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109 n - DANESI - SVEDESI - RUSSI - ITALIANI - TEDESCHI

In questo viaggio iniziamo dal Nord.
I piccoli Stati nordici cercarono anch'essi di attaccarsi alla greppia dispensatrice di oro; soprattutto la Danimarca si studiò di farsi posto con grande tenacia e spirito di iniziativa. Fin dal 1616 i Danesi fondarono una Compagnia delle Indie Orientali; ma essa nel 1634 perì sopraffatta dai debiti.

Nel 1642 ne sorse tuttavia una seconda, nel 1686 una terza e nel 1752 una quarta; ma anche tutte queste con poco successo: per un certo tempo, e soprattutto quando le grandi potenze coloniali si facevano la guerra tra loro, i Danesi facevano buoni affari, ma poi - dopo le tante paci - gli affari andavano male e le azioni delle società cadevano al di sotto del prezzo di emissione.
I possedimenti danesi erano disseminati a grandi distanze, nelle Indie Orientali, sulla Costa d'Oro e nelle Indie Occidentali. Dopo i vari fallimenti i resti di queste colonie nelle Indie Orientali fu dai Danesi ceduto agli Inglesi solo nel 1845.

Ripartiamo dall'inizio. Nel 1666 Erik Smidt prese possesso nelle Antille della piccola isola di S. Tommaso, ed a questa in seguito se ne aggiunsero altre. I Danesi vi esercitarono il commercio, il contrabbando e l'agricoltura e per un certo tempo i loro stabilimenti prosperarono benissimo. Se si pensa che anche le Far-Oër, l'Islanda e la Groenlandia appartenevano alla Danimarca, si comprende subito come questo piccolo paese non potesse essere pari al compito coloniale che si era voluto assumere: le sue forze erano troppo esigue, scarse le sue relazioni, mentre troppo forte e inesorabile era la concorrenza commerciale che gli facevano i grandi Stati coloniali.

In Svezia re Gustavo Adolfo promosse la costituzione di una società commerciale che fondò nell'America del Nord sui due lati della baia di Delaware la colonia della Nuova Svezia protetta dal forte Cristiania. Essa però ebbe qualche sviluppo solo a partire dal 1683, quando Axel Oxenstierna la popolò con contadini svedesi e finnici, che per qualche tempo furono poi seguiti da altri emigranti.
Quando nel 1731 la Compagnia di Ostenda si sciolse, i suoi impiegati passarono al servizio di una società svedese delle Indie Orientali, che però non ebbe buon successo.
In definitiva i tentativi di imprese coloniali arrecarono più danno che utile ai due regni nordici. Essi causarono nei loro popoli solo un nocivo spirito d'avventura e di avidità di lucro, e sottrassero braccia e capitali di cui si aveva invece urgente bisogno e che si sarebbero assai meglio potuti impiegare in patria.

Giova dare un breve sguardo in ultimo all'Asia settentrionale che anch'essa lentamente fu raggiunta dall'onda di espansione dei popoli europei. Il primo a penetrarvi fu l'atamanno dei Cosacchi Yermak Yimofeiew, il quale, fuggendo dalla Russia europea, conquistò fra il 1580 e il 1584 il regno tartaro di Sibir e sulle rovine di esso si fondò per conto proprio un principato indipendente.
In, seguito, per placare le ire del suo Zar Ivan IV e ottenerne il perdono, Yermak gli offri la sua conquista. Lo Zar la prese subito e proseguì l'impresa iniziata dal suo ufficiale, che fu poi condotta egregiamente a termine dal suo successore Teodoro I.

Il paese con la sua scarsa popolazione e con le sue vaste steppe, difficili a difendersi, non fu in grado di opporre seria e durevole resistenza alle mobilissime orde dei cavalieri cosacchi. Così sorsero rapidamente varie stazioni russe del tipo di campi trincerati, che ben presto si trasformarono in colonie e città. Tobolsk fu fondata nel 1587, Tomsk nel 1604, Irkutsk nel 1661. Già antecedentemente schiere di cavalieri russi erano arrivati all' Amur e nel 1696 anche la penisola di Caniciatca cadde in potere dei Russi.
Durante queste spedizioni vennero occasionalmente sfiorate le frontiere cinesi e nel 1654 Baicow vide la famosa muraglia della Cina. Ben presto sorsero attriti e guerre fra i due grandi imperi, poi si pose fine con il trattato di Nertschinsk del 1689.

I Russi, penetrati così fino all'estremo Oriente, appresero dove il continente asiatico terminava, senza che in Europa nessuno ne avesse alcuna notizia. Verso il 1640 l'atamanno Deschnew ebbe incarico dì esplorare la costa orientale dell'Asia. Egli attuò al suo compito magistralmente, e perciò i posteri attribuirono il nome di Capo Deschnew, all'estrema punta nord-orientale dell'Asia, il Capo Est.

All'inizio del XVIII secolo il danese Bering, il francese Delisle, il russo Cirikow, cui più tardi s'aggiunse il tedesco Sheller, esplorarono i mari glaciali tra l'Asia Orientale e l'America, fecero delle scoperte nelle isole Aleutine ed accertarono definitivamente l'esistenza di quel passaggio marittimo che solo dopo prese il nome di Stretto di Bering. Infatti il valoroso Bering soccombette nel 1730 allo scorbuto insieme con la maggior parte dei suoi compagni.

Dal 1712 i Russi ebbero conoscenza della maggior parte delle isole Curili (poco distante dall'ultima isola a nord giapponese) e persino poterono raggiungere in slitta in pieno inverno l'Arcipelago della Nuova Siberia. L'interno della regione siberiana fu pure da loro esplorato; inoltre, navigando nel mar glaciale, fecero nel terzo decennio del secolo il rilievo di quasi tutta la costa settentrionale della Siberia; visitarono il tratto di costa fra le foci del Lena e del Yenissei, constatando la situazione molto più arretrata del mitico capo «Trebin», che si riteneva assai sporgente a nord; eseguirono nel 1768 la completa circumnavigazione della Nova Semlja e nel 1787 accertarono la natura insulare di Sachalin, anch'essa poco distante da Giappone.
E proprio anche i Giapponesi rivolsero la loro attenzione all'isola di Sachalin ed alle foci dello Amur, compilando buone carte di queste regioni.

ITALIANI E TEDESCHI

Come abbiamo visto dai precedenti capitoli, Germania e Italia furono le nazioni predominanti nel campo commerciale durante tutto il tardo Medio-Evo. Nel mezzogiorno d'Europa le crociate, la conquista di Costantinopoli e l'invasione mongola distrussero le vecchie vie seguite sino allora dal commercio e crearono tutta una nuova situazione che tornò principlamente a vantaggio delle repubbliche mercantili italiane. Con le crociate erano del resto diventate potenti, soprattutto la Serenissima.

Nel nord la colonizzazione delle pianure ad oriente dell'Elba contribuì in buona parte a procurare un periodo di predominio commerciale ai mercanti della Germania settentrionale. Causa poi il frazionamento politico della Germania non vi fu un movimento commerciale organico esteso a tutto l'impero, ma un commercio locale esercitato dalle singole città.

In Italia, a datare dalle crociate, Venezia e Genova accentrarono nelle loro mani tutto il traffico col Levante e divennero così le intermediarie tra l'Occidente e l'Oriente. Le due repubbliche tuttavia non si dedicarono a quest'opera in una concordia collaborazione; anzi fra di esse imperversò una ostinata gelosia di mestiere che condusse ad una guerra accanita fattasi durare per 130 anni.

Dovunque, alle corti dei Sultani, nei porti e mercati, sul mare aperto e nell'interno di ogni paese, l'una cercò di soppiantare l'altra; alla fine però Venezia ottenne il sopravvento sulla rivale. Si può dire che rimase la sola regina del mare, oltre che di tutta la costa balcanica fino a Costantinopoli e oltre. Quando però poi, nel 1421, Firenze, la città dei banchieri, prese possesso di Livorno e si diede anch'essa al commercio marittimo nell'intero Mediterraneo, le cose per Venezia si misero male e subito dopo peggiorarono, perchè nel frattempo si verificarono i due grandi avvenimenti che sconvolsero tutto il sistema del traffico mercantile dei Mediterraneo: l'avanzata dei Turchi e dopo qualche anno la scoperta della via delle Indie.

Anche Genova fu gravemente penalizzata nel suo sviluppo, non solo dagli stessi fattori, ma anche dalle lotte intestine, nelle quali si ingerirono la Francia, Milano e da ultimo l'imperatore. Solo la mano ferrea di Andrea Doria, che riformò la costituzione, riuscì a ridare alla città un periodo di pace.
All'inizio Genova aveva tratto profitto dalla guerra di Venezia coi Turchi, ma poi cominciò anch'essa a risentire i danni delle usurpazioni dei nuovi rappresentanti dell'islamismo, di modo che non le rimase in ultima che il traffico con l'Egitto, traffico che andava costantemente decrescendo, oltre dover condurre una lotta incessante con Venezia che stava anch'essa cercando di recuperare terreno con nuove rotte e quindi contrastandola.
La storia di Venezia ci offre un buon quadro di questa critica situazione, ma in grazia di una salda solidarietà che legava l'aristocrazia governante, alla Serenissima furono risparmiate le gravi discordie interne. Essa, in possesso com'era della costa dalmata, delle isole Ionie, della Morea, di Candia e di Cipro, dominava la via marittima facente capo ad Alessandria e quindi tutto il traffico delle droghe e prodotti orientali, tenendoli sotto il suo controllo implacabile e vessatorio lo sfruttò bene.

Ma l'eccessivo peso dei troppi estesi domini fece piegare alla lunga la Repubblica e la avvio alla decadenza. Da un lato arsero le guerre con i Turchi, dall'altro Venezia (che si era da poco dedicata anche alle conquiste nel suo entroterra) dovette lottare per difendere le sue province continentali; di più essa si ingerì nelle contese fra gli Absburgo e la Francia; nel frattempo il commercio delle droghe con l'India prese altre vie e fu perduto per sempre.

Tutte le cause ora elencate impedirono a Genova ed a Venezia di trarre dalla trasformazione del traffico mondiale quel profitto che avrebbero potuto trarne, data la loro abilità marinara e le loro disponibilità in capitali.
Ma se gli Stati italiani non parteciparono come tali al nuovo movimento coloniale e mercantile, bene lo fecero i singoli italiani e gruppi di italiani. Da lungo tempo (e non stiamo qui a ricordare i viaggi dei veneziani Polo) essi erano in fama nelle scienze geografiche e cartografiche, e questo primato lo mantennero ancora per molto tempo. Si può dire che ad ogni viaggio di esplorazione o di commercio oltremarino parteciparono degli Italiani.
I tre principali scopritori dell'America: Colombo, Caboto ed Amerigo Vespucci, furono degli Italiani. A Lisbona vi era una colonia italiana che fin dall'inizio partecipò alle spedizioni nelle Indie ed esercitò una grande influenza sullo sviluppo della marina portoghese.
E come in Portogallo, così vi eran colonie italiane in Spagna, soprattutto a Siviglia e La Corogna. Genova entrò in stretti rapporti con la Spagna.

Un quadro sostanzialmente diverso ci offre il Nord.
Come assai spesso avviene per i Tedeschi in genere, così anche il mercante tedesco del Medio-Evo imparò a conoscere, apprezzare ed utilizzare le sue prime forze, non in patria, ma all'estero. Nel XII secolo dei mercanti della Germania settentrionale costituirono a Visby, sull'isola di Gotland un forte consorzio di commercianti tedeschi, cui ben presto aderirono altri mercanti di Nowgorod, Bruges e Londra. Ciò portò in mano dei tedeschi della Germania settentrionale tutto il commercio del nord dell'Europa media.
Questa egemonia mercantile trovò valido sostegno in una lega di città, capitanata da Lubecca, cui fu posto il nome di «Hansa». Era una vasta associazione che aveva per scopo di tutelare e promuovere il commercio estero e di proteggere i propri membri; a questi ultimi la sua costituzione, non imponeva vincoli troppo stretti, anzi il consorzio agiva principalmente mediante consigli e provvedimenti presi caso per caso e lasciava nel resto larga libertà di movimento ai propri componenti.

Conformemente alla sua natura la Lega Anseatica cerco di raggiungere i suoi obiettivi per via diplomatica e non ricorse alle armi se non quando fu proprio indispensabile.
I grandi mutamenti politici ed economici che iniziarono l'età moderna colpirono anche l'Hansa. Essa era una creatura del Medio-Evo e il suo sviluppo presupponeva l'ambiente medioevale. Quando il Medio-Evo volse alla fine trascinò nel suo tramonto anche la predominanza politico-mercantile dell'Hansa.
In tutta la Germania i territori immediati dell'Impero si sminuzzarono, gli Stati vicini aumentarono in potenza, l'Ordine teutonico pur anch'esso potente (ma con metodi discutibili) soccombetteb ai Polacchi, Nowgorod venne conquistata dagli Zar moscoviti, gli Olandesi contrastarono l'Hansa e le fecero accanita concorrenza, in Inghilterra i Tudor, in Svezia Gustavo Vasa restaurarono l'autorità e il potere della Corona, la Danimarca aprì agli Olandesi il Sund.

Invano Lubecca tento gli estremi sforzi. Ovunque gli anseatici dovettero piegarsi alle autorità nazionali, e si videro persino nel Baltico soppiantati sempre più perfino dagli Olandesi che avevano ciò che mancava agli anseatici, l'appoggio di uno Stato.
Gli anseatici difesero disperatamente le loro posizioni e si spinsero fin nella Spagna per procurarsi una partecipazione al nuovo traffico transmarino. L'inglese Drake nel 1589 catturò all'altezza di Lisbona 60 navi anseatiche piene di merci. La regina Elisabetta dichiarò estinti i privilegi degli anseatici e chiuse gli opifici che loro avevano a Londra. D'altra parte la Germania era dilaniata dagli scismi religiosi ed i principi territoriali considerarono loro principale compito quello di abbattere le autonomie cittadine.

Nella stessa epoca in cui le città tedesche del nord perdevano la loro posizione egemonica, alcune città libere della Germania meridionale, con alla testa Augusta e Norimberga, salivano invece alla ribalta. Traffico mercantile e commercio bancario vi si svilupparono di pari passo. I Fugger ed i Welser divennero ditte di notorietà mondiale, cui altre si associarono. Augusta ebbe contatti particolarmente stretti sopra tutto con Venezia, dalla quale acquistava le preziose droghe per trasportarle poi oltr'alpe nell'Impero e altrove.

Questi mercanti seguirono con molta attenzione i mutamenti che avvennero nel traffico mondiale e cercarono di conformarvisi. Essi istituirono delle filiali in Francia e nella Spagna. Quando Cabrai nel 1501 ritornò dal suo così fortunoso viaggio alle Indie, rappresentanti della società Welser e della società Fugger si recarono subito a Lisbona, e tempestivamente strinsero con i portoghesi convenzioni commerciali e impiantarono filiali. Sorse così a Lisbona una notevole colonia tedesca, e tale rimase per tutto il secolo sedicesimo.

I WELSER

Fin dal 1505 i Welser si cointeressarono ad una spedizione commerciale nelle Indie, riportandone in patria del pepe, sul quale carico guadagnarono circa il 160 %. Essi contribuirono pure all'allestimento della flotta partita nel 1506 ed estesero la loro attività fino alle isole Canarie, Palma e Madera.
Ancora più stretti (e tempestivi) furono i rapporti dei Fugger e dei Welser con la Spagna, principalmente da quando essi divennero i finanziatori di Carlo V nei suoi continui bisogni di denaro.
Infatti ambedue le ditte si cointeressarono alle spedizioni mercantili spagnole nelle Indie, e dopo il cattivo esito di queste i Welser, uniti agli Ehinger, ottennero nel 1525 un privilegio commerciale, stabilirono una colonia tedesca a Siviglia e poco dopo anche a San Domingo. Navi appartenenti ai Welser attraversarono l'Atlantico e giunsero fino al fiume La Plata.
Oltre a sussidiare e finanziare, costoro si dedicarono in America alle piantagioni di canna da zucchero, alla lavatura dell'oro, all'estrazione del rame e dell'argento. Le imprese transmarine della casa assunsero poi un vasto sviluppo a datare dal 1528, quando essa ebbe la facoltà di importare negri ed ottenere l'assegnazione del Venezuela che allora si estendeva fino all'Oceano Pacifico.

Con queste convenzioni lo Stato spagnolo mirava ad ampliare i propri domini coloniali (guardava alla terra, come nel profondo medioevo), mentre la casa tedesca aveva scopi unicamente commerciali, andava al sodo.
Quindi il paese sì rimase territorio della corona spagnola, ma concesse in un certo modo a feudo i propri diritti sovrani agli imprenditori, e anzitutto agli Ehinger che fecero la parte del leone per via delle continue anticipazione di denaro che davano ai re spagnoli dissipatori di ricchezze prima ancora di averle.
Costoro ebbero facoltà di nominare e licenziare funzionari, di dirigere l'intera colonia sia dal punto di vista amministrativo sia dal punto di vista dello sfruttamento economico, ed inoltre stipularono il diritto di appropriarsi vaste zone di terre da mettere a colture varie. Accanto agli impiegati della società non vi erano che quattro funzionari regi destinati a tutelare gli interessi della corona, soprattutto gli interessi fiscali del governo spagnolo, ma prima facevano i propri interessi ed era facile per chi aveva denaro col denaro corromperli.
Come primo governatore si recò nel 1529 in Venezuela Ambrogio Ehinger con 300 coloni armati, si stabilì a Coro sulla costa e ne fece il centro del governo della colonia. Egli aveva qualcosa dell'indole dei conquistadores: dispotico, violento e sempre attivo. Suo compito principale considerò l'ulteriore esplorazione del paese; procedette infatti verso ovest, esplorò il lago di Maracaibo e fondò il borgo di Maracaibo. Ma i risultati dell'impresa non corrisposero alle speranze. Scoppiarono ogni sorta di dissensi con il suo governo, e già nel 1530 si giunse al punto che gli Ehinger si ritrassero ed i Welser si sostituirono a loro, pur conservando al posto di governatore Ambrogio Ehinger.

Ma anche i Welser rimasero impigliati nell'intima incompatibilità che vi era tra la loro duplice qualità di casa commerciale e di autorità governativa; come ditta mercantile il loro interesse era di guadagnar denaro più che era possibile e il più rapidamente possibile, mentre come esponenti dell'interesse dello Stato avrebbero dovuto colonizzare, organizzare e perfezionare prima di tutto l'opera di colonizzazione.
Naturalmente prevalse l'interesse commerciale, e siccome sulla costa e nelle immediate vicinanze non vi erano ricchezze da prendere, mentre correvano una quantità di voci sull'esistenza di un Eldorado nell'interno e i recenti successi di Pissarro avevano risvegliato una vera febbre di nuove scoperte, ne derivò che le cure della ditta si distrassero dalla costa per rivolgersi all'ignoto entroterra.

Il luogotenente di Ambrogio Ehinger, Nicola Federmann, fece già una prima spedizione inoltrandosi in profondità nell'interno, gli andò poi dietro lo stesso Ambrogio, il quale trovò realmente dell'oro, ma fu ucciso da una freccia avvelenata degli indigeni. Al suo posto venne chiamato nel 1535 Giorgio Hohermath, cui fu messo accanto Federmann in qualità di capitano generale. Entrambi intrapresero un viaggio di esplorazione. Quello del primo durò dal maggio 1536 al maggio 1538 e si estese, attraverso la regione bagnata dall'Oreneco, fin nella regione del fiume delle Amazzoni.
Gli esploratori lottarono più di due anni con terribili fatiche, privazioni e pericoli, perdettero 240 uomini, cinonostante tornarono indietro con scarso bottino.

Più fortunato fu Federmann, che cominciò il suo viaggio in estate avanzata del 1536, valicò le Cordigliere ghiacciate e giunse sull'altopiano del Bogotà, ove credette di aver finalmente trovato l'Eldorado. Ma che disillusione! Per un'altra via più ad ovest lo aveva preceduto l'avventuriero Quesada ed aveva con 166 compagni abbattuto l'antico stato incivilito là esistente.
E il caso volle che anche una terza banda capitanata da Benalcazar arrivasse contemporaneamente, provenendo da Quito. Quesada e Federmann vennero a transazione e si recarono in Spagna per patrocinare ciascuno la propria causa. Ne seguì un lungo processo dinanzi al Consiglio delle Indie. Federmann elevò contro la sua ditta e contro la sua condotta delle accuse, che in realtà erano completamente ingiustificate, ma delle quali la società non riuscì mai a liberarsi del tutto. Da ultimo Federmann si ammalò, ritrattò le sue accuse ma morì subito dopo nel febbraio 1542.

Fin dal gennaio del 1540 il Consiglio delle Indie aveva deciso la controversia relativa al territorio incivilito di recente scoperto nel senso che ne aveva formato un governatorato spagnolo a parte, alla cui testa fu posto Quesada; di modo che ai Welser sfuggì di mano il paese con le speranze aurifere. Nel frattempo a Coro le cose erano andate di male in peggio; il borgo da ultimo non contava che appena 60 abitanti o ammalati o sfiancati dalla fatica; il malsano Maracaibo si era dovuto abbandonare completamente; la posizione dal punto di vista commerciale era divenuta così disperata che i Welser per un certo periodo sciolsero addirittura la loro filiale del Venezuela.
Ciò provocò l'intervento dell'Audiencia di San Domingo, la quale per lo meno ristabilì in un certo modo l'ordine, finché ritornò Hohermuth dal suo viaggio e riprese le redini del governo. Quando furono conosciuti i successi di Federmann e di Quesada, la febbre delle scoperte si impadronì nuovamente dei coloni.

Hohermuth preparava una nuova spedizione nell'interno, ma nel 1540 la morte lo strappò alla sua estenuante attività. All'improvviso comparve un fiduciario dell'Audiencia che si mostrò desideroso di compiere la tanto desiderata impresa. Egli nominò capitano generale Filippo von Hutten, uomo di ferrea robustezza, prudente e risoluto, che aveva già accompagnato Hohermut nella sua prima, spedizione. Ai suoi ordini stava come ufficiale superiore Bartolomeo Welser, il primogenito del capo della ditta.
La spedizione constava di 150 uomini, tutti validi; meta delle ricerche le popolose pianure orientali, il sognato Dorado degli Omaguas. Esso fu raggiunto con tre anni di stenti spinti all'abnegazione. Vi trovarono grossi villaggi abitati, vi si riscontrò anche un certo benessere, ma l'oro sognato non si trovò. E siccome per di più gli indigeni si rivelarono molto bellicosi, Hutten credette bene di tornarsene indietro.

Nel frattempo l'Audiencia nel 1545 aveva inviato nella provincia, che era rimasta nuovamente priva di direzione, Carvajal, il quale in base ad una autorizzazione falsificata usurpò le funzioni di governatore. Costui era un furfante astuto e senza scrupoli di coscienza. Egli trasferì il centro della colonia da Coro a Tocuyo nell'interno, e qui condusse vita licenziosa e crudele.
Quando seppe che Welser e Hutten nella loro marcia di ritorno si avvicinavano alla costa, sentì la minaccia che questo significava per lui e per mantenersi al posto usurpato, preparò un'imboscata li attaccò di sorpresa, li prese prigionieri e li fece decapitare.

Questo fu il colpo di grazia per la ditta commerciale tedesca. Hutten aveva ancora concepito altri grandi piani di colonizzazione; egli avrebbe voluto impiantare tre nuove colonie nelle regioni da lui esplorate dal mare fino al paese degli Omaguas.
Ma prevalse l'indirizzo che era nell'interesse del governo spagnolo. Dalla Spagna venne il laureato in teologia Tolosa, il quale fece impiccare Carvajal e ristabilì in certo qual modo l'ordine, che fu poi anche meglio restaurato dal suo successore Villegas. La disordinata smania di scoperte cedette il posto alla colonizzazione metodica; le terre vennero suddivise ed utilizzate per l'allevamento del bestiame, per l'agricoltura e per l'estrazione dell'oro, e le varie colonie si trasformarono gradatamente in città.

I Welser peraltro gradatamente e senza dare nell'occhio si ritrassero dai loro possedimenti, per quanto li abbiano difesi con tenacia in una lunga lite svoltasi dinanzi al Consiglio delle Indie, in cui vennero sempre più in contrasto le pretese della ditta e quello dello Stato. La vittoria in ultimo rimase allo Stato e la provincia fu dichiarata esclusivamente spagnola e di pertinenza della Corona. Tuttavia i Welser uscirono dal processo senza macchia e completamente giustificati.

Come abbiamo detto sopra, l'impresa dei Welser fu minata nel suo intimo dall'incompatibilità, nelle circostanze concrete, dei due scopi propostisi: la colonizzazione e gli affari di commercio. Se il Venezuela fosse stato un paese ricco e incivilito, come l'India, le due cose si sarebbero potuto unire; ma là questo non era possibile perché la costa poco fertile, scarsamente popolata e malsana era inadatta al commercio, e per curare questo lato dell'impresa si dovette subito cercare di penetrare profondamente nell'interno per trovare un ambiente più favorevole.
All'inizio i Welser procurarono in realtà di perseguire i due scopi; fecero cospicue spese, iniziarono un attivo traffico mercantile attraverso l'Oceano, trasportarono sui luoghi coloni cui fecero larghi anticipi di denaro, tentarono di utilizzare i prodotti minerali e vegetali del paese; in breve fecero tutto il possibile per impiantare una organizzazione ordinata. Se non che invincibili ostacoli frustrarono i loro sforzi; la produzione del suolo si rivelò scarsa e assai lentamente conseguibile; i coloni si manifestarono avidi e più propensi a tentare la fortuna che disposti a lavorare, alcuni anche animati da smodata ambizione; spuntarono e si moltiplicarono gli attriti fra spagnoli e non spagnoli, tra funzionari dell'azienda e funzionari della Corona; l'audiencia di San Domingo tentò sempre più di far prevalere l'indirizzo più consono agli interessi dello Stato spagnolo, mentre le lunghe spedizioni per esplorare l'interno privarono il personale della ditta delle sue migliori forze.

Mentre i governatori dei Welser, affrontando stenti e pericoli, si aprivano la strada nelle foreste dell'interno, perdevano le loro basi sulla costa, a Coro. La necessità di trovar nell'interno le risorse per la riuscita della loro impresa spinse i Welser a trascurare ed abbandonare la costa, dove lo Stato spagnolo si sostituì definitivamente a loro, preparando la sua esclusiva signoria.
Nelle loro spedizioni i Welser ottennero risultati geografici non comuni, essi penetrarono così dentro nella regione del Rio delle Amazzoni come pochi altri seppero fare in seguito. Anche finanziariamente i Welser ad onta di tutte le contrarietà, ne uscirono pari, avendo potuto rifarsi in buona parte delle spese.



I FUGGER
L'altra grande ditta bancaria tedesca, i Fugger, non volle esser da meno dei Welser. Essa pure secese in campo e tentò di partecipare alla colonizzazione del Cile e della costa meridionale americana; ma per sua fortuna non vi riuscì. Allorché poi la Spagna cominciò ad avere negli olandesi e negli inglesi dei rivali pericolosi ed a soffrire di estrema penuria di capitali, la ditta, d'accordo con l'imperatore, propose nel 1627 alla dieta dell'Hansa a Lubecca di fondare una società ispano-anseatica.
Ma l'Hansa era troppo disunita per imbarcarsi in una impresa che poteva avere le più gravi conseguenze per il commercio tedesco; i delegati protestanti alla dieta non vollero associarsi con la nazione considerata il fortilizio del cattolicesimo, e respinsero la proposta.

La guerra dei trent'anni ed i tempi tristissimi impedirono poi che qualcuno rischiasse in imprese a scadenza meno che prossima. Ritornata la pace, il movimento di espansione tedesca all'estero ebbe una ripresa. Il conte Federico Casimiro di Hanau progettò di impiantare una colonia tedesca nella Guaiana sotto l'alta sovranità della Compagnia olandese delle Indie Occidentali. Il progetto era il più sbagliato che si potesse concepire, e dimostra quanto poco allora in Germania si intendessero di cose coloniali, sebbene il conte per patrocinare la sua idea si servisse di parole virili e orgogliose.
Egli disse: «Valorosi tedeschi, fate sì che sulla carta del mondo accanto ad una Nuova Spagna, ad una Nuova Inghilterra, ad una Nuova Francia, appaia nell'avvenire anche una Nuova-Germania».

Alle parole-seguirono subito i fatti, sebbene in altra direzione e per opera di altri. Chi tentò realmente l'espansione coloniale fu uno dei più importanti principi territoriali tedeschi, l'unico i cui Stati si affacciassero al mare, il principe elettore Federico Guglielmo di Brandenburgo.

Fin dal 1577 i duchi della lontana Prussia avevano costruito delle navi da guerra per la difesa delle coste; e la loro opera era stata proseguita dai loro successori, i principi elettori di Brandenburgo; ma questa marina assunse vero e proprio sviluppo soltanto sotto il giovane Federico Guglielmo.
L'occasione la offrì l'Olanda. Nel 1646 il giovane principe sposò Luisa Enrichetta d'Orange, e per la circostanza dimorò un bel po' di tempo all'Aja, dove ebbe modo di rendersi conto dell'immenso progresso nautico e coloniale del piccolo Stato olandese. Sotto questa impressione concepì pure lui di fondare una compagnia tedesca delle Indie Orientali e di approntare una flotta.
Molte e varie difficoltà ostacolarono i suoi progetti, cosicché solo nel 1657 egli poté chiamare a Konigsberg il colonnello von Hille per affidargli l'organizzazione di una piccola squadra nel porto di Pillau. Hille era stato a lungo ai servizi degli olandesi e si era molto impratichito dell'arte marinara. La prima flotta brandenburghese constò di tre navi, ma presto venne aumentata, tanto che dal 1658 al 1660 potè partecipare attivamente alla guerra tra Svezia e Polonia.

Dopo la pace di Oliva la squadra fu ridotta di numero, ma poi il suo sviluppo ricevette un nuovo e più energico impulso ad opera dell'olandese Beniamino Raule. Costui divenne l'anima e l'ispiratore delle imprese marittime e coloniali del Brandenburgo. Avendo nel 1674 gli svedesi invasa la marca, Baule si offrì di combattere sul mare gli svedesi con le proprie navi e sotto bandiera brandenburghese. Il principe elettore accettò, e Baule iniziò la guerra subito e con successo.
Visti i risultati il noleggio della flotta di Baule fu rinnovato, e l'olandese fece carriera al servizio del Brandenburgo, arrivando da ultimo alla carica di direttore generale della marina dello Stato. In tale qualità peraltro con le sempre in crescendo sue imprese egli continuò a provvedere con navi proprie. Sol nel 1686 il principe elettore si sentì abbastanza disimpegnato ed in grado di comprare da Baule, contro il parere dei suoi consiglieri dubbiosi, nove navi munite in complesso di 176 cannoni da aggiungere all'unica nave da guerra che lui già possedeva.

Tuttavia già la colonizzazione e il traffico coloniale brandenburghese si erano già sviluppati tanto da esigere (come stavano facendo gli inglesi) la protezione di una marina da guerra. La conquista della Pomerania aveva ampliato l'estensione delle coste dello Stato e provocato nel 1679 l'istituzione di un Consiglio del commercio a Stettino. Invece la progettata fondazione di una Compagnia delle Indie Orientali non si era potuta realizzare nonostante tutte l'impegno profuso dal principe per tale scopo.
Allora Raule si fece di nuovo avanti e prese lui l'iniziativa. Nel 1680 infatti iniziò a proprie spese ed a proprio rischio un viaggio in Africa, che esteriormente fu fatto apparire compiuto per conto del principe. L'impresa fallì soprattutto per la gelosia degli Stati generali. Tuttavia nel 1681 si riuscì a concludere un trattato con tre capi negri della costa della Guinea, con il quale essi concedevano un tratto di territorio per l'edificazione di un forte e si impegnavano a non commerciare che col Brandenburgo.

Per la prima volta questo paese vide arrivare direttamente dall'Africa, senza opera di intermediari, oro e zanne di elefante; il Brandenburgo si era aperto l'accesso al traffico mondiale. Si trattava ora di conservare e sviluppare la conquista fatta. Nel marzo 1682 si costituì la Compagnia africana, che Baule aveva ripetutamente proposto di fondare, con lo scopo di esercitare il commercio sulla costa della Guinea, battendo bandiera brandenburghese e sotto la protezione del principe elettore.
Due fregate brandenburghesi giunsero sui luoghi; il maggiore von der Gróbenisso il 1° gennaio 1683 issò la bandiera brandenburghese presso il Capo delle Tre Punte, e diede alla nuova colonia il nome di Gross Friedrichsburg. Immediatamente fu iniziata la costruzione di un forte e poco dopo si posero le fondamenta di una più vasta opera di fortificazione, la cui esecuzione però andò molto per le lunghe. Nel 1715 essa era fornita di 44 cannoni. Il possedimento coloniale fu esteso alla regione di Acca, molto fertile, e di Taccarary, splendidamente situata, per la cui difesa vennero eretti altri due forti. La colonia prosperò rigogliosamente; ma ben presto contro di essa congiurarono tre seri nemici: la febbre, i negri ostili (cui davano la caccia per trasformarli in schiavi e venderli) e gli olandesi gelosi.
Alla fine vi erano non più che 25 persone al servizio della Compagnia.

All'inizio il governo della colonia era stato suddiviso fra un comandante militare ed un capo dei mercanti, al cui posto però nel 1685 era subentrato un direttore generale, che aveva accanto un consiglio. L'obiettivo principale che si voleva perseguire era il commercio, e si fece tutto il possibile per svilupparlo; e all'inizio andò anche bene, rendendo sino al 152% di guadagno. Purtroppo poi il nucleo principale degli affari - che rendeva molto ma molto di più - divenne la tratta dei negri.

Una seconda piccola colonia brandenburghese, dietro proposta sempre di Baule, era stata stabilita nel 1685 sull'isoletta di Arguin presso la costa africana a sud-est del Capo Bianco. L'isola era piccolissima, sabbiosa e sterile, ma era un emporio del commercio della gomma che vi si concentrava da tutta una regione estendendosi dalle Canarie al Senegal per 150 miglia di costa. L'isola peraltro non fu mai completamente ridotta sotto l'esclusiva influenza brandenburghese. Vi si domicilarono soltanto alcuni impiegati di commercio che sotto la protezione di una piccola guarnigione, curarono il traffico della gomma, delle penne di struzzo, del sale, dell'oro, degli schiavi, dell'avorio, ecc. Ma già dal 1700 la Compagnia non inviò più navi.

Come la colonizzazione, così lo sviluppo del commercio marittimo in genere fu sostanzialmente opera personale del Principe Federico Guglielmo e dell'instancabile Raule. Fu concluso un trattato di commercio e di navigazione con le città della Frisia orientale, fu trasferita ad Emden la sede della Compagnia africana, e persino progettata la costituzione di una Compagnia per le Indie Orientali o per l'Islanda. Per cercare di aprirsi dei mercati di esportazione in America venne concluso un trattato con la Danimarca relativo all'isola di S. Tommaso, e si progettò perfino l'acquisto dell'isola di Tabago e dei forti danesi sulla costa occidentale dell'Africa.
Ma nonostante ogni cura la Compagnia africana andò sempre di male in peggio a causa dei danni gravissimi ad essa inflitti dai concorrenti olandesi e talora dai francesi. Nè le cose migliorarono gran che quando la marina e l'azienda commerciale furono avocate a sè dal Principe Elettore Federico Guglielmo il quale morì, perseguendo verso gli olandesi le sue ragioni al risarcimento dei danni subiti e sino all'ultimo dedicato assiduamente alla sua politica coloniale.

Il suo successore Federico III era animato dal miglior desiderio di continuare l'opera paterna, ma gli faceva difetto la capacità e la perseveranza. Si fecero molti progetti, di ogni genere, e fu persino acquistata una sede nell'isola di S. Tommaso, ma le cose si avviarono visibilmente verso la catastrofe. Si verificarono delle malversazioni nell'azienda, sorsero diffidenze e lotte partigiane, finché nel 1698 Baule venne deposto e persino imprigionato.
Venne in seguito graziato e rimesso al suo posto, ma la sua precedente energia lo aveva abbandonato. Quando Baule morì nel 1707 la Compagnia era di fatto già fallita e disciolta; nel 1711 poi il Re dichiarò estinte le sue azioni e decaduti i suoi diritti, incamerandone i possedimenti.

Con la morte di Federico III poi ogni movimento coloniale cessò, perchè il parsimonioso Federico Guglielmo I considerava «il commercio africano una chimera», e del suo parere furono i suoi consiglieri Gli ultimi residui resti delle colonie vennero venduti.

Il successivo incremento e sviluppo della potenza prussiana fece momentaneamente riguadagnar terreno alla tendenza favorevole alle imprese mercantili d'oltre mare. Un inglese fondò ad Emden una Compagnia prussiano-bengalica, cui Federico l Grande accordò nel 1753 un privilegio; ma nel 1762 essa era già sciolta. In seguito il residente Derschau progettò di colonizzare la costa fra il Benin e il Camerum, ma il Re poco disposto a questo tipo di entusiasmi non volle saperne, come pure il suo successore respinse un analogo progetto.

In realtà dunque a datare da Federico Guglielmo I la Prussia, e quindi la Germania intera che proprio allora si stava formando, era sparita dal novero degli Stati colonizzatori. Il movimento coloniale non fu ripreso che dal nuovo impero Germanico. Ma di questo parleremo in altri capitoli.

Dopo tutta questa panoramica chiudiamo
con i risultati di tutta questa febbre di colonialismo

I RISULTATI DELLA COLONIZZAZIONE > >

 

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