SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
GIOVANNI VERGA

Verga

 

GIOVANNI VERGA (1840 - 1922)  - Nasce a Catania il 2 settembre del 1840 in una famiglia di agiate condizioni economiche e di origine nobiliare. Ad undici anni inizia gli studi alla scuola di Antonino Abate, letterario e patriota, e, poi, del canonico Mario Torrisi. Il tipo di educazione ricevuta �, sul piano politico, patriottica risorgimentale e, sul piano letterario, sostanzialmente romantica.

Si iscrive alla facolt� di legge ma non termina gli studi, tutto preso dalle vicende storico-politiche (dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia). Di questa educazione testimoniano le prime prove narrative: l'inedito Amore e patria,ispirato alla rivoluzione americana e scritto a 17 anni, I carbonari della montagna pubblicato nel 1861 a spese dell'autore il quale vi impegn� la somma destinata al proseguimento degli studi di giurisprudenza che infatti interruppe. Nello stesso anno si arruola nella guardia nazionale di Catania e svolse un’intensa attivit� di giornalista (fu tra i fondatori e i redattori di tre giornali, il primo dal titolo assai significativo, �Roma degli Italiani�, che ebbero tutti una breve durata). Nel 1863 il periodico fiorentino "Nuova Europa" pubblica a puntate il romanzo Sulle lagune. Una peccatrice (1866) e Storia di una capinera (1871)

1865-1872
Dopo la morte del padre, nel 1865 si stabilisce a Firenze dove frequenta l'ambiente letterario di Francesco Dall'Ongaro, giornalista, professore di letteratura drammatica e autore del noto testo teatrale �Il fornaretto di Venezia�. Conosce i poeti Giovanni Prati e Aleardo Aleardi e la scrittrice Caterina Percoto, autrice di racconti di ambiente paesano. Diventa autore di uccesso dapprima con il romanzo Una peccatrice (1866) e quindi con Storia di una capinera edita nel 1871. Fondamentale, negli anni fiorentini, � l'incontro con Luigi Capuana con il quale inizia un rapporto d'amicizia e un sodalizio letterario. Cos� scriveva ai familiari: �Firenze � davvero il centro della vita politica e intellettuale d’Italia; qui si vive in un'altra atmosfera.

1872-1894
Si trasferisce a Milano, citt� in cui sono vivacissimi gli scambi letterari: nasce in quegli anni la Scapigliatura; sono attivi, negli stessi anni, Giuseppe Giacosa e Federico De Roberto. Tra il 1873 e il 1876 escono i romanzi Eva, Tigre reale, Eros, la raccolta di novelle Primavera e altri racconti, e, nel 1874, il bozzetto di ambiente siciliano Nedda in cui, per la prima volta, la tematica mondana viene abbandonata. Nella seconda met� degli anni Settanta la sua scrittura diventa una scrittura narrativa come "ricerca di verit�". Nel 1877 Capuana inizia una battaglia letteraria per il Verismo e comincia a scrivere il romanzo Giacinta che appunto a quella poetica si ispira. Nel 1878 in una lettera all'amico Salvatore Paola, Verga esprime quella che sar� la tematica dei Malavoglia: "un lavoro" che sia "una specie di fantasmagoria della lotta per la vita che si estende dal cenciaiolo al ministro e all'artista..." Nel 1881, preceduto dalle novelle di Fantasticheria (1880) e di Vita dei campi (1878), appare I Malavoglia, nello stesso anno in cui appare Malombra di Fogazzaro. L'imprevisto insuccesso del romanzo denota la preferenza dei lettori che tende verso il clima letterario creato dai romanzi di quest'ultimo. Pur scoraggiato, Verga continua a pubblicare: I ricordi del capitano D'Arce (1881), Il marito di Elena (1882), le raccolte di novelle: Novelle rusticane (1883), Per le vie (1883, ispirate all'esistenza squallida della plebe cittadina e della gente della metropoli lombarda), Drammi intimi (1884). Intanto inizia la nuova attivit� di autore per il teatro con alterne vicende di successi e di fiaschi: Cavalleria rusticana (interpretata dalla Duse) trionfa a Torino, In portineria cade a Milano. Nel 1887 scrive Vagabondaggio (raccolta di novelle che riprende il tema delle novelle �Per le vie�) e l'anno dopo esce a puntate su "Nuova Antologia" Mastro-don Gesualdo. Nel 1893 si ritira nella sua Catania dopo aver vinto una causa (contro il musicista Pietro Mascagni) per i diritti d'autore di Cavalleria rusticana: la cifra, cospicua, gli permette di ripianare i debiti. Vive in una sorta di isolamento scontroso, geloso dell'esagerata ammirazione che i suoi concittadini avevano per il poeta Mario Rapisardi (1884–1912). La sua naturale avversione agli intrighi che vedeva trionfare nel mondo letterario, e poi alcuni dispiaceri e lutti familiari, lo allontanarono sempre pi� dall'esercizio dell'arte.

1894-1922

 

L'ATTIVIT� LETTERARIA

L'attivit� letteraria di Verga pu� essere divisa in tre fasi:
- la narrativa storico-patriottica degli esordi;
- i romanzi mondani;
- la produzione verista.

In Sicilia ebbe una formazione letteraria provinciale, come si nota leggendo i suoi tre romanzi giovanili. In particolare, I carbonari della montagna (1861) � un romanzo storico (un genere che stava ormai passando di moda) che Verga dedic� ai suoi modelli di allora, Francesco Domenico Guerrazzi e Alexandre Dumas.

Fondamentale nel suo cambiamento di interessi fu l'abbandono dell'isola nel 1869, quando Verga part� per Firenze. Introdotto dal poeta Francesco Dall'Ongaro nella buona societ� cittadina, si dedic� allo studio della vita borghese che aveva davanti agli occhi, con un particolare interesse per le figure femminili e le vicende sentimentali, come si pu� capire dai titoli dei romanzi che scrisse in questo secondo periodo "mondano": Una peccatrice (1866), Eva (1873), Eros (1875). Grande successo riscosse in particolare Storia di una capinera (1871), il racconto della monacazione forzata della protagonista che, innamorata del marito della sorella, muore in preda alla disperazione.

Se il romanzo Il marito di Elena (1882) continu� lungo questa linea di ricerca espressiva, la produzione successiva a quella fiorentina prese un'altra strada. Nel 1872, quando si trasfer� a Milano, capitale dell'editoria, frequent� gli scapigliati Arrigo Boigo e Giuseppe Giacosa, grazie anche all'appoggio di Salvatore Farina, uno scrittore allora molto celebre. Qui fu raggiunto dall'amico Luigi Capuana, scrittore e critico letterario teorico del verismo.

La svolta letteraria si pu� datare al 1874, l'anno in cui fu pubblicata una novella intitolata Nedda, definita dall'autore un "bozzetto siciliano". L'ambiente non � pi� urbano ma rurale; la storia non � pi� ambientata al Nord ma in Sicilia; i protagonisti sono umili contadini. Anche qui protagonista della vicenda � una donna, ma la sua situazione � tragica e concreta, non astratta e sentimentale.

Da quel momento in poi la Sicilia contadina con la sua antica cultura fu al centro del lavoro dello scrittore catanese, sia nelle novelle, sia nei romanzi.

I due volumi di racconti Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883) contengono alcuni dei capolavori verghiani, testi divenuti celebri come La lupa, La roba (storia di Mazzar�, un contadino diventato proprietario terriero ma rimasto vecchio e solo, ridotto alle soglie della pazzia), Rosso Malpelo (un ragazzo destinato a lavorare e a morire in miniera, ricalcando il tragico destino del padre), Cavalleria rusticana (racconto di un duello mortale scatenato dalla gelosia).

I ROMANZI DELLA MATURIT�

I Malavoglia (1881) racconta la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese vicino a Catania. Protagonista del romanzo � tutto il paese, fatto di personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalit�.
Grazie a una scrittura sapiente che riproduce alcune caratteristiche del dialetto e che riesce ad adattarsi ai diversi punti di vista dei vari personaggi, il romanzo crea l'illusione che a parlare sia il mondo raccontato, rinunciando cos� alla presenza in "prima linea" dell'autore.

Mastro-don Gesualdo (1889), invece, mette in risalto la storia del protagonista che d� il titolo al romanzo. Di origini modeste, Gesualdo riesce a vincere il suo destino di miseria e diventa ricco. Il matrimonio con la nobile Bianca Trao non cancella la sua modesta estrazione sociale: persino la figlia Isabella si vergogna del padre. Rimasto solo, Gesualdo muore nel palazzo ducale di Palermo, abbandonato dai suoi e ignorato dalla servit� che si prende gioco di lui.
Anche qui l'ambiente � siciliano (il romanzo � ambientato a Vizzini) e la lingua rispecchia in modo tecnicamente molto raffinato la realt� che fa da sfondo al romanzo.

Fu un insuccesso inatteso e Verga, amareggiato, si ritir� a Catania abbandonando la scrittura. Il progettato "ciclo dei vinti", cio� coloro che nella lotta per l'esistenza sono destinati ad essere sconfitti, che prevedeva altri tre romanzi ambientati a un livello sociale progressivamente superiore (La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso), rest� cos� incompiuto.

Il successo arriv� a Verga per altre vie.
- Cavalleria rusticana, di cui lo stesso Verga elabor� una versione teatrale (rappresentata nel 1884 con discreto consenso di pubblico), fu musicata da Pietro Mascagni (1890) e fu un successo che continua tutt'ora.
- I Malavoglia offrirono lo spunto per il film La terra trema (1948) di Luchino Visconti, momento importante del cinema neorealista.
- Oggi tutti gli studiosi di letteratura sono unanimi nel riconoscere allo scrittore siciliano grandissima statura narrativa.

COME SCRIVE VERGA

Per riprodurre la societ� nel modo pi� "vero", Verga la osserva scrupolosamente, studiando l'ambiente fisico ed il dialetto, documentandosi sui mestieri e sulle tradizioni; inoltre usa uno stile impersonale in modo che il lettore si trovi - come dice lui stesso - �faccia a faccia col fatto nudo e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro attraverso la lente dello scrittore�. Cos� sembra che i personaggi e le vicende si presentino da s�, e chi legge ha l'impressione di essere messo a diretto confronto con la realt� di cui si parla.

Per ottenere l'impersonalit� Verga adotta il punto di vista della gente, di chi fa parte dell'ambiente che sta descrivendo, evita cio� di esprimere il suo personale giudizio e i suoi sentimenti. E per rendere ancora pi� vera e impersonale la rappresentazione, lo scrittore costruisce una lingua nuova: � la lingua nazionale (non usa il dialetto siciliano perch� vuole che le sue opere siano lette in tutta l'Italia) arricchita di termini di origine dialettale, di modi di dire e proverbi, di una sintassi modellata sul ritmo della lingua parlata dal popolo.

I MALAVOGLIA

E' il primo romanzo del "Ciclo dei vinti" rimasto incompiuto, in cui lo scrittore manifesta la sua visione amara della vita. Il romanzo narra le disavventure di una famiglia umile di pescatori di Acitrezza (Catania) che cerca di migliorare le sue condizioni economiche. �I Malavoglia� raccontano la storia amara di una sconfitta nella quale si esprime il pessimismo radicale di Verga. Non c’� speranza di cambiamento per gli oppressi, soggetti ad una legge di natura, quella della vittoria del pi� forte e della selezione naturale, che essi non possono controllare. E questa condizione degli umili diventa emblematica di quella dell’intera umanit�. L’unico valore positivo che si afferma nel mondo verghiano � quello della dignit� umile ed eroica con cui l’uomo sopporta il proprio destino, rinunciando a inutili ribellioni.

Questo racconto � lo studio sincero e spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle pi� umili condizioni le prime irrequietudini pel benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola, vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramos�a dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio.

Il movente dell'attivit� umana che produce la fiumana del progresso � preso qui alle sue sorgenti, nelle proporzioni pi� modeste e materiali. Il meccanismo delle passioni che la determinano in quelle basse sfere � meno complicato, e potr� quindi osservarsi con maggior precisione. Basta lasciare al quadro le sue tinte schiette e tranquille, e il suo disegno semplice. Man mano che cotesta ricerca del meglio di cui l'uomo � travagliato cresce e si dilata, tende anche ad elevarsi e segue il suo moto ascendente nelle classi sociali. Nei "Malavoglia" non � ancora che la lotta pei bisogni materiali. Soddisfatti questi, la ricerca diviene avidit� di ricchezze, e si incarner� in un tipo borghese, "Mastro-don Gesualdo", incorniciato nel quadro ancora ristretto di una piccola citt� di provincia, ma del quale i colori cominceranno ad essere pi� vivaci, e il disegno a farsi pi� ampio e variato. Poi diventer� vanit� aristocratica nella "Duchessa de Leyra"; e ambizione nell'"Onorevole Scipioni", per arrivare all'"Uomo di lusso", il quale riunisce tutte coteste bramos�e, tutte coteste vanit�, tutte coteste ambizioni, per comprenderle e soffrirne, se le sente nel sangue, e ne � consunto. A misura che la sfera dell'azione umana si allarga, il congegno della passione va complicandosi; i tipi si disegnano certamente meno originali, ma pi� curiosi, per la sottile influenza che esercita sui caratteri l'educazione, ed anche tutto quello che ci pu� essere di artificiale nella civilt�. Persino il linguaggio tende ad individualizzarsi, ad arricchirsi di tutte le mezze tinte dei mezzi sentimenti, di tutti gli artifici della parola onde dar rilievo all'idea, in un'epoca che impone come regola di buon gusto un eguale formalismo per mascherare un'uniformit� di sentimenti e d'idee. Perch� la produzione artistica di cotesti quadri sia esatta, bisogna seguire scrupolosamente le norme di questa analisi; esser sinceri per dimostrare la verit�, giacch� la forma � cos� inerente al soggetto, quanto ogni parte del soggetto stesso � necessaria alla spiegazione dell'argomento generale.

Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l'umanit� per raggiungere la conquista del progresso, � grandioso nel suo risultato, visto nell'insieme, da lontano. Nella luce gloriosa che l'accompagna dileguandosi le irrequietudini, le avidit�, l'egoismo, tutte le passioni, tutti i vizi che si trasformano in virt�, tutte le debolezze che aiutano l'immane lavoro, tutte le contraddizioni, dal cui attrito sviluppasi la luce della verit�. Il risultato umanitario copre quanto c'� di meschino negli interessi particolari che lo producono; li giustifica quasi come mezzi necessari a stimolare l'attivit� dell'individuo cooperante inconscio a beneficio di tutti. Ogni movente di cotesto lavor�o universale, dalla ricerca del benessere materiale alle pi� elevate ambizioni, � legittimato dal solo fatto della sua opportunit� a raggiungere lo scopo del movimento incessante; e quando si conosce dove vada quest'immensa corrente dell'attivit� umana, non si domanda al certo come ci va. Solo l'osservatore, travolto anch'esso dalla fiumana, guardandosi intorno, ha il diritto di interessarsi ai deboli che restano per via, ai fiacchi che si lasciano sorpassare dall'onda per finire pi� presto, ai vinti che levano le braccia disperate, e piegano il capo sotto il piede brutale dei sovravvegnenti, i vincitori d'oggi, affrettati anch'essi, avidi anch'essi d'arrivare, e che saranno sorpassati domani.

I "Malavoglia", "Mastro-don Gesualdo", la "Duchessa de Leyra", l'"Onorevole Scipioni", l'"Uomo di lusso" sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati, ciascuno colle stimate del suo peccato, che avrebbero dovuto essere lo sfolgorare della sua virt�. Ciascuno, dal pi� umile al pi� elevato, ha avuta la sua parte nella lotta per l'esistenza, pel benessere, per l'ambizione - dall'umile pescatore al nuovo arricchito - alla intrusa nelle alte classi - all'uomo dall'ingegno e dalle volont� robuste, il quale si sente la forza di dominare gli altri uomini, di prendersi da s� quella parte di considerazione pubblica che il pregiudizio sociale gli nega per la sua nascita illegale; di fare la legge, lui nato fuori della legge - all'artista che crede di seguire il suo ideale seguendo un'altra forma dell'ambizione. Chi osserva questo spettacolo non ha il diritto di giudicarlo; � gi� molto se riesce a trarsi un istante fuori del campo della lotta per studiarla senza passione, e rendere la scena nettamente, coi colori adatti, tale da dare la rappresentazione della realt� com'� stata, o come avrebbe dovuto essere. Milano, 19 gennaio 1881.

Il centro di tutto � una barca da pesca: la tartana dei Malavoglia chiamata "Provvidenza". La "Provvidenza" � la barca pi� vecchia del villaggio, ma aveva il nome di buon augurio. Era anche essa una persona nella famiglia esemplare dei Malavoglia, la pi� onesta e compatta del paese.
Intorno al gran tronco, il nonno Padron 'Ntoni, testa della casa, si stringono altre sette persone appartenenti a tre generazioni. Padron 'Ntoni e la Provvidenza sono i due poli di quel mondo domestico. Quando il maggiore dei nipoti, 'Ntoni, � tolto al lavoro per la leva di mare, il nonno tenta un affare, compra a credito una grossa partita di lupini, li carica sulla barca e li affida al figlio Bastianazzo perch� li vada a vendere a Riposto. La barca di notte naufraga, Bastianazzo annega, i lupini sono perduti. La "Provvidenza" � gettata inutile sulla spiaggia. A Padron 'Ntoni rimane il debito dei lupini.

Dopo quella triplice sciagura, tutto sembra accanirsi contro i Toscano-Malavoglia: Luca, il secondo dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa; Maruzza, la nuora, muore nel colera del '67. Il debito dei lupini si mangia la casa, la cara �casa del nespolo� che era l'orgoglio, la ragione di vita del vecchio; e gi� il debito aveva impedito le nozze della nipote, la Mena, creatura di silenzio e sacrificio. Non � finita: un nuovo naufragio della "Provvidenza" rattoppata lascia Padron 'Ntoni inabile al lavoro. Il primogenito 'Ntoni, che da quando ha fatto servizio militare in continente non si rassegna alla miseria dei pescatori, si d� al contrabbando e finisce in galera dopo aver ferito un doganiere. Lia, la sorella minore, abbandona il paese e non torna pi�. Mena dovr� rinunciare a sposarsi con compare Alfio e rimarr� in casa ad accudire i figli di Alessi, il minore dei fratelli, che continuando a fare il pescatore, ricostruir� la famiglia e potr� ricomprare la �casa del nespolo� che era stata venduta.
Quando 'Ntoni, uscito di prigione, torna al paese, si rende conto di non poter restare perch� si sente indegno del focolare domestico di cui ha profanato le leggi e la sacralit�.

Gli Elementi e i Temi:
La presenza di un folla di personaggi tra i quali non emerge un protagonista singolo, a sottolineare un tipo di organizzazione sociale semplice ancora basato sulla famiglia patriarcale; Il desiderio di star meglio che spinge padron 'Ntoni a tentare l’affare dei lupini e il giovane 'Ntoni a cercare fortuna lontano: tentativi entrambi falliti di uscire dalla condizione assegnata dal destino; La brutalit� della lotta per la sopravvivenza, dominata da un’ineluttabile legge economica; La religione della famiglia, l’attaccamento al focolare e agli affetti, unica difesa possibile contro l’avidit� del mondo, a patto che si accontenti di quello che si ha; L’impossibilit� di staccarsi dal proprio ambiente e dalla propria condizione, pena la rovina.

ALTRE OPERE pi� SIGNIFICATIVE


Mastro-don Gesualdo: � il secondo romanzo del "Ciclo dei Vinti", che doveva comporsi di cinque romanzi; in realt� l’autore si limit� ai primi due pensando di aver gi� dimostrato in essi la tesi che si era proposto: l’uomo, qualunque sia la sua posizione nella vita, � un vinto della vita stessa e deve sottomettersi al destino.

Ne � un esempio Mastro-don Gesualdo, un manovale che � diventato ricco e rispettato a forza di duro lavoro e di sacrifici. Si innalza anche socialmente, sposando la nobile Bianca Trao che lo sposa per riparare ad uno sbaglio, ma non lo ama. Nasce Isabella che non � figlia di Gesualdo, ma egli considera la bimba come sua e la fa educare nei collegi pi� aristocratici.

Morta Bianca, che a poco a poco si era affezionata al marito, Isabella si mostra ostile al padre sebbene egli sia disposto a soddisfare tutti i suoi capricci, anche quello di sposare un duca squattrinato che dissipa il patrimonio di Gesualdo, accumulato in tutta la vita. Quando Gesualdo si ammala, Isabella lo relega in una stanzetta del suo palazzo dove muore solo, sognando la sua casa e i suoi poderi, e rimpiangendo quella roba destinata a persone che non lo amano, come suo genero, il duca Leyra.

Le Novelle Rusticane: � una raccolta di novelle che descrivono con precisione la gente e gli ambienti siciliani.

Vita dei Campi (1880): � una raccolta di novelle, in cui, con stile asciutto e colorito, Verga ritrae la vita rude della sua gente di Sicilia.


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