SCHEDE BIOGRAFICHE
PERSONAGGI
I LONGOBARDI

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Il portale della Basilica di S. Michele a Pavia, dove furono incoronati tutti i re Longobardi, 
i re italici e gli imperatori germanici poi, l'ultimo che ne usc� re fu Federico I Barbarossa nel 1155.

(l'attuale basilica è di fondazione longobarda, ricostruita dopo il 1117)
Maturata la definitiva conversione dei Longobardi al cattolicesimo con Teodolinda, la chiesa episcopale trasportata nel cuore della città, il vescovo pavese ottenne il privilegio della diretta consacrazione pontificia (dei Re?) e la chiesa pavese conseguì la sua piena indipendenza dalla diocesi milanese.
Quanto alle "incoronazioni", sembra che i re longobardi non conoscessero tale cerimonia, ma venivano nominati con l’acclamazione da parte dei Duchi guerrieri. Tuttavia Liutprando nei suoi 31 anni di regno, fondò molte chiese, tra le quali San Pietro in ciel d'oro (dove è sepolto), Sant'Anastasio a Corteolona e una dedicata al San Salvatore, all'interno della reggia.



DESIDERIO (756-774) - Lui era duca di Torino.  Appena salito al trono fu costretto a cedere al papa anche l'esarcato di Ravenna. Del resto Pipino aveva promesso al papa (cos� sosteneva e pretendeva il pontefice) tutti i territori che i longobardi avevano sottratto ai bizantini, e i Franchi volevano mantenere la parola.
Desiderio si barcamen� per circa 14 anni cercando di non provocare altri conflitti. Con i Franchi cerc� di fare un'alleanza con dei matrimoni, mentre a Papa Stefano II promise la restituzione di altri territori. Ma alla morte del Papa, Desiderio non mantenne le promesse per cui il successore, Papa Paolo I inizi� a recriminare fino ad essere ostile al Re, che purtroppo � ormai solo e cerca di fare altre alleanze.
Infatti con l'appoggio di BERTRADA, vedova del Re franco Pipino, Desiderio inaugura una politica matrimoniale coi Franchi e d� in sposa le sue due figlie (Ermengarda e Gorberta) ai due figli di Pipino, CARLO e CARLOMANNO. In questo modo vorrebbe tutelarsi dai Franchi nel suo conflitto con il Papa. Ma � proprio l'inconsistenza di una linea politica e diplomatica che ha visto ormai anche troppe oscillazioni, ad affrettare la fine dei Longobardi.

Desiderio d� in sposa anche un'altra sua figlia al Duca di Benevento, suo tradizionale oppositore, ed un'altra ancora al Duca di Baviera, per assicurarsi cos�  il sostegno di altri due alleati. 
Ma, alla morte di CARLOMANNO, questo castello di carta della politica matrimoniale crolla: i due figli, ognuno rivendicando la successione al padre, si rifugiano presso la corte longobarda di Desiderio, che si inimica cos� anche CARLO , che � ormai unico Re dei Franchi. 
Desiderio  tenta di sostenere il diritto successorio dei suoi due protetti, ricorrendo proprio al Papa (che non ha dimenticato la sua inadempienza), che ovviamente rifiuta a dargli aiuto; anzi avvia delle intese proprio con Carlo. Desiderio al diniego commette l'ulteriore errore di minacciare Roma. E lui � a sua volta minacciato di scomunica dal papa. Desiste dal proposito ma attacca nuovamente i domini bizantini, senza pi� alcuna linea politica e militare precisa, dato che � ormai solo. 
Re Carlo chiamato in aiuto dal Papa, scende in Italia e sconfigge Desiderio, che si rinchiude a Pavia, mentre suo figlio ADELCHI, che sta regnando assieme al padre dal 759, va a difendere la roccaforte di Verona.

Pavia
capitale del regno longobardo dal (637 al 774) cade il 6 giugno del 774 dopo nove mesi di resistenza  vinta dalla fame e dalla peste.

Ma la battaglia decisiva era gi� avvenuta il 12 ottobre 773 nei pressi di Mortara  (PV); si afferma che la citt� prese il nome proprio dell'epico scontro tra  Longobardi e Franchi.
Secondo la tradizione i morti furono oltre 70.000 ed il luogo della  battaglia prese il nome di Mortis Ara (altare della morte), da qui Mortara.
A questo avvenimento si riferisce anche la leggenda di Amico e Amelio, due notissimi cavalieri franchi, amici per la pelle, morti nella battaglia ma seppelliti in due chiese diverse, poi ritrovati il giorno successivo nello stesso sepolcro uniti nella morte  come lo furono nella vita.
Il luogo della loro sepoltura, in seguito divenne l'Abazia di S.  Albino alle porte della citt�, frequentato da pellegrini francesi che  venivano a pregare sulla tomba dei due amici.

  Desiderio dopo la caduta di Pavia fu preso prigioniero; trasferito poi in Francia fin� i suoi giorni nel monastero di Corbeia.
 Mentre Adelchi abbandon� Verona e si rifugi� a Bisanzio, dove l'Imperatore di fronte all'eccessivo rafforzamento dei Franchi, gli concesse solo il titolo di patrizio Bizantino ma non fece altro.

I Longobardi cos� sconfitti, in poco tempo scompaiono anche come popolo. Qualche anno dopo, nel 788, Adelchi partecipa ad una spedizione in Italia, ma l'esercito bizantino, sbarcato in Calabria, viene sconfitto dai Franchi e dagli stessi Longobardi di Benevento, cio� da quell'antico Ducato ribelle, ormai assoggettatosi opportunisticamente ai Franchi. Del resto questo ducato fin dalla sua origine non era nato come i ducati nel settentrione, ma da alcuni ribelli all'interno delle "nobili famiglie", durante i dieci anni di anarchia, anche se avevano poi fatto nel corso di due secoli varie (ma spesso ambigue) alleanze, come vedremo pi� avanti.
Anche il fatto che Benevento coniasse una sua moneta sta a dimostrare quanto era indipendente, oltre che pragmatico.

La diversa importanza delle vicende del Ducato longobardo di Benevento. 

Mentre il Regno longobardo, al Nord, si impegn� in una politica di unificazione e centralizzazione di ampio respiro, e che non riuscì proprio per questo a realizzare, i Beneventani, seguendo la linea autonomistica degli altri ribelli Ducati, riuscirono a ottenere un'effettiva indipendenza dal potere regio. Essa fu insidiata solo a tratti dai tentativi militari di Liutprando o da quelli matrimoniali di Desiderio. Guardando la sovrastante cartina si pu� notare che la continuit� territoriale dei possessi longobardi in Italia era interrotta dai domini bizantini che andavano da Ravenna a Roma oltre a certi capisaldi presenti anche nel Sud. Fu questa interruzione la fortuna del Ducato di Benevento (detta anche Longobardia minore), che si vide libero di impostare una propria politica di equilibrio. Infatti il Ducato sopravvisse alla sconfitta del Regno perch� le sue mire di sovranit� territoriale erano molto meno pericolose di quelle dei Longobardi del Nord.

Il Ducato era stato fondato nel 571 da ZOTTONE; successivamente AGILULFO design� come successore ARECHI, appartenente alla famiglia dei Duchi del Friuli, al quale segui' GRIMOALDO, che fu re dei Longobardi. Gli successero prima il figlio ROMOALDO (662-686), poi il figlio GRIMOALDO II (686-689), che ebbe in sposa la figlia del Re OERTARITO: Vigilinda.
Alternando momenti di fedelt� al Regno e spinte autonomistiche (come quella di GODESCALCO che sostenne il Papa Gregorio III durante il regno di Liutprando) si sussegirono: GISULFO I (689-706), ROMOALDO II (706-731), GREGORIO (732-739), GODESCALCO (739-742), GISULFO II (742-751), LIUTPRANDO (751-758) e ARECHI II (758-787). Dopo una spedizione dei Franchi, Benevento divenne Principato con Arechi II (774-787) e il figlio di questi, GRIMOALDO III (788-806), dopo essere stato ostaggio dei Franchi nel 787, successe al padre (788). Con mezzi diplomatici e militari riusci' ad evitare l'occupazione da parte dei Franchi. A tal fine Grimoaldo si alle� coi Bizantini. 
Il successore, GRIMOALDO IV, dovette per� cedere ai Franchi Chieti, che per i suoi predecessori era stata la roccaforte contro i tentativi dei Franchi di spingersi a sud. Ci� per� condusse alla pace coi Franchi (812) e permise al Principato di svolgere una politica di potenza locale, a danno di Napoli. Nell' 817, Grimoaldo IV fu vittima di una congiura che port� al potere SICONE (817-832), al quale succedette il figlio SICARDO (832-839). Seguirono RADELCHI (839-853) e ADELCHI (853-878) e successivamente si pu� assistere allo smembramento del Principato in due parti: Salerno e Benevento ad opera di Ludovico II, Imperatore e successore di Carlo Magno. 

Succedono poi GAIDERI, RADELCHI II e AIONE, ma ormai costoro non hanno pi� nulla di Longobardo, tranne la tendenza alle congiure di palazzo.... ammesso che siano una caratteristica longobarda. E nemmeno l'antica lingua del popolo di Alboino si parlò pi�.

L'assimilazione etnica e culturale dei Longobardi con gli italici era avvenuta (si dice) all'inizio molto rapidamente. Ma avvenne per necessit�, perch� nonostante forti e temerari i Longobardi si dovettero per un certo verso adattare (se volevano mangiare) e perch� in un altro verso forzatamente costrinsero i locali ad adattarsi, anzi a sottomettersi. Si modificarono per� in meglio i Longobardi e non certo i locali che avevano una storia e una civilt� gi� millenaria alle spalle. 
 
Erano i Longobardi, quando entrarono in Italia con Alboino circa 500.000; ma non dimentichiamo che si frazionarono a macchia di leopardo (soprattutto durante l'anarchia dei dieci anni) nell'intera penisola che doveva contare allora circa 8-9 milioni di abitanti.
 Nella loro avanzata i nuovi venuti si spostavano in linea retta, ma spesso lungo il percorso rinunciavano a impadronirsi di quelle citt� o fortezze che resistevano, e puntavano e dilagavano subito su un'altra citt� meno difesa che poi occupavano lasciandovi un duca con la "sua" "famiglia". 
Questo spiega come mai i possedimenti, i ducati e i granducati, finissero per risultare molto dispersi nel territorio.
Alla fine, senza mai riuscire a costituire una unit� organica, una unione perfetta, un vero stato longobardo, risulta che per alcuni cambiamenti sul territorio italico non fu la differenza etnica e culturale a modellare la geografia e la storia della futura Italia, ma piuttosto la diversa organizzazione che nulla aveva a che vedere con la "radice etnica longobarda". 
Fu una organizzazione politica cos� diversa fra gli stessi Longobardi, che riusc� alla fine della loro quasi istantanea scomparsa (per sconfitta o per  accettazione del nuovo corso) a dividere l'Italia in tre parti: il regno della Chiesa, quello di Benevento (che di fatto era tutto il meridione esclusa Napoli) e quello del Settentrione.
E che � cos� (che non incise l'etnicit� e la cultura) ne abbiamo la testimonianza con l'esempio Lombardia e Meridione.
Anzi quest'ultimo dovrebbe essere pi� longobardo della Lombardia stessa perch� la dominazione longobarda su Benevento fu, come secoli, pi� del doppio e sotto altre forme ebbe anche un seguito; l'intera struttura feudale-monarchica non sub� quasi nessuna modifica territoriale nemmeno con gli angioini, gli aragonesi e i borbonici.

Fu invece l'organizzazione a dividere in tre parti e a tenere separata l'Italia per oltre mille anni; fino al 1870.

In quanto alla Lombardia (prese questo nome solo nel 629 con un territorio molto pi� esteso di quello attuale) c'erano gi� i "lombardi"! anche se non si chiamavano ancora cos�; erano Celti (nulla a che vedere con i Goti) e Liguri  una delle pi� antiche popolazioni europee. Come dinamicit� e ingegno pari agli antichi fenici e ai cartaginesi (non dimentichiamo che si schierarono con Annibale contro Roma)
, come intraprendenza, realismo politico, economia di mercato cosmopolita, e inoltre grandi "navigatori" in mare come in terra. Una grande via commerciale esisteva nel 1600-1200 a.C. che dal Po risaliva il Ticino (Ticinum-Pavia anch'essa con un bi-millenario insediamento) e dalla regione dei laghi si dirigeva verso la valle del Rodano; vie commerciali che diedero una grande prosperit� alla regione. 
Nel 222 a.C. Milano era gi� il principale centro dell'Insubria. Capitol� ai romani ma divenne nella tetrarchia poi anche capitale d'Italia, e con Teodosio-Onorio, pure capitale dell'Impero d'Occidente.
Insomma la "razza" "lombarda", non era n� romana, e tanto meno era in attesa dei Longobardi per doversi modificare o cambiare carattere.

LE ARMI DEI LONGOBARDI

L'armamento tipico del guerriero longobardo era costituito dalla spada (spatha) in ferro a due tagli che si portava legata al fianco con un  cinturone, in un fodero di legno o di cuoio, la lama era larga circa 5 cm e  lunga 65/100, l'impugnatura era di cuoio, legno o corno.

La sciabola (scramasax) corta circa 30/50 cm a un solo taglio incurvata in  punta, era usata per il combattimento a cavallo, il fodero conteneva spesso  anche un coltellino.

Lo scudo circolare del diametro di 60/70 cm di legno, era ricoperto di cuoio  e con parti di metallo.

La lancia era l'arma offensiva pi� usata, sia dai cavalieri che dalla  fanteria, di legno con cuspidi e puntali metallici, la lunghezza era molto  variabile.

Elmo e corazza, dalla met� del sec. VII i nobili longobardi, cominciarono a  usare le armature e gli elmi (lamellari), di raffinata fattura e di origine  orientale. Le pi� antiche sono state ritrovate nella Russia meridionale e in  Iran, da qui si diffusero sino in Svezia e in Giappone.

Quest'armamento entr� in uso con l'avanzata dei popoli delle  steppe, gli Avari in particolare, cavalieri e fabbri d'eccezione,  imposero un nuovo tipo di combattimento a cavallo.

L'elmo si componeva di piastre di spessa lamina di ferro, legate con  lacci di cuoio passati in appositi fori, una piastra frontale copriva il  naso e le sopraciglia, all'interno vi era un'imbottitura di  cuoio e di pelo.

La nuca era coperta da una fitta maglia di ferro, le corazze lamellari erano  composte di 600-700 piastre di ferro, sovrapposte in strati orizzontali e  collegate con strisce di cuoio, una parte inferiore copriva il bacino e le  cosce, mancavano le maniche.

Arco frecce erano le armi della fanteria, l'arco e la faretra erano  appesi alla cintura, di solito l'arco era di legno.

Le cinture erano fondamentali nell'abbigliamento del guerriero, sia  per portare le armi, sia per il loro valore magico e protettivo, decorata  con pezzi e borchie metallici, di solito cinque, i motivi decorativi 
raffigurano solitamente animali, o disegni geometrici o floreali.

Furono i popoli nomadi delle steppe a perfezionare l'arte del  cavalcare, e a mettere a punto una serie di finimenti completi per il  combattimento a cavallo, alle coperte o alle semplici selle in cuoio, and� 
sostituendosi la sella a bordo rialzato, di legno ricoperto in cuoio.

Nel corso del sec. VII, sono stati ritrovati ornamenti a placche d'oro  di selle di grandi personaggi, i cavalieri usavano morso e briglie, un solo  esemplare di staffe � stato ritrovato in Italia, comune era l'uso  degli speroni.

Al momento della conquista dell'Italia l'esercito Longobardo era  composto in prevalenza da fanteria appoggiata da nuclei di cavalleria  leggera.

Dalle leggi emanate da re Astolfo, possiamo dedurre che nel 750 i  Longobardi, avevano una cavalleria pesante e una leggera, la fanteria era  relegata a un ruolo d'appoggio, ed era armata di archi e frecce, i 
grandi scontri di fanteria erano divenuti rari, dopo le guerre sostenute  contro la cavalleria pesante bizantina.

I Longobardi usavano insegne e stendardi, lance che sorreggevano vessilli di  stoffa, code di cavallo, raffigurazioni di animali totemici delle fare,  uno di questi era la vipera, sembra che lo stemma dei Visconti (il biscione)  derivi proprio da un'insegna militare d'origine longobarda.

L'ECONOMIA 

Con la caduta dell'impero d'occidente, l'intera l'economia gi� aveva  subito una grande crisi; si erano drasticamente ridotti gli scambi fra le varie province, tra  citt� e citt�, e tra citt� e campagna.
Poi vennero le guerre; quella ostrogota e infine quella greca-romana diede il definitivo colpo di grazia (oltre che alla popolazione) anche alle infrastrutture in quasi tutti i territori della penisola.
 Le strade oltre che insicure per la  presenza di numerosi briganti, iniziarono con le intemperie a essere danneggiate in pi� punti; carenti di  manutenzione crollarono anche i ponti.
Le citt� pi� popolose, come Milano, Napoli e soprattutto Roma, vennero quasi svuotate di abitanti, la campagna, spopolata anch'essa, restava incolta e i grandi proprietari (quelli non uccisi subito) andarono in rovina per essersi schierati di volta in volta o con i bizantini, o con i romani, o con gli ostrogoti.

L'economia intera e il commercio era gi� quindi in gravi difficolt�. Poi con l'insediamento dei longobardi (dopo Alboino ne seguitarono ad entrare altri  per alcuni anni) l'intero territorio fu tutt'altro che florido e le condizioni dei vinti furono eccezionalmente dure.
Del resto il carattere violento dei Longobardi rendeva impossibile l'inserimento degli stessi nelle strutture giuridiche preesistenti. Su quelle culturali nemmeno parlarne; non conoscevano la scrittura, non avevano una storia alle spalle, e l'unica scienza che possedevano era quella del nomadismo.

Non � che quando entrarono in Italia distrussero tutto, anche perch� non avevano nessun interesse a farlo. I Longobardi essendo nomadi fino a pochi decenni prima (qualcosa avevano gi� imparato il Pannonia e in Bavaria, come le costruzioni usando i laterizi) non erano agricoltori, quindi non sapendo sfruttare la terra, avevano estremamente bisogno della popolazione locale per godere i frutti che la terra dava.
Ma essendo anche dei grandi cacciatori, non solo non fecero proprio nulla per allargare le culture agricole esistenti, ma semmai spopolarono vaste zone -un tempo coltivate- che ben presto si trasformarono in brughiere incolte e selvagge.
L'unica attivit� che incrementarono - dando grande spazio nella parti che non erano completamente devastate - fu quella dell'allevamento del bestiame, soprattutto bovini e maiali. Una vocazione che nel territorio centro-padano poi rimase per sempre.
I duchi nelle loro conquiste avevano costituito dei ducati con le terre pubbliche, ma anche ogni libero guerriero longobardo aveva diritto a una parte del bottino, e nelle terre sottomesse diventavano perci� anche loro proprietari terrieri. In questo modo il frazionamento fu massiccio, ovviamente subentrando ai vecchi proprietari fuggiti o uccisi, e mettendo i preesistenti coloni a proprio servizio.

I Longobardi  erano anche del tutto incapaci in una qualsiasi attivit� marinara; e non solo non utilizzarono per i commerci i grandi porti di Genova e Pisa pur essendo in loro possesso, ma anche quelli piccoli li mandarono in rovina; tutti inattivi cadendo in decadenza si trascinarono dietro anche tutte quelle attivit� dell'indotto che fanno da cornice a un porto. Si salv� solo Comacchio che allora aveva il commercio del sale. Con una particolare concessione, solo i suoi natanti potevano risalire il Po fino a Piacenza.  E solo attraverso questa via d'acqua transitavano ancora quelle poche merci (data la sua vicinanza con Ravenna) che provenivano dall'Oriente.
Il Mediterraneo una volta chiamato Lago di Roma, torn� ad essere un Oceano Pacifico, non pi� solcato da migliaia di navi di quell'impero del tempo che fu.

Con queste condizioni nel periodo longobardo si consolid� sempre di pi� la cosiddetta "economia  curtense", cio� autarchica, i prodotti erano soltanto quelli locali e lo scambio commerciale all'interno della stessa curtis  non era pi� basato sulla moneta, del tutto inutile, ma solo sul  baratto. Sono infatti rarissime le monete; i Longobardi fecero sparire del tutto il denaro per gli scambi. 

Le cortis erano in pratica dei poderi agricoli, che gravitavano intorno a una abitazione fortificata, ed erano suddivise in appezzamenti chiamati "masi",  coltivati dai coloni locali, ex romani, ex ostrogoti (ricchi o poveri) cio� quella moltitudine di individui che era diventata sotto i longobardi tutta gleba a loro servizio.
Ogni ducato dunque, poi perfino ogni castello, costituiva un mondo quasi autosufficiente.

I COSTUMI

Cos� Paolo Diacono ne descrive i costumi dell'epoca:
" Si rapavano la fronte e si radevano tutt'intorno sino alla nuca,  mentre i capelli divisi in due bande, spiovevano ai lati sino  all'altezza della bocca".
Vestiti ampi per lo pi� di lino, come quelli degli anglo sassoni, ma balze  pi� ampie e variopinti, calzari aperti sino all'alluce con lacci di  cuoio intrecciati, in seguito per andare a cavallo indossarono una specie di  calzoni di panno rossiccio (moda presa dai romanici).

Le tombe hanno fornito informazioni sul corredo dei Longobardi, gli uomini  erano sepolti con le loro armi, le donne con i gioielli (collane di pasta di  vetro con oro, orecchini, bracciali, aghi e fermagli) nelle tombe di  entrambi i sessi si trovano coltellini, forbici, recipienti di terracotta,  metallo e vetro, amuleti portafortuna.

LA RELIGIONE

Da principio i Longobardi veneravano il dio Guerriero Odino (wotan), il cui  animale totemico era l'aquila, altri dei erano Thor o Tonar dio  del tuono e del metallo, il cui culto prevedeva la decapitazione di una  capra.

Il vescovo ariano goto Wulfila intorno al 350, oltre ad aver introdotto l'arianesimo, aveva tradotto la Bibbia dal greco in  lingua gotica, inventandosi e costruendo lui la lingua tedesca, una traduzione non solo letterale, ma una trasposizione di  significati per adattarla, alle credenze e ai modi di pensare dei popoli  nordici.

Il simbolo di questa nuova spiritualit� � raffigurato in pietra in tutte le  loro chiese, e continua a vedersi nelle chiese romaniche, la chiesa  cattolica non potendo cancellare tutte le abitudini pagane ne convert�  molte.

Lo sciamanesimo proveniva dalla cultura delle steppe, trasmessa ai germani  proprio dai popoli della steppa.

Ci racconta Paolo Diacono, che quando un guerriero moriva in terra lontana,  i suoi parenti piantavano in suo ricordo una pertica, sormontata da una  colomba con la testa rivolta al luogo dove era scomparso il loro caro

Da questa usanza sarebbe nato il nome, della Basilica di Santa Maria in  Pertica, chiesa fondata a Pavia dalla regina Rodelinda, sorta proprio sul  cimitero dei guerrieri, oggi scomparsa.

Il cristianesimo conosciuto dai Longobardi in Italia, presentava tre volti: a) l'arianesimo (che negava tra le altre cose la natura divina di Cristo - quella che gli era stata insegnata da Wulfila), b) lo scisma dei (tre capitoli) che non accettava la conclusione del  quinto concilio (Costantinopoli 553), sostenuto dal patriarca  d'Aquileia e dal vescovo di Como; c) Il cattolicesimo romano, con i suoi missionari celto-irlandesi (Es. Colombano)

L'ultimo vescovo ariano Anastasio, si convert� al cattolicesimo poco  dopo il 653, e divenne in seguito vescovo cattolico.

Lo scisma dei "tre capitoli" ebbe fine nel 698, in un sinodo convocato presso  il palazzo reale di Pavia dal re Cuniberto.

PATRIMONIO ARTISTICO E LINGUISTICO

L'unico settore delle arti che dimostri, in questo periodo longobardo durato due secoli � una certa vitalit� � quello delle arti figurative. Una influenza barbarica si fa sentire su tutte le arti figurative, salvo la pittura che � del tutto assente (salvo un paio di affreschi nell'VIII sec.), e l'architettura ma con forti influssi bizantini, come nella chiesa di San Salvatore a Brescia costruita verso la fine del regno nel 753 o come a Cividale nel tempietto longobardo di Santa Maria in Valle assai noto per la complessa decorazione a stucco degli interni, e per una scultura dell'altare, e il sarcofago di Teodota nella chiesa di San Martino.
In Meridione, altra pregevole arte longobarda, la chiesa di Santa Sofia, fatta costruire da Arachi. Le strutture architettoniche associano elementi bizantini e gusto longobardo. Si trova qui anche uno dei rarissimi affreschi.

Questa architettura longobarda determin� il sorgere e il definirsi, di  quello che sarebbe stato chiamato (stile romanico), che avrebbe accolto  anche influssi orientali di provenienza armeno-caucasica.
I campanili furono introdotti nell'architettura occidentale proprio  dai Longobardi, come i (menhir) e gli obelischi, essi rappresentano il tema  maschile, la virilit� puntata verso il cielo.
Nell'architettura religiosa longobarda di grande importanza � la  creazione della (cripta), sacello sotterraneo ubicato nella parte pi� sacra  dell'edificio, che corrisponde all'elemento femminile, come 
(ventre) depositario di ogni segreto e di ogni fertilit�.
Nell'arte longobarda il serpente ebbe sempre un simbolo altissimo, si  ritrovano questi simboli nelle decorazioni delle chiese romaniche.
L'espressione pi� caratteristica dell'arte lombarda � per� l'oreficeria, espressa con lavori di sbalzo e cesello. Imponente testimonianze di quest'arte � oggi conservato nel duomo di Monza.  Fa parte di questo tesoro anche la Corona Ferrea in oro ornato di gemme e smalti.
(ferrea perch� cerchiata all'interno da un anello di ferro che secondo la leggenda contiene un chiodo della croce su cui fu crocefisso Ges� Cristo).

LINGUA

Nella provincia di Pavia, sono testimoniati diversi nomi di luoghi di  origine longobarda, nel pavese e in Lomellina questi nomi sono collegati al  termine fara (un insieme di famiglie) mentre in Oltrep� si ricollegano per lo pi� a sala, nome passato nelle  lingue moderne proprio dal termine longobardo che indicava la residenza famigliare (nel senso di una stirpe, piuttosto numerosa).

Si ricorda: Siccomario (alle porte di Pavia) che deriva da sigmar, vincitori  di paludi (monaci che realizzarono le bonifiche) quindi (le paludi vinte).
Saldasole in Lomellina da sculdahis un grado dell'amministrazione  territoriale longobarda.
Berguardo da wara-walda, caposaldo, testa di ponte sul fiume, o da wara-hardhu, forte, protezione.
In Umbria � usato il toponimo gualdo da wald bosco.

Nel linguaggio comune, secondo i linguisti (Migliorini, 1961) noi adoperiamo circa 280  vocaboli di origine longobarda.
Ecco alcuni termini piuttosto comuni: strale, spalto, spada, spiedo, panca, scaffa, scaffale, gruccia, spranga, greppia, trogolo, trappola, guancia, schiena, nocca, milza, anca, stinco, ciuffo, zazzera, sberleffo, grinza, zanna, strozza, grinfia, stambecco, taccola, sterzo, stecco, biacca, sguattero, sgherro, manigoldo, spaccare, strofinare, spruzzare, baruffare, graffiare, arraffare, scherzare, russare, smacco, scherno, tanfo, tonfo, gramo, ricco, stracco.

Essi sono, assieme forse ad alcuni geni, ormai sparsi e "annacquati", e a rarissime monete, tutto ci� che ci resta oggi dei Longobardi.
Infatti per pi� di due secoli  i Longobardi nella loro dominazione fecero a meno anche della moneta.
Tutta l'economia fu basata su scambi in natura; scambi e baratti che avevano la loro sede dentro nelle curtis; l'unit� economica di tutto l'alto Medio Evo; cio� una economia chiusa; e PROPRIO PER QUESTO FALLIMENTARE.

Contributi di Sergio Rossi - Ottavio de Manzini - Mario Veronesi - Francomputer

Bibliografia
Paolo Giudici - Storia d'Italia Vol. II -
Casa editrice G. Nerbini - Firenze 1930
Alberto Arecchi - Pavia Longobarda - Collana Liutprando
Editore La nuova Eurocopy - Trezzano sul Naviglio 1999
Paolo Diacono -Storia dei Longobardi -Editore TEA Milano 1988
Storia di Cambdridge. La fine del mondo antico vol. 1, Garzanti ed.

PER SAPERNE DI PIU' SULLE 
RARISSIME MONETE LONGOBARDE
IL DETTAGLIATO SITO (esterno) 
(CON LE IMMAGINI) DI SERGIO ROSSI


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