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 FEDERALISMO 

FEDERALISMO, CONFEDERALISMO, SECESSIONE


Fin dagli inizi degli anni '90 � stata introdotta nel dibattito politico italiano la parola "federalismo".
Tale termine � stato, da pi� parti, non solo abusato, ma utilizzato per indicare realt� politico-istituzionali che con il federalismo non hanno nulla a che fare.

Il termine federalismo indica una forma di stato, cio� il legame esistente tra cittadini ed istituzioni, decentrata in cui non solo gli enti locali godono di forti autonomie politiche ed amministrative, ma anche di una quota di autonomia finanziaria che permette alle realt� federali hanno la possibilit� di legiferare autonomamente anche nel campo della giustizia in modo che gli stessi reati siano puniti con pene diverse a seconda dello stato in cui vengono perpetuati.
Il sistema federale di cui si � parlato sopra ovviamente preserva un certo numero di materie che, per legge costituzionale, sono riservate allo stato centrale la cui autorevolezza in tali campi � molto forte.
Tali materie sono, ad esempio, la giustizia, la moneta, la politica estera e di difesa, l'ordine pubblico.
Il federalismo � sempre stato utilizzato per giungere alla creazione di nuove entit� statutarie partendo da realt� minori desiderose di mantenere un rapporto paritetico fra di loro: cos� si sono formati gli Stati Uniti d'America e la Germania.

Durante il periodo risorgimentale la tesi federalista fu sostenuta da Carlo Cattaneo che sognava un'Italia federale anche se limitata alle sole regioni centro-settentrionali.
La tesi di un forte decentramento amministrativo sul modello anglosassone trovava dei sostenitori nella Destra Storica (Farini , Minghetti), ma venne scartata al momento della costituzione del nuovo Stato unitario (1861-1862) poich� la Destra temeva l'accusa di non favorire una vera unit� nazionale volendo difendere le consorterie locali.
In epoca crispina si ebbero riforme tendenti a responsabilizzare le realt� locali, ad esempio, l'elettivit� del sindaco e dei consigli comunali e provinciali.
Tali riforme furono abolite in epoca fascista in quanto Mussolini si fece promotore di un'idea accentrata ed autoritaria dello stato.
Un liberal-socialista quale Gaetano Salvemini legava la risoluzione della questione meridionale alla creazione di una autonoma classe dirigente meridionale locale: ci� lo si poteva ottenere grazie ad un modello di stato di tipo federale.
Le tesi di Salvemini furono riprese durante l'Assemblea Costituente dal Partito d'Azione e dal Partito Contadino dell'ex azionista Guido Dorso.
L'Assemblea opt� per un modello accentrato (sostenuto dalle sinistre) in cui democristiani e repubblicani inserirono elementi tipici di uno stato regionale (artt.114-133) ispirati alle idee di don Luigi Sturzo.

La Democrazia Cristiana ritard� il pi� possibile l'attuazione delle regioni temendo che favorissero, almeno in sede locale, il potere del Partito Comunista ed i suoi alleati.
Nell'attuale commissione bicamerale si � rimodellata la forma di stato "in senso federale" ispirandosi al principio di sussistenza gi� presente nella Carta Costituzionale del 1948.
Si presuppone un maggiore decentramento che sia in grado di riannodare i rapporti tra i cittadini e lo stato cominciando dalla periferia.

Il concetto di federalismo analizzato fino ad ora non � da confondere con il concetto di stato confederale di cui ci apprestiamo a dare una breve definizione: la contrapposizione dei due termini fu, anzi, alla base della Guerra di Secessione americana (1861-1865) che termin� vedendo affermate le idee federaliste.
Un sistema confederale non prevede nessun tipo di rapporto diretto tra il governo centrale ed i singoli cittadini.
Il governo centrale �, in genere, debole e si limita a dare vaghe indicazioni di politica interna ed avendo un ruolo pi� importante nella politica estera e di difesa.

Sulle altre questioni i singoli stati confederali hanno "carta bianca", ossia sono indipendenti gli uni dagli altri e sono autonomi rispetto al centro.
Il pi� chiaro esempio di stato confederale � la Svizzera in cui i singoli cantoni hanno ampia autonomia rispetto al governo centrale che, essendo di tipo assembleare e comprendente rappresentanti di tutti i partiti politici costituzionali, � molto debole.
Non esiste neppure un vero e proprio Presidente della Repubblica: a turno ogni ministro ricopre le funzioni di Capo dello Stato.

Col termine secessione, invece, si indica lo staccarsi, in maniera pi� o meno corretta, di una parte di uno stato dal resto del Paese. Non � affatto detto che il nuovo stato sia federale o decentrato, pu� essere benissimo che esso sia di tipo accentrato con caratteristiche di forte limitazioni delle autonomie locali. 
La secessione � l'antitesi dell'idea federalista: la secessione presuppone la superiorit� di una realt� locale rispetto alle altre; il federalismo implica, invece, la collaborazione tra le diverse realt� locali nell'ottica del raggiungimento dell'interesse comune.


IL PARLAMENTO

Prima di analizzare ogni altro aspetto della storia e dell'attivit� del parlamento si deve sfatare un mito oramai fossilizzato: il principale compito del Parlamento non � affatto il fare le leggi; infatti la maggior parte delle leggi approvate non sono di iniziativa parlamentare, ma di origine governativa. Il Parlamento si limita soltanto a ratificare le scelte dell'esecutivo, si pu�, quindi, affermare a ragion veduta che, nei sistemi di "party government" (governo dei partiti), il Governo � il "comitato esecutivo" del Parlamento.
Sono quindi altre le funzioni delle assemblee parlamentari; innanzi tutto, come ebbe a dire nel XIX secolo W. Bagehot compito primario del Parlamento � "eleggere il Governo" (sperando sempre che si tratti del miglior governo!), ossia l'accordare o no la fiducia all'esecutivo. Altri importanti compiti sono, secondo le tesi di Habermas e di Weber, la ricomposizione degli interessi, ossia la mediazione tra le differenti parti politiche e sociali, e l'essere una palestra di formazione delle future classi ed elit�s di governo affinch� i nuovi governanti non siano degli sprovveduti neofiti della vita politica. Ultimo, ma non per importanza, compito del Parlamento � quello di controllare l'azione del governo: in tale azione si vede la capacit� e l'abilit� dell'opposizione che deve essere in grado di svolgere al meglio il proprio ruolo di forza antagonista rispetto alla maggioranza, ma contemporaneamente deve essere in grado di svolgere un ruolo propositivo dimostrando di essere reale e migliore alternativa alla maggioranza governativa.
Per permettere ci� � importante che alcune cariche di garanzia e di controllo siano affidate ad esponenti dell'opposizione medesima facendo si che l'assemblea parlamentare sia davvero rappresentativa della volont� dell'intero corpo elettorale.
Come ha affermato pi� volte il professor Gianfranco Pasquino il buon funzionamento di una democrazia si vede dalla qualit�, soprattutto, dell'opposizione.

Storicamente si ha assistito all'esistenza di numerosi sistemi bicamerali, ossia di Parlamenti composti da due Camere una delle quali, composta da nobili o da persone eccellenti che traevano il proprio diritto di sedere in tale assemblea o dalla nomina del sovrano o da diritti di dinastia (comunque non eletti dal corpo elettorale), con compiti limitati detta "Camera Alta".
Tale struttura bicamerale � rimasta solo in Gran Bretagna, mentre nelle altre realt� il sistema bicamerale ha fatto si che la seconda camera assumesse compiti differenziati, spesso di rappresentanza territoriale e, in molti casi, varia anche il sistema con cui la si elegge sia che si tratti di un'elezione fatta da tutto il corpo elettorale (elezione di primo grado), sia che a votare siano solo gruppi costituzionali (elezioni di secondo grado).

Esistono inoltre dei sistemi composti da una sola camera: i sistemi monocamerali.
Particolarmente peculiare � il caso italiano in cui entrambe le camere hanno i medesimi compiti: � un tipico caso di bicameralismo perfetto in cui entrambi i due rami dell'Assemblea sono depositari di eguali funzioni e poteri per cui un provvedimento legislativo, prima di essere operativo, deve avere l'assenso di entrambe le Camere sullo stesso testo. Sicuramente ci� ha assicurato un maggiore attenzione e un pi� sicuro controllo sull'esecutivo e sui provvedimenti legislativi proposti, ma si � verificata una grande lentezza nel processo decisionale per cui, ormai da molti anni, si sta pensando di riformare la struttura e le funzioni del Parlamento italiano in senso di una differenziazioni dei ruoli e dei compiti delle due Camere. 

MAGGIORITARIO E PROPORZIONALE

Le leggi elettorali si dividono in due grandi famiglie: maggioritarie e proporzionali.
Al primo gruppo appartengono tutti quei sistemi in cui il punto focale � la "persona-candidato", che viene eletta nel "collegio elettorale" essendo sostenuta da uno o pi� partiti.
L'elezione pu� avvenire attraverso una maggioranza relativa al primo turno (modello inglese ad un turno),oppure pu� avvenire in un secondo turno di ballottaggio a cui accedono soltanto i candidati meglio piazzati.
Il modello ad un turno conduce ad un sistema bipartitico ossia, salvo casi peculiari, soltanto due partiti possono ambire alla guida del governo che non � mai un governo di coalizione.
Invece il sistema a due turni, tipico del regime politico francese della V Repubblica, conduce ad un sistema bipolare, ossia si assiste allo scontro tra due coalizioni partitiche che si contendono la guida del governo.
I sistemi elettorali proporzionali, invece, si basano sulla "circoscrizione elettorale" in cui ogni singolo partito elegge tanti candidati in proporzione alla percentuale di voti ottenuti.
Il sistema proporzionale conduce a situazioni pluripartitiche che favoriscono la nascita di governi di coalizione .Poich� molto spesso sono i sistemi proporzionali a favorire la frammentazione politica si � pensato di ovviare a ci� assicurando al partito meglio piazzato un cospicuo premio di maggioranza: si riesce, cos�, ad assicurare stabilit� al governo.
Esistono, inoltre, dei sistemi "misti", ossia, che coniugano in se stessi elementi sia maggioritari sia proporzionali in grado di assicurare stabilit� al governo(grazie all'incentivo maggioritario)e rappresentanza ai partiti minori(grazie alla correzione proporzionale), come ad esempio la legge elettorale in vigore in Italia dal 1992. 


PRESIDENZIALISMO E SEMIPRESIDENZIALISMO.

V REPUBBLICA FRANCESE E USA: DUE ESPERIENZE A CONFRONTO

Col termine presidenzialismo si indica una forma di governo in cui il Capo dello Stato � eletto direttamente dai cittadini o con una maggioranza relativa dei voti (U.S.A.) o con quella assoluta (Repubbliche Sud Americane).
Il Capo dello Stato � anche al vertice dell'esecutivo, riassumendo in s� due cariche che negli altri regimi sono divise poich� esiste la diade Presidente della Repubblica-Presidente del Consiglio oppure Monarca-Primo Ministro.
Questa forte concentrazione di potere nelle mani di una unica persona viene bilanciata da un forte decentramento politico-amministrativo e dall'esistenza di numerosi organi di controllo.
Poich� l'elezione del Presidente non � n� contestuale n� collegata a quella del Parlamento si pu� assistere alla presenza di due differenti e contrapposte maggioranze: quella presidenziale e quella parlamentare.
Tale contrapposizione nel caso statunitense viene risolta attraverso l'esistenza del "governo diviso" ossia l'impossibilit� da parte del Presidente di procedere allo scioglimento delle Camere in caso di contrasto; in tali casi si assiste ad estenuanti trattative tra il Presidente ed il Congresso.
Il caso statunitense funziona abbastanza bene poich� la struttura dei partiti � molto fluida e la disciplina di partito quasi inesistente: viene cos� favorito il compromesso diretto tra il Presidente e il singolo membro del Congresso (congressman) in cui era esperto il Presidente L. Johnson.
Il modello sopra descritto se applicato ad una realt� come quella europea caratterizzata da partiti strutturati, organizzati ed ideologici nella migliore delle ipotesi produrrebbe la paralisi del sistema, nella peggiore uno scontro tra un Presidente eletto dal popolo sovrano e le Assemblee legislative elette dal medesimo popolo sovrano.

Molto diverso, invece, � il modello semipresidenziale: esiste la differenza tra la carica di Presidente della Repubblica (che viene eletto direttamente dal corpo elettorale con la maggioranza assoluta dei consensi) ed il Primo Ministro, che oltre all'investitura presidenziale necessita della fiducia (o almeno della non sfiducia) del Parlamento.
Il Parlamento pu� essere sciolto nei casi previsti dalle singole Costituzioni nazionali; si instaura, cos�, un legame gerarchico tra Presidente della Repubblica e Parlamento.
Nei regimi semipresidenziali vi � la possibilit� della "coabitazione", ossia la presenza di un Capo dello Stato di un determinato colore politico e di un Primo Ministro espressione di una maggioranza parlamentare di opposta tendenza politica.

Le tensioni che potrebbero scaturire da tale coabitazione in cui destra e sinistra si legittimano a vicenda vengono molto attenuate dalle ambizioni dei due vertici istituzionali di essere eletti o rieletti alle rispettive cariche: ci� sar� pi� facile in maniera direttamente proporzionale alla moderazione ed alla sensibilit� istituzionale dimostrate
Inoltre, contrariamente a ci� che sostiene il professor Stefano Bartolini, non si pu� parlare della coabitazione come se si trattasse di una "patologia", poich� se il legislatore avesse ritenuta pericolosa tale eventualit� l'avrebbe impedita ricorrendo ad artefici costituzionali quali la "lista bloccata", ossia l'elezione simultanea e collegata del Presidente della Repubblica e del Parlamento.

Il rischio di tensioni frutto della coabitazione diminuisce in tutti quei casi in cui i leader di partito non si candidino alla suprema carica dello stato, ma ambiscano alla guida del governo: come sostiene il professor Jean Luc Parodi � il comportamento della classe politica a determinare, in molti casi, dove risieda il fulcro del potere decisionale.
Tranne che in Francia, nei sistemi ad elezione diretta del Capo dello Stato dell'Europa occidentale, i maggiori leader politici lottano per la guida del Governo; ne consegue che alla Presidenza della Repubblica non restino che pochi e limitati poteri di garanzia e di rappresentanza.

RUOLO E FUNZIONI DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 


Nel nostro ordinamento costituzionale il Presidente della Repubblica ha un ruolo super partes di garante della Costituzione repubblicana.
Il Capo dello Stato viene eletto ogni sette anni dal Parlamento riunito in seduta comune con l�apporto dei delegati regionali: ci� � indice della volont� di definire un�indipendenza del supremo magistrato della Repubblica rispetto alla stessa assemblea che lo elegge alla quale, inoltre, �sopravvive� anche dal punto di vista temporale.
In qualit� di supremo garante della Costituzione ratifica e promulga tutti gli atti legislativi inoltre, nel rispetto della stessa Costituzione, procede allo scioglimento delle Camere ed indice nuove elezioni politiche legislative generali.
Essendo il punto di equilibrio del nostro sistema politico il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e, su proposta di quest�ultimo, i ministri. In quanto Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura si pone al vertice del sistema giudiziario italiano. Solo le decisioni della Corte Costituzionale non hanno bisogno della ratifica del Presidente della Repubblica, ma lo stesso Capo dello Stato ha contribuito a costituire l�Alta Corte avendo nominato un terzo dei giudici costituzionali che la compongono.
Il Capo dello Stato, dal punto di vista politico, non ha responsabilit� degli atti presidenziali: tale responsabilit� viene assunta dai ministri che li firmano. Al Presidente della Repubblica non pu� essere contestata nessuna responsabilit� n� in sede civile, n� in sede penale durante l�esercizio delle sue funzioni, ma pu� essere messo in stato d�accusa per attentato alla Costituzione o per alto tradimento.

Come si vede il Presidente della repubblica non � chiamato a governare il sistema politico, ma piuttosto a controllarlo ed a tutelarne gli equilibri costituzionali; per questo motivo il Capo dello Stato deve essere scelto in maniera slegata dalla dialettica maggioranza/opposizione, pur non mettendo in discussione tale divisione del quadro politico e partitico, poich� deve essere il rappresentante di tutta la popolazione italiana.

Ogni Presidente ha interpretato il proprio ruolo in maniera personale, peculiare, pi� o meno criticabile.
A noi piace sottolineare che, in quanto garante della sovranit� della Costituzione, � compito del Presidente della Repubblica far rispettare i valori e le norme presenti nella Costituzione del 1948 che, fino a quando non verr� modificata (e come amava ricordare Leo Valiani la nostra Costituzione prevede essa stessa le modalit� per provvedere alla propria modifica) � valida, facendo del dettato costituzionale la stella polare dell�azione presidenziale interpretando, nella lettera e nello spirito, il II comma dell�art. 1 della Costituzione medesima: �La sovranit� appartiene al popolo, che la esercita nella forma e nei limiti della Costituzione�.


 Luca Molinari
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 BIBLIOGRAFIA 
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Mi limito ad indicare una breve bibliografia essenziale che pu� essere 
un valido punto di riferimento per eventuali approfondimenti

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* Bartolini S. e D�Alimonte R. (a cura di), Maggioritario ma non troppo, Bologna, Il Mulino, 1995; 
* Bartolini S. e D�Alimonte R. (a cura di), Maggioritario per caso, Bologna, Il Mulino, 1997; 
* Carocci G., Storia d�Italia dall�unit� ad oggi, Milano, Feltrinelli, 1998; 
* Cartocci R., Fra Lega e Chiesa, Bologna, Il Mulino, 1994; 
* Chabod F., L�Italia contemporanea (1918-1948), Torino, Einaudi, 1961; 
* Galli G., Storia dei partiti politici italiani, Rizzoli, Milano, 1991 
* Mack Smith D., Storia d�Italia dal 1861 al 1997, Editori Laterza, Roma-Bari, 1997; 
* Mammarella G., L�Italia contemporanea (1943-1992), Bologna, Il Mulino, 1993;
* Pasquino G. (a cura di), La politica italiana. Dizionario critico 1945 � 1995, Editori Laterza, Roma-Bari, 1995; 
* Pasquino G., 1946 � 1995, Profilo della politica in Italia, Editori Laterza, Roma-Bari, 1996;
* Pasquino G., La democrazia esigente, il Mulino, Bologna, 1997; 
* Pasquino G., La Repubblica dei cittadini ombra, Garzanti Editore s.p.a., 1991; 
* Pasquino G., Mandato popolare e governo, Bologna, Il Mulino, 1995; 
* Pombeni P., Partiti e sistemi politici nella storia contemporanea, Bologna, Il Mulino, 1994; 
* Sabbatucci G. e Vidotto V. (a cura di), Storia d�Italia, 6 vol., Roma-Bari, Laterza, 1995; 
* Spadolini G., Gli uomini che fecero l�Italia, Longanesi & C., Milano, 1993; 
* Spadolini G., Gobetti un�idea dell�Italia, Longanesi & C., Milano, 1993.

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