L'ANARCHIA - Storia di un movimento utopistico che terrorizz� 
l'Europa dall'Ottocento al Novecento

 

UNA POLITICA CONFUSA
MACCHIATA 
 DI SANGUE...

... LA GRANDE IDEA MUORE SULLA SEDIA ELETTRICA 

< precedente

Una serie di scioperi falliti nel 1908 segnò la curva discendente dell'anarcosindacalismo.

Nel 1914 la Grande Guerra sconvolse tutto. L'antimilitarismo, in un epoca di accesi nazionalismi, isolò gli anarchici ( e li divise anche: molti videro nell'intervento un 'occasione per combattere contro la peggiore delle autocrazie, la Germania guglielmina). Il pensiero anarchico trovò in Italia un terreno fertile, soprattutto per i fermenti rivoluzionari che ancora non erano sopiti dopo il Risorgimento. Ex-garibaldini ed ex-mazziniani costituirono la base su cui il movimento anarchico - anche grazie all'influenza di BAKUNIN, che soggiornò per diversi anni in Italia - costruì le proprie fondamenta.

Alcuni anarchici italiani - alludiamo a MALATESTA, CAFIERO, COSTA - divennero tra i più infaticabili propagandisti dell'anarchia, non solo in Italia ma anche all'estero. Figure come quelle di Malatesta assursero a veri e propri miti internazionali. Il primo anarchico può essere considerato CARLO PISACANE, eroe risorgimentale che nel 1857 partì da Genova sul vapore "Cagliari" per sbarcare in Calabria. Fiducioso in un supporto di presunti insorti del luogo, che mai avvenne, Pisacane incontrava la morte ad opera delle forze borboniche. Uomo di idee oltre che di lotta, Pisacane ci ha lasciato scritti che chiariscono la sua posizione libertaria e anarchica (influenze del Proudhon). La permanenza in Italia di Bakunin, dopo l'evasione dalle prigioni zariste siberiane, fu la pietra angolare su cui si costruì il movimento anarchico italiano.

In Italia l' "Orso russo", uomo di grande carisma e con l'ossessione della cospirazione e delle società segrete (in Italia trovò un terreno già fertilizzato dalle esperienze carbonare), fondò la Fratellanza Internazionale. Venne creato un Comitato Centrale Italiano e nacquero numerose sezioni regionali (che rimasero però spesso solo sulla carta). Quando Bakunin lasciò l'Italia per Ginevra l'associazione cominciò a vacillare (1867), ma due anni dopo si riprese, grazie a uomini del Mezzogiorno (dove le questioni sociali erano più drammatiche) come Stefano Caporosso e Michelangelo Statuti. Nel 1871 fiorì un nuovo gruppo di anarchici, riconoscenti verso Bakunin ma non direttamente legati alla sua esperienza: erano Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Carmelo Palladino. Giovanissimi, entusiasti, figli di ricchi proprietari dell'Italia meridionale. Non bisogna dimenticare che l'anarchia sedusse esponenti delle classi abbienti così come di quelle povere, ma chissà perché le condanne più dure colpirono chi apparteneva a quest'ultime.

La situazione rivoluzionaria in Italia aveva bisogno di una scossa - GARIBALDI invecchiava in solitudine, Bakunin era lontano, MAZZINI si cristallizzava su posizioni sempre più conservatrici e diffidava del socialismo (soprattutto di Marx) - e i "nuovi anarchici" volevano intervenire.

Il Congresso di Bologna del marzo 1872 e di Rimini del maggio successivo furono gli eventi principali di quegli anni. In essi si consacrò - almeno in Italia - il predominio dell'anarchismo sul rivale marxismo. In occasione del congresso di Rimini si mise in evidenza il giovane ANDREA COSTA, che sarebbe diventato una delle figure più eminenti del movimento. La Romagna divenne il cuore dell'anarchia in Italia, e grazie soprattutto all'attivismo fuori del comune di Costa. Dopo il Congresso dell'Aia (quello del "golpe" marxista verso gli anarchici) gli anarchici italiani si schierarono decisamente su posizioni bakuniniane e antimarxiste. Intanto il governo italiano aveva cominciato a preoccuparsi per il continuo aumento di circoli anarchici nel paese, tanto più che al loro interno si stava per decidere di passare all'azione.

La lotta rivoluzionaria cominciò dopo il duro inverno del 1873-74. Nell'estate dello stesso anno gli anarchici romagnoli organizzarono una cospirazione che avrebbe dovuto portare ad impadronirsi di Bologna. Da qui - nella speranza dei rivoltosi - tutta l'Italia centrale avrebbe dovuto alzarsi in rivolta. La polizia, grazie ad alcuni informatori, venne a conoscenza del piano. Un migliaio di bolognesi avrebbero dovuto raccogliersi in due punti fuori città per poi marciare al suo interno, dove Bakunin le avrebbe attese. Si sarebbe attaccato l'arsenale militare della città per distribuire le armi ad altri sostenitori venuti da tutta la Romagna. Il piano fallì: i sostenitori non furono più di duecento, e vennero fermati dai carabinieri. I bolognesi quindi si dispersero e anche nelle altre città la polizia soffocò ogni tentativo di rivolta. Malatesta, il leader carismatico dell'impresa venne arrestato a Pesaro mentre cercava di fuggire verso la Svizzera. Tutta la dirigenza anarchica cadde nella tela e il Movimento subì un arresto letale.

Nel giugno 1876, però, tutti gli insorti furono rimessi in libertà, guadagnando in prestigio presso l'opinione pubblica e la stampa. L'Internazionale anarchica ricominciava quindi a muovere i suoi passi. Cafiero e Malatesta cercarono di riattivare la rete cospiratoria e rivoluzionaria, convinti che il Mezzogiorno li avrebbe entusiasticamente seguiti. Eppure, proprio i contadini, coloro che avrebbe dovuto costituire lo zoccolo duro della rivolta, tradirono le aspettative dei leader anarchici. "Diversamente dai lavoratori dei campi della Spagna meridionale - scrive Woodcock - quelli dell'Italia meridionale si rivelarono refrattari al messianismo libertario, e in Italia l'anarchismo doveva rimanere un movimento limitato quasi esclusivamente alle città minori." Il fallimento dell'impresa nel Matese ne fu l'esempio lampante. Il Matese è una regione tra Campania e Molise, dove nel recente passato il brigantaggio aveva spadroneggiato, creando seri problemi al Regno da poco nato. Una zona, ritenevano gli anarchici, adatta alla guerriglia. Da qui - nel cuore del Mezzogiorno - Cafiero, Malatesta e Ceccarelli ritennero di far scoccare la scintilla della rivoluzione. Nella primavera del 1877, essi ritennero che fosse venuto il momento giusto: non pensavano ad un'insurrezione generale, bensì ad un'azione di vera e proria guerriglia.

Lo scopo era quello di occupare, con pochi uomini, una zona simbolicamente importante perché inespugnabile, e da lì incitare all'azione chi agognava alla libertà. Oggi si può dire che l'ingenuità del piano era pari solo all'entusiasmo dei suoi organizzatori. L'operazione sarebbe dovuta scoccare a marzo, ma la neve ancora presente nel Matese fece rallentare i piani degli anarchici (e permise al ministero degli Interni, debitamente informato, di studiare delle contromosse). Il luogo dell'incontro dei cospiratori doveva essere San Lupo, un piccolo paesello. Invece che cento - come preventivato - se ne presentarono solo ventisei. Si decise di continuare comunque e il piccolo gruppo di uomini cominciò a marciare, naturalmente ognuno con la sua bella sciarpa rossa in evidenza. Le guide non si presentarono, i viveri non giunsero a destinazione.

La leggenda dice che i rivoluzionari avessero deciso di passare agli espropri, ma quando - alla prima pecora sequestrata - il piccolo pastore, tale Purchia, cominciò a piangere, la restituirono. Dopo tre giorni di marcia, la banda giunse a Letino, occupò il Municipio, proclamarono la decadenza della monarchia (solo dopo aver staccato dal muro, ovviamente, il ritratto del re Vittorio Emanuele), fecero un falò con le carte comunali e catastali. A quel punto intervenne la polizia e inseguì la banda, che cercò di fuggire. Dopo tre giorni, smarritisi nella foresta, gli anarchici si arresero al capitano Ugo De Notter. Come reazione al fallimento della "rivoluzione sociale", cominciarono gli atti terroristici individuali.

Il 17 novembre 1878 il cuoco napoletano GIOVANNI PASSANANTE si scagliava sul nuovo re Umberto che attraversava le vie di Napoli in carrozza. L'uomo non riuscì nel suo intento criminale, ma il gesto colpì molto negativamente l'opinione pubblica che lo mise in relazione con le continue esortazioni che dagli opuscoli anarchici invitavano ad eliminare tutti i re, gli uomini di potere e i preti. Il giorno dopo l'impresa di Passanante una bomba esplose in occasione di un corteo monarchico a Firenze; due giorni dopo un'altra bomba esplose a Pisa. Le forze dell'ordine non dovettero farsi pregare per iniziare la repressione del movimento anarchico.

Quasi tutti i personaggi principali del movimento furono esiliati o imprigionati, e l'Internazionale rischiò di essere dichiarata fuorilegge. Essa rischiò forse di peggio, e cioè l'estinzione. Cafiero e Malatesta, esiliati, non potevano più reggere le sorti del movimento anarchico italiano. Addirittura Andrea Costa stava maturando il suo abbandono dell'anarchismo rivoluzionario e l'entrata in Parlamento, fatto che costituì scandalo tra gli anarchici più accesi. Molto più che un pezzo di anarchia italiana morì quando Andrea Costa, "el biundén" che aveva acceso i cuori degli uomini (e di tante donne, soprattutto) per lo slancio rivoluzionario, giurò fedeltà al Re e divenne parlamentare. CARMELO PALLADINO, uno dei primi italiani a rispondere all'appello di Bakunin, sul "Grido del Popolo" disse: "Ho sempre amato e stimato Costa più che un fratello ma ora che egli abbandona la causa della rivoluzione non esito un istante a ritenerlo il maggior nemico dei lavoratori". Intanto Costa, con l'inseparabile amante ANNA KULISCIOFF (responsabile, si dice, della sua conversione al riformismo), fondavano l'"Avanti!". (vedi biografia di ANNA KULISCIOFF )

Il terrorismo anarchico per mano italiana continuò fuori dei confini: il presidente francese Sadi Carnot venne ucciso nel 1894 dall'anarchico Caserio, nel 1897 in Spagna l'anarchico pugliese Michele Angiolillo sparò al primo ministro Antonio Canovas. La polizia spagnola cercò di fargli pronunciare i nomi di presunti complici, ma Angiolillo disse solo di "non essere un assassino ma un giustiziere" e andò incontro con un coraggio fuori del comune alla tortura della garrota, uno strangolamento graduale degno della Santa Inquisizione (che evidentemente da queste parti non avevano dimenticato). Un anno dopo LUIGI LUCCHENI pugnalò a tradimento a Ginevra ELISABETTA d'Austria, "Sissi", amatissima moglie di Francesco Giuseppe. Cercando la morte, Luccheni chiese di essere giudicato in un Cantone dove vigesse la pena di morte e non ottenendolo, si impiccò nella cella dove era stato condannato all'ergastolo.

Nel 1900 Umberto di Savoia venne ucciso a Monza con tre colpi di rivoltella, dopo aver scampato due attentati, da GAETANO BRESCI. Bresci era un giovane toscano, di Prato, e risiedeva a Paterson, negli Stati Uniti, vicino a New York, cittadina tradizionalmente ricca di anarchici. La stampa cercò di dipingerlo come un folle ("Un microcefalo, una testa non sviluppata"), ma egli era invece un uomo brillante, sposato con figli, lavoratore e con una vita sociale equilibrata. Bresci sarebbe morto un anno dopo, in cella, suicida o, molto più probabilmente, assassinato. Il movimento anarchico, frattanto, passava attraverso alterne vicende che comunque non mutarono il fatto che per esso era cominciata la curva discendente.

La figura di maggior spicco, Malatesta, non tornò permanentemente in Italia fino al 1913. In occasione del 1 maggio 1890 si realizzarono tumulti provocati da repubblicani e anarchici, e le istanze anarchiche sembrarono ottenere il perduto prestigio. Era però un fuoco di paglia: gli anarchici persero sempre più posizioni nei confronti non solo del socialismo parlamentare e in genere riformista, ma anche nei confronti della corrente meno rivoluzionaria dell'anarchismo, e cioè l'anarcosindacalismo. Lo stesso ritorno in Italia di Malatesta era motivato dal tentativo di recuperare il significato originario dell'anarchia rivoluzionaria, e arginare l'influenza dell'ormai "rinnegato" Costa. Dopo la guerra mondiale - che affossò l'anarchismo per tutta l'Europa - sembrò che il sogno rivoluzionario anarchico dovesse risorgere, anche sull'esempio della Rivoluzione russa. Il primo quotidiano anarchico nacque nel 1920 sotto l'egida di Malatesta.

Un'altra ondata di scioperi travolse il Paese, che rischiò il tracollo (e le continue tensioni sociali furono uno dei motivi che aiutò il fascismo a raggiungere il potere), ma le ennesime delusioni scatenarono nuove imprese terroristiche. Il 23 marzo del 1921 un gruppo anarchico mise bombe in un teatro, in una centrale elettrica e in un albergo. Fu uno degli ultimi atti che permise ai fascisti di scatenarsi contro la sinistra in generale. Nella nuova Italia in camicia nera l'anarchia finì nei sotterranei. La figura di Malatesta, vecchio ottantenne che visse "tollerato" da Mussolini (forse in nome del proprio passato rivoluzionario) fino alla morte nel 1932, è il triste simbolo di come il cuore dell'anarchia avesse cessato di battere nella terra che aveva esaltato Bakunin.

Sebbene la Spagna - tradizionalmente conservatrice e geograficamente "esclusa" dal cuore dell'Europa - si fosse aperta alle influenze anarchiche più tardi rispetto ai paesi vicini, l'ideale dell'anarchia vi trovò terreno assai fertile. Quando era già un fantasma in Francia e Italia, l'anarchismo in Spagna era vivo e vegeto, popolarissimo soprattutto (e come avevano sperato invano gli anarchici italiani e francesi per le loro società) tra le classi contadine e operaie. L'anarchia - forse anche per la forte tradizione spirituale spagnola - assunse in questo paese un significato altamente utopico, millenaristico, in una parola religioso. I braccianti di Madrid, gli operai di Barcellona, ad ogni rivolta, ad ogni chiesa bruciata, veramente pensavano che fosse imminente l'avvento della società perfetta, dove ognuno sarebbe stato uguale al suo prossimo nella totale condivisione dei beni. L'esperimento della collettivizzazione ebbe infatti un discreto successo in Spagna, sicuramente più che altrove in Europa.

La prima figura dell'anarchia spagnola è sicuramente Piy MARGALL, un funzionario di banca madrileno, catalano discepolo spirituale di Proudhon, e di conseguenza deciso assertore del federalismo. In occasione della prima rivoluzione del 1854 Margall pubblicò il suo primo libro, La "Reaccion y la revolucion": in esso vagheggiò la nascita di un governo che attuasse graduali riforme di stampo anarchico, fino alla sua estinzione. Margall diventò in seguito il princiaple traduttore del tempo delle opere di Proudhon. Frattanto, intorno al 1867, anche le idee di Bakunin cominciarono ad approdare in Spagna, diventando da subito popolari in grosse città come Madrid e Barcellona. Non bisogna dimenticare che già dal 1839 le associazioni di lavoratori erano state legalizzate dal governo, e la situazione era perlomeno favorevole per lo sviluppo dell'anarcosindacalismo. Nel 1840 si associarono i tessili di Madrid, sei anni dopo nasceva il giornale anarchico La Atraccion di Fernando Garrido, nel 1864 nasceva un altro giornale, più a sinistra, dal titolo El Obrero e creato dall'anarchico Antonio Gusart.

La vera scintilla dell'anarchia in Spagna era stata però la rivoluzione del 1868 che aveva costretto all'esilio la regina Isabella. La situazione era favorevole alla nascita di un'Internazionale anarchica, cosa che Bakunin riteneva indispensabile, soprattutto per sottrarre la Spagna all'influenza marxista. L'impresa fu affidata alle sicure doti di propagandista dell'italiano Giuseppe Fanelli che arrivò a Barcellona, senza un soldo, un mese dopo la rivolta. Nella città che poi sarebbe diventata il cuore pulsante dell'anarchia spagnola, Fanelli paradossalmente non ebbe successo. Fu a Madrid che l'italiano riuscì a far scoccare la scintilla, e con estrema facilità: sembrava che gli spagnoli attendessero da tempo la "buona novella". Nel 1870 nasceva la Federazione anarchica e realizzava un congresso a Barcellona cui parteciparono oltre 150 società operaie rappresentanti 40.000 membri. L'arrivo in Spagna del nuovo re straniero Amedeo di Savoia, che aveva accettato la corona, portò il governo spagnolo ad assumere misure per la prima volta persecutorie verso gli anarchici. I leaders vennero arrestati e molti fuggirono in Portogallo, a Lisbona, dove cominciarono a tessere altre trame anarchiche.

Il governo spagnolo arrivò a sciogliere l'Internazionale, dichiarandola illegale e strumento di paesi stranieri. Nonostante questo provvedimento Anselmo Lorenzo cominciò una sorta di viaggio apostolico tra le campagne (1872) per promuovere l'anarchismo tra i contadini e i piccoli agricoltori. Nel 1873 Amedeo di Savoia rinunciava al trono spagnolo e rinacque la Repubblica, l'Internazionale, sopravvissuta clandestinamente, ricominciò ad operare alla luce del sole. La prima rivolta anarchica accadde ad Alcoy, una cittadina industriale vicina a Valenza. Alla nascita della Repubblica gli operai entrarono in sciopero (tra le richieste vi era la giornata lavorativa di otto ore), ma la polizia aprì il fuoco nei pressi del Municipio. Per due giorni la cittadina fu teatro di scontri e crimini orrendi, tipici della tradizione "guerresca" spagnola: i rivoltosi giustiziarono il sindaco, uccisero poliziotti, diedero fuoco ad alcune fabbriche e diedero vita ad un terrificante corteo dove esibirono le teste mozzate degli avversari.

Nel 1874 il terreno era favorevole alla restaurazione a al ritorno dei Borboni. La Federazione spagnola anarchica fu soppressa e con il 1878 si aprì un periodo di violenze anarchiche. Un giovane anarchico terragonese, JUAN OLIVA MONCASI, cercò di assassinare Alfonso XII, e come conseguenza si ebbe un'ondata di arresti di leaders e capi sindacali. Seguirono scioperi a catena in Catalogna e Andalusia. Solo nel 1881 si cercò di calmare la situazione permettendo nuovamente all'Internazionale di vivere ed operare. Come in Francia e Italia, anche in Spagna l'ultimo decennio del XIX secolo fu caratterizzato da atti terroristici e rivolte. Nel 1892 le regioni dell'Andalusia furono scosse da una rivolta di oltre 4000 contadini armati. Le solite carneficine con esecuzioni sommarie di bottegai e "borghesi" causarono la repressione governativa. Il governo aveva cominciato anche ad assumere dei pistoleros prezzolati che compivano una sorta di "caccia all'anarchico".

Nel 1896 fu lanciata a Barcellona una bomba da una finestra su di una processione del Corpus Domini, l'attentatore non fu catturato, ma molti notarono che l'ordigno era stato lanciato contro la povera gente in corteo, e non tra le autorità in prima fila: che fosse una provocazione governativa? Quel che è certo è che le repressioni verso gli anarchici volute dal durissimo governo Canovas, che invitò la propria polizia a ricorre anche alla tortura - continuarono. Lo stesso Canovas venne ucciso da un anarchico italiano - MICHELE ANGIOLILLO - nella stazione termale di Santa Aguada. Verso la fine del secolo, come accadde in Francia, anche in Spagna il movimento anarchico incontrò il favore di artisti e intellettuali, nel 1896 nacque anche il principale giornale anarchico, La Revista Blanca, che raccolse illustri personaggi e uomini della cultura e del mondo professionale.

Nel luglio 1909 il governo spagnolo, in difficoltà in una delle frequenti guerriglie in Marocco, arruolò di proposito un gran numero di giovani catalani (tradizionalmente indipendentisti) da inviare al fronte. Il provvedimento causò quella che passò alla storia come la "settimana tragica", e cioè sette giorni di scontri sanguinosi per le strade di Barcellona (più di 200 lavoratori uccisi, 50 chiese bruciate, molti preti linciati).

Nel 1910, anche come conseguenza della settimana tragica, si riunivano in uno storico congresso a Siviglia le principali associazioni anarchiche, che diedero vota al CNT (Confederacion Nacional del Trabajo), il Sindacato generale. Nel 1914 il CNT uscì dalla clandestinità e cominciò a subire il corteggiamento della Terza Internazionale (comunista).

Il ritorno dalla Russia bolscevica dell'anarchico ANGEL PESTANA, testimone di quale fine facessero gli anarchici sotto il pugno degli uomini di Lenin (il massacro dei marinai di Kronstadt, ad esempio), contribuì a liberare il movimento dall'influenza marxista. Nel frattempo il governo autoritario di Primo de Rivera non facilitava le cose al movimento anarchico: tutti i sindacati vennero sciolti e molti loro membri arrestati. Con la successiva Repubblica, destinata a finire sotto le ceneri della Guerra Civile vinta dal dittatore nazionalista Francisco Franco, gli anarchici entrarono addirittura a contatto con l'esperienza governativa. I rapporti tra comunisti e anarchici, già in questi anni, erano molto tesi, lo divennero ancor di più quando al governo Caballero succedette quello, molto più gradito ai comunisti (e al grande padrone moscovita), di Negrin-Prieto. In questa lotta per il potere, l'intellettuale anarchico italiano CAMILLO BERNERI fu addirittura assassinato da sicari comunisti in una strada di Barcellona. A Barcellona comunisti e anarchici si affrontarono apertamente: per gli anarchici fu la sconfitta e molti fuggirono all'estero.

"Per gli anarchici, scrive Manlio Cancogni ne "Gli Angeli Neri", il giorno della vendetta venne […] nel marzo 1939, quando a Madrid una giunta militare, esautorato il governo di Negrin, s'impadronì del potere per firmare un armistizio. Agli ordini della Giunta essi parteciparono, e sembra molto volentieri, alla repressione che si concluse con un massacro di comunisti sui prati dell'ippodromo". Durante la Guerra Civile che vide opposti i Repubblicani ai Nazionalisti di Franco, le lotte tra comunisti e anarchici erano continuate, più o meno sotterranee. La dittatura di Franco avrebbe soffocato, con ogni dissenso, anche il movimento anarchico.

Scrivendo dell'anarchia non si può ignorare il caso simbolico di SACCO e VANZETTI. Negli anni Venti la coscienza dell'America fu sconvolta dal caso di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due italo-americani, rispettivamente un ciabattino e un pescivendolo della periferia di Boston, Massachusetts. I due, incarcerati con l'accusa di aver organizzato una rapina, attesero per sei anni una condanna alla sedia elettrica che arrivò (quasi) puntuale. La rapina, avvenuta nell'aprile 1920 a Boston in una fabbrica di scarpe, aveva causato due morti, il cassiere e la guardia. L'accusa - sostenuta dal durissimo Katzman - invocò, anche se con poche prove a favore, la pena capitale. Nonostante numerose irregolarità - i due erano effettivamente anarchici, ma non si erano mai macchiati di delitti - il processo decretò la condanna di Sacco e Vanzetti. In favore dei due anarchici si mobilitò tutta l'opinione pubblica mondiale, soprattutto europea, ma l'atmosfera che in quegli anni vigeva in America, di estrema diffidenza verso il socialismo e il comunismo vittorioso da poco in Russia, fu più forte di tutto. Nemmeno una tardiva confessione di un uomo già condannato - il quale affermò che la rapina era stata compiuta dalla banda Morelli di Providence - servì a cancellare la sentenza. Il 23 agosto 1927 Sacco e Vanzetti, martiri in Europa, assassini in America, si sedettero sulla sedia elettrica.

di FERRUCCIO GATTUSO

Questa pagina (e solo per Cronologia)
è stata offerta da Franco Gianola
direttore di http://www.storiain.net


 ALLA PAGINA PRECEDENTE  

INDICE TEMATICO      CRONOLOGIA GENERALE