SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
INDRO MONTANELLI ( 1 di 3 )


(22-4-1909 - 22-7-2001)

L’ULTIMO CONSERVATORE 
ILLUMINATO 

di LUCA MOLINARI


Poteva gareggiare con il Generale De Gaulle in altezza e carisma, sovrastare Churchill per cultura e conoscenza della storia, è rimasto lucidamente sulla breccia dell’onda più a lungo del Cancelliere Adenauer. 
Indro Montanelli è appartenuto a pieno titolo alla (ristretta) famiglia dei grandi conservatori della seconda metà del ‘900, pur non essendo un politico militante, ma solo un giornalista.
Nel 1991 quando fu proposta la nomina di Senatore a vita, in una lettera all'allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, il giornalista scrisse: "Purtroppo, il mio credo è un modello di giornalista assolutamente indipendente; questo mi impedisce di accettare l'incarico".

Montanelli fu intimamente e profondamente un conservatore, un cavallo di razza della cultura (forse l’unico) della destra democratica italiana. In un paese come l’Italia in cui la destra non ha prodotto niente di meglio che il “blocco d’ordine”  ha tenuto viva l’idea di un conservatorismo illuminato che nel nostro Paese non ha mai trovato cittadinanza. Apparteneva, come egli stesso amava ricordare, ad “una destra che non esiste”, quella dei grandi Padri della Patria del Risorgimento. 

Del conservatore aveva tutte le caratteristiche e i pregiudizi, ma sapeva ammettere questi limiti e non fu mai settario. Egli stesso sosteneva che la democrazia era come il motore di un’automobile: la sinistra funge da acceleratore, la destra da freno. 

Anticomunista viscerale e atlantista di ferro (fu sempre grato agli Usa di avere salvato l’Europa occidentale da due dittature, quella nazifascista e quella bolscevica), ammetteva la necessità di un forte movimento di sinistra e socialista cui, come ha egli stesso ricordato nella sua ultima “Stanza” su Corriere della Sera prima di congedarsi dai suoi lettori, non aderì per troppo egoismo.

Rappresentò un’anima illuminata del conservatorismo che, in Italia, non ha dato più frutti dopo Giovanni Giolitti. Del “Ministro piemontese” apprezzava la lungimiranza ed il senso dello Stato, senso dello stato che riconobbe in un altro piemontese, Palmiro Togliatti, di cui fu acerrimo nemico, ma che stimò fino alla fine.
Montanelli, da buon toscanaccio, fu uomo schietto, senza peli sulla lingua che sotto ad una maschera burbera nascondeva un’anima ed un carattere solare. Da quegli occhi sempre accessi come fari sapeva trasmettere l’emozione e la passione delle sue idee e dei messaggi, sempre concreti ed incisivi, di cui voleva far partecipi i suoi lettori, uniche persone che abbia mai considerato come propri “padroni”.

Nuotò sempre controcorrente e fedele alle proprie convinzioni, fedele all’insegnamento per cui l’idea di uno vale più delle convinzioni della massa. Ruppe con il fascismo di cui denunciò il fallimento dopo la sua esperienza in Africa orientale. 
Fu nostalgico di casa Savoia (“I Re si fucilano, non si mandano in esilio”) e critico della Repubblica italiana di cui temeva pericolosi slittamenti a sinistra. Avversario del Pci, dei cui dirigenti riconosceva però il valore e l’onestà, si oppose ad ogni suo avvicinamento al Governo del Paese. 

Proprio la possibile “svolta a sinistra” degli anni ’70 lo indusse a rompere con il “suo” Corriere della Sera e, una volta uscito dalla casa madre di via Solferino, a fondare un giornale tutto suo (“il Giornale nuovo”) dalle cui colonne, fin dal famoso “Turatevi il naso e votate Dc” che nel 1976 contribuì in modo determinante ad evitare il sorpasso del Pci di Berlinguer ai danni della Dc di Zaccagnini, voleva influenzare e determinare gli umori della borghesia nazionale. Una borghesia che non ha mai amato, ben coscio che in Italia, tranne qualche raro caso, non esiste borghesia, ma solo classe media, spesso mediocre. Proprio la denuncia dell’assenza di un senso civico (che imputava alla mancanza della Riforma protestante ed al potere delle gerarchie ecclesiastiche) nei ceti medi ha caratterizzato il filo conduttore della sua monumentale Storia d’Italia. Non fu uno storico ufficiale: attingendo ai migliori testi degli storici stranieri seppe narrare agli italiani la propria storia attraverso la “miglior prosa italiana del novecento” (Curzio Maltese). 

Dimostrò il proprio attaccamento alla propria libertà ed alla propria coerenza anche ai tempi dell’uscita dal suo Giornale in opposizione all’editore, Silvio Berlusconi, di cui non condivideva la volontà di scendere in politica. Coerentemente fondò un’altra testata (“La Voce”) che diede voce all’opposizione liberaldemocratica durante il I Governo Berlusconi (1994). Confermò, in quest’esperienza e nella successiva battaglia politica contro la “nuova destra” italiana, di essere “un uomo di destra, ma non di questa destra” (Furio Colombo) a cui non riconobbe mai la licenza di conservatorismo illuminato, ma alla quale si oppose fino alla morte.

Indro Montanelli rifiutò sempre di fare politica attiva affermando che il compito del giornalista è quello del narratore e non quello dell’attore. Narratore fu anche della propria morte: pochi giorni prima di lasciare questa vita ha voluto egli stesso redigere il proprio necrologio, il suo ultimo editoriale.

Quando nell’estate del 1994 morì il suo amico Giovanni Spadolini, l’altro grande “Papa laico” del cinquantennio repubblicano, La Voce di Montanelli volle salutare l’anziano Senatore con una prima pagina memorabile: Spadolini, monumentale e sereno come al solito, sale una scala fatta di libri (i “suoi” libri?) che lo conduce fino al cielo. Nel titolo di questa pagina un augurio: “Buon Viaggio Professore!”.

Nell’ora suprema in cui Indro Montanelli ha lasciato questa vita, ci piace immaginarcelo intento salire fiero una scala costituita dai “suoi” giornali e lunga come i suoi 92 anni che lo conduce fino in cielo, in mezzo alle nuvole. Buon Viaggio Direttore!


P. S.
Queste poche righe non vogliono essere una biografia dell’illustre scomparso. Come il suo conterraneo Niccolò Machiavelli, Indro Montanelli, è stato “Grande, troppo grande” (Massimo D’Alema). 

Solo Montanelli avrebbe potuto scrivere una biografia di Montanelli. 

 Luca Molinari


 

ALCUNE NOTE.

Indro Montanelli era nato in Toscana, a Fucecchio, vicino Firenze, il 22 aprile 1909. 
Studiò Legge e Scienze Politiche all'università di Firenze. 
(Nel presentarsi come autore dei tanti libri della Storia d'Italia, così lui proseguiva "Ha seguito svogliatamente i corsi universitari di Grenoble e della Sorbona, si è laureato in Legge e Scienze Politiche. Eppoi ha fatto un po' tutti i mestieri, meno quelli cui lo destinavano i suoi studi")

Iniziò la sua carriera giornalistica come reporter freelance per Paris Soir e per l'agenzia United Press.  Inizialmente favorevole a Mussolini, si iscrisse al Partito nazionale fascista e combattè nella campagna italiana in Abissinia. 
Dal fascismo si discostò nel 1937; dopo la pubblicazione di alcuni articoli non graditi, fu espulso dal Pnf e dall'ordine dei giornalisti. Costretto all'esilio ritornò in Italia nel 1939.
Sotto la protezione di Bottai e Aldo Borelli, direttore del Corriere della Sera, cominciò a lavorare per questa importante testata. Nella seconda guerra mondiale furono molte le sue corrispondenze dalla Finlandia e dalla Norvegia. Seguì anche la brutta "avventura" in Grecia. Non durò a lungo: nel 1943 fu arrestato dai nazisti e condannato a morte per un articolo su Benito Mussolini. (se qualche lettore lo possiede ce lo invii) 
Riuscì a sfuggire alla morte dopo dieci mesi di carcere, fuggendo in Svizzera.

Finita la guerra, Montanelli ritornò al Corriere della Sera e divenne uno tra i più rispettati giornalisti italiani. Famose  le sue corrispondenze dalle più importanti capitali europee. Montanelli fu il primo corrispondente a Budapest, durante la repressione del 1956. Per il Corriere il giornalista lavorò fino al 1973, quando - osteggiando Piero Ottone che dava spazio nel prestigioso foglio a elementi di sinistra - maturò la decisione di dare vita a un nuovo quotidiano, Il Giornale 
Il 2 luglio 1977 Montanelli, mentre si stava recando al lavoro, fu raggiunto da quattro colpi d'arma da fuoco esplosi dai brigatisti delle BR. Salvatosi, Montanelli ritornò al lavoro. 

Lasciato Il Giornale in seguito a una polemica, nel marzo del 1994 lanciò un nuovo quotidiano La Voce. "Sono stato costretto a fondare un nuovo giornale -disse - quando è diventata incolmabile l'incompatibilità tra la mia indipendenza e quello che voleva l'editore dopo il suo ingresso in politica". 
L'esperienza de La Voce si concluse però dopo solo un anno a causa di difficoltà finanziarie. 
Ritornato al Corriere della Sera, ha curato fino all'ultimo la Stanza di Montanelli, in cui venivano commentate le lettere dei lettori col suo inconfondibile stile, spregiudicato, piccante, "senza peli sulla lingua"....

... come nei sui circa 60 libri  che nel corso della sua carriera Montanelli ha scritto. Ricevendo  moltissimi premi, ed alcuni internazionali, come il prestigioso World Press Review's International Editor of the Year (nel 1994) e il Prince of Asturias Award for Communications ad Humanities (in Spagna nel 1996)


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