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109 i - GRANDEZZA E DECADENZA DELL'OLANDA


La Compagnia delle Indie Orientali

 

Come abbiamo visto nel precdente capitolo, i tentativi di raggiungere l'India per una via d'acqua situata nelle regioni polari non potevano condurre a risultati pratici, ma unicamente a risultati scientifici. Tuttavia le audaci spedizioni polari esaltarono l'orgoglio marinaresco delle nazioni che vi avevano preso parte, e suscitarono in esse il proposito di aprirsi la via del sud, e se non era possibile con le buone farlo con le cattive usando la forza.

La lotta che ne seguì fu non solo l'urto materiale tra i popoli iberici-latini ed i popoli di razza germanica, ma anche il cozzo tra due diversi indirizzi ideali: da un lato cioè il cattolicesimo latino che mirava a perpetuare il sistema medioevale di asservimento del traffico agli interessi del clero, dei governi ad esso legato e delle classi nobiliari; dall'altro il protestantesimo germanico, venuto su combattendo per l'appunto quegli interessi, ed il sistema di governo parlamentare che, insieme con il rifiorire della ricchezza, impersonavano la conquistata autonomia intellettuale della borghesia.

Gli olandesi, gli inglesi e gli ugonotti francesi si rivelarono i più strenui campioni di questo secondo indirizzo nei rapporti internazionali.
Gli olandesi erano un vecchio popolo di colonizzatori. Le regioni tra l'Elba e l'Oder, anzi più in là fino alla Vistola, erano state in parte colonizzate da olandesi e brabantini. Di modo che gli olandesi, quando iniziarono la loro espansione coloniale in lontane regioni, avevano già una preparazione in materia.
Ma non bisogna credere che, in antitesi alla condotta tenuta dai conquistatori portoghesi e spagnoli, quella tenuta dagli olandesi nelle loro imprese coloniali sia stata condotta con criteri idealistici. Soltanto l'esecuzione pratica di queste imprese fu migliore, ma essi procedettero con uno spirito niente affatto più temperato, anzi semmai con maggior durezza ed intolleranza. Lo stesso e a dire dei loro compagni d'avventura inglesi e della loro colonizzazione nell'America settentrionale; qui la colonia cattolica di lord Baltimore superò persino, quanto a tolleranza, le colonie protestanti.

Gli olandesi, se si tolgono le esplorazioni di Tasman, non hanno arrecato un contributo proprio alle scoperte di nuove terre. Essi furono per così dire un popolo colonizzatore di seconda mano, in quanto scacciarono altri popoli dai loro possedimenti e vi si sostituirono. A prezzo di aspre lotte, durante ottant'anni (dal 1567 al 1648), essi si conquistarono l'indipendenza politica.
Ed è notevole che l'epoca delle loro massime difficoltà, quella che corre tra la presa di Anversa (1585) e la morte di Filippo II, fu anche l'epoca in cui vennero gettate le prime basi della futura potenza marittima olandese.

Troppo deboli per resistere in campo aperto alle solide e sperimentate fanterie spagnole, le migliori e più intraprendenti forze della nazione cercarono rifugio sul mare. Il vecchio elemento amico divenne la culla del rinascimento nazionale. Le stesse ardue difficoltà della lotta contro un nemico strapotente fecero sì che gli olandesi acquistassero una specie di familiarità con i venti e col mare, una incredibile mobilità e combattività, nonché sicurezza e prontezza di spirito; oltre a ciò essi studiarono ed attuarono numerosi perfezionamenti nella costruzione delle navi.
La forza, l'energia di tutto il popolo fu dalla lotta disperata per la propria esistenza economica e morale spinta ad un grado di tensione e di sviluppo quasi favoloso. Il commercio non ebbe a soffrire delle conseguenze della guerra; al contrario il bisogno stimolò l'ingegnosità, l'inventiva degli olandesi.

La conquista di Anversa, la chiusura della Schelda, produssero il fiorente sviluppo di Amsterdam. Mentre la Spagna decadeva al punto che re Filippo II spesso si trovava imbarazzato per non aver disponibili poche migliaia di pesetas, gli olandesi con l'industria e col commercio edificavano le basi della loro ricchezza nazionale.
Persino le vecchie città anseatiche germaniche dovettero cedere il campo nel mare del Nord e nel Baltico ai loro giovani rivali in via di costante progresso. Gli olandesi acquistavano a Lisbona medesima per mezzo di stabili uffici di rappresentanza le droghe, le concentravano nel gran mercato di Anversa e di là le trasportavano per mare nei paesi nordici. Altri articoli di cospicua esportazione erano i formaggi, il burro ed il sale.
Dalla Germania poi le loro navi di ritorno recavano carichi di derrate e sopra tutto di legname. Essi inventarono le seghe rotative con la forza idraulica e fecero del loro paese il centro del commercio europeo dei legnami.

Fu l'olandese Beuckelson che ebbe l'idea di salare le aringhe, le quali così preparate divennero esportabili in quantità enormi. Già nel 1562 il commercio delle aringhe impegnava nella provincia d'Olanda 400 navi, nella Zelanda 200, e nel 1602 navigarono non meno di 1500 navi pescherecce per la raccolta delle aringhe e 20.000 persone furono impiegate nella relativa industria.

I panni di Leida e le tele di lino di Haarlem divennero famose ovunque. Queste ultime costavano sino a 14 fiorini al braccio; le donne, anche di rango principesco, le consideravano il più bel dono che loro si potesse fare. Panni inglesi venivano tinti e raffinati in Olanda. I cantieri dei Paesi Bassi presero un vasto sviluppo, tanto che vi si costruivano più di mille navi all'anno.

Il risultato fu l'affluire del denaro in masse considerevoli. Il governo fece tutto quanto poté per favorire il progresso economico. Ed all'opposto del governo spagnolo dichiarò libero il commercio in alto mare. Gli olandesi vollero diventar ricchi ad ogni costo; la densità della popolazione aumentò anno per anno, e con l'aumento del numero e della ricchezza aumentò l'orgoglio e l'ardire.

Questo stato d'animo generò nel popolo la convinzione che l'Olanda doveva muovere guerra alla Spagna, non solo in Europa, ma anche nei suoi possedimenti d'oltremare, specialmente in India. Un mercante olandese, van Linschoten, era nei suoi viaggi arrivato sino a Goa e nell'India posteriore. Ritornato in patria, pubblicò una relazione di questi viaggi che richiamò la generale attenzione, sopra tutto nella parte in cui erano esposte le condizioni delle colonie portoghesi. Egli vi dipinse la corruzione dei governatori, i sistemi violenti dell'amministrazione militare, l'odio che covava nel cuore degli indigeni contro i loro oppressori; di modo che apparve indubbio che un attacco portato con le forze allo scopo necessarie avrebbe abbattuto la dominazione portoghese-spagnola.

Forse si sarebbe ancora indugiato, se non si fosse saputo che gli inglesi nutrivano analoghe intenzioni, mentre nelle cose marittime e coloniali gli olandesi pretendevano allora che loro spettasse la precedenza sugli inglesi, i quali sino ai tempi della regina Elisabetta furono ritenuti gente lenta e scansafatiche. Per non lasciarsi prevenire gli olandesi si misero subito all'opera, la quale non fu però condotta, sull'esempio dei conquistatori spagnoli e portoghesi, da uomini di guerra in qualità di funzionari della corona, ma da privati che ricevevano semplicemente aiuti ed appoggio dalle città. I fratelli Houtman, mercanti di Amsterdam, costituirono una specie di società commerciale e fornirono determinate somme per uno scopo precisamente delimitato.
Da Texel partì una squadra di quattro navi per il primo viaggio in India; l'anno dopo ne partirono già otto. Gli Houtman possedevano delle buone carte dell'Oceano Indiano ed erano già pratici del commercio con i portoghesi; essi avevano lungamente lavorato nell'azienda olandese di Lisbona, ma l'avevano dovuta abbandonare a causa di uno screzio avuto con l'inquisizione.

Le navi della nuova società approdarono nell'estate del 1595 a Giava, ne scacciarono i portoghesi e proseguirono poi per l'isola di Bali. Il 18 agosto 1597 esse ritornarono in patria, avendo perduto una nave e 160 uomini su 250 di equipaggi. Ma i tempi erano diventati maturi, e il risultato, dal punto di vista commerciale, fu buono: si era portato pepe, noci moscate, garofani, cannella, e tutto venne venduto con gran guadagno. Tutto ciò incoraggiò numerose nuove imprese; cominciò la concorrenza, e nel 1598 l'Olanda aveva già in attività 28 navi per il commercio con l'India.
La società degli Houtman, che originariamente constava di 9 soci, si allargò di molto e riuscì ad accaparrarsi come suo capitano per gli anni 1598 e 1599 un bravo marinaio, l'ammiraglio Van Neck. La marina olandese in seguito all'allargarsi della navigazione a paesi lontani, prese un così poderoso sviluppo che verso il 1600 più di 70.000 persone facevano il mestiere di marinai, si trovavano in costruzione 2000 navi e 400 navi facevano col cabotaggio il rilevante commercio con la Spagna ed il Portogallo di cui sopra si e parlato.

La situazione politica favorì straordinariamente le imprese degli olandesi. Verso il 1600 le colonie ispano-portoghesi si trovavano riunite nelle mani del re di Spagna, le cui forze per l'eccessivo logorio andavano precipitosamente decadendo. Vero é che, salvo le Filippine e le Molucche, le colonie dei due paesi continuavano ad avere un'amministrazione separata, ma politicamente i portoghesi dovevano pur sempre condividere le sorti degli spagnoli. E questo a loro riuscì fatale, perché la Spagna aveva dovunque dei nemici, e questi divennero nemici anche dei Portogallo, principalmente gli inglesi e gli olandesi.

Oltre a ciò la capacità di resistenza dei portoghesi era assai minore di quella degli spagnoli, perché, per servirci di una plastica espressione di Supan, i primi per difetto di uomini avevano colonizzato «a punti», i secondi invece, più numerosi, avevano colonizzato «a grandi macchie».
Quando poi sulla fine del secolo al pacifico commercio olandese con Lisbona seguì l'attacco metodico al debole edificio dei possedimenti portoghesi nell'Asia orientale, gli olandesi procedettero con grande accortezza e con una tattica nuova. Ovunque, nelle isole della Sonda e sul continente indiano, essi cercarono, di guadagnarsi l'amicizia o almeno la tolleranza dei piccoli sultani locali, mostrando di non ambire né terre nè anime, ma soltanto trattati di commercio. Con ciò si conquistarono la fiducia degli indigeni e per lo più furono loro fatte condizioni vantaggiosissime.
La rinunzia all'invio d'ogni sorta di missioni religiose fu particolarmente apprezzata da quei popoli di civiltà assai progredita, tanto più che gli olandesi non solo prestarono orecchio benevolo alle loro lagnanze contro l'oppressione portoghese, ma loro fecero prevedere l'effettiva liberazione dal giogo col proprio aiuto.
Naturalmente, coloro che erano minacciati ben presto si misero in guardia. La Spagna mandò 14 navi per scacciare gli intrusi che considerava come pirati. Ma l'abilità marinara di quest'ultimi era così grande che con 8 leggere navi mercantili costrinsero alla fuga l'Armada nemica.

Gli enormi progressi della nuova politica olandese fecero stupire l'Europa; il barone Bouzenval, ambasciatore di Enrico IV all'Aja, inviò un lungo rapporto al suo sovrano, nel quale diceva: «I portoghesi corrono il pericolo di non godersi più a lungo le ricchezze dell'Oriente». Ed in Olanda si fece a chi più correva ad impiantar traffici con le Indie Orientali.
Allorché la produttività di queste troppo numerose imprese minacciò di diminure, lo Stato si interessò della loro sorte, ma con quella prudente forma di intervento per cui lo Stato si assume la missione di coordinatore e conciliatore, ma non di imprenditore.
Il grande Oldenbarnevelt, in nome degli Stati generali, intavolò trattative con le varie società commerciali e da esse uscì la costituzione della grande Compagnia olandese delle Indie Orientali in cui si fusero, tutte le minori aziende.

Essa venne fondata il 20 marzo 1602. Già due anni prima si era costituita una società inglese; ma nel fondarla si erano commessi gravi errori. Invece la Compagnia olandese si rivelò, per i suoi tempi, mirabilmente organizzata e servì a lungo da modello a tutte le grandi società per i commerci d'oltre mare. Il suo capitale era di 6.600.000 fiorini in azioni, da 2000 fiorini ciascuna. La concessione le fu dallo Stato conferita per 20 anni con la prospettiva di rinnovo. Essa dava alla società il diritto esclusivo di esercitare la navigazione mercantile e la corsa fra il Capo di Buona Speranza e l'imboccatura occidentale dello stretto di Magellano; vale a dire che il governo olandese si credette in diritto di accordare un privilegio mondiale pur non possedendo in quelle zone nulla.

La società pagava un dazio di esportazione del 3 % sulle merci olandesi destinate alle colonie, ma era esente da ogni dazio d'importazione in ordine alle droghe: disposizioni altrettanto favorevoli quanto sagge, perché le merci importate dalle colonie erano destinate alla rivendita. A capo della Compagnia furono posti sessanta direttori, suddivisi in camere separate a seconda delle regioni. Amsterdam, che da sola aveva sottoscritto la metà del capitale sociale, ebbe assegnati 20 posti di direttore. Era una organizzazione di struttura associativa, ma con larga autonomia d'azione dei singoli imprenditori, e libera da una vigilanza oppressiva da parte dello Stato.
Dei sessanta direttori diciassette soli regolavano i veri e propri affari commerciali, ed in questo collegio Amsterdam aveva 8 posti. Ogni direttore non poteva possedere che un limitato numero di azioni ed ogni cittadino olandese poteva diventare azionista.

La società poteva a proprie spese fare guerre, e per proprio conto fondare colonie, costruire fortini e battere moneta. Le singole camere poi avevano svariate facoltà che loro conferivano reciproca autonomia. La struttura complessiva della Compagnia ricorda i nostri odierni «trusts». Con un concetto economico che per quei tempi può dirsi geniale, questa organizzazione lasciava al commerciante quella libertà che è per lui preziosa e indispensabile, e nel tempo stesso interessava l'intera nazione alla grande impresa mercantile. Essa in parte si basava sul vecchio principio dell'associazione del lavoro, svoltosi nelle gilde mercantili e nelle anse della Svezia e della Germania: comunione nel lavoro e nelle liete ricreazioni, in pace e in guerra, nei guadagni e nelle perdite.

Gli olandesi nell'attuazione del loro programma nell'Asia orientale progredirono a passi giganteschi. Si videro i forti olandesi sorgere uno dopo l'altro rapidamente e nel 1615 la compagnia poteva sui luoghi disporre di un agguerrito esercito di oltre 10.000 uomini. Già prima di quest'anno gli olandesi si erano impadroniti del monopolio della noce moscata nelle isole Banda, nel 1605 si assoggettarono l'isola di Amboina, e nel 1607 si installarono a Mangcassar nell'isola di Celebes. Il loro principal centro d'attività, e per così dire il loro campo sperimentale, fu all'inizio Amboina; dove si rivelarono tutti i pregi e i difetti degli olandesi: la loro capacità di adattamento all'ambiente straniero e la loro arte nel procedere allo sfruttamento economico delle colonie; ma anche la loro durezza e violenza.

Per tenere alto il prezzo dei garofani, alla cui coltura Amboina era particolarmente adatta essi distrussero le piantagioni dello stesso aroma nelle altre Molucche. E quando gli inglesi vennero essi pure a stanziarsi nell'isola, gli olandesi se ne liberarono in un modo molto sbrigativo; trascinarono i loro capi dinanzi ad uno pseudo-tribunale e li fecero giustiziare, azione tanto più vergognosa, in quanto l'Olanda doveva della riconoscenza alla vicina Inghilterra.

Gli inglesi non se ne dimenticarono e più tardi ripagarono gli olandesi con l'usura. Questi per il momento non intrapresero coltivazioni dirette dei terreni, allo scopo di conservarsi l'amicizia degli indigeni che guadagnavano con la vendita dei prodotti del paese. Non avendo, al pari dei portoghesi, che limitate disponibilità di uomini per la scarsità della loro popolazione, furono costretti ad arrestarsi alle coste, dove eressero fattorie scegliendo i luoghi più favorevolmente situati e proteggendole con opere di fortificazione; senza mai penetrare nell'interno dei paesi occupati.

Esercitarono una assidua e rigorosa sorveglianza per evitare la concorrenza di altri popoli e catturarono ogni nave che veleggiasse sotto bandiera straniera nelle acque dell'Oceano Indiano.
Allo scopo di istituire una ordinata amministrazione coloniale ed organizzare un comando militare centrale fu creata la carica di governatore generale, il cui titolare era pagato dalla Compagnia, ma governava in nome degli Stati generali olandesi. Il primo che coprì questo ufficio fu Pietro Both (dal 1610 al 1614) il quale, mediante accorti trattati con i capi indigeni seppe acquistarsi larghissima influenza ed autorità.
Per genialità, operosità, ma anche brutalità, lo superò Giovanni Coen (1619-1623 e 1627-1629)
, che estese sempre più tale influenza e fondò Batavia nell'isola di Giava (1619), creando così il centro dell'attività commerciale e del governo delle Indie olandesi. Qui d'ora in avanti vennero concentrati i tesori dell'Oriente; da qui mossero le spedizioni punitive e conquistatrici dirette contro capi indigeni infedeli o nemici, qui furono elaborati i piani di ulteriore espansione con pretese sconfinate e ne fu preparata l'esecuzione.

Un grave pericolo si addensò sui due stati in via di ascesa, l'Inghilterra e l'Olanda, per l'ostilità e la gelosia delle rispettive società commerciali. Gli inglesi avevano per primi fatta la loro comparsa in Oriente; nel 1616 si annidarono nelle isole Banda; in seguito misero piede a Giava, ed allora avvenne l'urto; gli inglesi attaccarono Batavia con l'intento di distruggerla, ma furono respinti. Ma nei rispettivi paesi d'origine la questione venne guardata con occhio più calmo che non sotto gli ardenti tropici, e ciò valse a far riconoscere che il vastissimo, inesauribilmente ricco arcipelago indiano era in realtà abbastanza grande da permettere ad ambedue i concorrenti di sfruttarlo pacificamente. Fu perciò concluso un accordo della durata di 20 anni, a senso del quale il commercio del pepe di Giava doveva essere esercitato a parti uguali dalle due compagnie, ed il commercio dei generi tratti dalle Molucche spettava per due terzi agli olandesi e per un terzo agli inglesi.
Sicuri da questa parte i governatori olandesi poterono procedere liberamente all'attuazione dei loro disegni. Nel 1638 attaccarono Ceylon e poi la strapparono pezzo a pezzo ai portoghesi che vi si difesero valorosamente sino al 1658; nel 1641 l'energico governatore generale Anton van Diemen si impadronì della chiave dei mari asiatici orientali, dell'allora ancor fiorente Malacca.

Poi non ancora contenti gli olandesi portarono la loro bandiera sino all'estremo limite del mondo conosciuto, nel Giappone. Sin dal 1609 essi fondarono sull'isola di Hirado, appartenente al gruppo di Kiushu la loro prima fattoria, e nel 1616 poterono concludere un trattato che assicurò loro il monopolio del commercio giapponese nei riguardi dell'Europa; il che ebbe particolare importanza per l'esportazione dei minerali di rame. Tuttavia gli olandesi arrivarono nel Giappone in un momento poco favorevole.

La smania dei portoghesi di convertire gli indigeni ed il loro contegno provocante avevano destato molto malumore in Giappone. La classe dominante degli shoguni temette che i missionari ispano-portoghesi nascondessero mire politiche. Perciò emanarono parecchie ordinanze contro l'invadente cristianesimo, le quali da ultimo arrivarono sino alla completa proscrizione di qualsiasi straniero.
(Di tutto questo abbiamo già accennato ampiamente nei capitoli sul Giappone)

Nel 1639 l'ultimo cattolico europeo fu costretto ad abbandonare il paese ed il Giappone si chiuse in quel rigoroso isolazionismo nazionale che è continuato fino alla metà dell'altro secolo. Anche gli olandesi rimasero colpiti da questo generale ostracismo, ma in grazia della loro pieghevolezza ed abilità negli affari riuscirono ad ottenere che per lo meno fosse loro consentito di conservare una stazione mercantile sull'isoletta di Desima nel porto di Nagasaki - dopo aver promesso che dalle loro navi non sarebbe mai sbarcato un prete cristiano. Trattati quasi come prigionieri di stato, spesso, danneggiati economicamente e sovraccaricati di imposte, persistettero con tenacia tipicamente tedesca nella loro difficile situazione per più di due secoli, finchè essi pure poi beneficiarono del grande rivolgimento iniziatosi nel 1854 nella società e nella politica giapponese.

Perciò si deve ad informazioni di fonte olandese quasi tutto ciò che nel corso dei secoli XVII e XVIII fu pubblicato circa il Giappone ("Nippon"); tuttavia fu la dottrina tedesca ad organizzare scientificamente le cognizioni geografiche sul lontano impero orientale.
Minor fortuna che in Giappone ebbero gli olandesi nell'India anteriore, nel Siam e nella Cina. Nell'India anteriore prese il sopravvento la società inglese. Nel Siam l'influenza olandese si sostituì bensì a quella portoghese a datare dal 1620, ma verso la fine del secolo dovette a sua volta cedere di fronte alla penetrazione francese, anche questa da qualche tempo scesa a varcare gli oceani.

La Cina era stata da lungo tempo visitata da missionari cattolici, fra i quali ben presto primeggiarono i gesuiti. Costoro si imposero per la loro abnegazione e per la loro cultura, anzi riuscirono persino a fare istituire a Pechino un organo ufficiale supremo per le scienze astronomiche e matematiche. Anche i Manciù che dal 1620 misero a soqquadro la Cina per finire poi col conquistarla nel 1640 si mostrarono in complesso favorevoli ai gesuiti. Di modo che il terreno poteva dirsi preparato quando nel 1618 il governatore olandese Coen costruì un forte sopra una delle isole situate davanti alle foci del Mecong.
Ma questo non bastava; e perciò gli olandesi tentarono di impadronirsi della più importante stazione europea in quelle contrade, la portoghese Macao, ma vennero respinti. Ed allora essi si recarono a Formosa, sulla via seguita dal commercio tra Cina e Giappone, e vi fondarono la fattoria Zeelandia, munendola di solide fortificazioni. Da qui estesero largamente la loro signoria sulle coste dell'isola, e nel 1642 ne scacciarono altresì gli Spagnoli che nel nord e nell'occidente dell'isola medesima avevano fondato una analoga colonia protetta dal forte Salvador.

Dal 1656 poi gli olandesi riuscirono ad allacciare amichevoli relazioni con la Cina, ottenendo così di concentrare a Batavia una cospicua parte del commercio del tè.
Se guardiamo nel suo complesso l'attività spiegata dagli olandesi nell'estremo Oriente, vediamo che il suo centro di gravità si trovava nell'arcipelago dell'India posteriore, dove essi possedevano i principali punti d'appoggio del loro commercio, Batavia e Malacca; ma che tale attività si allargava all'India anteriore, a Ceylon, alla Cina e al Giappone.
Dal 1700, al 1750 il dominio insulare degli olandesi aumentò in estensione, ma internamente divenne sotto vari aspetti più debole. Nel 1740 scoppiò una spaventevole guerra civile che pare in Batavia e dintorni sia costato la vita a 10.000 cinesi. Ad ogni modo nel 1753 il dominio della Compagnia olandese si estese a tutta l'isola di Giava; nel 1756 gli olandesi si erano già impadroniti della maggior parte delle piccole isole della Sonda insieme con la metà di Timor, e contemporaneamente avevano esteso il loro dominio a Borneo.

E nonostante il suo indebolimento interno; la Compagnia riuscì ancora a respingere un colpo di mano degli inglesi sul nord di Borneo. Invece la Cina le strappò Formosa che non poté essere riconquistata. In sostanza l'apogeo della sua potenza fu raggiunto dalla Compagnia nel XVII secolo.
Allora il suo commercio, oltre alle droghe, comprendeva riso e tè, il cui uso andava sempre crescendo in Europa, tessuti di cotone dell'India, seta, indaco, diamanti, salnitro e legno di sandalo.

Conseguenza incidentale del traffico olandese con le isole della Sonda fu la colonizzazione del Capo. I portoghesi non videro nel Capo di Buona Speranza che una prima meta sulla via delle Indie e ogni volta che vi transitavano ringraziavano Dio di averlo potuto superare. Essi non seppero apprezzare il valore del mirabile porto né quello del suo entroterra.
Vi approdarono invece degli inglesi e la bandiera inglese vi fu issata nel 1620, ma il governo non volle saperne di imprese di così vasta portata, perché allora in Inghilterra l'idea dell'espansione coloniale era ancora in fasce.

Ma nel 1651 gli inglesi si insediarono a S. Elena, ed a questo punto gli olandesi cominciarono a nutrire preoccupazioni per la sicurezza della via delle Indie. Alcuni marinai olandesi che avevano nel 1648 naufragato sulla costa del Capo, ritornati in patria, descrissero i pregi del paese, ed un medico, il dott. Riebeck, per incarico della Compagnia delle Indie, iniziò nel 1652 l'impianto di una colonia e la costruzione di un forte nel luogo ove ora sorge la Borsa della città del Capo.
Mancando nella regione droghe e metalli, mentre il suolo era fertilissimo, la colonia eccezionalmente fu organizzata agli scopi dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame. Nel 1657 fu già necessario edificare dei granai, nel 1658 si cominciò a coltivare il granoturco, ed a piantare vigneti. Il vino del Capo da allora divenne famoso. Si curò pure l'allevamento degli struzzi. I giardini della Città del Capo acquistarono fama mondiale. Contadini olandesi, misti dal 1687 con emigranti francesi (Ugonotti), diedero qui origine a quel popolo dei boeri che nel XIX secolo doveva far parlare tanto di sé.

Poco dopo la fondazione della colonia già si rivelarono i grandi pregi e i non minori difetti di questa stirpe: operosità accurata e tenace, parsimonia, castità ed amore alla famiglia, accanto a durezza brutale verso gli indigeni, che vennero ridotti a schiavi o sterminati, odio contro gli stranieri, mancanza di spirito progressivo, ostinazione, presunzione di sè e avidità di lucro esagerata. Nel 1700 la colonia cominciò manifestamente a fiorire per merito della Compagnia delle Indie che le concesse libertà di commercio con le altre colonie da un lato e con l'Olanda dall'altro.
La catena di monti che coronava la costa non venne valicata che nel 1746. Il Natal sin dal 1690 era passato in possesso della Compagnia, almeno nominalmente. Anche in altre località dell'Africa gli olandesi si insediarono, in parte dopo averne scacciati i portoghesi, come sulla costa e sulle isole della Guinea Superiore (Elmina, Axim, Arguin, San Thomé, Annobon), nella Guinea Inferiore, dove conquistarono Loanda, e nell'Africa Orientale la Baia di Delagoa.

Una ulteriore natural conseguenza dell'incremento della potenza olandese nel mare Malese fu la scoperta dell'Australia. Per tanto temposi era andati in cerca di questa quinta parte del mondo, di cui la favola della sua esistenza correva da lungo tempo; ma le idee geografiche erano ancora così confuse che la si scambiò a lungo per la Terra del fuoco, quella sponda rocciosa che Magellano aveva visto nell'attraversare lo stretto che porta il suo nome.
La vera Australia, sotto il nome di Nuova Olanda, era già stata trovata verso il 1605 e ancora più tardi da naviganti olandesi. Ma, siccome fuori della Spagna poco si sapeva della scoperta e felice traversata compiuta da Torres dello stretto che porta il suo nome, non si era affatto sicuri che le coste ritrovate appartenessero insieme con quelle della Nova Guinea ad una regione unica.

Dal 1623 al 1636 Carstenszon, Palsart, Nuyts e Porl fecero alcuni rilievi delle coste, e nel 1624 l'intraprendente mercante Pieterszon, il quale già precedentemente aveva scoperto le isole Tirmolaut, diede ad un lido deserto dell'Australia settentrionale da lui toccato il nome di Arnhem-Land. Così pure altri naviganti erano già stati qualche volta nel Golfo di Carpentaria. Tuttavia sulle carte la Nova Olanda era tuttora scarsamente ed imperfettamente delineata. Per rimediare a ciò l'intraprendente governatore van Diemen scelse l'uomo adatto nella persona di Abele Janszon Tasman.

Questo prode, muovendo dall'isola Maurizio, costeggiò nel 1642 la sponda occidentale e meridionale dell'Australia e chiamò quella che egli credeva una penisola prolungantesi profondamente verso sud col nome di Van Diemen Land. Solo nel 1800, dopo la scoperta dello stretto di Basa, si constatò che il preteso promontorio era un'isola e da allora la si denominò Tasmania.
Ad ogni modo il viaggio di Tasman accertò che la Nova Olanda non era eccessivamente estesa verso mezzogiorno. Procedendo oltre in direzione est, Tasman incontrò una grande isola che non ebbe modo di esplorare meglio: l'odierna Nuova Zelanda. Qui egli mutò rotta per iniziare il viaggio di ritorno; toccò durante questa navigazione quei gruppi di isole che noi oggi chiamiamo Amicizia, Figi, Bismarck, e rientrò a Batavia dopo un viaggio di esplorazione durato 15 mesi.

Un secondo viaggio da lui fatto nel 1644 giovò soltanto ad una notevole rettifica delle carte. Comunque la circumnavigazione dell'Australia era un fatto compiuto e la scienza geografica era liberata da una idea inesatta. I viaggi d'esplorazione di Tasman ebbero carattere puramente scientifico, ma l'Olanda ebbe il demerito di non sapersene giovare ai fini economici. Gli olandesi si lasciarono sgomentare dall'aspetto esteriore delle coste australiane e non sospettarono neppure il vero valore di quelle regioni. Come in tanti altri casi (vedi il sud Africa) anche in questo gli inglesi, più risoluti, ebbero più tardi la fortuna di trar profitto dell'inerzia e degli indugi di altri suoi concorrenti.

Ma i popoli iberici, i nemici mortali dell'Olanda, non solo possedevano grandi e preziose colonie in Oriente, ma ne avevano forse di più preziose anche nell'America meridionale e nelle Antille. Per sfruttarle a proprio vantaggio gli olandesi, nel 1621, dietro iniziativa di un grosso imprenditore, Guglielmo Usselius, fondarono, analogamente a quanto era stato fatto per le Indie Orientali, la Compagnia delle Indie Occidentali, che tuttavia ebbe una organizzazione meno accentrata e meno coordinata della società precedente. La nuova Compagnia si propose due scopi principali: esercitare su vasta scala il contrabbando nelle colonie spagnole, ed introdurvi la coltivazione delle terre, soprattutto le piantagioni.
Ed essa ebbe anche la fortuna di avere dei valenti governatori, come Willekens, van Dort, Sigismondo Schop, e sopra ogni altro il tanto osteggiato. Giovanni Maurizio di Nassau; ma per la sua cattiva costituzione visse in mezzo a continue lotte e dissensi interni. Dei due scopi iniziali prevalse il contrabbando che la Compagnia esercitò con grande successo anche dai centri delle piccole Antille, dove si insediò e soprattutto da Curacao e da Saint Eustache.

Accanite guerre si svolsero per il possesso della regione brasiliana di Pernambuco. Gli olandesi si atteggiarono anche qui a liberatori degli indigeni per trarli a far causa comune con loro. Gli Indiani, che essi liberarono dalla schiavitù, erano adire il vero quasi inservibili come combattenti a causa della loro viltà, ma tuttavia sotto un altro aspetto essi prestarono utili servizi. «Giubilanti per la grazia inattesa», scrive un testimonio oculare, «essi offrirono spontaneamente i propri servizi ai loro benefattori, che abilmente addomesticandoli con piccoli doni, insegnarono loro a caricare e sparare gli archibugi".
Solo i Tapayos, un popolo selvaggio delle foreste che andava nudo, non poterono mai abituarsi alle armi da fuoco. Si gettavano a terra pieni di spavento dinanzi alle bacchette dei fucili, e nelle battaglie si servivano unicamente delle loro mazze di legno duro. Malgrado ciò gli olandesi utilizzarono assai bene gli indigeni. Se ne servirono come guide, fecero loro portare i soldati sulle spalle nel guadare i fiumi, li adibirono a portar vettovaglie e bagagli e li costrinsero a rendere praticabili le vie dinanzi all'esercito in marcia.
Gli ufficiali si fecero trasportare in portantina. Inoltre gli indigeni vennero adoperati a preparare imboscate.

Avvenne poi ciò che sembrava impossibile: la politica portò i due nemici mortali, olandesi e portoghesi, a far causa comune. Nel 1640 il Portogallo divenne nuovamente autonomo; salì al trono la casa di Braganza e strinse un'alleanza offensiva e difensiva con l'Olanda per combattere insieme gli spagnoli. Ma la delicatezza politica non era affare degli olandesi, e quindi essi cercarono di prendersi quanto più poterono dei possedimenti portoghesi dell'America meridionale.
L'esportazione di zucchero e legni vari si sviluppò in modo assai rimunerativo. Ma i successori di Maurizio di Nassau seguirono nell'amministrazione coloniale criteri talmente gretti e vessatorii da provocare una grande congiura contro di loro, a capo della quale si posero quattro uomini d'ogni razza e colore: un bianco, un negro, un indiano e un mulatto.

L'insurrezione durò sette anni e da ultimo ridusse gli olandesi, respinti dappertutto, alla sola città di Pernambuco, che poté sostenersi, perché difesa dalla parte di mare. Nel 1654 poi anche questo residuo di dominio ebbe fine: una flotta portoghese comparve inaspettatamente davanti a Pernambuco, l'ammiraglio di sua iniziativa, senza ordini del sua governo, bloccò la città e la costrinse alla resa. E gli olandesi non ritornarono mai più nel Brasile. Invece riuscirono a mantenersi nell'isola di Curacao, che poi ha dato il nome ad uno squisito liquore.

Un piccolo, ma prezioso dominio si assicurarono, dal 1666 gli olandesi nella Guiana dopo lunghe guerre e pacifiche trattative con i francesi e con gli inglesi. Laggiù sorsero ben presto ricche piantagioni di caffe, cotone e canna da zucchero. La colonia di Surinam e ancora oggi una piccola miniera d'oro in grazia della fertilità del suo suolo. Vero é che essa risentì ben presto dei difetti della corrotta amministrazione coloniale olandese di quei tempi.
Gran parte delle azioni della Compagnia erano nella città di Amsterdam, così la dirigenza, il cui sistema di gestire le piantagioni mediante innumerevoli schiavi non contribuì a far andar meglio le cose; avidi, disonesti sorveglianti, feccia dell'umanità, lavorarono per le proprie tasche, mentre gli azionisti e i dirigenti della società se la spassavano ad Amsterdam. Così la colonia nel 1776 aveva già enormi debiti, pari ad una somma di 80 milioni di fiorini.

Agli olandesi spetta tuttavia il merito di aver per primi apprezzato al giusto il valore dell America Settentrionale nella sua parte media. Qui convennero inglesi, svedesi ed olandesi. Gli svedesi, si erano installati sulla Baia di Delaware; più a nord si stendeva il territorio della colonia Nieuw-Nederland che gli olandesi nel 1614 avevano comprato per pochi fiorini dai Pellirossa. Con perspicacia mercantile essi nel 1624 fondarono qui sull'isola di Manhattan presso il bel fiume Hudson un bel villaggio, denominata Nova Amsterdam, che all'inizio fece lenti progressi, ma in breve tempo si trasformò nella superba Nova York.
Anche Fort Oranje, sull'Hudson, l'odierna Albany, capitale dello stato di New York, è di origine olandese. Le famiglie olandesi che acquistarono qui per pochi denari colossali estensioni di terreni, lasciarono loro eredi dei tesori, del cui futuro enorme valore non avevano neppur l'idea. Su questi possedimenti terrieri si basa la solida ricchezza dei «knicherbocker», cioè famiglie dello stato di New York di antica origine olandese, le quali amano considerarsi come una specie di aristocrazia americana e godono di molto prestigio nel paese. Uno dei più famosi rampolli di questa stirpe fu il presidente Roosevelt.

Se consideriamo nel suo complesso lo sviluppo sinora descritto del commercio e della colonizzazione olandese, dobbiamo riconoscere che la vastità di tutto questo movimento di espansione mondiale era sproporzionata alla piccolezza dell'Olanda. Naturalmente il benessere e la ricchezza di questo paese aumentò smisuratamente. La fonte principale di tale arricchimento fu la Compagnia delle Indie Orientali, ma non bisogna esagerarne i proventi. Nel 1605 essa distribuì un dividendo del 15 %, nell'anno successivo questo salì al 75, poi si mantenne per lungo tempo fra il 25 e il 30 %. Ma vi furono anche anni più magri, in cui guerre costose, sinistri marittimi ed altre cause ridussero i lucrosi guadagni e alcune volte soppressero ogni attivo; tra il 1611 e il 1634 ciò avvenne tredici volte.
La costanza olandese tenne fermo di fronte a tutte le oscillazioni, e il valore delle azioni salì al punto che da 3000 fiorini, prezzo di emissione, montarono per un certo tempo a 18.000 fiorini. Il capitale originario venne aumentato ed anche lo Stato aumentò le sue pretese per le proroghe della concessione. Il successo della Compagnia provocò la costituzione della Compagnia delle Indie Occidentali, che però diede risultati più scarsi.

Da principio la ricchezza ebbe effetti benefici per l'Olanda. Industrie, agricoltura, arti, scienze, raggiunsero un alto grado di progresso. Chi in Europa voleva vedere delle belle case d'abitazione, praticare una splendida vita di società ed impararne i modi distinti, doveva andare all'Aja ovvero ad Amsterdam. Le arti e le scienze fiorirono: Rembrandt creò i miracoli col suo pennello, e negli atti pubblici di quell'epoca fa capolino l'orgoglio di un popolo libero che si governa da sé.
L'università di Leida divenne il cuore dell'Europa dotta. In conformità alle nuove esigenze sorsero nuovi rami di scienza come il diritto internazionale e il diritto marittimo. Nel 1609 Ugo Grozio pubblicò il suo scritto: «Mare liberum sive de iure quod Batavis competit ad Indica commercia», nel quale proclamò il principio della libertà dei mari.

Certo il suo scopo immediato fu quello di difendere e favorire il diritto del suo popolo alla libera navigazione d'alto mare, ma nel tempo stesso egli fu l'araldo di una nuova teoria politica e giuridica. I progressi fatti fare alla cartografia da Mercatore fecero sorgere in Olanda un eccellente istituto cartografico. La filantropia trasse profitto dai tesori che affluivano al Vaal; le istituzioni olandesi di soccorso alle vedove e agli orfani divennero esemplari per tutto il mondo.

Ma un popolo non può mantenersi a lungo ad una simile altezza. I difetti dell'indole olandese ben presto si manifestarono. Gravi appunti vennero mossi alla Compagnia delle Indie: che cioè essa usureggiava gli indigeni delle colonie, li defraudava, li sfruttava senza far nulla per la loro elevazione morale e intellettuale. Si reclamò una più severa sorveglianza da parte dello Stato. Gli sperperi intanto aumentarono; si fece una finanza allegra e spensierata, gli alti impiegati della società si arricchirono col denaro di tutti gli altri, e la Compagnia dovette emettere delle obbligazioni che presto arrivarono all'importo di milioni.

In seguito al prevalere delle consorterie si verificò una malsana combinazione della burocrazia cittadina e della direzione della Società. La Società esercitò l'usura con le merci di importazione e con mezzi illeciti fece salire i prezzi ad altezze vertiginose. Gli impiegati inferiori - imitando i superiori - perdettero ogni senso d'onestà e specularono per proprio conto per diventar ricchi presto. La corruttela della più recente amministrazione coloniale olandese è stata descritta nel XIX secolo da Multatuli con quadri impressionanti.

L'esempio fu contagioso. Tutti vollero guadagnare smisuratamente e condurre vita splendida. La crapula, il lusso e la degenerazione morale penetrarono fin nel ceto dei contadini. Quella febbre che aveva suscitato il velenoso oro dei tropici ebbe la sua più caratteristica espressione nella mania dei tulipani che imperversò dal 1634 al 1640.
Uno di questi pretenziosi fiori orientali, privi di profumo, fu pagato fino a 13.000 fiorini. Vi era chi ne aveva delle collezioni con più di 500 varietà. La mania era a un tempo iattanza e speculazione, e ne furono attaccati tutti, dal milionario al facchino. La depravazione da ultimo arrivò al punto che nel 1630 fu necessario ristabilire la pena delle galere che era stata abolita nel 1609.

Il monopolio del traffico con le Indie orientali fece sì che in ogni ramo di industria e di commerci cercò di ottenere un suo proprio monopolio, e così fu gravemente compromesso il libero sviluppo nel resto dell'economia nazionale. Inoltre più che soldi in tasca ormai giravano pacchi di azioni, che valevano quanto la carta con la quale erano stampate. La disordinata e delittuosa amministrazione degli affari coloniali finì per coprire di debiti colossali non solo la Compagnia, ma anche lo Stato.

La prima a soccombere fu la Compagnia delle Indie Occidentali. Dopo la perdita del Brasile essa non poté più pagare dividendi; nel 1667 dovette mettere in vendita tutto per far fronte ai propri debiti, ma proprio per questa invasione sul mercato di carta straccia sette anni dopo si sciolse. La sua unica gloria imperitura é pur sempre la fondazione di Nuova York.

La Compagnia delle Indie Orientali si resse più a lungo, ma con il letale riflesso dell'altra, alla fine sparì anch'essa, dovuta al marcio interno oltre alla concorrenza degli inglesi e dei francesi. Nel 1742 era sull'orlo del fallimento, e andò avanti a stenti a furia di successivi salvataggi. Nonostante questi nel 1794 il deficit del suo bilancio ammontava a 112 milioni di fiorini.
Così si sciolse e si ricostituì su basi diverse e con compiti più ristretti, cioè per il solo commercio con il Giappone e con la Cina. Contemporaneamente si provvide ad una trasformazione dell'amministrazione coloniale.

La Compagnia delle Indie Orientali anche dal punto di vista politico pregiudicò gravemente il suo paese, perché col suo brutale e spilorcio sfruttamento dei monopoli si tirò addosso l'odio di altre nazioni europee, soprattutto degli inglesi, e da questo odio derivarono quelle accanite guerre che dovevano finire con la rovina della potenza olandese.

Nelle sue colonie la Compagnia fece opera addirittura devastatrice, e in ogni caso peggiore di quella precedentemente fatta dai portoghesi. È stato detto che di tutte le società privilegiate essa fu quella che agì nel modo più pesante e disonesto. Senza alcuno scrupolo essa pose i suoi doveri di governante al di sotto dei suoi interessi mercantili e perciò dissanguò gli indigeni in tutti i modi possibili. Essa vietò loro di coltivare alcune derrate alimentari necessarie e si valse dei più terribili mezzi violenti dove il suo vantaggio lo esigeva.
Il massacro dei malesi di Banda e dei cinesi a Giava non sono gli unici esempi dei suoi metodi.
I mercanti d'Amsterdam si proposero il duplice scopo di ridurre la produzione e la popolazione delle isole per rendere più difficile il contrabbando e più agevole la sorveglianza. Invece si astennero da tentativi di violenta conversione degli indigeni al cristianesimo e dal ridurre costoro in schiavitù.

Essi si limitarono a tenere solo alcuni schiavi (i più mansueti) utili al servizio domestico, trattandoli umanamente; questo perché non avevano intenzione di procedere a coltivazioni agricole di vasta estensione, ma di esercitare unicamente il commercio. Diversamente al Capo di Buona Speranza; qui la Compagnia fondò una vera e propria colonia agricola.

Tutto sommato gli olandesi non furono molto diversi dai portoghesi cui si sostituirono; essi provarono di possedere una stupefacente capacità di espansione, ma si ingrossarono al di là della misura delle proprie forze.

Lasciamo ora gli Olandesi e andiamo
ai loro vicini: i Francesi, scesi pure loro in campo, anche se in ritardo

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