i terremoti:  per molti sono disastri ma per gli "avvoltoi" una manna 


Da Messina al Belice, cinquant�anni di tragedie gestite dagli speculatori. 
Che sar� ora dell�Umbria e delle Marche?

POVERA ITALIA, TERREMOTATA
DALLA NATURA 
E POI DERUBATA
DAI MAFIOPOLITICI

di PAOLO AVANTI

Ricostruire la storia recente dei terremoti in Italia rischia di diventare una cronologia delle malversazioni e delle inefficienze della Prima Repubblica. 

Oltre ai danni e alle tragedie che un sisma comporta, nel nostro Paese c'� sempre un seguito di polemiche sulla tempestivit� dei terremoti, sui tempi della ricostruzione, sulla scomparsa dei fondi destinati alle zone disastrate. Ma ci sarebbe da approfondire anche il discorso degli edifici anti-sismici, che in un Paese ad alto rischio tellurico come il nostro, dovrebbero essere la norma, come avviene in Giappone, e invece sono drammaticamente l'eccezione.

L'Italia, negli ultimi 600 anni, ha sub�to ben 340 terremoti rovinosi.
 Uno dei pi� drammatici fu quello che colp� Messina e la zona dello stretto il 28 dicembre 1908. Si tocc� il decimo grado della scala Mercalli. Poi si aggiunse un violentissimo maremoto. Le costruzioni in pietrame della periferia della citt� siciliana e le povere case dei paesini calabri colpiti, si disintegrarono. Il 91% delle case andarono distrutte. I morti furono 60mila a Messina, 15mila nella provincia di Reggio Calabria. Si mobilit� il mondo per una tragedia immane. Ci vollero anni per tornare alla normalit�. Ma se una tragedia di quelle proporzioni fortunatamente rimase un caso isolato, negli ultimi cinquant'anni la terra trem� ancora, lasciando una scia di lutti e di distruzione. 

Il 15 genneio 1968 fu di nuovo la Sicilia ad essere colpita da una sisma. L'epicentro fu nel Belice. Le scosse colpirono la valle del fiume omonimo in provincia di Trapani, una zona povera e ad alto tasso di criminalit� mafiosa. I morti furono trecento, 80mila i senza tetto. I piccoli villaggi nella zona tra Mazara del Vallo e Sciacca andarono distrutti. E il Belice divenne il paradigma della mala amministrazione, dell'inefficienza e delle ruberie a danno della povera gente.

Giunto in piena campagna elettorale per le politiche che si sarebbero tenute di l� a pochi mesi, la zona terremotata fu letteralmente investita da un'ondata di promesse di una rapida ricostruzione da parte dei candidati. I pi� furbi, legati magari a certi giri malavitosi, cominciavano intanto ad interessarsi agli appalti. Il risultato di tante promesse fu che, nonostante reiterati stanziamenti da parte di Roma, la popolazione del Belice fu costretta a vivere per quasi un ventennio nei prefabbricati.

L�ECCEZIONE DEL FRIULI

Anche il disatroso terremoto del Friuli del 6 maggio 1976 avvenne in piena campagna elettorale. Era appena caduto il governo Moro, dopo che i socialisti fecero venire meno il loro appoggio, contestando un'alleanza Dc-Msi su un emendamento restrittivo alla legge Fortuna che avrebbe reso impraticabile l'aborto. Erano gli anni bui del terrorismo, quando nel Nord est la terra trem�, uccidendo pi� di ottocento persone. Epicentro fu Gemona del Friuli, tuttavia i danni furono terribili in tutta la provincia di Udine. 

Ma la storia della ricostruzione fu in questo caso diversa. L'intervento delle Forze Armate, la mobilitazione delle associazioni di solidariet�, dei giornali, dei cittadini comuni delle altre regioni, ma soprattutto lo spirito d'iniziativa e di reazione delle popolazioni colpite resero il Friuli un capitolo a parte della storia delle ricostruzioni italiane. In pochi anni i laboriosi friulani seppero rimettere in sesto la loro regione, utilizzando con velocit� e intelligenza i fondi. L'economia della regione in poco tempo riprese a funzionare e, negli anni Ottanta, addirittura a galoppare.

Il Friuli � rimasto un esempio di come si possa reagire ad una tragedia simile e divenne anche un efficace e indiscutibile argomento polemico di un certo anti meridionalismo sviluppatosi nel Nord est e trasformatosi poi in leghismo che contrapponeva lo spirito di iniziativa dei settentrionali a quanto avviene solitamente al Sud. Un raffronto se vogliamo un po' grossolano, ma che ebbe come appiglio lo scandalo della ricostruzione nell'Irpinia terremotata di quattro anni dopo. Una storia ben diversa da quella friulana.

IRPINIA: MILIARDI AL VENTO

Era il 23 novembre 1980, quando nelle fredde colline delle province di Avellino e Napoli la terra trem�. I morti furono seimila, 10mila rimasero feriti, 300mila senzatetto. Stava iniziando il decennio del "riflusso". Reagan era stato eletto presidente degli Stati Uniti. In Italia il terrorismo si faceva ancora sentire e proprio nell'agosto di quell'anno aveva colpito nella maniera pi� atroce, con la strage alla stazione di Bologna. Intanto l'estrema sinistra era ormai indebolita e stava per iniziare l'�ra craxiana. Il terremoto colp� tutta la montagnosa provincia di Avellino e parte di quelle di Napoli e Salerno. San Angelo dei Lombardi, Bagnoli Irpino e Nusco divennero nomi tristemente noti.
Anche Napoli venne colpita dalle scosse, seppure in misura minore. Ma a questa tragedia senza fine segu� una polemica senza fine sui ritardi dei soccorsi che port� anche a un mini terremoto politico quando intervenne il Presidente della Repubblica Sandro Pertini denunciando con durezza le inefficienze della Protezione Civile. Il Ministro dell'Interno Virginio Rognoni si sent� in dovere di dimettersi, ma la sua richiesta venne respinta.

L'aspetto pi� scandaloso della ricostruzione in Irpinia fu lo stanziamento di 60mila miliardi, una cifra che avrebbe potuto trasformare l'Irpinia in una California, di cui si persero le tracce. Sulla vicenda irpina si inserirono anche episodi misteriosi come il rapimento del vice presidente del Comitato tecnico per la ricostruzione, il democrisrtiano Ciro Cirillo da parte delle Brigate Rosse. Tra le richieste dei terroristi per il rilascio dell'esponente dc, si voleva la requisizione degli alloggi sfitti di Napoli per sistemarvi i senzatetto e indennit� di disoccupazione per i terremotati. Una storia equivoca, in cui si mischi� il terrorismo rosso e la mafia, il malaffare della Dc napoletana con la cattiva amministrazione. Il tutto sulla pelle delle vittime del sisma. 
Ma scoppi� anche il cosiddetto Irpiniagate sugli sperperi delle somme investite per la ricostruzione. Vi fu coinvolto pesantemente (ma poi venne assolto) anche l'esponente dc Ciriaco De Mita, originario di Nusco, importante "barone" della Balena Bianca in Campania. Una commissione d'inchiesta presieduta dal futuro Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro fece luce su fondi mai arrivati a destinazione, su investimenti assolutamente improduttivi in zone dove era importante investire sulla ricostruzione, su miliardi spesi in zone colpite solo di striscio dal sisma.

PROMEMORIA PER IL FUTURO SISMA

Come si � visto, quella dei terremoti � una storia di polemiche e di corruzione, oltrech� di lutti e di morte. L'ultimo capitolo di questa rassegna si chiude con il sisma che in questi mesi ha colpito l'Umbria e le Marche. 
Sulla tempestivit� dell'intervento della Protezione Civile � presto per dare un giudizio. Spesso la comprensibile rabbia delle vittime di una tragedia si scaglia verso obiettivi sbagliati ed � probabile che le polemiche di questi giorni finiscano nell'obl�o. Ma � lecito avere una risposta su un quesito importante. Visto e considerato che la zona appenninica � un'area a rischio, perch� si sono costruiti cos� pochi edifici anti-sismici? Ed � stato fatto veramente tutto per salvaguardare le opere d'arte?

Sono domande che temiamo non avranno risposta nemmeno per un ipotetico sito di storia del 2100, dove, questo � il nostro sospetto, si continuer� a scrivere di paesi distrutti, miliardi sperperati e popolazioni intere ridotte per troppi anni a vivere nei prefabbricati.

di PAOLO AVANTI

Ringrazio per l'articolo  
FRANCO GIANOLA
direttore di


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