SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
VOLTAIRE

Fran�ois Marie Arouet, (Voltaire) nacque a Parigi nel 1694  ultimo dei 5 figli di un notaio. A 7 anni gli mor� la madre e a 10 anni fu mandato a studiare dai gesuiti, dove ebbe un'eccellente educazione al pi� che famoso liceo Louis-le-Grand. 
Era profondamente cartesiano come tutti i giovani intellettuali dell'epoca, ma lui a scuola si distinse pi� degli altri con la sua notevole intelligenza.Nel 1711 ci fu il suo ingresso in societ�, dove si fece notare grazie allo spirito sagace e brillante. Ma questo "successo" mondano non piacque al padre, un uomo dalle idee piuttosto conservatrici, e fu per tale motivo che il giovane Fran�ois fu avviato all'avvocatura ed alla carriera diplomatica. Ma lui non volle divenire avvocato o notaio come avrebbe voluto suo padre, lui voleva conquistare Parigi e la corte  con i suoi versi e le sue tragedie. Voleva essere il grande tragediografo del XVIII secolo, il Sofocle dell'era moderna. 

Qualcosa scrisse, ma non � diventato di certo  il famoso Voltaire per aver scritto Oedipe, Art�mire, Marianne, Brutus, Mahomet, Irene eccetera. Tornato in Francia dall'Aia, dove aveva fatto mille stramberie, intrecciato una relazione amorosa, dopo averla tentata di rapire la ragazza di cui s'era innamorato, venne prima condannato al soggiorno forzato presso i castelli di influenti protettori ma anche detenuto alla Bastiglia per un anno a causa di certi pesanti versi satirici diretti contro Filippo d'Orl�ans. (Per aver scritto sugli amori tra il reggente e la figlia della duchessa de Berry). Rilasciato, negli anni successivi riprese la sua vita mondana e divenne amico dei grandi nobili della societ� parigina; tanto che a soli 31 anni ottenne un vitalizio dalla regina; ma  si procur� anche diverse e potenti inimicizie a causa delle sue simpatie nei confronti del Protestantesimo, evidenti nel poema La Lega, del 1723. 

Nel 1726 fu condotto di nuovo entro le mura della Bastiglia in seguito ad uno screzio con il potente cavaliere di Rohan, sbattuto in quella prigione come un volgare delinquente per averlo offeso con una delle sue argute battute e che l'arrogante nobile non aveva per nulla gradito.
Da qualche tempo aveva iniziato a firmare i suoi libelli con il nome VOLTAIRE. E proprio per questo motivo, era scoppiato un clamoroso incidente verbale con il cavaliere Rohan, un borioso libertino, uomo di corte, che dileggiandolo come plebeo dissacratore gli disse. "Insomma Lei non ha un nome", e l'altro caustico gli rispose "Lei ce l'ha blasonato ma lo disonora". Offeso non volle battersi a duello con il "plebeo", si rivolse al cugino capo della polizia e il giorno dopo Voltaire fu prima rinchiuso alla Bastiglia, infine espulso dalla Francia.

Fu infatti liberato solo a patto che lasciasse la Francia e si recasse scortato dalle guardie fino a Calais, quindi in esilio in Inghilterra, dove rimase fino al 1728.
Una svolta essenziale per il Voltaire filosofo. Dopo aver provato la Bastiglia tutta la sua concezione del mondo era cambiata; e dopo aver vissuto due anni in Inghilterra era cambiato pure lui. Il contatto con la cultura inglese si rivel� quanto mai benefico per la formazione di Voltaire, che frequent� tanto filosofi come Berkley e Clarke quanto scrittori come Swift e Pope, e che respir� a pieni polmoni l'aria di libert� politica ed intellettuale vigente nel paese.

Il frutto pi� diretto di queste esperienze furono le Lettere Filosofiche o Lettere sugli inglesi (edizione inglese del 1733; edizione francese del 1734), che sconvolsero la Francia dell'Assolutismo monarchico e della filosofia cartesiana (di Cartesio, Voltaire aveva detto: "Fece della filosofia come si fa un buon romanzo: tutto parve verosimile e niente era vero"). Tornato in Francia, Voltaire si stabil� precariamente a Cirey presso la sua amica amante, marchesa du Chatelet; questi anni e quelli immediatamente successivi costituirono il periodo pi� fecondo della sua attivit� filosofica e letteraria, che si concretizz� in poemi, opere storiografiche, tragedie e saggi.

Il soggiorno a Londra era stato prezioso; ha scoperto il liberismo e il filosofo francese non rimase indifferente a quella libert� di pensiero che l'Inghilterra stava offrendo agli uomini di cultura, mentre questi nel resto d'Europa, ma soprattutto in Francia, erano criminalizzati. 
(Voltaire non era stato l'unico ospite alla Bastiglia, Diderot pure lui vi aveva soggiornato per aver scritto Lettere sul cieco,  Buffon per le sue Teorie sull'et� della Terra, Freret per aver parlato male sulle origini del potere regio, ecc. ecc).

E' meraviglioso con quanta rapidit� Voltaire assorb� quasi tutto ci� che l'Inghilterra poteva insegnargli di letteratura, di scienze, di filosofia; prese tutti questi vari elementi, li pass� attraverso il fuoco della cultura e dello spirito francese, e li tramut� nell'oro della genialit� e dell'eloquenza gallica. Quando nei due anni di soggiorno inglese, innond� i suoi amici con le proprie impressioni con le Lettere sugli inglesi (che fece circolare manoscritte per non correre rischi) queste paragonavano la libert� politica degli inglesi e l'indipendenza intellettuale di quel popolo con la tirannia e la schiavit� francese; condannavano la oziosa aristocrazia e il clero di Francia, che ricorrevano sempre alla Bastiglia in risposta ad ogni problema e ad ogni dubbio. 
"Ero -scriver� nelle sue memorie- un grande ammiratore di Locke: lo consideravo il solo metafisico ragionevole; ammiravo soprattutto quel ritegno cos� nuovo, cos� saggio, e nello stesso tempo cos� ardito, con il quale egli dice che non ne sapremo mai abbastanza, con i lumi della nostra ragione, per affermare che Dio non pu� concedere il dono del sentimento e del pensiero all'essere chiamato materia" 

Le sue "Lettere" che giungevano in Francia,  incitavano la classe media ad occupare il suo posto nello Stato, come aveva fatto la medesima classe in Inghilterra. E senza saperlo n� prevederlo, queste "lettere" furono il primo "canto del gallo". 
Ma il reggente di Francia, Filippo d'Orleans, non sapeva nulla di questo primo "canto" della futura Rivoluzione, e nel 1729 permise a Voltaire di tornare in Francia. Ma ci rimase poco, perch� un editore gli fece un "brutto scherzo": diede alle stampe le "Lettere" senza il suo permesso, vendendo il libello a decine di migliaia di copie a destra e a sinistra, con orrore di ogni "buon francese",
attirandosi cos� Voltaire l'ignominia dei benpensanti e degli uomini di governo.

Il Parlamento di Parigi ordin� subito di bruciarle pubblicamente perch� "scandalose, contrarie alla religione, alla morale, al rispetto per l'autorit�". Voltaire cap� che si stava aprendo un'altra volta la porta della Bastiglia; se la diede a gambe. Inizia cos� il "vagabondaggio illuminato"  nelle varie corti d'Europa. Rapporti non sempre idilliaci (come quelli del grande FEDERICO II di Prussia- che ancora ragazzo intratteneva corrispondenza con lui), alle volte con vere affinit� elettiva, ma in altri con forti contrasti. Voltaire dove andava, non accettava il ruolo di semplice "camerlano". Lui bramava sempre un rapporto alla pari; a corte egli � il centro del mondo, che a lui devono sottomettersi, incluso il Re che lo ha scelto come guida spirituale, come consulente politico nelle sue scelte di governo, oppure come conversatore dei suoi interessi culturali.

I suoi rapporti con la Corona migliorarono nel 1746, quando fu accolto tra gli "immortali" dell'Accademia. Ma la morte della marchesa du Chatelet ed il legame non solidissimo che intratteneva col re, lo indussero, nel 1750, ad accettare l'invito di FEDERICO II di Prussia (VEDI) e si rec� presso la sua corte, dove rimase tre anni, nonostante l'incompatibilit� di carattere col sovrano, fino al '53. Federico voleva fare il Re di tutti, di ogni cosa e su tutto, mentre Voltaire voleva fare e restare re delle sue idee.
Una insofferenza reciproca; il primo per il suo ostentato potere, il secondo per il suo ostentato sapere.

Nel 1755 si stabil� in una villa a Ginevra, di cui apprezzava l'atmosfera tollerante e razionale, e vi risiedette finch� non difese le posizioni di Miguel Servet, un dissidente religioso che Calvino aveva invece condannato al rogo. Questo episodio lo rese inviso al "tollerante" protestantesimo svizzero, costringendolo molte volte a sfuggire alle guardie svizzere, quando negli intervalli non era sotto tiro delle guardie francesi per altri motivi
Risolse la questione acquistando una grossa propriet� a Ferney, in Francia; un blocco di 26 poderi ma confinanti alcuni con la Svizzera.
La via della fuga fu cos� risolta;
gli bastava spostarsi in una parte del giardino uscendo dal retro della villa...

... per sfuggire agli sbirri, secondo le necessit� del momento e l'aria che tirava. Un'aria che spesso era un vento tempestoso che lui alimentava con i sarcastici libelli.

Ma a Ferney non and� a fare solo il "padrone"; agli esistenti contadini dei suoi 26 bellissimi poderi di questa grande propriet�, concesse invece che l'affitto il riscatto. Fu il primo proprietario terriero a farlo in Europa. Una concezione  nuova di fare il "padrone".
Gli atti e i mappali sono a Ferney, nella casa di Voltaire e nella biblioteca di Ginevra. Una soluzione "sociale" la sua che avr� una grande influenza su Maria Teresa (vedi 1771). Mentre in Francia per arrivarci non fu sufficiente una Rivoluzione, ce ne vollero due.

Questa soluzione fu una singolare iniziativa di Voltaire, raramente riportata nei saggi politico-economici. E cosa molto strana, spesso ignorata da moltissimi studiosi italiani. Infatti, l'autore che qui scrive, ospite nel 1980 nella villa di Voltaire, a Ferney, e alla Biblioteca di Ginevra (dove sono conservati gli atti) chiedendo di visionare il carteggio (e viene registrato a chi lo chiede) ha scoperto, che nessun italiano ha mai chiesto di vedere questa documentazione cos� interessante. Nella stessa villa in 22 anni mai nessun italiano vi ha messo piede. (fa fede il custode della villa (più avanti nell'immagine con il sottoscritto) che è di origine italiana, vicentino).
Molti, sì, ricordano che Voltaire a Ferney "mise a dimora nel suo grande parco 4000 alberi", mentre ignorano che il vero fiore all'occhiello di Voltaire - che come terriero non intendeva fare nè il "padrone" nè lo "schiavista", erano questi poderi dati a riscatto ai suoi contadini.





Veduta dal giardino della Villa di Voltaire, a Ferney, in fondo la Svizzera.


A Ferney visse gli ultimi suoi 20 anni circondato da una piccola corte personale e seguitando (una vera mania) a mettere personalmente a dimora piante di ogni tipo nel suo immenso giardino. Gi� sessantenne era convinto di non sopravvivere ad esse, invece il "malaticcio",
questo vecchio smunto, dagli occhi vivi, ogni ora morente ed ogni ora il pi� attivo fra i vivi, camp� altri 22 anni.  E ogni volta dopo il "rito" affermava:  "questa non la vedr� mai grande"; invece le piante messe a dimora anno dopo anno iniziarono ad essere migliaia e migliaia. E non le dimentic� nemmeno sul letto di morte. "S�, nella mia vita ho fatto qualcosa! Ho piantato tanti tanti alberi".



La villa di Ferney presto si trasform� nel centro del mondo

 

Qui ha dormito Voltaire per 22 anni


Sconosciuti o potenti, letterati o semplici contadini (una pagina questa di Voltaire ancora sconosciuta - socialisticizzante) vi arrivarono in pellegrinaggio.  In questo lasso di tempo intanto l'attivit� intellettuale e politica di Voltaire divenne sempre pi� intensa e culmin� con le opere Trattato sulla tolleranza (1763) e Dizionario filosofico (1764), nonch� la pubblicazione di libelli contro l'intolleranza religiosa della Chiesa cattolica, di satire, di opere teatrali e di racconti filosofici.

Ateo convinto, all'entrata del suo giardino, tra il cancello e la villa, fece per� costruire una monumentale cappella per non privare i suoi numerosi ospiti degli obblighi religiosi.

Ma a sovrastare l'entrata della chiesetta, in alto mise una lapide con una frase molto "lapidaria":

"Deo erexit - Voltaire". (come dire "Dio volle, ma Voltaire eresse")


Bibliografia:
Willy Durant, The Story of Philosophy, N.Y. 1926
Le immagini sono dell'autore di Cronologia.
Una pagina di Diego Fusaro
Francois-Marie Arouet , detto Voltaire , è sicuramente l' autore che , nella coscienza culturale settecentesca , così come in quella posteriore , meglio rappresenta i caratteri , gli ideali e i limiti dell' illuminismo francese . In lui , scrittore estremamente fecondo che sperimenta tutti i generi letterari , anche i più spericolati , convivono il filosofo , lo storico , il politico , il poeta e il romanziere . Tutte queste attività sono accomunate da uno spirito critico che oscilla tra la garbata ironia e il sarcasmo più corrosivo , soprattutto rivolto alla Chiesa cattolica ( schiacciate l' infame era uno dei suoi motti ) e ai pregiudizi in generale , che impediscono all' uomo di pensare con la sua testa , servendosi della propria ragione , la candela che ci illumina la strada ( come l' aveva definita Locke ) .

Quella di Voltaire è una vita che ben risponde al nuovo stile dell' illuminismo . Nato a Parigi nel 1694 , egli fu esponente di quell' agiata borghesia francese che si avviava ad assumere un ruolo di primo piano nella vita economica e culturale del paese . Da giovane fu assiduo frequentatore dei salotti parigini , in cui circolava una cultura di schietta ispirazione libertina , che molto risentiva di quei pensatori brulicanti nella Francia del 1600 . Un' offesa perpetrata al cavaliere di Rohan gli causò una breve incarcerazione nella Bastiglia e un lungo esilio , durante il quale egli dimorò in Inghilterra , rimanendo fortemente affascinato dalla cultura e dallo stile inglese . Durante la sua lunga vita non gli mancarono onori e incarichi prestigiosi .

Attraverso gli uffici di madame de Pompadour , favorita di Luigi XV , fu nominato storiografo e poeta di corte . Contemporaneamente entrò in stretti rapporti epistolari con il futuro re di Prussia , Federico II il Grande , e , quando i suoi rapporti con la corte francese si guastarono del tutto , si trasferì a Berlino presso il suo nuovo protettore , ormai asceso al trono . L' amicizia tra Voltaire , il philosophe per eccellenza , e Federico II, il re filosofo imbevuto di razionalismo , è emblematica dei rapporti che la prima generazione di illuministi cercò di intrattenere con il potere politico : l' idea generale era quella di riformare il tutto per avere una società più giusta , nella quale dominasse la ragione e si cercasse il bene per l' uomo ; si cercò quindi di riformare partendo dall' alto , ossia cercando alleanze con i sovrani . Quando però ci si accorgerà dell' inattuabilità di questo progetto , ecco che allora si deciderà di riformare dal " basso " e scoppierà la Rivoluzione Francese .

La critica della tradizione non veniva ancora intesa come attacco al potere costituito ma , senza mettere in dubbio i fondamenti giuridico-politici dell' assolutismo , i filosofi speravano di avere udienza presso i potenti, coinvolgerli nei programmi razionalistici e promuovere attraverso di essi , dall' alto la riforma della società : tutto ciò diede luogo alle esperienze dell' assolutismo illuminato . Ma le speranze riposte da Voltaire in Federico II , come più tardi quelle riposte da Diderot in Caterina di Russia , rimasero deluse , e lo sposalizio tra filosofia e potere si tradusse presto in divorzio , preludendo alla nuova funzione che gli intellettuali illuministi avrebbero dovuto avere nei decenni successivi .

Caduto in disgrazia anche presso la corte berlinese , Voltaire si ritirò dapprima in Svizzera e poi , per un ventennio , nel castello di Ferney , dove continuò l' infaticabile attività di scrittore . La sua fama era ormai grandissima , e le nuove generazioni di illuministi vedevano nell' anziano "patriarca di Ferney" un' autorità che si poteva a volte discutere , ma non disconoscere . Il suo ritorno a Parigi nel 1778 , poco prima di morire , ultraottuagenario , fu un vero trionfo : l' illuminismo cominciava a celebrare se stesso e ad avviarsi , perciò , sulla strada del tramonto .

Dopo il soggiorno in Inghilterra Voltaire pubblica le Lettere filosofiche (1734) , nelle quali esprime la sua ammirazione per la cultura , i costumi e le istituzioni di quella nazione , che vedeva in quegli anni trionfare il liberalismo propugnato da Locke . L' Inghilterra diventa così indirettamente un modello da proporre ai francesi per uscire dalla loro arretratezza culturale e civile . Sul piano religioso Voltaire ammira la convivenza , realizzatasi sul suolo inglese , di fedi diverse e lo spirito di tolleranza che impronta i rapporti tra di esse . A livello politico il regime parlamentare presenta molti vantaggi rispetto alle tendenze oscurantistiche della monarchia francese .

Ma è soprattutto sul piano scientifico e filosofico che gli inglesi hanno molto da insegnare . Voltaire infatti individua nel metodo sperimentale di Newton e nell' empirismo gnoseologico di Locke i due fulcri concettuali che hanno trasformato la cultura europea . Soprattutto attraverso Voltaire , quindi Newton e Locke appaiono agli intellettuali francesi (e poi europei) i capostipiti ideali della nuova cultura illuministica , i maestri di un nuovo modo di pensare che deve essere sviluppato in tutti gli ambienti del sapere e della cultura . In realtà il pensiero filosofico di Voltaire non presenta particolare originalità nel suo complesso . Esso si trova esposto , ad esempio , in opere quali il Trattato di metafisica (1734) e gli Elementi della filosofia di Newton (1738) . La sua concezione del mondo naturale è strettamente legata al modello del meccanicismo newtoniano , a fondamento sperimentale , in esplicita contrapposizione con quello cartesiano , costruito con un' operazione astrattamente intellettuale .

Di derivazione lockiana è invece la gnoseologia di Voltaire , che vede nell' esperienza il principio di ogni conoscenza ed esclude la possibilità di dare una risposta razionale ai problemi metafisici che vanno al di là della verificabilità empirica : nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu. Ancora di ascendente inglese è il deismo di Voltaire , avversario di ogni religione rivelata (schiacciate l' infame era il suo pungente motto contro la Chiesa cattolica ) quanto di ogni forma di ateismo : l' esistenza di Dio , causa e ordinatore del mondo , è razionalmente dimostrabile , mentre và al di là di ogni conoscenza umana la definizione dell' essenza e degli attributi divini : secondo Voltaire , che in questo caso si avvicina molto al razionalismo aristotelico , l' esistenza di Dio può essere dimostrata con la ragione ; Dio � il motore immobile , il garante dell' ordine nell' universo : Se Dio non esistesse, bisognerebbe inventarlo, ma tutta la natura ci grida che esiste. La provvidenza di Dio si limita quindi a garantire l' ordine e la necessità delle leggi naturali e non investe le vicende umane ( come aveva detto pure Epicuro ) .

Partito da un moderato ottimismo , in cui ( sull' esempio del poeta-filosofo Alexander Pope ) si presume che la realtà , non soltanto quella naturale , presenti nel complesso un carattere ordinato e positivo . Voltaire approda poi a un sostanziale , anche se moderato , pessimismo . Nel Poema sul disastro di Lisbona (1756) , il riferimento al terremoto che colpì quella città diventa motivo di sarcastica irrisione di troppi facili ottimismi: si tratta di una violenta requisitoria contro la Provvidenza che permette l'esistenza di mali gratuiti e orribili e contro le concezioni consolatorie dei filosofi sostenitori del provvidenzialismo. Voltaire riscontra amaramente che il "tutto � bene" mi sembra ridicolo quando il male � sulla terra e sul mare. Dieci secoli di atrocità e stupidaggini, esplorate nell' Essais sur les moeurs (Saggio sui costumi) danno a Voltaire una ragione in più per non credere tanto facilmente nella possibilità della felicità umana: bisogna ammetterlo, il male � sulla terra .

Questo � il contesto in cui nasce Candido ; il libro apparve anonimo ma , avendo alcuni amici riconosciuto il suo stile, lo scrittore protestò la propria estraneità all'opera definendola una coinnerie (coglioneria) . Il romanzo filosofico Candido o l' ottimismo (1759) � esplicitamente diretto contro la concezione leibniziana del "migliore dei mondi possibile" : si narra di un giovane , Candido appunto , di nome e di fatto , che passa attraverso inenarrabili disgrazie . Viene cacciato dal suo castello , � arruolato a forza in un esercito che non lo riguarda , fa esperienza di un naufragio e di un terremoto , cade nelle mani dell' Inquisizione e patisce un autodafè , perde infine tutte le ricchezze conquistate nel paese d' Eldorado .

Nè meno sventurati sono i personaggi che circondano Candido : dalla sua amata Cunegonda sino alla vecchia serva , che assistono al massacro dei loro familiari , vengono esse stesse violentate , sventrate e mutilate , provano la miseria , il travaglio e la servitù . Alle tremende sventure subite da Candido fa da contrappeso l' ottimismo ad oltranza del filosofo Pangloss , il cui nome , di derivazione greca ( pan tutto + glwssa lingua ) significa pressapoco " colui che ha sempre da dire su tutto " ; Pangloss � irrimediabilmente convinto della tesi leibniziana secondo la quale viviamo nel migliore dei mondi possibili . L' inconcussa fede filosofica di Pangloss non viene , almeno in apparenza , incrinata neppure dalle grandi sciagure che piovono anche sul suo capo , come su quello di tutti gli altri .

Nella conclusione del romanzo , Pangloss insiste nel dire che tutto � andato per il meglio . Ma Candido-Voltaire , che ha ormai imparato la lezione di vita , preferisce rinunciare a ogni interpretazione metafisica della realtà , accontentandosi di operare utilmente nel piccolo spazio che gli � riservato . Il pessimismo di Voltaire è del resto accompagnato da una radicale critica all' antropocentrismo tradizionale .

Riprendendo le tesi di Giordano Bruno , egli osserva come la rivoluzione copernicana abbia privato la Terra , e quindi l' uomo , della sua centralità nell' universo . L' uomo è soltanto un essere naturale al pari degli altri innumeri esseri che popolano l' universo e , contrariamente a quanto aveva sostenuto l' esistenzialista Pascal , non ha , rispetto al mondo della natura , nessun privilegio ontologico .

Ma il tratto più caratteristico dell' opera di Voltaire , e insieme quello che meglio incarna , in generale , lo spirito dell' illuminismo , è la polemica religiosa , politica e sociale che contraddistingue soprattutto l' ultimo periodo della sua vita e trova l' espressione più sistematica del Dizionario filosofico portatile (1746) . Le questioni metafisiche passano ora in second' ordine e il compito della ragione diventa piuttosto quello di elaborare una critica e una trasformazione della società che investa tutte le sue istituzioni . La concezione deistica di Voltaire viene ora apertamente finalizzata alla critica del cristianesimo , inteso come fonte di intolleranza e di guerra e , quindi ostacolo allo sviluppo storico dell' umanità : una religione del tipo di quella cristiana impedisce all' uomo di servirsi della propria ragione imponendogli di compiere assurdi atti di fede .

Analogamente, in ambito politico , Voltaire difende il diritto di ogni cittadino alla libertà civile e politica (in primo luogo alla libera espressione delle proprie idee) , in contrapposizione a un assolutismo dal quale egli non si attendeva ormai più alcuna collaborazione . I diversi aspetti della polemica illuministica di Voltaire trovano quindi il loro centro unificatore nella difesa della tolleranza come valore imprescindibile per garantire pace , giustizia e progresso civile , come egli sostiene accoratamente nel Trattato sulla tolleranza del 1763; ' disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo ' egli afferma .

Un contributo estremamente rilevante al pensiero illuministico è dato da Voltaire anche sul terreno della riflessione storica . Ciò non soltanto perchè egli è autore di grandi opere come Il secolo di Luigi XIV (1751) e il Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni (1756) , che costituiscono ottimi esempi di storiografia illuministica ; ma in quanto , in queste stesse opere , Voltaire è anche propugnatore di una filosofia della storia ( l' espressione stessa è coniata da lui ) cioè di un' indagine filosofica sul significato generale del processo storico nella quale il fondamento unitario dello sviluppo dell' umanità è ritrovato nel concetto di progresso . La storia consiste in un graduale processo di incivilimento , di civilisation , dell' umanità , a partire dalla condizione selvaggia fino alle quattro grandi espressioni della civiltà umana : l' Atene di Pericle , la Roma di Cesare e Augusto , la Firenze dei Medici e la Francia di Luigi XIV .

Il progresso non è quindi qualcosa di necessario e ininterrotto , ma conosce pause e involuzioni , come dimostra il periodo del Medioevo . Con ciò l' illuminismo continuava , su un piano filosofico oltrechè storico-filologico , il programma bayliano di rivalutazione della scienza storica , sminuita dalla condanna cartesiana , anche se ancora permangono pregiudizi storiografici (come , appunto , la svalutazione dell' età medioevale) che saranno eliminati solo dalla storiografia romantica .

RIASSUNTO DI CANDIDO
Il racconto si compone di 30 brevi capitoli e presenta una rapida struttura lineare, scandita dalle tappe del viaggio del protagonista. La narrazione si può dividere in 3 parti : cacciata dal castello e fuga di Candido verso il Nuovo Mondo , soggiorno nell'Eldorado, ricerca di Cunegonda e ritorno nel Vecchio Mondo fino al giardino di Costantinopoli.
CAPITOLO I : Nel castello di Thunder-ten-tronckh vivono felici e beati Candido , madamigella Cunegonda, figlia del barone, e Pangloss, insegnante di "metafisico-teologo-cosmoscemologia" e convinto dall'inizio alla fine che le cose non possono essere in altro modo : perchè , siccome tutto � creato per un fine , tutto � necessariamente per il migliore dei fini . Cunegonda, scoperto Pangloss tra i cespugli con la cameriera , ne imita subito l'esperienza abbracciando Candido dietro un paravento. Sorpresi dal signor Barone, Candido � cacciato a pedate nel sedere dal migliore dei castelli possibili.
CAPITOLO II - III : Candido si scontra subito con l'atrocità del mondo . Morto di fame e di stanchezza , � arruolato a forza tra i Bulgari e costretto a suon di bastonate a fare gli esercizi militari della celebre armata di Federico II . La battaglia tra Avari (Francesi) e Bulgari (Prussiani) � un'immane carneficina , benedetta dal canto del Te deum . Candido non trova niente di meglio che fuggire scavalcando montagne di cadaveri , tra villaggi bruciati e membra palpitanti . Si rifugia in Olanda dove sperimenta il fanatismo di un ugonotto e la pietà di un anabattista che lo accoglie e lo aiuta. Incontra poi un pezzente sfigurato dalla sifilide.
CAPITOLO IV : Il pezzente � Pangloss che , sopravvissuto alla distruzione del castello operata dai soldati bulgari , trova tuttavia il coraggio di giustificare il suo male come cosa indispensabile nel migliore dei mondi . I due si imbarcano insieme all'anabattista benefattore alla volta di Lisbona.
CAPITOLO V - VI : Descrizione di alcune catastrofi naturali : la tempesta, il naufragio e il terremoto. La tempesta uccide il buon anabattista, mentre i malvagi si salvano. Il terribile terremoto di Lisbona miete 30000 vittime innocenti . Pangloss e Candido finiscono nelle mani dell'Inquisizione che cerca eretici per esorcizzare la sciagura con un autodafè. Pangloss � impiccato e Candido fustigato. Lo stesso giorno , la terra trema di nuovo. A Candido si avvicina misteriosamente una vecchia.
CAPITOLO VII - X : La vecchia conduce Candido da Cunegonda . Questa, violentata e sventrata dai Bulgari, che avevano messo a ferro e a fuoco il castello, non era morta, come invece aveva raccontato Pangloss. Venduta a un banchiere ebreo , che la divide con il grande Inquisitore, aveva assistito all'autodafè e , riconosciuto Candido, se lo era fatto condurre a casa. Sorpreso dall'ebreo don Issacar e poi dall'Inquisitore , Candido uccide entrambi. Cunegonda , la vecchia e Candido fuggono di gran carriera su tre cavalli andalusi. A Cadice si imbarcano su una nave che trasporta truppe contro i gesuiti del Paraguay . Sulla nave si fa un gran discutere sul male e sulla felicità. La vecchia principia il racconto della sua vita.
CAPITOLO XI - XII : Tutti e due i capitoli sono occupati dalle disgrazie della vecchia. Questa digressione consente a Voltaire di denunciare le violenze e le oscenità perpetrate quotidianamente ai danni delle donne. Alla fine del tragico racconto della vecchia, Candido � sconcertato e vorrebbe fosse presente il savio Pangloss , poichè si sente abbastanza forte per muovergli qualche rispettosa obiezione .
CAPITOLO XIII - XIV - XV : Arrivati a Buenos Aires , Cunegonda � accolta dal governatore , di cui diventa la favorita , ma Candido, perseguitato dalla giustizia, � costretto a fuggire. Guidato dal servo Cacambò , passa nel regno dei gesuiti: Quel governo � cosa mirabile ... Los padres son tutto, i popoli niente . Candido ritrova qui il fratello di Cunegonda . Ferito nell'orgoglio di casta appena il giovane manifesta l'intenzione di sposarne la sorella, egli colpisce Candido. Questi lo ammazza e ne indossa gli abiti , fuggendo prima che sia scoperto il delitto.
CAPITOLO XVI : Candido in una bella prateria vede due scimmie inseguire due fanciulle nude . Preso da pietà , uccide gli animali , convinto di salvare la vita delle fanciulle, ma in realtà ne provoca la disperazione: ne ha ucciso gli amanti. Candido e Cacambò si inoltrano nella foresta e qui, durante il sonno, sono catturati dagli Orecchioni in guerra con i gesuiti , che hanno preso le loro terre. Stanno entrambi per finire in pentola, quando Cacambò convince la tribù che Candido non solo non � gesuita, ma ne ha appena ucciso uno. Liberati, ricevono dagli indigeni ogni sorta di onore.
CAPITOLO XVII - XVIII : Affranti e affamati, dopo aver percorso montagne e precipizi, si abbandonano alla corrente di un fiume che li porta tra rocce scoscese nel paese dell'Eldorado. E' il regno della felicità, dove non esistono denaro, nè violenza , nè tribunali, nè preti. I due passano di meraviglia in meraviglia, ma dopo un mese , pur felici, decidono di non esserlo più e di chieder licenza a sua maestà . Carichi di oro, essi ripartono alla ricerca di Cunegonda.
CAPITOLO XIX : Candido e Cacambò incontrano nella colonia olandese di Surinam un negro senza una mano e senza una gamba , mutilato dallo sfruttamento dei proprietari bianchi di piantagione. A questo prezzo mangiate zucchero in Europa , esclama lo schiavo denunciando i costi sociali del lusso europeo. Un mercante olandese deruba poi Candido, il quale si convince che se tutto va bene, tutto va bene ad Eldorado, e non nel resto della terra . Candido, incaricato Cacambò di riscattare Cunegonda, dà a questi appuntamento a Venezia. Disperato per la malvagità umana, cerca come compagno di viaggio il più infelice uomo della regione. Entra così in scena Martin, il filosofo pessimista , tutto l'opposto di Pangloss.
CAPITOLO XX - XXI : Martin, durante il viaggio verso l'Europa, espone a Candido il suo pessimismo manicheo , secondo cui esistono due princìpi , il bene e il male, Dio e il Diavolo che si contendono l'universo; la terra è caduta sotto il dominio del male. Subito si imbattono in una battaglia navale, dove trovano la morte centinaia di innocenti.
CAPITOLO XXII - XXIII : Candido desidera conoscere Parigi, ma resta deluso. Cade vittima dell'imbroglio di un abate che lo deruba. Si imbatte nel fanatismo clericale, nella passione sfrenata del gioco, nella vacuità dei letterati. Raggiunge l'Inghilterra, ma non vi sbarca nemmeno , disgustato dall'esecuzione dell'ammiraglio Byng, fucilato dagli Inglesi perchè ha commesso l'errore di essere stato sconfitto dai Francesi.
CAPITOLO XXIV - XXV : Candido a Venezia non ritrova Cunegonda, ma Paquette, la vecchia amante di Pangloss, divenuta prostituta. Trova anche la sazietà e il disgusto. Il senatore Procurante, ricco, intelligente, ha tutto, ma non � felice. Tutto lo annoia.
CAPITOLO XXVI - XXX : Candido e Martin incontrano sei monarchi spodestati . Anche i re , dunque , sono in balìa del destino . Cacambò arriva a Venezia, ma � ridotto in schiavitù. I tre si imbarcano per Costantinopoli, dove anche Cunegonda � divenuta schiava di un avventuriero. Sulla nave Candido riconosce in due forzati incatenati ai remi il filosofo Pangloss. che era stato male impiccato, e il redivivo baronetto gesuita, fratello di Cunegonda. Candido li riscatta entrambi e tutti quanti giungono in Turchia dove, sulle rive della Propontide , trovano Cunegonda, brutta e invecchiata. Liberata, anch'ella, insieme alla vecchia, si stabilisce con il resto della compagnia in una piccola fattoria.

Ringrazio Diego Fusaro
sito http://www.filosofico.net/filos.html

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Il 1723 - Voltaire - La Rivoluzione

Con il regno di Luigi XV e la nomina nel 1726 del cardinale Andr� Hercule Fleury (suo ex precettore), alla carica di primo ministro, inizia in Francia un periodo di relativa pace che, oltre a far riprendere e a favorire lo sviluppo economico, senza quelle pluridecennali gravose spese di guerra care a Luigi XIV, Fleury attuando un risanamento monetario permise  il ristabilimento delle finanze dello Stato fino al pareggio. Il ministro Fleury, abile anche in diplomazia durer� fino al 1743, anno della sua morte. 
Luigi XV non lo rimpiazz�, assunse lui direttamente il potere. Che per� -indolente com'era- fu molto influenzato da amicizie ambigue, ma soprattutto dalle "favorite" in particolare la marchesa di Pompadour, che ha per� il merito di aver fatto sperperare denaro anche in prestigiose istituzioni culturali e benefiche; fu una una vera protettrice degli illuministi.

E fu proprio questo sviluppo culturale ed economico di questi primi anni di regno di regno di Luigi XV, che fece emergere dentro la societ� francese oltre che gli interessi della emergente borghesia, le varie posizioni culturali e politiche, che non avevano pi� nulla in comune, con il debole "mondo dorato" di Versailles.
Sulle sponde della Senna gi� alla morte di Luigi XIV, c'erano le forze di un "mondo di idee": e c'era il Parlamento di Parigi, c'era la piccola nobilt� che fuori da Versailles  non contava pi� nulla, quella provinciale ancora meno, gli ecclesiastici non inseriti pure loro erano una nullit�. La monarchia assolutista restava in piedi solo perch� c'era (dentro il "palazzo") quel partito di "devoti", i dignitari di corte, e le dame. Sarebbe bastata una spinta per buttarla gi�, o per farla trasformare imitando quella monarchia costituzionale che in Gran Bretagna stava gi� diventando una realt� con la camera dei Comuni, dove vi erano gi� rappresentati gli interessi dei ceti pi� importanti e vitali del Paese (commercianti, industriali, agrari) che riuscirono a tenersi fuori dai grandi conflitti europei.

In quegli anni c'era gi� stata in Inghilterra la Rivoluzione Liberale del 1688; e vi era la filosofia tracciata da John Locke nei memorandi Due trattati sul governo e nell'Epistola sulla tolleranza che sono - potremmo dire - i classici che segnano l'inizio del nostro pensiero liberale, dell'idea di tolleranza religiosa, che diventano carne e sangue della nostra civilt� moderna. Questi sono i due punti che non vanno dimenticati: la Rivoluzione inglese e il pensiero lockiano.

Ma la spinta in Francia non venne. Era troppo presto. Ci si crogiolava con orgoglio ancora in quel periodo aureo di Luigi XIV -del primo periodo- che aveva dato il grande prestigio alla Francia. Il suo secondo periodo, che fu piuttosto squallido, invece nessuno volle analizzarlo, criticarlo, o almeno prendere atto che camminare solo per spinta di inerzia non si andava molto lontano.

Eppure in Francia, gi� qualche voce tonante si levava in questi anni. Fu poi in seguito VOLTAIRE a riscoprirla, quarant'anni dopo, nel 1762.

JEAN MESLIER - uno oscuro curato di campagna- nel suo singolare Testamento da lui scritto nel 1729, lancia l'appello pi� violento, forte e disperato in favore di una rivoluzione incitando il popolo ad unirsi per scuotere il giogo tirannico dei principi e dei re. 
Per questo oscuro curato di campagna "la salvezza del popolo non dipende che dal popolo stesso".

Ed quindi gi� un'epoca, in cui molte cose esigevano un demolitore: "Orbene, Voltaire venne e distrusse con le sue risa" disse in seguito Nietzsche. 
"Nominare Voltaire -aggiunse Victor Hugo alla conferenza per il centenario di V.- vuol dire caratterizzare tutto il secolo XVIII".
"L'Italia ebbe un Rinascimento, la Germania una Riforma, ma la Francia ebbe Voltaire; per il suo paese egli fu, al tempo stesso, Rinascimento e Riforma, e quasi Rivoluzione. Continu� lo scetticismo antiscettico di Montaigne e il sano umorismo grossolano di Rabelais; combatt� la superstizione e la corruzione con accanimento maggiore e con migliori risultati di Lutero e di Calvino, aiut� a fabbricare l'esplosivo col quale Mirabeau e Marat, Danton e Robespierre rovesciarono l'antico regime" (W. Durant, The Story of Philosophy, New York, 1926).
"La sorte a Voltaire  gli riserv� ottantatre anni di vita, perch� egli potesse lentamente decomporre la sua era decadente; ebbe il tempo di combattere il tempo; e quando cadde, cadde vittorioso" (disse Lamartine, Brandes, 57).

Voltaire e con lui Rousseau, furono i due annunziatori di un vasto movimento di transizione dall'aristocrazia feudale al governo della classe media. Quando una classe, che sale al potere � ostacolata da leggi esistenti o da consuetudini, non obbedisce pi� a queste, ma alla ragione, non pi� alle leggi, ma alla natura -proprio come i desideri in lotta dell'individuo s'insinuano nel pensiero. Cos� la borghesia benestante appoggi� il razionalismo di Voltaire e il naturalismo di Russeau; ed erano entrambi necessari per sradicare vecchi riti e costumi, per rinnovare e rinvigorire il sentimento e il pensiero, per aprire le menti all'esperienza e alla evoluzione, prima che la grande Rivoluzione potesse scoppiare.
Non che Voltaire e Rousseau fossero essi causa della Rivoluzione; forse essi erano piuttosto, insieme con la Rivoluzione, il risultato delle forze che fermentavano e bollivano sotto la superficie politica e sociale della vita francese; erano la luce e lo splendore che accompagnavano il calore vulcanico e la conflagrazione. La filosofia � per la storia ci� che la ragione � per il desiderio; in ambedue i casi, un procedimento inconscio determina dal di sotto il pensiero cosciente che affiora.
Ma non dobbiamo rimproverare troppo al filosofo la sua tendenza a esagerare l'unfluenza della filosofia. Luigi XVI disse, vedendo nella prigione del Tempio le opere di Voltaire e Rousseau. ""questi due uomini hanno distrutto la Francia" (Tallentyre, 526), volendo dire la sua dinastia.
"I borboni avrebbero potuto salvarsi - disse Napoleone - se avessero letto ci� che si scriveva. L'avvento del cannone uccise il sistema feudale; l'inchiostro uccider� l'organizzazione sociale moderna" (
Bertaut, Napoleone in His Own Words, Chicago, 1916, pag.63).
Voltaire scrisse anche questo: "Quando una nazione incomincia a pensare, � difficile fermarla"
(Tallentyre, 101, cit. in The Story of Philosophy, New York, 1926).
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  Torniamo all'oscuro prete Jean Meslier: nei primi decenni del 1700, lui � quasi un simbolo delle contraddizioni ormai insanabili dell'organizzazione sociale del tempo, anche se apparteneva egli stesso al Clero, che era uno dei ceti titolari di quei privilegi feudali oggetto delle denunce dei filosofi illuministi. 
Eppure nel testamento da lui scritto nel 1729 si possono ritrovare analisi ed esortazioni che gi� prefigurano le parole d'ordine della Rivoluzione Francese.

"la vostra salvezza � nelle vostre mani, la vostra liberazione dipenderebbe solo da voi se riuscirete a mettervi d'accordo. Unitevi dunque uomini se siete saggi unitevi tutti se avete coraggio per liberarvi dalle vostre comuni miserie . E' da voi dalla vostra laboriosit�, dal vostro lavoro che nasce l'abbondanza di beni e delle ricchezza della Terra.... E' il lavoro dell'uomo che permette di trasformare la natura creando ricchezza che il popolo deve tenere per se: teneteveli per voi e per i vostri simili (i beni prodotti), non date niente a questi superbi e fannulloni.
Non si vedono pi� ormai, fra coloro che detengono le pi� alte cariche dello Stato se non meschini adulatori pronti ad approvare i loro turpi disegni ad inseguirne gli ingiusti ordini e le ancor pi� ingiuste ordinanze. Tali sono nella nostra Francia i giudici e i magistrati del Regno...i quali sono capaci solo di giudicare le cause private e di sottoscrivere ciecamente tutte le ordinanze dei loro Re che non oserebbero contrastare
.  
Intendenti delle Province, governatori delle citt�, comandanti militari, ufficiali, soldati che non servono che a sostenere l'autorit� del tiranno. Impiegati, controllori, gabellieri, sbirri, guardie, ufficiali giudiziari che c
ome lupi affamati mirano soltanto a divorare la preda, saccheggiando e tiranneggiando il popolo oppresso avvalendosi del nome e dell'autorit� del Re".

CHI ERA JEAN MESLIER

Jean Meslier (1664 - 1729), era nato a Mazerny (Champagne), avviato alla carriera ecclesiastica presso il seminario di Reims per compiacere ai suoi genitori, ordinato sacerdote nel 1688, diventa parroco di Etr�pigny, un paesino ai margini delle Ardenne: qui, per quarant'anni trascorre l'oscura esistenza di curato di campagna fino a quando non riuscendo ad ottenere giustizia in una lite con un feudatario, angosciato per essere entrato nel tunnel della prepotenza,  senza alcuna uscita,  preso dalla disperazione decide di uccidersi (lasciandosi morire di fame) dopo aver scritto, in tre copie il suo testamento. 
Questo incredibile testo, materialista e ateo, comunista e rivoluzionario, � uno dei pi� violenti atti d'accusa contro l'Ancienne R�gime e la religione cristiana (considerata il puntello della tirannide). 
Voltaire, lo scoprir� nel 1762,  pubblicher� degli estratti dell'opera (tralasciando gli spunti pi� radicali), tuttavia rendendo immediatamente famoso questo prete rivoluzionario.

Il "canto del gallo della rivoluzione" aveva alle spalle gi� un precursore.

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