne madre dei due famosi Eroi Dioscuri, CASTORE e POLLUCE (Polideuce), e delle non meno famose figlie, Clitennestra moglie poi di Agamennone, e di Elena, il cui rapimento fu poi la cagione della guerra Trojana.
Polluce viene considerato gemello di Elena. Mentre Castore è il fratellastro, concepito nella stessa notte da Tindaro; anche se spesso viene chiamato figlio di Zeus (che è il significato del nome Dioscuri).
Anche sull'origine di Elena vi sono molte contraddizioni: secondo alcuni era anch'essa figlia di Zeus, nata da un uovo, poiché il dio si era unito a Leda in forma di cigno. La storia della nascita di Elena da un uovo era ben conosciuta nell'antichità (anche se Omero non ne parla) e fu per certo uno dei soggetti artistici più trattati.
Secondo altri Elena nacque da un uovo della dea Nemesi e da Leda fu soltanto allevata come figlia.
Questo ha fatto credere, e con molta probabilità, che i Trojani fossero in origine una colonia Greca; essendo giunto dall'Arcadia il loro primo Re DARDANO; e la loro religione, e il loro linguaggio, e la maggior parte dei loro nomi, solo apparentemente sono di origine Greca.
Ecco i re di Troja, i nomi dei quali sono a noi pervenuti; DARDANO, ERITTONIO, TROO, ILO, LAOMEDONTE, e PRIAMO.
Il nome di ILIO, per il quale fu ai Greci nota la loro principale città, si pensa sia appunto derivato da ILO, ed il suo altro nome di Troja da Troo.
PRIAMO (chiamato in origine Podarce), figlio di Laomedonte, suo ultimo re che giunse ad un altissimo punto di ricchezza e di potere. Fu padre di cinquanta figli (tra cui Deifobo, Eleno, Trailo, Polite, Polidoro) e cinquanta figlie (tra cui Cassandra, Creusa, Laodice, Polissena); le mura di Troja piuttosto malridotte, furono da lui ricostruite in maniera superba (vedremo dopo con quali denari); cambiò il nome della città, e regnò per molti anni procurando al suo regno una grande prosperità e vasti possedimenti.

In questo primo periodo, la regina Ecuba, seconda moglie di Priamo, avendo sognato che avrebbe partorito un tizzone, e che questo avrebbe incendiato e ridotta in cenere la città di Troia, Priamo fu così turbato che ordinò che la prole di cui la regina era in quel momento gravida, fosse esposta appena nata. Il bambino che nacque (primogenito, secondo altri lo era invece Ettore) era un bellissimo maschio e nonostante l'ordine di Priamo, grazie alla cura di Ecuba fu preservato dall'abbandono, e di nascosto dal padre privatamente educato, dopo avergli dato il nome di PARIDE.
Cresciuto, diventato adulto, Paride iniziò a frequentare la corte paterna in incognita; ben presto oltre che dai pregi, la sua avvenente persona fu da tutti ammirata. Forte di questa alta considerazione di cui godeva, decise di svelarsi a Priamo, il quale si compiacque così tanto della sua figura e dei suoi pregi, che non pensò più al brutto sogno e al disconiscimento. Paride poco dopo intraprese una spedizione in Grecia, sotto pretesto di ricuperare la sua zia Esione che ancora molto giovane era stata rapita da Ercole, e da lui data in matrimonio a Telamone. Non sarà inopportuno il ricordare l'occasione di questo ratto.

LAOMEDONTE padre di Esione si era impossessato dei tesori dei templi di Nettuno e di Apollo per rifabbricare le mura di Troja, con la promessa di restituire in breve tempo le somme prelevate. Ma passò il tempo e, o perché non poteva o perché non voleva adempiere alla sua promessa, l'oracolo dichiarò che egli avrebbe potuto espiare il suo sacrilegio solo dopo aver esposta una vergine Troiana ad un mostro marino.
Esione fu condannata dalla sorte a patire le conseguenze di un simile castigo. Ercole però uccise il mostro e liberò Esione. E' ben noto di qual maniera quest'evento sia stato sfigurato poi dalle favole dei Poeti.
Paride arrivato a Sparta fu ricevuto nella più cortese ed ospitale maniera da Menelao, che era succeduto in quel regno per i diritti di sua moglie, figlia di Tindaro.

Paride innamorato di Elena la persuase a fuggire con lui, causando così al suo paese un grande quantità di disavventure.
Noi non possiamo indicare la vera ragione della guerra Trojana da questi supposti fatti, possiamo semmai attribuirla ad una ereditaria animosità che sussisteva da lungo tempo fra la famiglia di Agamennone e quella di Priamo.
Ma sappiamo pure che Tantalo re di Frigia e bisavolo di Agamennone avendo con la violenza rapito Ganimede fratello di Ilo ed avo di Priamo, Ilo giurò vendetta per questo ratto con lo spogliare Tantalo dei suoi domini, obbligandolo così a cercare in Grecia un rifugio, ove suo figlio Pelope e i suoi discendenti si stabilirono sotto il nome di Pelopidi.
Sia come si voglia, Menelao acceso di sdegno all'insulto commesso da Paride contro di lui (fuggendo con Elena) persuase suo fratello Agamennone ad aggregarsi alla sua vendetta; e con i loro uniti sforzi, i due fratelli condussero tutti gli altri potentati di Grecia ad unirsi nella stessa causa, e ad obbligarsi con giuramento, o di ricuperare Elena o di distruggere Troja. Agamennone fu scelto comandante in capo di questa grande confederazione guerresca.
Aulide fu il generale di tutte queste forze Greche; che quando furono messe insieme, composero un grande esercito di centomila uomini. Il naviglio destinato a trasportarlo a Troja consisteva in circa mille cento cinquanta vascelli. Ciascuna delle galere di Beozia portava centoventi uomini, e quelle di Filottete cinquanta. Questi vascelli non avevano un cassero, ma erano tutti scoperti. Dei capitani che accompagnavano le armate, i più famosi erano, Agamennone. Menelao, Diomede, Nestore, Ajace figlio di Telamone, Ajace figlio di Oileo, ACHILLE (unico figlio di Peleo, un mortale, re di Ftia in Tessaglia e della bellissima ninfa Teti, figlia di Nereo; anche Zeus e Poseidone, ammaliati dalla sua bellezza, avrebbero voluto avere un figlio dalla bella Teti, ma lei stessa, o forse Prometeo, li avvertì che questo figlio sarebbe diventato più potente del padre. Non volendo correre il rischio di generare una potenza superiore alla loro decisero di maritare Teti ad un comune mortale, appunto a Peleo), il suo amico Patroclo, ULISSE (o Odisseo) unico figlio di Laerte e Anticlea. Anche se secondo alcuni Anticlea sposò Laerte già gravida di Odisseo), ecc.
ANNO 1193 A.C.
I Greci avendo approdato nelle pianure di Troja, si avvidero ben presto essere i Troiani un popolo prode, al pari di loro. Ulisse e Menelao furono mandati a Priamo a domandare la restituzione di Elena. Ma quel principe, contro l'opinione del suo consiglio, ricusò di adempiere alla loro richiesta, cosicché entrambe le parti iniziarono i preparativi di guerra, uno per difendersi l'altro per attaccare.
Iniziarono i Greci, ma dopo aver sconfitti i Trojani in due diversi combattimenti, si videro nella necessità di dividere le loro forze per facilitare e per procurarsi rifornimenti vari di cui cominciavano ad avere gran bisogno.
Questo permise ai Trojani di trattare con i vicini stati per avere appoggio e assistenza.
Achille frattanto, che comandava il distaccamento dell'esercito, inviato nei dintorni in cerca di rifornimenti, si segnalò con memorabili imprese; soggiogò varie città, e in queste fece un gran bottino. Ma la crudeltà dei Greci verso Palamede, uno dei loro più bravi ufficiali, che misero a morte per una falsa accusa di tradimento fornita da Ulisse contro di lui, provocò Achille, che ricusò di prestare loro ulteriore assistenza nella guerra, e separò le sue truppe dal resto dell'esercito.
I primi nove anni di guerra furono consumati in vari combattimenti di non grande importanza; i Greci in tutto questo tempo s'impegnarono principalmente nel saccheggiare i territori di Priamo o dei suoi alleati per desistere di aiutarlo. E' però vero che la guerra di Troja durò dieci anni; ma non è vero ciò che comunemente si crede, che la città di Troja fosse in tutto questo periodo di tempo assediata. Poichè fu solo nella primavera del decimo anno che i Greci si decisero a metterla in stato d'assedio; e all'inizio di questo, a proprie spese sperimentarono la più energica resistenza da parte degli assediati, i quali erano comandati da Ettore, Deifobo, Enea ecc. e da vari principi che erano giunti in loro aiuto, come Sarpedone, Glauco, Reso, e Mennone.

I Trojani ebbero perfino il vantaggio in diversi combattimenti, e fecero pure una grande strage di Greci; ma nessuna di queste azioni per quanto positive si dimostrò decisiva per vincere la guerra.
Poi finalmente Ettore alla testa dei Trojani, con una mirata offensiva cacciò i nemici prima dalle campagne attorno a Troja, poi non pago li inseguì nei loro campi, forzò le trincee e mise a fuoco i loro vascelli; fino al punto che dopo queste audaci imprese, la vittoria sembrò essere molto vicina per i Trojani.
Ma Patroclo, l'amico di Achille, vedendo le estrema difficoltà dei Greci in questo critico momento, si mise in marcia per portare loro soccorso, e unitosi alle truppe di Achille, reputate le più brave dell'esercito Greco, insieme iniziò prima a fermare e poi anche a respingere l'offensiva dei Trojani.
Vari prodi ufficiali in entrambe le parti caddero in questa accanita lotta; fra gli altri Sarpedone ucciso da Patroclo, e Patroclo stesso ucciso dal braccio di Ettore.
Le cose allora assunsero una differente andamento. Achille furioso per la perdita del suo amico, e dimenticando la prima causa del suo risentimento, congiunse le sue forze al resto dell'esercito Greco, d'impeto sconfisse i Trojani, e uccise sulla tomba di Patroclo dodici dei più nobili prigionieri, da lui catturati in battaglia.

Achille era oramai impegnato più solo a combattere contro Ettore; con il quale si scontrò personalmente e finalmente lo uccise. Ma non soddisfatto della morte del suo valoroso nemico, macchiò la vittoria, insultando nella più obbrobriosa e inumana maniera il suo cadavere, che trascinò intorno alla città legato con una corda al proprio carro. Ma Achille stesso fu poi ucciso poco dopo da Paride; che perì poi allo stesso modo, ucciso dalla mano di Filottete.
I Trojani avendo oramai perso i loro migliori comandanti riponevano l'ultima loro speranza nel famoso Palladio, statua che si diceva essere caduta nella loro città direttamente dal cielo. (Si narra nella leggenda che Zeuss avesse gettato il Palladio fuori dall'Olimpo perché la pleiade Elettra, cercando di sfuggire al suo inseguimento, vi si aggrappò e così quando Ilo chiese un segno da Zeus, la statua cadde sul suo campo. Il Palladio portò fortuna a Troia e questo è il motivo che spinse Odisseo a cercare di rubarlo, essendo opinione diffusa in entrambi i due eserciti, che fino a che questa statua rimaneva dentro le mura di Troja, la città non poteva essere espugnata.
Nulladimeno si narra che Enea ed Antenore vendettero ai Greci la città, aprendo nella notte le porte al nemico. Ma altri autori affermano che i Greci presero Troia con un attacco di sorpresa.

Quanto al cavallo di legno, per mezzo del quale i Greci, secondo i Poeti, si fecero padroni della città, sembra essere una pura chimera di poetica fantasia; forse era qualche macchina rassomigliante a un cavallo, che i Greci possono aver usato nell'assedio per aprire una breccia nelle mura, e da questa poi ottennero l'accesso nella città. E' comunque vera una cosa che i Greci presero Troia di notte, misero Priamo e tutta la sua famiglia a morte e, dopo avere saccheggiata tutta la città, vi appiccarono il fuoco distruttore che la ridusse in breve tempo in cenere.
La presa di Troia è la celebre epoca nella Istoria dei Greci; (anno 1184) e certamente questa guerra, si può dire, che abbia dato la prima pubblica dimostrazione del valore Greco. Ed è degno di osservazione, che questa sventura di Troia ha fornito abbondante creativo materiale letterario a due dei più splendidi Poemi epici: l'Iliade e l' Odissea.
Fu solo Menelao, ricuperando Elena, che colse un apparente vantaggio dal successo di quest'impresa. Mentre per gli altri Greci, divenne la sorgente delle più crudeli sventure. I campi di Troia furono bagnati con il sangue dei loro più prodi comandanti e soldati, e in quei campi la maggior parte di loro fu sepolta; inoltre i miseri resti del loro esercito dopo essere stato considerevolmente assottigliato dalla guerra e dai disastri di un tempestoso viaggio di ritorno, trovarono, tornando alle loro case, soltanto mortificazioni e disordini della più crudele sorte. Perfino il loro capo, Agamennone, che era appena rientrato nel proprio regno, fu trucidato da Egisto, figlio di Tieste, il quale ne usurpò il trono in ricompensa della sua scelleratezza.
Ermione, figlia di Menelao e di Elena, era stata prima maritata ad Oreste, il figlio di Agamennone; ma gli fu in seguito sottratta e data in moglie a Pirro figlio di Achille. Oreste avendo poi ucciso Pirro, succedette a Menelao nel regno di Sparta. Sette anni dopo avendo allo stesso modo ucciso l'usurpatore Egisto unitamente a Clitennestra la propria madre, che era stata complice nell'assassinio di suo marito Agamennone, Oreste unì il regno di Sparta a quello di Argo e Micene.
Oreste in questo fosco periodo sentì il più cocente rimorso della crudeltà usata verso sua madre; quindi i Poeti hanno preso occasione di dire che egli fu dalle Furie perseguitato. Tisamene figlio succedette poi ad Oreste suo padre; ma fu ben presto sbalzato dal trono ed espulso dal regno dagli Eraclidi dopo aver regnato appena tre anni.
Gli Eraclidi erano in questo periodo comandati da tre fratelli, TEMANO, TESIFONTE e ARISTODENNO, figli di Aristomaco, pronipote di Ercole. Essi pretesero tutto il Peloponneso, affermando che apparteneva a loro per ereditario diritto, e conseguentemente lo ricuperarono. Temane ebbe la città di Argo, Aristoderno quella di Sparta, e Tesifonte Micene.

Il ritorno degli Eraclidi causò una grande rivoluzione negli stati della Grecia, e annichilì il potere dei Pelopidi. Gli Achei che avevano per lungo tempo abitato una parte della Laconia, furono da quest'evento obbligati a sloggiare e andare nell' Asia minore, dove occuparono quella parte di continente, anticamente conosciuta con il nome di Eolia; e lì fondarono Smirne e varie altre città. Gli Jonii che possedevano un altro distretto del Peloponneso, furono pure loro cacciati dagli Eraclidi, e obbligati -come gli Achei- a rifugiarsi nell'Asia minore; dove si impossessarono della provincia dal loro nome chiamata Jonia, e qui fondarono e edificarono, Efeso, Clazomene, Sarno, ecc.
Le quattro principali tribù dei Greci, distinte con i nomi di Eolj, Achei, Jonii, e Doridi, erano perfettamente indipendenti l'una dall'altra, ed ognuna si limitava a vivere nel proprio territorio, conservando perfino la stessa favella.
Tuttavia da qui provennero i quattro principali dialetti del Greco linguaggio. L'Attico, usato dagli Ateniesi; lo Jonico, dal popolo della Jonia; il Dorico, dai Lacedemoni ed Argivi, e l' Eolico dai Beozj ed abitanti di Eolia.
Gli Eraclidi e i Pelopidi dettero i re a Sparta per un periodo di novecento anni, calcolando fino al tempo del tiranno Macanida.
ARISTODEMO alla sua morte lasciò due figli, EURISTENO e PROCLE, i quali essendo gemelli e straordinariamente simili l'uno all'altro, che era appena possibile distinguerli, per questo motivo furono fatti entrambi re.
Ma anche dopo di loro, Sparta fu sempre governata da due re; Euristeno ebbe come successore suo figlio Agide, e Procle, lasciò la sua parte di trono al figlio Oo.
Fu sotto il loro regno che Sparta iniziò a conoscere gli schiavi chiamati Eloti. Gli abitanti di Elo, città nelle vicinanze di Sparta, avendo rifiutato di pagare un certo tributo imposto da Agide sopra l'intero territorio, il re spartano irritato da questo rifiuto e desideroso di riaffermare la sua autorità con un esempio di severità, assediò la città, la espugnò con la forza e fece schiavi tutti gli abitanti di Elo. Questi furono poi condannati alle più vergognose e penose attività fino alla fine della loro esistenza, sempre trattati con molto severità e crudeltà. In tutto quell'arco di tempo gli Spartani li obbligarono a lavorare le loro terre, e li tennero perennemente in uno stato di perpetua servitù.

Gli Spartani approfittarono della debolezza estrema e della buona indole di uno dei loro ultimi re, EURIZIONE, per usurpare la reale prerogativa e che per un certo periodo produsse una gran confusione nel governo spartano.
EUNOMO, altro loro re, lasciò due figli di differenti matrimoni, POLIDETTE e LICURGO. Polidette succedette ad Eunomo; ma morì senza lasciare alcun erede, pur lasciando la moglie incinta di alcuni mesi.
Licurgo pertanto, che in seguito divenne così famoso, salì al trono come collega di Archelao; ma dichiarò al popolo che assumeva questa dignità unicamente come tutore del fanciullo che la moglie di suo fratello avrebbe da lì a poco partorito, e al quale spettava la corona per diritto.
La regina in questo tempo manifestò a Licurgo, che a condizione di maritarsi con lui, avrebbe esposto appena nato il fanciullo che portava in grembo. Licurgo fu colpito da quest'orribile proposta; ma giudicò prudente dissimulare ed evitare sotto vari pretesti di giungere ad una definitiva dichiarazione matrimoniale con la regina; intanto diede segreti ordini alle levatrici che si portasse subito a lui il bambino appena questo fosse nato.
La regina alla fine dette alla luce un figlio; dopo il parto gli fu subito sottratto e Licurgo immediatamente lo portò nella pubblica assemblea, presentandolo ai principali uomini di Sparta come il loro re. Il nome di questo "piccolo" re fu CARILAO. Riassumeremo il seguito la "Istoria Lacedemonia", all'inizio del successivo capitolo (inerente Atene).

FONDAZIONE DI ATENE - ANNO 1556 A.C.

Su Atene riprendiamo la storia appena accennata all'inizio di questo lungo viaggio nelle pagine della Grecia della "Prima Età".
CECROPE, nativo di Egitto, condusse una colonia di suoi concittadini in Grecia, si stabili in Attica, e fondò il regno di Atene. Egli divise il Paese in dodici distretti, ed assunse il nome di Re.
Per la fondazione della sua città, scelse un colle nel mezzo di una larga pianura e iniziò ad edificare la sua cittadella sopra lo scoglio in cui terminava il colle.

Stabilì la religione fra i suoi sudditi, e istituì una particolare forma di culto a Giove e Minerva. Siccome il suolo dell'Attica era molto sterile, i suoi sudditi furono spesso costretti dalla necessità a fare uso della navigazione per trasportare frumento dalla sua Africa o dalla Sicilia.
Cecrope istituì pure, presso la cittadella, l'Areopago posto sul colle di Ares consacrato a Marte. Era una specie di Senato, che si riuniva e teneva le sue adunanze. Composto da arconti (all'inizio, nobili prevalentemente proprietari di terre) questi giudicavano i reati di sangue e altre colpe commesse dai sudditi ed esercitavano la sorveglianza sulle leggi emanate e sui magistrati che le dovevano applicare.
Questo tribunale fu in seguito reso da Solone il più famoso del mondo.

I nomi dei successori di Cecrope furono, CRANAO, ANFIZIONE, ERITTONIO, PANCIONE, ERETTEO, CECROPE SECONDO, PANDIONE SECONDO, EGEO, TESEO, MNESTEO, DEMOFOONTE, OSSINTE, EFIDA, TIMETE, MELANTO, e CODRO.
Cranao succeduto a Cecrope, fu bandito da Atene, da Anfizione e da Elleno, figli di Deucalione re di Tessaglia. Si crede che i Greci (detti appunto anche Ellenici) traggano il loro nome da questo Elleno.
ANNO 1470 A.C.
Anfizione instituì la famosa assemblea chiamata con il suo nome. Questa era composta dei deputati di dodici, o, secondo altri, di trentuno stati circonvicini, con i quali questo re stabilì una sorte di confederazione. Due deputati di ciascuno di questi stati si riunivano due volte l'anno alle Termopili, per deliberare sopra gli affari della Grecia in generale.
Gli Anfizioni avevano potere di determinare definitivamente tutte le controversie che nascevano fra questi stati, e di imporre gravose multe su quelli che poi risultavano essere nel torto. I membri di questa corte, prima della loro ammissione si obbligavano con i più solenni giuramenti alla stretta osservanza dei doveri del loro ufficio. Particolarmente s'impegnavano a comminare gravi punizioni contro chi osasse togliere i doni dal tempio di Apollo.
L'autorità di questo tribunale prevalse nella sua piena efficacia fino al tempo di Filippo Re di Macedonia; costui si era dato molto da fare per essere eletto presidente, ma poi abusò del potere che gli avevano concesso, e con dei vergognosi raggiri rese indegna, quella, che fino allora era stata una prestigiosa corte.
Bacco, noto similmente col nome di Dionisio (nativo dell'allora grande Tracia) essendo andato in Grecia al tempo di Anfizione, accompagnato da alcuni Orientali, istruì i Greci in molte utili arti, particolarmente nella cultura della vite. In cambio per la scoperta del prezioso "nettare", i Greci lo annoverarono fra gli Dei, e alla sua dipartita alzarono moltissimi altari alla sua memoria. La nascita e le conquiste di questo dio hanno fornito un vasto campo all'immaginazione dei Poeti per rendere ogni suo atto straordinario.

Sotto il regno di ERITTONIO è posto il ratto di Proserpina, figlia di Gerere, regina di Sicilia; il viaggio di Cerere in Grecia a cercar la figlia; la sua dimora ad Eleusi con Trittolemo, che essa istruì nella cultura delle biade; e l'istituzione del suo culto ad Eleusi.
Le cerimonie che accompagnavano questo culto erano conosciute con il nome di Misteri Eleusini, e divennero estremamente famose per ragione dell'impenetrabile segreto da cui erano celate.
Erittonio istituì pure in onore di Minerva la festività chiamata Panatenea per ragione del gran concorso di popolo che da ogni parte della Grecia si riuniva ad Atene in questa occasione. Erittonio durante il suo regno insegnò agli Ateniesi anche l'uso della moneta.

PANDIONE Secondo ebbe quattro figli; uno di questi fu EGEO suo successore; PALLANTE un altro figlio ebbe cinquanta figli, che dal suo nome furono chiamati Pallantidi. Egeo ebbe un solo figlio; e questo da una concubina chiamata Etra figlia di Piteo. Questo bambino fu TESEO, uno dei più famosi Eroi dell'antichità.
Teseo essendo ancora molto giovine, prima ancora di entrare a far parte della corte del padre, avendo udito le gesta di Ercole, fu preso da un ardente desiderio di imitarlo. Dietro quel grande esempio, pure lui s'impegnò nel ripulire dai delinquenti le pubbliche strade, eliminando un gran numero di ladri e assassini che con le loro bande infestavano allora tutto il territorio del regno.
Ritornando ad Atene, suo padre lo ricevette con molta gioia e ammirato dalle sue gesta, lo nominò suo degno successore nel regno, scatenando così l'ira degli altri legittimi eredi.

Infatti, alla morte di Egeo, appena salito sul trono, Teseo fu coinvolto in una guerra contro i suoi cugini, figli di Pallante che lo provocarono, asserendo che lui essendo figlio di una concubina quindi figlio illegittimo, sedeva sul trono da usurpatore.
Ma incapaci di resistere al valore di Teseo, furono vinti e dispersi. Dal momento che Teseo non poteva soffrire di restarsene in ozio, dopo aver eliminato il paese dai ladri e dagli assassini, s'impegnò a distruggere i mostri che infestavano il paese. Uccise il toro di Maratona e liberò gli Ateniesi da un tributo di sette fanciulli ed altrettante donzelle, imposto loro da Minosse re di Creta; il quale per vendicare la morte di suo fratello Androgeo che gli Ateniesi gli avevano ucciso, invase il paese e obbligò gli abitanti a sottoporsi a una disumana condizione, che forse era quella di rendere schiavi quel gruppo fanciulli.
Teseo, in uno di questi obblighi da onorare, avendo lui stesso accompagnato a Creta i fanciulli, si conquistò l'affetto di Arianna figlia di Minosse e la sposò, mettendo così fini al pesante tributo .
Questa sembra essere una troppo semplice storia di questi fatti; ma i poeti nella loro consueta maniera hanno dato via via agli stessi tante pennellate di vernice molto più romanzesca e spesso anche singolare. Questi poeti ci raccontano, che Teseo ricevette da Arianna il filo di un gomitolo da svolgersi nell'entrare e poi nell'uscire senza correre il mortale rischio di perdersi dentro il labirinto dove al centro era tenuto il Minotauro, un mostro mezzo uomo e mezzo toro, che per volontà e comando di un Oracolo si destinavano a lui i fanciulli Ateniesi per essere divorati. Teseo con il semplice sotterfugio di sfilare dal gomitolo il filo che gli avrebbe permesso di uscire fuori dall'intricato labirinto, penetrato all'interno, affrontato il mostro, lo assalì, lo uccise, sollevando così il suo paese da quel durissimo tributo.
Teseo dopo avere concluso in quel modo eroico lo scopo del suo viaggio uscì in trionfo per ritornare ad Atene. Ma avendo lungo la via smarrita Arianna che era fuggita con lui con la complicità di un sacerdote, ne fu così afflitto che nel far ritorno in città dimenticò nell'avvicinarsi di sventolare le bandiere bianche, che era un segnale convenuto con suo padre e che voleva dire "vittoria".

Egeo non vedendo il segnale capì che quello non era solo un fallito ritorno ma che portava con se anche l' annuncio della morte del proprio figlio; non attese neppure di sentirsi dire ciò che non voleva assolutamente udire e profondamente angosciato si precipito da una rupe e annegò in quel mare che ora porta il suo nome.
L'addolorato Teseo che gli succedette, procurò al regno la pace e s'impegnò a governarlo saggiamente. Si narra che abbia indotto tutti gli abitanti dell' Attica, parte con la sua autorità, parte con le persuasive sue argomentazioni, a trasferirsi dai loro villaggi nella più ospitale Atene per formare un grande stato e vivere in una grande società; ma oltre che ai vicini villaggi con un pubblico editto invitò anche i popoli di tutte le altre nazioni di stabilirsi liberamente ad Atene senza rinunciare alle native tradizioni, purché loro rispettassero coloro che nell'Attica vi erano nati e avevano i propri costumi. Tutto questo generò un grande aumento nel numero degli abitanti e ovviamente ben presto si ebbe una grande estensione della città.
Dopo aver compiuta questa grande impresa "social-politica", Teseo convertì il sistema di Governo in una specie di repubblica, riservandosi solamente il comando dell'esercito e il sostegno delle leggi.
Divise il popolo in tre classi; la nobiltà, i possidenti e coltivatori, e i meccanici lavoratori. Tutte le pubbliche cariche dovevano essere occupate da una persona appartenente alla nobiltà, ma però il popolo aveva il potere di scegliere la persona a cui ciascuno di questi impieghi doveva essere conferito.
Egli stabilì il tribunale del Pritaneo composto di cinquanta membri, che fra gli altri affari dovevano provvedere alla sussistenza di quei cittadini che pur poveri avevano però reso un eminente servizio allo stato.
Dopo avere curato e stabilito una esemplare amministrazione dello stato, Teseo spese poi il resto della sua vita viaggiando qua e là in cerca di avventure ma anche dedicandosi in imprese dove espresse il proprio valore.
Egli prese parte nella vittoria sopra Centauri, nella conquista del Vello d'oro; nella caccia del Cinghiale Calidonio; e in ambedue le guerre di Tebe.
Teseo e Piritoo che per certi sorti contrasti decisero di battersi, furono così colpiti dall'aspetto l'uno dell' altro, che misero da parte ogni ostile intenzione, e da quel giorno in poi vissero nella più perfetta amicizia. Insieme, in concerto rapirono a forza la famosa Elena figlia di Tindaro; ed in seguito essendo andati alla corte di Aidoneo re dei Molossi soprannominato Pluto, rapirono allo stesso modo la di lui figlia. Ma Pluto li catturò entrambi; Piritoo lo uccise e chiuse Teseo in una prigione dove più avanti fu liberato da Ercole.

Tutti i poeti del tempo hanno poi avvolto questi avvenimenti in un'incredibile quantità di favole volando in alto ognuno con la propria fantasia.
Teseo liberato, tornando ad Atene trovò altri motivi di inquietudine nei suoi comuni affari, e subito dopo la tragica morte di Fedra e di suo figlio Ippolito.
Mnesteo nello stesso periodo della sua assenza prese 1'occasione di sobillare i cittadini di Atene contro di lui. Teseo giudicando tutto queste manovre una cosa indegna, e non volendo punire gli ingrati Ateniesi che quel vile ascoltavano, si accontentò di abbandonare il paese e si ritirò in esilio volontario sull'isola di Sciro.
Ma anche qui non ebbe pace. Poco tempo dopo il suo arrivo, Licomede, capo di quell'isola, divenuto geloso del suo ospite, temendo di essere spodestato da quest'uomo che vantava così tanti meriti, gli tese un'imboscata, lo catturò e lo fece scaraventare giù dalla sommità di un alto precipizio.
Teseo fu il più gran re che mai avessero avuto gli Ateniesi. La sua tomba in breve tempo divenne molto famosa, e fu perfino rifugio di tanti schiavi.
Durante il regno di Codro gli Eraclidi essendo in guerra con gli Ateniesi, furono da un oracolo avvertiti che sarebbero stati vittoriosi solo dando la morte a Codro.
Questo principe, udita la risposta, si travestì in abito da villano, entrò nel campo dei nemici e li provocò ad ucciderlo. Quando si avvidero gli Eraclidi di avere ucciso Codro, immediatamente presero la fuga, ed invece di una vittoria come aveva previsto l'oracolo, si sconfissero da soli abbandonando il campo.
CODRO fu l'ultimo re di Atene, dal momento che alla sua morte fu stabilito dagli Arconti che il governo si trasformasse da monarchico in repubblicano. L'Arcontato ben presto divenne un importante ufficio-incarico, che all'inizio fu anche ereditario; e in quanto ad autorità, potere e dignità fu di poco inferiore al prestigio governativo reale che da secoli l'aveva preceduto.
Nei successivi capitoli riassumeremo l'Istoria di questa repubblica e gli affari di Grecia dalla cessazione del governo monarchico nei principali stati.

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