Negli Stati Uniti degli anni 20 esplode il fenomeno del divismo e nasce la mitica Babilonia del cinema 

HOLLYWOOD: COCA, SESSO E BACCANALI

di FERRUCCIO GATTUSO

La nascita di Hollywood

 C'� del sole in California. Parafrasando il celebre e pessimistico detto dell'Amleto shakespeariano, che vedeva del "marcio in Danimarca", si pu� descrivere cos� il motivo all'origine della nascita ad Hollywood di quel grande circo di immagini e storie, amori e intrighi, dissolutezze e tanti, tanti sogni che � stato il cinema americano degli esordi. 
Amleto, comunque, fosse vissuto tra gli anni dieci e venti nel pi� famoso sobborgo di Los Angeles, avrebbe poi finito con l'avere ragione, rispolverando la sua vecchia battuta. Perch� il marcio, ad Hollywood, cominci� a fiorire quasi contemporaneamente al cinema stesso.

Fu il divismo - fenomeno sconosciuto fino a quel momento nella storia dello spettacolo, perlomeno in tali proporzioni - la scintilla che avrebbe portato le lancette del tempo indietro, direttamente ai tempi dell'antichit� romana o babilonese, in una sorta di riproduzione decadente del paganesimo di quel tempo. Un Olimpo andava creandosi, grazie ad un'industria in isterico fermento, sulle colline di Hollywood: una nuova generazione di uomini che dal nulla e dalla povert� si videro catapultati, come per magia, nella dimensione che si immagina essere propria degli dei.
Il sole, quindi. Tutto in fondo nasce da l�. La primissima produzione cinematografica aveva avuto luogo, prevedibilmente, nella citt� pi� dinamica e all'avanguardia, cio� New York, ma le condizioni ambientali eccellenti della California - sole e temperature calde per tutto l'anno - spinsero i primi produttori a spostarsi sulla costa ovest. Oltre a questo, un particolare non irrilevante: la grande industria dei sogni avrebbe potuto girare a ritmi maggiori in una frontiera lontana, dove le leggi erano labili come il confine tra Stati Uniti e Messico, e il potere di sfruttamento dei primi "operai" del cinema (attori e addetti ai lavori) poteva "andare in scena" senza l'interferenza di scomodi sindacati, organizzati e attivi da tempo sulla costa est, ma inesistenti sul versante del Pacifico.

Sulla nascita di Hollywood le versioni, come � immaginabile, si sprecano. C'� chi dice che nel 1883, in una zona abitata anticamente da trib� di indiani Cahuenga e Cherokee, venne a stabilirsi un certo H.H. Wilcox, ricco cittadino losangelino (a quel tempo Los Angeles contava solamente 25.000 abitanti!), la cui moglie aveva deciso di dare alla nuova propriet� il nome di Hollywood (letteralmente, "bosco di agrifoglio"), riprendendo quello di una localit� visitata poco tempo prima nel New England. Pi� che agrifogli il terreno offriva, da buon suolo californiano, fichi, albicocche e limoni. Il cinema, per�, sarebbe stato l'ultimo e pi� fulgido frutto. 
Un'altra versione imputa sempre all'immaginifica Mrs. Wilcox il nome di Hollywood, ricevuto in forma di buon consiglio da una donna incontrata in treno.

I primi set cinematografici all'aperto ad opera di troupe della costa orientale furono realizzati sotto la direzione di William N. Selig, ricco produttore di Chicago che nel 1907 invi� un gruppo di attori a Los Angeles, con il compito di girare qualche scena. A seguirlo, due anni dopo, il mitico D.W. Griffith, giunto l� per svernare dalle rigidit� newyorchesi, conquistato dalle locations naturali e quindi in grado di girarvi diversi film. Altro pioniere del cinema hollywoodiano fu certamente Adam Kessel che prese come base una drogheria di Los Angeles, e da l� diresse alcuni film.
Nel 1913, il primo film ad essere ricordato come opera artistica completa (precedentemente "cinema" era considerato semplicemente uno spettacolo - magari un intermezzo all'interno del vaudeville - che offrisse al pubblico semplicemente immagini di persone e oggetti in movimento) � The Squaw Man di Cecil B. De Mille, primo film della Jesse L. Lasky Feature Play Co., destinata nell'imminente futuro a trasformarsi nella celebre Paramount. Il pieno sviluppo dell'industria del cinema si sarebbe comunque avuto solo con l'abbattimento dell'assurdo monopolio della Motion Pictures Patents Trust (MPPT), un cartello in grado di decidere quanto e quali film dovessero essere offerti al pubblico, e in grado di boicottare ad arte l'attivit� dei teatri di prosa a proprio vantaggio.

Il film come lo intendiamo oggi nasce quindi per iniziativa dei primi produttori indipendenti. Questi decidono di offrire qualcosa di diverso dalle semplici rappresentazioni di oggetti e persone in movimento: cercano una storia da offrire al pubblico. Il modello � ovviamente quello del teatro: lo spettacolo dovr� durare all'incirca come una pi�ce di prosa, due ore circa, deve narrare una vicenda straordinaria, di una dimensione lontana dalla quotidianit� del pubblico: favole, avventure, comicit� paradossale e infine avvenimenti storici.
 Solo nel 1913 tre grossi successi vengono sfornati dal cineasta George Kleine, e sono Quo Vadis?, Gli ultimi giorni di Pompei e Marcantonio e Cleopatra, destinati ad un pubblico di una certa levatura.
Lo Star System. Manca per� qualcosa per rendere il cinema un fenomeno autenticamente popolare, e il suggerimento ai produttori viene dallo stesso pubblico. La gente infatti comincia ad abituarsi ad alcuni volti che appaiono sul grande schermo. Bench� i primi film - per esplicito volere delle case cinematografiche - evitino di pubblicare i nomi degli attori, proprio per evitare che questi ultimi diventino anelli indispensabili dell'ingranaggio e possano alzare la propria posta, le case di produzione cominciano a ricevere tonnellate di lettere indirizzate a questi, se li si pu� chiamare cos�, "proto-divi". "Alla ragazza della Vitagraph", "Al giovanotto della Biograph": sono queste le paradossali dediche che un pubblico, affamato di storie e celebrit�, indirizza ai propri nuovi idoli, senza sapere nulla di loro, delle loro origini, senza conoscere neppure il loro nome.
Lo Star System - la cui prima scintilla storicamente si vuole con il passaggio di Florence Lawrence dalla Biograph alla Independent Motion Picture Company (IMP), nel 1910, con conseguente battage pubblicitario - appare quindi come un fenomeno intrinseco e logicamente consequenziale alla nascita del cinema hollywoodiano. Nei primi anni dieci Kalem e Vitagraph - due case di produzione - iniziano a pubblicare le locandine pubblicitarie dei film, pubblicando almeno i nomi degli interpreti principali, lo stesso carrozzone cinematografico comincia a rivolgersi agli attori di teatro i quali - per un primo momento - decidono di cedere alla tentazione economica di Hollywood ma richiedendo esplicitamente l'anonimato. Il teatro non poteva abbassarsi a contaminazioni di questo tipo.

A met� degli anni dieci Hollywood ha partorito dal suo seno i primi grandi divi, attori come un intraprendente inglese di nome Charlie Chaplin (convinto che uno strano omino con bombetta e bastone, cronicamente perdente, possa incontrare i favori del pubblico, affamato di eroi invincibili), Florence Lawrence, Florence Turner e Mary Pickford. 
Per la Pickford la Famous Players Lasky di Adolph Zukor � disposta a sborsare fino a un milione di dollari all'anno, trasformandola nella donna pi� ricca degli Stati Uniti e tra le pi� ricche nel mondo. E siamo solo nel 1917! La folla disposta ad accalcarsi fuori dai botteghini per vedere i film di "Little Mary" - come viene chiamata dai fans e dalla stampa - � il migliore argomento di persuasione nei confronti della casa di produzione. Ovviamente, ogni casa concorrente decide di creare la propria, personale, Mary Pickford. Non ci vuole molto a che l'intera industria del cinema - sceneggiatura, regia, montaggio - si genuflettano alle necessit� del divismo.

Nel 1919 i tre super-divi Charlie Chaplin, Douglas Fairbanks e Mary Pickford si uniscono con il regista D.W. Griffith e formano uno Studio formato da sole star: � la United Artists, e questa operazione si riveler� un passaggio fondamentale nella storia del cinema hollywoodiano. La United Artists agisce in totale indipendenza, cercando di valorizzare al massimo gli attori nei propri film, delegando a loro importanti scelte riguardo ai film, e forma una propria casa di distribuzione. In breve tempo altre star entrano nella scuderia della United Artists, come la divina Gloria Swanson e Buster Keaton.
Come logica conseguenza, non pu� che nascere una florida letteratura divistica e scandalistica intorno allo Star System. Le prime riviste per i fans e per gli appassionati di cinema cominciano a farsi strada, e a vendere milioni di copie. Spesso queste riviste sono direttamente collegate con le case di produzione, come il Motion Picture Story Magazine di J. Stuart Blackton, uomo della Vitagraph. � cos� che, sulle pagine di riviste dai nomi simili come Photoplay, Motion Picture Classic, Picture Play, Screen Play, Screen Book, le celebrit� passano alla velocit� delle meteore: accanto a divi immortali come Chaplin, Fairbanks, Valentino, tanti nomi oggi sconosciuti, come Francis X. Bushman, Anita Stewart, Earle Williams, Clara Kimball Young, Paul Panzer, Edwin August, Pearl White, Orrin Johnson, "Fatty" Arbuckle, le sorelle Talmadge. Ci� che interessava al grande pubblico - quasi esclusivamente femminile - erano gli aspetti pi� privati della vita delle star: amori, sesso, eccessi, crimini, origini dei divi, di conseguenza le rubriche, dapprima discrete, si fecero sempre pi� pruriginose.

Agenzie pubblicitarie vennero assoldate dalle case di produzione per fare della "cosmesi" o della pura e semplice invenzione del passato di personaggi spesso provenienti dall'anonimato e originari di un mondo tutt'altro che affascinante. Theodisa Goodman diventa cos� la misteriosa Theda Bara (anagramma, dice la leggenda, per arab death, morte araba), nata nei pressi della Sfinge, appassionata di profumi esotici, esperta di magia nera. Bara � una delle prime vamp, icona della femminilit� fatale e aggressiva che spaventava l'uomo agli albori del XX secolo, diva in un certo senso affine all'italiano Rodolfo Valentino, esotico e ammaliatore. La star diventa, contemporaneamente, anche modello etico: Douglas Fairbanks � in quegli anni titolare di una rubrica su una rivista di settore, dove consiglia la gente comune su come "costruirsi una personalit�", come mangiare, vestirsi, divertirsi. Sono i divi, in questo inizio di secolo, a fungere da fondamentale mezzo di propaganda per spingere la gente verso i miti consumistici: i divi pubblicizzano cos� prodotti femminili, articoli cosmetici.

Hollywood: il lato oscuro degli anni Venti. La percezione dell'attore come esempio sociale, per�, sub� un colpo decisivo negli anni Venti: alcuni grossi scandali stavano l� a dimostrare che questi signori nessuno, nouveau riche del cinema, non avevano saputo dominare l'incredibile successo piovutogli addosso. Dalla povert� al lusso sfrenato, dalla fame di cibo a quella di cocaina, il passo era stato fulmineo. Gli attori hollywoodiani diventavano cos� - in quelli che furono definiti gli "anni d'oro" del cinema - divinit� oscure. Il pubblico impar� cos� ad amarle e odiarle, e in fin dei conti a consumarle senza piet�. "I fans adoravano - scrive Kenneth Anger nel suo "Hollywood Babilonia" - ma erano volubili, e se le loro divinit� mostravano di avere i piedi di argilla le abbattevano senza piet�. Tanto, a un passo dallo schermo, c'era sempre una nuova stella in attesa di sorgere".

Il primo scandalo di Hollywood pu� essere considerato quello della morte di Olive Thomas, la "briosa reginetta delle Ziegfeld Follies", diva della Selznick Pictures di Myron Selznick. L'attrice era stata rinvenuta da un cameriere, morta sul pavimento dell'Appartamento Reale dell'Hotel Crillon a Parigi, mentre stringeva - completamente nuda sopra una stuoia di ermellino - una bottiglietta di bicloruro di mercurio in granuli. Veleno. Gi� diva a sedici anni come fotomodella preferita dalle pagine di Vogue, Olive Thomas veniva definita "la donna pi� bella del mondo". Non stup� quindi il fatto che Hollywood l'avesse chiamata nel grande circo del cinema. Nel 1919, dopo film di straordinario successo come Betty Takes A Hand e The Follies Girl, la Thomas poteva contare su contratti principeschi e la protezione di Selznick, 
Nel 1920 l'apice della popolarit� giungeva col film The Flapper e con il matrimonio col divo Jack Pickford, fratello della celebre Mary. La morte di Olive, simbolo di giovent�, bellezza e ricchezza, sconvolse Hollywood, tutta l'America e ovviamente il celebre marito che, sui rotocalchi, non mancava di pubblicizzare insieme a Olive l'unione perfetta tra "la ragazza americana ideale" e "il ragazzo americano ideale". Il supposto suicidio della Thomas lanciava un'ombra su questa felicit� apparente, e soprattutto - con grande preoccupazione dei produttori - sulla Selznick Pictures che, come sosteneva la pubblicit�, "faceva film per creare famiglie felici".

Le indagini condotte in Francia portarono alla luce la verit� che, prevedibilmente, mal si accordava con l'immagine idilliaca della diva. La Thomas, nel suo soggiorno parigino in attesa del marito impegnato sul set di The Little Shepherd Of Kingdom Come, visitava night-club ambigui, frequentati dalla malavita cittadina. Perch� questa sorta di discesa agli inferi di una star solare come lei? La Thomas era semplicemente alla ricerca di consistenti dosi di eroina da consegnare al marito Jack, tossicodipendente. Non essendo riuscita ad ottenere ci� che voleva, la diva si era uccisa. Poco tempo dopo, sul taccuino di un losco capitano dell'esercito americano di nome Spaulding, smascherato come spacciatore di droga, venne scoperto il nome dell'attrice.
Lo scandalo che ne segu� fu tale da offuscare qualsiasi altra notizia proveniente da Hollywood, per un anno intero. Il suicidio di un'altra star - Bobby Harron - pass� quasi inosservato: il giovane divo si era tolto la vita con un colpo di revolver in un albergo di New York, proprio alla vigilia della prima dell'ultimo film di Griffth, Agonia sui ghiacci: la causa del suicidio si doveva infatti al rifiuto, da parte del regista, di Harron, a favore di Richard Barthelmess, suo nuovo pupillo. La morbosa storia della Thomas smise di occupare le pagine dei magazines solo quando una vicenda altrettanto cruda e tragica ipnotizz� il pubblico e la stampa.
A fare le spese del pi� grosso scandalo hollywoodiano degli anni Venti fu Roscoe Arbuckle detto "Fatty" (il Grassoccio). Ex-garzone di un idraulico, Arbuckle si butt� nel cinema nel 1913, sfruttando il suo gioviale aspetto di grassottello: durante una riparazione idraulica in casa di Mark Sennet, il giovane attir� l'attenzione del produttore proprio per la sua mole (120 chili) cui faceva da paradossale contraltare una certa agilit�.

Come spesso accadeva in quegli incredibili giorni pionieristici, "Fatty" divent� in poco tempo un autentico divo, in farse e comiche piene di inseguimenti e torte in faccia, accanto a miti del suo tempo come Charlie Chaplin e Buster Keaton. L'America non ci mise molto ad amare quella figura simpatica, da cicciottello rassicurante della porta accanto. Un simpatico pasticcione, ecco come agli occhi del pubblico americano appariva il "buon" "Fatty" Arbuckle, che i fans e la stampa amavano definire, con un gioco di parole, The Prince Of Whales, la cui acca galeotta inserita nella parola Wales (Galles), trasformava il significato da Principe di Galles a Principe delle Balene. Grazie a questa immagine l'attore che nel 1913, lavorando sul set, guadagnava tre dollari al giorno, cinque anni dopo pretendeva dalla Paramount cinquemila dollari alla settimana.
Il personaggio da fumetto amato dalle famiglie americane, per�, nascondeva tutt'altre abitudini. Qualche voce girava, in effetti, sui festini luculliani e orgiastici che "Fatty" amava organizzare invitando il Gotha hollywoodiano: party girls disinibite (e strapagate) avevano il compito di allietare gli ospiti, e Arbuckle stesso, sotto ogni aspetto.
 Il pubblico era per� disposto a chiudere un occhio, fingendo che non esistessero prove sul fatto che il gioviale Arbuckle fosse in realt� un depravato. La carriera di Arbuckle bruci� in un attimo quando l'attore sorpass� ogni limite. Da tempo il divo teneva d'occhio una ex fotomodella di Chicago di nome Virginia Rappe, approdata al cinema grazie ad una copertina di un disco.

Lo stesso produttore di Arbuckle, Sennett, l'aveva ingaggiata per alcune parti minori, che comunque non contribuirono a consolidare la sua fama tanto quanto la sua predisposizione a concedersi ad attori e produttori. "La ragazza meglio vestita del cinematografo" (a quei tempi la stampa dava dei titoli da sfoggiare come onorificenze) fece il passo definitivo nell'universo hollywoodiano quando la Fox le propose un contratto offrendole la parte principale in Twilight Baby. Ora che era una diva, la giovane Rappe non poteva negarsi al rito indispensabile dei party hollywoodiani. Come quello - monumentale - organizzato da "Fatty" per festeggiare il suo principesco contratto con la Paramount.
La grande festa era programmata a San Francisco, dove Arbuckle sarebbe arrivato in pompa magna a bordo di una nuova Pierce Arrow da venticinquemila dollari, costruita apposta per lui. L'attore affitt� tre appartamenti comunicanti al lussuosissimo Hotel St. Francis, sfrutt� i contatti nella malavita per rifornirsi di fiumi di alcol (si era nell'era del proibizionismo, ma gli dei di Hollywood si vantavano di essere sopra le leggi dei comuni mortali), e prepar� lo scenario per il grande evento. Evento che si trasform� in tragedia quando nel pieno della festa - prevedibilmente a base di alcol e cocaina - "Fatty", completamente ubriaco, port� in una stanza appartata proprio Virginia, che da tempo cercava di adescare.

Nel processo che consegu� alla morte della Rappe, i testimoni dichiararono che il silenzio piomb� sulla festa quando urla disperate giunsero dalla stanza di Arbuckle: quando l'attore si decise ad aprire la porta dopo le continue insistenze della gente, non riusc� che a sfoggiare un sorriso ebete, una camicia da notte a brandelli e il cappellino della Rappe sulla testa. "Andate di l� a vestirla e portatela via, fa' troppo chiasso", il commento di Arbuckle, "Muoio, muoio, mi ha fatto male", quello della povera Virginia, le cui ultime parole in ospedale furono "� stato Arbuckle a ridurmi cos� , vi prego, fate che non la passi liscia�". Dal coma in cui cadde l'attrice non emerse pi� e il 10 settembre 1921 mor�, a un anno esatto dalla morte di Olive Thomas. Le cause della morte della Rappe non si scoprirono mai, grazie anche ad "interventi" sulle prove materiali fatti opportunamente sparire dai potenti amici di Arbuckle. Quel che i testimoni assicurarono era la presenza in scena di una bottiglia, con la quale era facile immaginare come Arbuckle avesse potuto arrecare alla ragazza lesioni interne.

Nei mesi seguenti ulteriori indagini svelarono la verit�: la Rappe era morte di peritonite a causa del "trattamento" subito. Il gioviale "Fatty", idolo dei bambini e delle famiglie americane, era finito. La stampa si gett� a pesce sulla storia, e il senso di giustizia dell'America puritana non manc� di isolare l'ormai ex divo. I film di Arbuckle vennero ritirati dal circuito cinematografico, l'attore fin� in carcere a San Francisco, gli interventi del potente produttore Adolph Zukor, che aveva investito nell'attore milioni di dollari, non poterono nulla. A questo si aggiunse l'atteggiamento di Arbuckle, assolutamente privo di rimorso, e quello dei suoi avvocati, che cercarono di sminuire la faccenda ricordando alla Corte che la Rappe era una donna di facili costumi.
Dopo tre processi contrastanti, "Fatty" venne clamorosamente assolto (i testimoni, cos� precisi nelle prime udienze, divennero sempre pi� confusi): era il 12 aprile 1922. In ogni caso - scrive Kenneth Anger - "Arbuckle non trov� pi� modo di recitare. Solo pochi amici, come Buster Keaton, gli rimasero fedeli. Fu Keaton a consigliargli di cambiar nome, facendosi chiamare Will B. Good (cio� will be good: far� il bravo). Anni dopo "Fatty" adott� il nome di William Goodrich e trov� lavoro come gagman e regista di comiche". Il buon cicciottello di Hollywood fin� la sua vita nei gorghi dell'alcol: nel 1931 fu arrestato per guida in stato di ubriachezza, e irrise gli agenti che lo avevano fermato buttando la bottiglia che aveva in mano e dicendo "Tanti saluti alle prove!". Non furono pochi quelli che pensarono che lo stesso gesto Arbuckle lo avesse fatto dieci anni prima con un'altra bottiglia. Il 28 giugno 1933 Arbuckle moriva a New York all'et� di 46 anni.

Dopo la storiaccia di "Fatty" Arbuckle Hollywood smise di essere solo la Terra dei Sogni, e divenne nella mente degli americani sinonimo di scandalo e perdizione. A dire il vero, Hollywood non fece nulla per cercare di smentire la cosa. Nel febbraio 1922 il regista della Famous Players Lasky William Desmond Taylor veniva assassinato nello studio del suo bungalow , in un parco residenziale ad Alvarado Street, nel quartiere Westlake di Los Angeles: le indagini non giunsero alla scoperta dell'assassino, ma fecero emergere storie di locali equivoci, frequentati dal regista, dove giovanotti languidi e fanciulle libertine, dagli atteggiamenti decisamente maschili, si offrivano al cineasta insieme a fiumi di marijuana, oppio e morfina. Sembrava proprio che la droga fosse il combustibile che permetteva a questi divi inarrivabili di sentirsi ed apparire tali: un letale status-symbol che port� alla morte, e talvolta alla follia, diversi attori. Come il "Re della Paramount", il divo per eccellenza Wally Reid, finito in un manicomio privato nel marzo 1922. La notizia dell'internamento sconvolse l'America, che riteneva Reid uno dei prototipi della "sana giovent� americana".


Il divo, costretto in pochi mesi dalla Paramount ad un tour de force cinematografico pazzesco (i film "automobilistici" The Roaring Road, What'sYour Hurry? E Dobule Speed), cominci� a cedere alle tentazioni "rigeneratrici" del sottobosco hollywoodiano. Wally Reid mor� nella cella imbottita di un manicomio il 18 gennaio 1923. E in manicomio, lo stesso anno, rischi� di finire un'altra drogata eccellente, la divina Barbara La Marr, abituata a spendere tutta la sua incredibile fortuna in tutti i tipi droga.
Lanciata nello stardom hollywoodiano dal mitico I tre moschettieri, interpretato accanto a Douglas Fairbanks, Barbara La Marr lasci� questo mondo a soli ventisei anni, nel 1926, dopo una dose letale di eroina, e una giovane esistenza bruciata in festini notturni, sonni di non pi� di due ore al giorno, dozzine di amanti alla volta ("come le rose", si vantava lei) e sei infelici matrimoni. Rinchiusa invece ci fin� Alma Rubens, quando venne trovata nel gennaio 1929 sull'Hollywood Boulevard in fuga da due uomini, urlante come un ossessa.
I due uomini erano il dottore personale della diva, E.W. Meyer, e un infermiere di un'ambulanza, quest'ultimo finito accoltellato dall'esuberante signora. Dopo poche settimane di cure all'Alhambra Clinic (durante le quali la diva trov� il tempo di accoltellare un'altra infermiera), Alma venne portata al reparto neurodeliri dell'ospedale civile di Los Angeles, dove rest� sei mesi. Rilasciata dopo le cure, la diva non ci mise molto a farsi arrestare sul confine con il Messico, con addosso, cuciti nell'orlo dell'abito, quaranta cubetti di morfina. Dichiar� poi la Rubens: "Stavo male da tanto tempo. Andavo dai dottori solo perch� mi sollevassero dalle sofferenze. E tutti mi dicevano: prenda questo contro i dolori, e riuscir� a tirare avanti. Quando cominciarono a darmi quell'odioso veleno io non sapevo cosa fosse. Passavo da un medico all'altro. [�] Ma non smettevano mai di darmi quella roba. E finch� avevo denaro potevo avere droga.
Avevo paura di dirlo a mia madre, ai miei migliori amici. Desideravo una sola cosa. Procurarmi la droga e prenderla di nascosto". Il 22 gennaio 1931 Alma Rubens moriva all'et� di trentatr� anni. 

Un'altra attrice drogata, invece, riusc� a riscattarsi: era Juanita Hansen, dalla cui carriera distrutta emerse fondando la Juanita Hansen Foundation, associazione che mirava a combattere la droga e soprattutto spingeva i dottori a combatterla. Se la droga costituiva argomento di scandalo a Hollywood, il sesso non era da meno.
Sulle predilezioni chapliniane nei confronti delle giovani ninfette di Hollywood molto � stato detto, e anche a sproposito (l'attore pag� caro il matrimonio con la giovanissima Lillita McMurray, il cui soprannome "Lolita" divent� sinonimo di acerba e impertinente ragazzina, ripreso non a caso dal celebre romanzo di Nabokov, portato sul grande schermo da Stanely Kubrick: la giovane donna, insieme ad una numerosa famiglia guidata dalla perfida madre Nana, spolp� gli averi di Chaplin, prima dell'inevitabile divorzio), ma pochi dubbi restano sulle strane passioni di un grande regista come Erich Von Stroheim, che a Hollywood qualcuno definiva "il porco unno".

Insomma, le sequenze che rappresentavano orge e bordelli di lusso in film come Donne viennesi, La vedova allegra e Marcia nuziale non erano poi cos� fittizie. O meglio: il regista, dopo aver girato le scene, manteneva, come dire, il set immutato, chiudeva gli stabilimenti a qualsiasi essere vivente (anche i produttori) per una ventina di ore, durante le quali - con le comparse ingaggiate - si concedeva a baccanali ed evoluzioni particolari. Il regista austro-ungarico sperperava, per questi eccentrici "fuori programma", moltissimo di quel denaro che la MGM gli concedeva esclusivamente per sfornare film di successo.
Quando i produttori ritennero di aver raggiunto il colmo della pazienza (Von Stroheim era arrivato ad ordinare - per tutte le comparse addobbate da Guardia Imperiale nel film Donne viennesi - mutande in seta col monogramma della Guardia: il pubblico in sala non le avrebbe viste� ma lui s�!) il regista venne ostracizzato e, non trovando pi� alcuno disposto a finanziare i suoi film, se ne torn� in Europa. Hollywood cacci� quindi "$troheim", come sarcasticamente la stampa aveva cominciato a scrivere il suo nome. Lui, il "porco unno", si limit� a consegnare ai posteri questa sentenza: "Hollywood mi ha ucciso".
In verit�, Hollywood seppe ridargli un ultimo, imperioso e commovente canto del cigno. Accanto ad una grande diva del muto come Gloria Swanson, Von Stroheim regal� come attore, ad un pubblico che aveva ormai dimenticato i fasti di quella Hollywood degli esordi (si era nel 1950), un'interpretazione indimenticabile. Era Viale del tramonto di Billy Wilder, e il sontuoso uomo mitteleuropeo si calava nei panni di Max, maggiordomo della diva decaduta Norma Desmond. In una delle tante scene madri del film, avvolta in un fascio di luce di un proiettore, la Swanson/Desmond avrebbe scandito una battuta immortale, ultimo grido di dolore di una dea del muto caduta nell'oblio: "Io sono sempre grande. � il cinema che � diventato piccolo". 
Non era vero, ovviamente. Ma quel cinema, quell'incantesimo in grado di trasformare uomini e donne dall'oscuro passato in divinit� inarrivabili, perfette, era definitivamente morto.


di FERRUCCIO GATTUSO

Bibliografia
* Hollywood Babilonia, di Kenneth Anger, - Ed. Adelphi, pp.306, 1996
* Early Hollywood. La nascita delle strutture produttive, di Douglas Gomery 
in "Storia del cinema mondiale - Gli Stati Uniti", II* - Ed. Einaudi, pp.113-142
* Nascita del divismo. Star e pubblico del cinema dei primordi,
di Lee Grieveson in "Storia del cinema mondiale - Gli Stati Uniti", II* - Ed. Einaudi, pp. 339-370
* Enciclopedia dello spettacolo, Vol. VI, pp.1883 - Ed. Sadea, 1954

Ringrazio per l'articolo
 FRANCO GIANOLA,
direttore di


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