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POLITICA E PARTITI TEDESCHI 


QUADRO STORICO DELLA GERMANIA
DALL'UNIFICAZIONE AGLI ANNI VENTI
(1871 - 1923)


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Situazione socioeconomica

Nel 1871, con l'unificazione nazionale, la Germania era ancora un paese prevalentemente agricolo e la sua grande industria era appena agli inizi, ma già negli anni '90 la situazione era radicalmente mutata. La classe imprenditoriale tedesca, forte dell'esperienza degli altri paesi capitalisti, poté costruire la propria industria sulla base della tecnica più avanzata. A tale poderoso sviluppo contribuì, oltre che un mercato interno unico e l'uniformità amministrativa e di governo, anche la conquista della Lorena (ricchissima di giacimenti minerali) nella guerra con la Francia degli anni '70 e il contributo di 5 miliardi ottenuto da quest'ultima. In sostanza verso il 1895 nell'industria, nel commercio e nei trasporti era occupato oltre il 50% della popolazione attiva. Le crisi mondiali del 1873, 1882 e 1890 contribuirono alla rapida concentrazione dell'industria tedesca.

Ben diversi erano i ritmi di sviluppo delle forze produttive nell'agricoltura: qui, alla fine del XIX sec., i 3/5 di tutte le aziende contadine appartenevano alla categoria delle aziende piccolissime (fino a 2 ha); esse detenevano il 5,6% della terra coltivata, mentre i proprietari delle aziende medie e grandi (oltre 20 ha) ne possedevano il 54,4%. Le tenute degli junkers erano particolarmente estese nella Germania orientale.

Fin dal suo sorgere l'impero germanico si scontrò con eccezionali difficoltà per la conquista dei mercati esteri. A tale scopo, i capitalisti tedeschi introdussero la massima riduzione dei costi di produzione, sfruttando notevolmente gli operai e usando il dumping (smercio dei prodotti all'estero a prezzi bassissimi). Per compensare le perdite nell'export i capitalisti aumentavano i prezzi delle merci vendute all'interno del paese. Verso il 1879 il governo introdusse alti dazi doganali, affinché il protezionismo favorisse lo sviluppo dei monopoli (la cui forma dominante era il "cartello"), e ciò soprattutto nell'industria pesante, che aveva stretti rapporti con le banche (alla fine del XIX sec. le maggior parte delle operazioni di credito era concentrata in sei banche). Apparvero presto i magnati dell'industria e i grandi finanzieri, che concentrarono nelle loro mani le posizioni-chiave nella vita economica (KRUPP, SIEMENS, HANSEMANN, STUMM, KIRDORF, ecc.).

Il salario degli operai spesso era inferiore al minimo vitale. Nonostante la rapida ascesa economica e la notevole emigrazione, esisteva un grande esercito di riserva di disoccupati. Il basso livello di vita dei lavoratori frenava l'estensione del mercato interno e aumentava l'interesse dei capitalisti per i mercati esteri.

Situazione politica

L'unificazione tedesca era avvenuta sotto l'egida della monarchia e degli junkers che, con i militaristi prussiani, si erano impadroniti dell'apparato statale e dell'esercito. Gli junkers e i militaristi erano rappresentati dal Primo Cancelliere dell'Impero, Otto von Bismarck, che tenne questa carica per quasi 20 anni, fino al 1890, cercando continui compromessi con la borghesia. La quale accettò il ruolo secondario solo per timore del proletariato. Infatti dopo la caduta della Comune di Parigi, il centro del movimento operaio europeo si era spostato dalla Francia alla Germania.

Secondo la Costituzione dell'Impero solo il re prussiano poteva diventare Imperatore di Germania, con poteri illimitati sulle forze armate, con il diritto di ratificare o annullare tutti i progetti di legge, di convocare e sciogliere il parlamento (REICHSTAG). A quel tempo l'Imperatore era Guglielmo I. Ovviamente la Costituzione aveva solo una facciata pseudo-democratica (si pensi ad es. al fatto che pur proclamando il suffragio universale nelle elezioni del parlamento, le cui competenze peraltro erano assai limitate, essa impediva di votare alle donne, ai militari e ai giovani al disotto dei 25 anni). In effetti la Costituzione non faceva che legittimare il dispotismo prussiano: non a caso in Prussia, che occupava quasi i 2/3 del territorio imperiale, era ancora in vigore la Costituzione ultrareazionaria del 1850, che stabiliva un sistema elettorale solo per tre classi. Tuttavia, le esigenze del capitalismo ebbero col tempo la meglio: negli anni '70 venne introdotto un unico codice penale (e cominciò anche l'elaborazione del codice civile, che si protrarrà per oltre 20 anni), un'unica moneta, un unico sistema postale, inoltre venne fondata la Banca dell'Impero e si attuò la riforma amministrativa dei circondari in Prussia, onde strappare agli junkers il potere locale.

Il militarismo germanico

Il militarismo è sempre stato una tradizione della Prussia: con l'unificazione non fece che rafforzarsi. A parte alcuni ambienti piccolo-borghesi di diversi Stati del sud, nel complesso la borghesia tedesca, fattasi ardita dopo la vittoria sulla Danimarca, l'Austria e la Francia, appoggiò attivamente il gruppo militarista prussiano. Non dimentichiamo che proprio in virtù di tale militarismo la Germania poté contribuire a soffocare la Comune di Parigi. Insomma, per la borghesia, il militarismo era considerato l'arma più efficace contro le idee del socialismo (in tempo di pace gli effettivi erano più di 400.000 uomini). Il governo approvò la legge sul servizio militare obbligatorio e quella del settennato, cioè l'approvazione delle spese militari per un settennio (dopodiché occorreva la conferma parlamentare), che consentiva la massima libertà al gruppo militarista, esentandolo per quel periodo da qualsiasi controllo parlamentare. In 20 anni l'esercito aumentò del 50%, mentre la popolazione era cresciuta solo del 25%. Naturalmente le classi dirigenti erano interessate a mantenere rapporti tesi con gli altri Stati, in particolare con la Francia, al fine di poter giustificare la corsa agli armamenti.

La colonizzazione delle terre polacche occidentali

La preparazione dell'aggressione a est si abbinava alla germanizzazione delle terre polacche, che veniva giustificata con l'idea di creare una roccaforte per la guerra contro la Russia. Negli anni '70 le persecuzioni contro i polacchi vennero compiute all'insegna della lotta contro la chiesa cattolica. Nel 1886 si cominciarono a impiantare aziende di ricchi contadini tedeschi sulle terre polacche. In pratica le terre polacche occidentali erano diventate una colonia europea della Germania (in alcuni casi i polacchi venivano trasferiti dalle loro terre nelle zone interne della Germania: presentando gli operai polacchi come dei concorrenti di quelli tedeschi, il governo infatti sperava di inculcare nella classe operaia tedesca l'ideologia nazionalista).

I partiti principali

Gli junkers erano uniti nel partito dei Conservatori: essi temevano l'estensione delle competenze dei poteri imperiali e in questo senso non appoggiavano Bismarck. Il partito dei Liberali-conservatori o Imperiale, formatosi da una scissione del partito Conservatore, riconosceva l'inevitabilità dello sviluppo capitalistico: questo partito appoggiava Bismarck e forniva i quadri dirigenziali e governativi. Il partito Nazional-Liberale appoggiava Bismarck, ma rappresentava gli interessi delle media e grande borghesia; gradatamente esso si alleò con gli junkers e abbandonò le rivendicazioni politiche più progressiste. Il partito dei Progressisti, appoggiato da una parte della borghesia commerciale, dalla piccola-borghesia, dagli impiegati e da una parte degli operai, lottò contro i dazi protezionistici e il militarismo. Il partito del Centro-Cattolico univa gli elementi più eterogenei: dai proprietari cattolici della Slesia ai cattolici della Baviera, da alcuni capitalisti della Germania occidentale agli operai cattolici sfruttati da questi stessi capitalisti. La sua direzione era nelle mani di clericali reazionari: il programma politico era vicino a quello conservatore.

Il KULTURKAMPF (lotta per la cultura)

Negli anni '70 il partito del Centro-Cattolico si trovò coinvolto nella lotta con i circoli dirigenti (junkers e borghesia) che avevano scatenato una repressione contro la chiesa cattolica, la quale, temendo che l'ulteriore centralizzazione dello Stato, ovvero il prevalere della Prussia protestante, danneggiasse la propria influenza politica, aveva appoggiato le tendenze anti-prussiane presenti tra i polacchi, i danesi, i francesi dell'Alsazia-Lorena, e tra gli abitanti di tutti i territori che prima dell'unificazione non erano sottoposti al potere degli junkers prussiani. Un altro scopo del Kulturkampf fu quello di distogliere gli operai dalle loro rivendicazioni deviandone l'interesse verso le questioni religiose.

In quegli anni il governo privò il clero cattolico del controllo esclusivo delle scuole, vietò ogni attività all'ordine dei gesuiti, attuò la legge sull'obbligo del matrimonio civile, liquidò il potere dell'alto clero e l'autonomia della chiesa rispetto allo Stato. Lo Stato assunse direttamente la preparazione dei sacerdoti e il diritto di nominarli. Ma i risultati non furono quelli sperati: il partito Cattolico aumentò di 1/3 i propri deputati in parlamento e il no dei candidati socialisti aumentò di tre volte rispetto al 1871. E così nel 1876 il governo rinunciò al Kukturkampf e revocò molte leggi emanate in precedenza: esso si era convinto che nella lotta contro il socialismo era meglio avere la chiesa dalla propria parte.

La fondazione del partito unico della classe operaia

Il partito Operaio-Socialista tedesco venne fondato nel 1875 al congresso di Gotha, dove si verificò l'unificazione degli Eisenachiani (marxisti ortodossi) con i Lassalliani (socialisti di Stato o della cattedra). Il programma approvato dal congresso conteneva tesi lassalliane erronee, come ad es. quella secondo cui i contadini erano una classe reazionaria, o quella per cui si riteneva necessario che il governo emanasse una legge volta a determinare il livello del salario sulla base del minimo dei mezzi di esistenza necessari (col che si minava a rendere inutile la lotta economica operaia). Inoltre i lassalliani volevano un socialismo senza rivoluzione, guidato dallo Stato. Ciononostante il partito rimase unito, diffondendosi con successo per tutto il paese. Nel 1877 aveva già superato in parlamento il partito Progressista e quello Imperiale, ottenendo il quarto posto. I suoi capi erano Bebel e Liebknecht. Marx ed Engels contribuirono a eliminare gli errori ideologici commessi al momento dell'unificazione: il primo con La critica del programma di Gotha, il secondo con l'Antidühring.

Le leggi eccezionali contro i socialisti

Nel 1878 il governo chiese al parlamento di votare una legge che prevedeva lo scioglimento di tutte le associazioni socialdemocratiche e di altre progressiste, nonché il divieto della stampa operaia e altre misure coercitive. Il disegno di legge venne respinto: a ciò fu determinante il voto dei Progressisti, del Centro Cattolico e dei Nazional-Liberali. Tuttavia, il governo di Bismarck, approfittando dell'attentato a Guglielmo I, la cui responsabilità fu addossata, senza alcun fondamento, alla socialdemocrazia, sciolse nel 1878 il parlamento, sospinto, in questo, anche dal fatto che una crisi industriale e agraria piuttosto forte (i prezzi dei prodotti agricoli USA, Russia e di altri paesi erano di molto inferiori) imponeva l'introduzione del protezionismo doganale, contro cui si era levato il parere di quella parte della borghesia che non temeva la concorrenza straniera.

Dopo lo scioglimento del Reichstag il partito Conservatore e quello Imperiale divennero il perno di tutte le intese politico-programmatiche di Bismarck. Ad essi si unirono, saltuariamente, il partito Cattolico e i Nazional-Liberali. Quest'ultimi, che si erano notevolmente ridimensionati come numero, appoggiarono la legge antisocialista ratificata alla fine del '78. Il nuovo parlamento varò anche le prime leggi sul protezionismo. I Nazional-Liberali, a causa di dissensi interni, si divisero: una parte restò ancora più fedele al governo, l'altra fondò con i Progressisti e altri elementi liberal-borghesi il partito dei Liberi Pensatori, che però durerà poco, confondendosi con i Nazional-Liberali.

La repressione della socialdemocrazia fino alle dimissioni di Bismarck

Il governo proibì 45 organi di stampa sui 47 del partito Socialdemocratico, espulse da Berlino molti attivisti, sciolse i sindacati, le organizzazioni culturali di sinistra, le cooperative (confiscandone i beni), vietò ovunque le assemblee operaie. I leaders del partito continuarono a impegnarsi nel parlamento e crearono un'organizzazione di partito adatta alla clandestinità, pubblicando all'estero l'organo del partito. Gli opportunisti lassalliani però invitavano alla pacificazione e alla fine dell'attività illegale del partito. Marx ed Engels, nella famosa "Lettera circolare" inviata a Bebel e Liebknecht, si opposero. Essa ebbe l'effetto di lasciar fuori gli opportunisti dalla redazione dell'organo di partito "Sozialdemokrat", pubblicato a Zurigo per la prima volta nel 1879, e più tardi, fino al '90, a Londra. Nel 1880 il congresso del partito a Wyden in Svizzera decise di includere nel programma di Gotha un punto che prevedeva l'uso di mezzi anche illegali nella lotta politica contro il governo.

Nell'84 la Socialdemocrazia raccolse più di mezzo milione di voti, ma il governo rispose vietando il diritto allo sciopero. Nell'87 però si verificò la prima crisi politica: il parlamento aveva deciso di ridurre il settennato per i crediti militari a tre anni. Il governo di Bismarck, approfittando del desiderio di rivincita dei francesi, cercò di creare in Europa un nuovo allarme di guerra. Dopo aver sciolto nell'87 il parlamento, indice le elezioni in un'atmosfera di sciovinismo nazionalistico e di persecuzione contro tutti coloro che non erano d'accordo con le trame dei militari. Riuscì a organizzare un blocco elettorale vincente tra i Conservatori e i Nazional-Liberali. Il nuovo parlamento riconfermò il settennato, impose nuovi dazi protezionistici (cui però la borghesia non manifestava alcuna simpatia) e prorogò la legge anti-socialista.

L'oppressione politica e il carovita portarono alla ripresa degli scioperi nell'89 (solo in quell'anno raggiunsero quota mille, interessando i minatori, gli operai edili, metallurgici e tessili). Il giovane kaiser, Guglielmo II, salito al trono nell'88, tendeva a preferire una tattica più flessibile. Nel '90 scadeva il periodo di validità delle leggi eccezionali anti-socialiste. Il governo avanzò la proposta di renderle permanenti, offrendo in cambio una formulazione meno categorica delle stesse, ma il parlamento (soprattutto nei settori che rappresentavano la borghesia) sembrava più favorevole a una ripresa del dialogo col movimento operaio. Bismarck reagì minacciando, con un colpo di stato, di sciogliere il parlamento, di abolire il suffragio universale e di reprimere duramente i leaders socialdemocratici. Nel '90 il parlamento si oppose nettamente alla proroga delle leggi eccezionali. Bismarck, osteggiato anche da Guglielmo II, fu costretto a dimettersi.

Qui si può aggiungere che la crisi economica della Germania era dovuta al fatto che Stati Uniti, Russia e altri paesi avevano reagito ai dazi protezionistici tedeschi sui prodotti agricoli introducendo dazi considerevoli sui prodotti dell'industria tedesca. La Germania era arrivata al punto che sul mercato interno i prodotti agricoli importati costavano moltissimo, mentre sui mercati esteri non riusciva a piazzare le proprie merci industriali. Di qui l'esigenza di concludere accordi commerciali con Austria-Ungheria, Italia, Belgio, Svizzera, Romania, Spagna, Serbia e Russia, che prevedessero una riduzione reciproca dei dazi doganali.

In politica interna Guglielmo II approvò alcune richieste del movimento operaio, come ad es. la proibizione del lavoro per i bambini sotto i 13 anni, una giornata lavorativa di 11 ore per le donne, ecc. Le classi dominanti ripresero, a partire dal '94, la lotta antioperaia con vari progetti di legge, ma il parlamento li respinse.

Il movimento socialista negli anni 1891-1900

Dopo l'abolizione delle leggi eccezionali, il partito Socialdemocratico, al congresso di Erfurt nel '91, cerca di liberarsi ulteriormente dall'influenza degli opportunisti lassalliani, ma gli riesce solo in parte: l'idea che la società contemporanea (e la Germania in particolare) evolvesse inevitabilmente verso il socialismo, per cui andavano considerate sufficienti le riforme progressive e una tattica conciliatrice nei confronti della borghesia - quest'idea non era ancora stata definitivamente superata. Ecco perché ad un certo punto la borghesia prese ad appoggiare i leaders riformisti del partito e dei sindacati. Peraltro il capitale monopolistico aveva già la possibilità di concedere una parte dei propri sovrapprofitti ad uno strato privilegiato di operai qualificati: cosa che determinerà il manifestarsi del revisionismo, le cui tesi fondamentali saranno formulate da Bernstein in Le premesse del socialismo e i compiti della socialdemocrazia. A differenza dei lassalliani, i revisionisti mettevano in discussione tutta la teoria marxista. Tuttavia, benché nelle file del partito le loro opinioni fossero ufficialmente respinte, nessuno, neanche Bebel e Liebknecht, pose il problema di una rottura con questi nuovi teorici. L'unica fu la Luxemburg.

La politica di unità delle classi dominanti

Nel decennio 1891-1900, mentre si manifestava il carattere ineguale e a salti dello sviluppo del capitalismo tedesco, la sua espansione verso l'esterno divenne molto attiva. Mancando alla Germania ricche colonie, l'export di capitali si rivolgeva di preferenza ai paesi formalmente indipendenti ma deboli, facili prede della sua superiorità economica. Teatro della concorrenza anglo-tedesca divennero i paesi del Vicinoriente (specie la Turchia), dell'Estremoriente (Cina soprattutto) e del Sudamerica. Per poter ottenere un'espansione all'estero e per combattere all'interno la classe operaia, i circoli dirigenti del capitale tedesco e gli junkers avevano realizzato una forte politica di unità. Il compito principale ch'essi si posero fu quello di costruire una forte marina da guerra, con la quale assicurarsi dei domini coloniali. Il governo riuscì a far approvare dal parlamento gli stanziamenti con il voto del partito Centro-Cattolico, offrendogli in cambio alcuni privilegi clericali. Alle soglie del XX sec. il militarismo tedesco era divenuto una forza egemone e minacciosa.

Alla fine del XIX sec. ebbero grande diffusione, sul piano ideologico-filosofico, soprattutto tra la piccola-borghesia intellettuale, le idee di Nietzsche, così permeate di odio per l'uguaglianza, la giustizia sociale e la rivoluzione, essendo indirizzate verso il culto della forza superomistica e verso il razzismo; nonché le idee di Schopenhauer, che negavano qualsiasi razionalità nello sviluppo della società umana ed erano ostili all'idea di progresso storico.

Nell'ultimo decennio del XIX sec. sorsero diverse organizzazioni che propagandavano lo spirito d'aggressione, lo sciovinismo e il razzismo, la giustificazione teorica delle mire espansionistiche della borghesia e degli junkers, il culto delle tradizioni prussiane (vedi ad es. L'Unione Pangermanica, appoggiata da Krupp, Hugenberg e altri esponenti del grande capitale). I pangermanisti avanzavano l'idea di creare una "Mitteleuropa" (Europa-media), nell'intento di sottomettere al dominio tedesco una serie di paesi europei sotto il pretesto della loro "unificazione".

La politica estera

Dopo la vittoria della Germania sulla Francia nella guerra del '70-'71, l'Austria-Ungheria si avvicinò alla Germania per ottenere il suo appoggio nella lotta contro i popoli slavi sottomessi al suo dominio e per espandersi verso i Balcani. Bismarck non chiedeva di meglio.

Migliorarono, seppure per breve tempo, anche i rapporti tra Germania e Russia. Quest'ultima infatti, dopo il '71, liquidò gli articoli del Trattato di Parigi del 1856 che le vietavano di mantenere una flotta da guerra nel mar Nero. Inoltre Germania e Russia avevano interessi comuni sulle terre polacche che si erano spartite. I rapporti commerciali fra le due nazioni erano notevolmente migliorati (grano contro merci industriali). Infine le banche tedesche erano il principale centro di collocamento dei prestiti russi all'estero. Naturalmente la Russia temeva la crescente potenza politico-militare della Germania e il suo avvicinamento all'Austria-Ungheria, per cui, di tanto in tanto, onde creare un contrappeso, sviluppava iniziative bilaterali con la Francia.

In effetti, i rapporti russo-tedeschi peggiorarono in seguito alla sconfitta diplomatica della Russia zarista al congresso di Berlino del '78, ove Inghilterra, Austria-Ungheria e Germania fecero la parte del leone costringendo la Russia a ridimensionare le sue pretese sui Balcani dopo la vittoria militare sulla Turchia. I rapporti diventarono così tesi che la Germania concluse delle trattative segrete con l'Austria in funzione anti-russa: era questo il primo blocco militare europeo nel periodo del passaggio del capitalismo allo stadio imperialistico. I suddetti rapporti migliorarono solo quando ci si accorse, da ambo i lati, che la lotta delle tariffe doganali aveva arrecato ad entrambi i paesi un danno enorme. Di qui l'esigenza di affermare un'alleanza tra Germania-Russia-Austria/Ungheria, in modo tale che Francia e Inghilterra venissero completamente isolate. Quando però la Germania si accorse che la Russia in realtà non aveva alcuna intenzione di appoggiarla in una guerra contro la Francia, i rapporti tornarono di nuovo tesi. In definitiva, la Germania non riuscirà mai ad ottenere dalla Russia l'impegno di mantenere una neutralità incondizionata nel caso di una guerra con la Francia.

Nell'82 la Germania, con l'Austria-Ungheria e l'Italia stipulò la TRIPLICE ALLEANZA, con cui le tre nazioni si assicuravano aiuto reciproco in caso di guerra. Al blocco austro-germanico si sentirono attirate nell'83 anche la Romania e la Spagna.

La Germania era giunta tardi alla competizione coloniale, ma subito manifestò una straordinaria aggressività. Nell'82 venne creata la Società Coloniale Tedesca, con cui cominciò ad occupare in Africa il Togo, il Camerun, la Nuova Guinea, l'isola di Zanzibar, altre regioni sulla costa del Golfo di Guinea e un ampio territorio denominato Africa sud-occidentale tedesca. Ad ogni nuova conquista aumentavano gli attriti con l'Inghilterra. Nel biennio '84-'85 la Germania aveva occupato un territorio in Africa e in Oceania comprendente una popolazione di 14.400.000 abitanti, con un'estensione di 2.907.000 kmq.

Quando nel '92 venne stipulata una convenzione militare franco-russa in contrapposizione alla Triplice Alleanza, l'Europa si trovava praticamente divisa in due blocchi militari-politici più o meno equivalenti. Dalla Triplice Alleanza infatti chiesero di ritirarsi sia l'Italia, dopo la sconfitta subìta in Etiopia (1896), che la Spagna, dopo la guerra ispano-americana del '98, mentre la Romania fu attratta dall'influenza economica anglo-francese.

L'acuta lotta coloniale dell'Inghilterra con la Francia e la Russia spingeva una parte dei circoli dirigenti inglesi a cercare un compromesso con la Germania (nel '98-'99), ma il governo tedesco chiedeva in cambio un prezzo così elevato (in colonie da sfruttare) che l'Inghilterra rinunciò alla transazione. Orami era chiaro che il principale antagonista imperialista dell'Inghilterra era diventato la Germania.

Verso lo scoppio della I guerra mondiale

Verso l'inizio del XX sec. la Germania aveva preso il primo posto in Europa nella produzione industriale. Persino le terre degli junkers (più di 1/5 di tutta la superficie lavorabile) si erano trasformate in grandi aziende capitalistiche. Molti degli stessi magnati del capitale finanziario diventavano proprietari di grandi estensioni di terra per sfruttarne le ricchezze del sottosuolo. Gigantesche associazioni monopolistiche erano strettamente legate alle banche più grosse (9 di esse a Berlino concentravano la metà di tutti i depositi bancari tedeschi). Al potere gli junkers e la grande borghesia formavano un unico blocco, non senza contrasti sulle questioni coloniali (vedi ad es. il blocco degli "ottentotti").

L'imperialismo tedesco cominciò a scatenarsi a livello mondiale quando tutto il territorio della terra era già stato diviso: la Germania, nel 1914, aveva un territorio coloniale complessivamente inferiore di 3,5 volte a quello della Francia, e di 11,5 volte inferiore a quello inglese. Le colonie tedesche avevano una popolazione inferiore a quella inglese di 32 volte.

All'interno della nazione tedesca la condizione della maggioranza dei lavoratori era ben misera: basso livello salariale, disoccupazione, giornata lavorativa media di 11 ore, grande bisogni di alloggi, carovita e pesi fiscali enormi (a causa dell'imponente macchina burocratica e militare), aumento vertiginoso delle malattie... Oltre a ciò il governo cercava di limitare il suffragio universale, di sopprimere gli scioperi e il diritto degli operai ad associarsi (nella Dieta prussiana fino al 1908 non ci poté essere alcun rappresentante della Socialdemocrazia). Senonché i dirigenti sindacali e politici del movimento operaio erano sostanzialmente su posizioni opportunistiche, per cui essi non seppero far fruttare le forti rivendicazioni operaie in direzione della rivoluzione. Il congresso socialdemocratico di Jena, nel 1905, su proposta di Bebel, riconobbe per la prima volta lo sciopero politico di massa come una delle più importanti forme di lotta del proletariato, ma più di così non riuscì a fare. Grazie comunque a tale sciopero gli operai riuscirono ad ottenere l'introduzione del suffragio universale anche in Prussia, in Sassonia e in altri territori.

In assenza di una forte resistenza operaia ai disegni imperialistici del governo, lo Stato Maggiore di quest'ultimo poté ultimare l'elaborazione della variante definitiva del piano di guerra su due fronti contro la Francia e la Russia. Dal 1909 al 1914 le spese militari aumentarono del 33%. Nel 1914 la Germania era la seconda potenza navale del mondo, anche se molto distanziata dall'Inghilterra. Numerose associazioni borghesi propagandavano idee aggressive e la creazione di una Mitteleuropa sotto l'egida di una Germania forte sul piano coloniale ("Associazione coloniale", "Unione pangermanica", "Drang nach dem Osten"...).

Gli opportunisti socialdemocratici orientavano la classe operaia verso l'alleanza con la "propria" borghesia nazionale, con il "proprio" Stato imperialista. Liebknecht fu uno dei pochi dirigenti ad essere contrario al militarismo: nel 1907 un tribunale lo condannò a un anno e mezzo di reclusione, cosa che venne impedita dal fatto che nel 1908 gli operai lo elessero deputato alla Dieta prussiana e nel 1912 al Reichstag.

Nel 1908 il parlamento approvò una nuova legge reazionaria che vietava ai minori di anni 18 di entrare in associazioni politiche e decideva, con un'altra legge, di peggiorare considerevolmente la situazione economica della popolazione polacca.

La riforma finanziaria del 1909 comportò un aumento delle imposte indirette quasi del 30%. Nel 1913 il carovita era aumentato di circa 1/3 rispetto al 1900. Verso la fine del 1908 la Germania aveva un milione di disoccupati. La classe operaia reagì con scioperi economici e politici. All'inizio del 1910 sulle ceneri del partito dei Liberi Pensatori sorse il partito Popolare-Progressista della sinistra borghese. Ma nonostante la situazione politica fosse favorevole a una soluzione rivoluzionaria, la direzione socialdemocratica non ne seppe approfittare. Bebel morì nel 1913. Veniva intanto emergendo il nome di Kautsky, che si orientò decisamente verso i riformisti, propugnando la "conquista" operaia del parlamento, la sconfitta della borghesia per "logoramento" nella battaglia parlamentare.

La socialdemocrazia tedesca all'inizio del XX secolo

Al congresso di Dresda del 1913, Bebel, Luxemburg, Liebknecht e altri cercarono di opporsi ai riformisti guidati da Bernstein, Vollmar, Kautsky e altri, i quali esprimevano gli interessi dell'aristocrazia operaia, corrotta dal capitale finanziario, disposta a molti compromessi con la borghesia. [Per "aristocrazia operaia" vanno intesi, oltre al gruppo dirigente degli operai qualificati e dei capireparto, che avevano salari di molto superiori a quelli della maggioranza dei lavoratori, anche la numerosa burocrazia sindacale, i funzionari di partito, i parlamentari, i dirigenti delle cooperative, ecc.] Tuttavia, la direzione del partito non riuscì a ristrutturare i quadri, per cui si sviluppò la contraddizione tra tesi programmatiche ortodosse e tattica riformista. In nome dell'unità del partito si sacrificava la teoria e la prassi rivoluzionaria.

Il difetto più grande della socialdemocrazia è che si affidava eccessivamente alla spontaneità delle masse operaie. Ecco perché non vide mai la necessità di rompere con gli opportunisti e i revisionisti. Altri errori stavano nel fatto che non comprendeva l'esigenza di un'alleanza operaia con i contadini. Inoltre la Luxemburg era convinta che il capitalismo sarebbe crollato da solo. D'altra parte le stesse masse operaie non si avvidero della gravità di questi pericoli e continuarono ad avere piena fiducia in tutti i leaders del partito. Il quale, peraltro, nelle elezioni del 1912 era diventato il gruppo più numeroso in parlamento.

L'inizio della guerra

Nonostante il fatto che i piani dello Stato Maggiore tedesco prevedessero l'apertura delle ostilità anzitutto contro la Francia, il governo tedesco decise prima di tutto di dichiarare guerra alla Russia, ingannando le masse con la parola d'ordine della lotta contro lo zarismo conservatore. Il governo tedesco sapeva che la Francia sarebbe intervenuta a fianco della Russia, e così in effetti accadde. E siccome la Germania era intenzionata ad attaccare la Francia passando per il neutrale Belgio, l'Inghilterra si vide costretta a dichiarare guerra alla Germania. La Turchia si schierò subito con la Germania contro la Russia. Serbia, Montenegro e Giappone si posero invece a fianco degli anglo-francesi (i primi due perché volevano l'indipendenza dagli austro-ungarici, il secondo per togliere alla Germania le colonie asiatiche).

Il tradimento della II Internazionale

Nonostante le solenni dichiarazioni dei congressi di Stoccarda e Basilea, i leaders della II Internazionale non organizzarono alcuna azione contro la guerra imperialistica imminente. La destra del partito Socialdemocratico accorderà anzi, in segreto, pieno appoggio al governo. Dal giorno della dichiarazione di guerra alla Russia, tutta la stampa socialdemocratica si schierò a favore della campagna sciovinista invitando le masse a difendere la patria dalla barbarie russa. I parlamentari socialdemocratici votarono a favore dei crediti di guerra.

Stesso tradimento si verificò in Francia, nel partito socialista, dopo l'assassinio di Jaurès. E così nel partito socialdemocratico austriaco, nei menscevichi e nei socialrivoluzionari russi. Contro la guerra si espressero i socialdemocratici serbi, romeni, i socialisti di sinistra bulgari, la sinistra tedesca di Liebknecht e Luxemburg, i bolscevichi russi e altri gruppi ancora. Coloro che tradirono cercavano di convincere le masse operaie che si trattava di "una guerra difensiva". In realtà essa aveva come scopo una nuova redistribuzione mondiale delle terre coloniali, la rovina delle nazioni concorrenti, la distruzione delle avanguardie socialiste per indebolire il proletariato... Gli unici che chiederanno la trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile (all'interno di ogni singola nazionale, per rovesciare il governo borghese) saranno i bolscevichi. Il rifiuto di questa proposta determinerà la rottura dei bolscevichi dalla II Internazionale e la nascita della III.

Lo svolgimento della guerra

Le operazioni militari del 1914 si chiusero, nel complesso, a favore dell'INTESA (Francia, Inghilterra...). Il progetto tedesco di "guerra lampo" era fallito: era iniziata una lunga guerra di logoramento. L'economia dei paesi belligeranti non era però preparata a questo tipo di guerra. I tedeschi, vedendo che il nemico più debole era la Russia, spostarono nel 1915 il settore principale della guerra mondiale sul fronte orientale. La Russia subì pesanti sconfitte ma non si arrese. L'Italia passò dalla parte dell'INTESA contro l'Austria, per occupare il Trentino, Trieste, l'Istria, le isole del Dodecaneso, la Dalmazia e una parte dell'Albania. Nel 1914 la Bulgaria passò invece a fianco di Germania e Austria-Ungheria a spese della Serbia. Nel 1915 i tedeschi dovettero cedere agli inglesi l'Africa sud-occidentale e il Camerun. La Germania allora decise di iniziare la guerra sottomarina: le navi mercantili, indipendentemente dalla bandiera, venivano affondate senza preavviso appena apparivano in una zona determinata intorno alla Gran Bretagna e all'Irlanda. In seguito alla protesta degli USA (che minacciavano di entrare in guerra) e di alcuni dirigenti della politica tedesca, si decise di colpire solo le navi da guerra. Nel 1916 la Romania dichiarò guerra all'Austria per conquistare la Transilvania, ma i tedeschi occuparono Bucarest. Ad un certo punto sembrava che gli Imperi centrali (Germania, Austria-Ungheria...) potessero vincere il conflitto, ma la Russia da una parte e l'Inghilterra dall'altra li costrinsero a ridimensionare le pretese (decisiva fu la battaglia navale dello Jutland). L'INTESA, in realtà, avrebbe potuto vincere con relativa facilità se avesse superato gli antagonismi interni e avesse coordinato le operazioni. I tedeschi infatti erano stati fermati dai francesi a Verdun e gli austriaci non erano riusciti a vincere gli italiani.

E così nel 1917 con l'aiuto dei tedeschi, l'Austria determinò a Caporetto una pesante sconfitta all'Italia, mentre tra le file dei militari francesi e russi si andavano manifestando serie intenzioni di concludere la guerra. Gli inglesi invece sfondarono in Mesopotamia e in Africa orientale. In Russia lo zar fu costretto ad abdicare e il governo provvisorio passò nelle mani di Kerenskij che volle proseguire la guerra, determinando il tracollo economico della Russia, tanto che la sua intenzione era diventata quella di uscire dall'INTESA. Nel 1917 gli USA dichiararono guerra alla Germania e nel '18 cominciano a intervenire militarmente. Nel '17 decisero di allearsi all'INTESA anche Cina, Grecia, Brasile, Cuba, Panama, Liberia e Siam.

La situazione interna della Germania

Alla guerra di logoramento la Germania non era assolutamente preparata. Già verso il 1916 la sua situazione economica era disperata. Il governo reagì militarizzando sia l'economia (con pesanti razionamenti) che il lavoro, rafforzando la censura militare, sorvegliando la popolazione con sistemi militari-polizieschi. Monopolizzazione e regolamentazione statale dell'economia avevano raggiunto i massimi livelli: i funzionari statali che esercitavano il controllo sulla produzione erano persone di fiducia dei cartelli, dei trusts e dei maggiori capitalisti. In agricoltura furono introdotti piani di semina obbligatori e la consegna forzata da parte dei contadini del raccolto allo Stato. Fu introdotto il sistema delle carte annonarie e il lavoro obbligatorio per gli operai, con l'ovvio divieto di scioperi e richieste "illegali". Il governo naturalmente giustificava questa situazione in nome degli interessi nazionali di difesa e dicendo che in tal modo i capitalisti venivano posti sotto controllo statale, sicché nessuno di loro avrebbe potuto approfittare della guerra. In realtà i capitalisti si arricchirono enormemente con le commesse militari, con la svalutazione della moneta cartacea, con l'inflazione galoppante... I leaders della socialdemocrazia non seppero approfittare mai di questa occasione.

La svolta verso la pace

All'inizio del '17 le borghesie dei vari paesi belligeranti, essendosi impaurite del crescente malcontento e delle agitazioni delle masse popolari, cominciarono ad orientarsi verso una pace senza vittoria. Tuttavia nessuna delle due parti (Imperi centrali e Intesa) voleva rinunciare ai territori già conquistati all'avversario o ai propri possessi coloniali. La situazione si sbloccò in Russia con la rivoluzione democratico-borghese del febbraio 1917. Il governo russo manifestò l'esigenza di arrivare alla pace. Gli operai tedeschi reagirono positivamente e cominciarono a scioperare. Nell'estate del '17 una notevole parte della borghesia tedesca era giunta alla conclusione che conveniva stipulare una pace di compromesso con l'INTESA, ma, ancora una volta, senza dover rinunciare ai territori già occupati dalla Germania in Polonia, nel Baltico, in Francia e in Belgio.

Intanto si sviluppò un forte movimento rivoluzionario nell'Austria-Ungheria, in Francia, in Inghilterra, in Italia. In Russia si verificò addirittura la rivoluzione bolscevica nell'ottobre 1917. Subito i bolscevichi chiesero una pace "senza annessioni né indennità". Il decreto però non venne accettato dai paesi belligeranti, per cui la Russia fu costretta a intavolare trattative separate. Con la Germania concluse un trattato di pace a Brest-Litovsk, col quale la Germania staccava dal territorio sovietico la Polonia, la Lettonia, parte dell'Estonia, la Lituania, l'Ucraina e la Bielorussia. La Russia aveva accettato per poter ristrutturare la propria economia disastrata.

In campo militare gli Imperi centrali avevano in Europa i maggiori possessi (Romania, Alsazia-Lorena, Belgio, Serbia, Polonia, Montenegro, Albania, Bucovina, Galizia, parte dell'Italia, parte della Russia...). Ma sul piano economico e politico la loro situazione era assai peggiore. Inoltre tutti gli Stati borghesi temevano che accettando la pace, le loro masse operaie avrebbero fatto una rivoluzione analoga a quella russa, per cui non erano assolutamente disposti a cedere nulla. La situazione venne ulteriormente sbloccata dagli USA e dall'Inghilterra, che proposero una pace imperialista (i cd. "14 punti di Wilson", presidente USA). In virtù di essi l'Europa occidentale sarebbe tornata alla situazione prebellica, l'impero ottomano sarebbe stato smembrato, Palestina-Siria-Irak e altri territori del Vicino e Medioriente sarebbero passati alle potenze imperialiste, le quali infine si sarebbero dovute coalizzare contro l'URSS.

Intanto in Finlandia nel 1918 scoppia una rivoluzione socialista, che però la Germania fa fallire occupando la nazione. Nella stessa Germania e in Austria-Ungheria le manifestazioni operaie e gli scioperi aumentano considerevolmente. Gli americani minacciano di sbarcare in Europa, e di questo la più preoccupata è senza dubbio la Germania. La quale, ad un certo punto, decide di sferrare un attacco frontale e massiccio sul fronte occidentale contro inglesi e francesi, sperando di respingere gli inglesi sulla Manica, ma il tentativo fallisce. La controffensiva dell'INTESA obbliga la Germania ad accettare l'armistizio e i "14 punti di Wilson" (ad essa si unì anche l'Austria).

In conclusione, dopo la fine della guerra, in Europa la potenza militarmente più forte era diventata la Francia, che infatti chiederà alla Conferenza di Parigi d'indebolire al massimo la Germania. L'Inghilterra invece, che aveva la più forte marina da guerra del mondo, voleva una Germania debole sui mari e nelle colonie, ma non in Europa, temendo sia la Francia che la Russia. Furono però gli USA che ottennero i maggiori vantaggi da questa guerra, poiché tutte le loro forniture belliche e alimentari vennero pagate dai paesi belligeranti in oro, il che permise agli americani di diventare la potenza finanziaria più forte del mondo. Dal canto suo il Giappone era riuscito a togliere alla Germania tutte le colonie asiatiche.

La rivoluzione socialista in Germania nel 1918

Il governo tedesco, con l'appoggio dei socialdemocratici riformisti, cercò di salvare la monarchia dallo sfacelo economico della nazione, ma non vi riuscì. Guglielmo II fuggì in Olanda e così si proclamò la Repubblica socialista di Germania. Il potere passò ai Consigli degli operai e dei soldati, la cui maggioranza però non lottò per la liquidazione del vecchio apparato statale reazionario, onde minare le posizioni capitalistiche della borghesia e feudali degli junkers e quelle militaristiche del regime prussiano: ancora ci si illudeva sulle funzioni democratiche del parlamentarismo, e si credeva che la fine della guerra, della monarchia, l'introduzione del suffragio universale e la proclamazione della Repubblica fossero sufficienti per realizzare il socialismo. In realtà il nuovo governo non riuscì neppure a discutere la riforma agraria, per cui i contadini non appoggiarono mai gli operai.

Intanto i partiti borghesi si riorganizzavano assumendo nuove denominazioni: il partito Popolare-Progressista si unì con la sinistra Nazional-Liberale e fondò il partito Democratico Tedesco, che rappresentava i ceti commerciali, i banchieri, i capitalisti dell'industria leggera, gli azionisti in borsa, la piccola-borghesia e gli intellettuali di città; i magnati dell'industria pesante, i finanzieri, gli junkers si organizzano nel partito Nazional-Popolare; il partito Cattolico divenne il partito Democristiano-Popolare. A causa del vergognoso compromesso dei socialdemocratici di centro e di destra con la borghesia, l'ala sinistra (gli spartachisti) decise di fondare un partito Comunista autonomo (Liebknecht, Luxemburg, Pieck, Mehring...), che era su basi marxiste e rivoluzionarie. La borghesia rispose immediatamente dichiarando fuorilegge i comunisti: Liebknecht e Luxemburg vennero arrestati in segreto e fucilati.

Nel '19 si fecero le elezioni all'Assemblea Nazionale: i socialdemocratici ebbero il 45,5%, i partiti borghesi il 54,5%, i comunisti boicottarono le elezioni. La direzione centrale dei consigli operai venne trasferita all'Assemblea. Tutti i tentativi rivoluzionari intrapresi in varie regioni della Germania furono repressi. La rivoluzione proletaria era fallita. Questo perché ci si era fermati al momento democratico-borghese: si rovesciò la monarchia, si deposero il kaiser, 22 re, duchi e principi, si affermarono il suffragio universale (esteso anche alle donne), la giornata lavorativa di 8 ore, il diritto di organizzazione, di libertà di parola, di riunione, ecc., ma lo Stato rimase quello che era, la proprietà non venne toccata, nessuna seria riforma economica e sociale venne intrapresa.

La Repubblica di Weimar (1919-21)

L'Assemblea Nazionale, riunitasi a Weimar, doveva sancire nella Costituzione repubblicana il regime borghese, reso possibile dal fatto che la posizione degli junkers si era notevolmente indebolita. Il blocco fra le due classi continuava però a sussistere, anche se ora esso era posto sotto il controllo della grande borghesia. La Costituzione garantiva l'inviolabilità della proprietà privata e garantiva al Presidente della Repubblica pieni poteri sul parlamento, sulle forze armate e sulla stessa Costituzione. Gli junkers reagirono compiendo un putsch, ma un'insurrezione armata degli operai lo fece fallire: in seguito il governo di Weimar represse nel sangue questa stessa insurrezione per timore che potesse estendersi. I capitalisti tedeschi trovarono grandi appoggi nei capitalisti americani, contro il loro proletariato. La borghesia tedesca si sentì così forte che decise di espellere i socialdemocratici dal governo, facendo persino assassinare in carcere il leader del partito Comunista, Jogiches.

Negli anni '22-'23 gli junkers e alcuni circoli monopolistici si affidarono al partito Nazional-Socialista (nazista), nato nel '19 (dal '21 il leader era Hitler), per eliminare la Repubblica di Weimar, il partito Comunista e altre forze progressiste e per passare alla dittatura aperta del capitale monopolistico ricominciando le aggressioni imperialistiche.

La Conferenza di pace a Parigi (1919-20)

Fu particolarmente disastroso per gli interessi imperialistici della Germania il Trattato di Versailles, per il quale essa dovette cedere l'Alsazia-Lorena alla Francia, tutti i territori ottenuti con il trattato di Brest-Litovsk (si formarono così nuovi Stati indipendenti: Finlandia, Lituania, Lettonia, Estonia). La Germania dovette rinunciare anche alla Polonia, alla Romania, e consegnò alla Francia per 15 anni il bacino carbonifero SAAR. S'impegnò a pagare le cd. "riparazioni di guerra". L'impero austro-ungarico venne addirittura smembrato in tre Stati: Austria, Ungheria e Cecoslovacchia. L'Austria cedette all'Italia alcuni territori e altri ancora alla Serbia che così poté formare il nuovo Stato della Jugoslavia.

Nel 1923 la Francia, vedendo che la Germania non era in grado di pagare i propri debiti di guerra, occupò a titolo di risarcimento i giacimenti della RUHR. Gli operai tedeschi, aiutati dai comunisti di vari paesi europei, cominciarono la resistenza ai francesi. Si profilava la possibilità di una guerra civile guidata dal partito Comunista. In Sassonia e Turingia si formarono addirittura dei governi operai, i quali però non riuscirono a organizzare le masse per una sollevazione nazionale. Di qui la vittoria della reazione borghese. La crisi politica del 1923 si concluse con la sconfitta degli operai e con la messa al bando del partito Comunista.

 

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