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IMMANUEL KANT


IMMANUEL KANT

EVOLUZIONE PRE-CRITICA -
NOVA DILUCIDATIO - FALSA SOTTIGLIEZZA
SOGNI DI UN VISIONARIO
- DISSERTAZIONE DEL 70

Estensore di questa pagina
Prof. Giovanni De Sio Cesari

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EVOLUZIONE PRE-CRITICA

Talvolta si è considerato il pensiero kantiano, prima della composizione della Critica della Ragion Pura, come una serie di sbandamenti, di conversioni, sostanzialmente di avventure sconnesse e, a questo preteso vagabondare della mente Kantiana, è stato anche assegnato un nome:UMKIPPUNGEN, cioè - un traballare.
In verità questa visione del pensiero giovanile Kantiano, risulta ormai generalmente superata e i critici hanno cercato di individuare, nelle opere del primo periodo, gli elementi fondamentali che portano al dispiegarsi del suo pensiero maturo.
Ad esempio, il Tonelli affermava "la carriera filosofica, precritica di Kant non risultata meno travagliata e ricca di sorprese, ma questo corso avventuroso veniva organizzandosi intorno ad una unica intenzione palese che lo dirigeva quasi senza eccezione e che veniva a spiegarne le stesse titubanze e gli stessi pentimenti" ( 1 )
La ricostruzione classica del FISCHER presentava un Kant, prima razionalista, poi empirista e scettico. Secondo lo schema hegeliano, il criticismo infatti è il connubio o meglio, la sintesi fra razionalismo ed empirismo.

Come chiarisce OGGIONI "avrebbe derivato dalla corrente empirista, specialmente da Hume, I'idea del condizionamento empirico del pensiero, della necessità della materia offerta dalle sensazioni per realizzarsi dell' a-priorità della ragione, nel concreto atto spirituale - dal Razionalismo, l'idea della spontaneità , dell'autonomia e dell'a-priorità della funzione razionale, come principio che fonda e garantisce il valore metafisico del pensiero stesso che si realizza nel processo di esperienza". ( 2)
Senza certamente negare lo stimolo esercitato su di lui dalle correnti del pensiero filosofico a lui contemporaneo, tuttavia come pure osserva OGGIONI, "il vero fuoco verso cui convergono gli interessi del pensiero di Kant ,nel decennio in parola, e la preoccupazione poIemica e critica-metodologica ,lo sforzo di individuare una nuova via, efficace e feconda della ricerca". (3)

In questa prospettiva ci muoveremo per individuare gli elementi concettuali che vanno man mano maturandosi nella evoluzione filosofica del Kant pre-critico.

Va detto pure che il problema della formazione Kantiana va chiaramente inquadrata nel contesto culturale in cui si evolve.

Punto di riferimento essenziale è certamente da vedersi nei progressi della scienza che trova il suo punto più alto nella legge della gravitazione universale scoperta da Newton. Con essa, una breve formula matematica riusciva a spiegare fenomeni tanto diversi dal movimento degli astri alla caduta della leggendaria mela sui quali vanamente per millenni generazioni di sapienti si erano affaticati per scoprirne il mistero. La formula Newtoniana restò per oltre un secolo, un modello inimitabile è mai raggiunto della scienza e solo nel nostro secolo, per opera di Einstein su un piano scientifico e della moderna filosofia delle scienze (Popper ad esempio) sul piano filosofico se ne sono constatati i limiti.
La filosofia allora appare scossa. Come nota De Vleeschauwer "I fisici olandesi che sono presi a modello dall' Europa colta del XVIII secolo ... la Royal Society di Londra che guida la vita scientifica della grande isola e del continente, tutti gli scienziati positivi sparsi in Europa, si schierano a fianco di Newton e del metodo che egli ha fornito alla ricerca scientifica. La filosofia scossa nelle sue tradizionali posizioni, proprio a causa dell'ascesa vivace del movimento scientifico, si ritira sulla difensiva,ma anche così la resistenza diviene sempre piu debole." (4)

Ma se la scienza ha risolto in un solo colpo o quasi millenari problemi, ciò da che è dipeso? La risposta sembrò indubitale: da un NUOVO metodo di indagine. E forse la metafisica non può dare, anche essa, una risposta definitiva ai suoi problemi senza perdersi in dispute interminabili e inconcludenti? Occorrerà forse un nuovo metodo:il pensiero Kantiano nasce proprio da tutto ciò: esso vuole spiegare perchè si siano raggiunte certezze scientifiche e come si possano raggiungere certezze anche nel campo morale e metafisico.

Intorno al 1750 Newton riportava una completa vittoria su Cartesio, ma contemporaneamente il sistema di Leibniz veniva a impiantarsi saldamente nelle università tedesche grazie anche alla infaticabile attività del Wolf.
Pertanto, come rileva De Vleeschauwer, "tutto il secolo XVIII in Germania può essere condensato nella rivalità che oppone l' elemento Leibniziano conservatore e l'elemento internazionale progressista usato da tutti gli scienziati". ( 5 )


Il principio di causa, fondamento della scienza moderna, veniva subordinato a quello di ragione sufficiente.
In particolare, vivace era la polemica sulla natura dello spazio e del tempo.
Per i newtoniani, lo spazio e il tempo sono entità assolute, contenitori di tutti gli oggetti e gli eventi dell'universo.

Per il razionalismo invece, si giunge a negare l'assolutezza del tempo e dello spazio che vengono concepiti, non come condizione dell'esistenza di cose ed eventi, ma come effetto di essi.
E lentamente, in Kant, si fece strada la teoria originale della trascendentalità di spazio e tempo.
D'altra parte va pure maturandosi parallelamente, la convinzione che il metodo deduttivo - matematico di impronta cartesiana, non può essere generalizzato, non può risolvere soprattutto i problemi metafisici.
Altro elemento, che generalmente viene citato come fondamentale nella formazione Kantiana, è il pietismo.
Secondo il Tonelli tuttavia vi sarebbero molti equivoci al riguardo: "Tutti gli storici ne parlano invariabilmente, senza di fatto saper dire in che cosa essa consiste esattamente. Taluni si riferiscono in generale al carattere personale di Kant, carattere che invece in gioventù era mondano ed estetizzante, più che ascetico e rigorista come i biografi più moderni hanno chiaramente mostrato; altri rinviano invece, al famoso carattere rigoristico della morale kantiana, che di fatto non ha nulla da vedere con le formule morali del pietisti e che è un frutto della evoluzione più tarda di Kant di cui non vi è traccia nella morale pre-critica; altri, finalmente, si riferiscono con maggiore precisione, alla posizione di Kant rispetto alla religione nei suoi scritti, ma questa leggenda è stata sfatata da J. Bohatec ." Influenza pietistica,secondo noi, significa due cose. In Kant ci sembra in primo luogo e negativamente che abbia condiviso genericamente l'atteggiamento anti-Wolfiano dei tardi pietisti; e in secondo luogo, e positivamente che abbia gradualmente assorbito, non senza contrasti, importanti elementi del pensiero di Crusiius le cui dottrine furono la filosofia ufficiale o quasi solo per un breve periodo finale". (6)

A noi pare che al di là delle precisazioni particolari e dotte, l'atmosfera di profonda e seria religiosità improntata al pietismo, ha sollecitato nella formazione Kantiana l"ansia, il bisogno profondo della metafisica. "La metafisica di cui io ho in sorte di essere innamorato" dirà nei "sogni di un visionario".

In conclusione, in Kant, nel periodo pre-critico emergono, non senza contrasti, gli elementi essenziali del concetto di Ragione:da una parte, la certezza fondata sui dati dei sensi inquadrati dalle forme a priori, e dall'altra la possibilità di attingere al mondo noumenico per altra via.

Per rintracciare alcuni dei momenti di questo percorso formativo, noi esamineremo, nei paragrafi seguenti, alcune delle opere nel periodo pre-critico: la nova dilucidatio, la falsa sottigliezza, i sogni di un visionario, la dissertazione del 70.

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1) Tonelli G., Studi sulla genesi del criticismo e delle sue fonti in memorie dell'Accademia delle scienze di Torino 1955 pag. VI.
2) Oggioni ,Kant empirista, ed Trevisini,Milano, pag. 17
3) Op. cit.,pag. 37
4) Herman-J de Vleeschauwer , L.'evoluzione del pensiero di Kant, Laterza, 1976 pag. 8
5)Op. cit. pag. 12
6)Op. cit. pag. IX

SU

NOVA DILUCIDATIO

In ordine al nostro assunto, la prima opera Kantiana a cui accenniamo, seguendo l'ordine temporale della loro composizione è ' "PRINCIPIORUM PRIMORUM COGNITIONIS METAFISICAE NOVA DILUCIDATIO".
Essa fu redatta nel 1755 per motivi di ordine accademico per conseguire, cioè , quaIcosa di simile a quella che noi diremmo "Libera docenza", cosa di non certo poca importanza, data la situazione economica non certo brillante di questo periodo della sua vita.
Pertanto a non pochi critici, l'opera è sembrata forzata, imposta, come imposta appare la lingua latina che generalmente Kant non predilige.
La forma venne giudicata incerta e perfino il suo latino sembra claudicante al TONELLI ( l), ma in genere si ritiene che i temi siano trattati confusamente, che le soluzioni talvolta appaiono equivoche.
Con tutti i limiti, che certamente non sarebbe il caso in questa sede di esaminare, tuttavia l'opera riveste un indubbio interesse, al fine della nostra trattazione, perch� mostra il primo porsi dell' interesse, sempre fondamentale in Kant, per la filosofia, la sua prima opera che affronta i problemi ontologici e non più quelli naturali.
L'interesse fondamentale dell'opera a noi pare che risieda nel riconoscimento che il principio di idendità non può essere appIicato in metafisica e che la ragion determinante non deriva dalla identità.

Ma esaminiamo brevemente il contenuto dell''opera.
Nel MONITUM avverte che non tirera' fuori "quaecunque in scriniis philosophorum'. (qualunque cosa si trovi nelle casse dei filosofi)" se bastano "pervulgata cognitione stabilitas e rectae rationi consonas habemus definitiones et axiomata"(2) (assiomi e definizioni che consideriamo stabilite nell'uso corrente e consone alla retta ragione): pare già delinearsi il programma, poi maturato, della dimostrazione della impossibilità di una scienza tutta analitica e la sua fondazione su principi trascendentali.

Nella 1a sezione si dimostra la impossibilità che tutto si possa dedurre da una unica proposizione: "Veritatum omnium non datur principium unicum, absolute primum catholicon" (3) (non c'e' un principio unico, assolutamente primo universale di tutte le verità). Se esso infatti fosse positivo, non potrebbe essere la base dei principi negativi, e al contrario se fosse negativo,non potrebbe reggere le proposizioni positive.
L'argomentazione ci pare puramente scolastica: non è il caso di approfondire la fondatezza della dimostrazione, ma di notare ancora il percorso Kantiano dell' impossibilità della deduzione puramente analitica. Come osserva il Tonelli, "insomma la logica formale che sul principio di idendità si fonda è, secondo Kant , una nobile curiosità teoretica, perfettamente priva di applicazioni in metafisica, in quanto che ciascuno e' capace di riconoscere immediatamente e senza insegnamento le implicazioni identiche di una certa posizione: inoltre non è detto che in tal modo, cioè con tale infecondo sviluppo tautologico ,si avanzi nel possesso della verità". (4)

La 2a Sezione è la più vasta e ha, come punto focale, la ragione determinante (sostanzialmente coincidente con quella che Leibniz chiamava ragione sufficiente).
Si afferma che "Nihil est verun sine ratione determinate (proposizione V) e che "Esistentiae suae rationem aliquid habere in se ipso, absonum est (5) (e' assurdo che qualcosa abbia in se stesso la ragione del proprio essere), ma poi si precisa che ciò vale solo per gli esseri contingenti, mentre "Datur ens,cuius esistentia praevertit ipsam et ipsius et omnium rerum possibilitatem , quod ideo absolute necessario existere dicitur. Vocatur deus (6) (Si dà un ente la cui esistenza antecede la possibilità stessa di questo medesimo ente e di tutte le cose e che pertanto si dice esistere in maniera assolutamente necessaria); viene chiamato Dio (proposizione VII). Da una parte pare negare che la esistenza possa essere ricavata dall' essenza, dal concetto, ma parimenti ammette il tradizionale principio dell'autosufficienza di Dio.
Si dimostra, quindi, che ogni cosa deve avere una ragione determinante "nihil contingenter exsistens potest carere ratione aexistentiam antecedenter determinante (nulla che esiste in maniera contingente può prescindere da una ragione che ne determini anteriormente l'esistenza"( proposizione VIII).

Le argomentazioni appaiono prettamente scolastiche, razionaliste.
Va notato su questo piano inoltre, che fra i corollari della Proposizione X, troviamo "quantitas realitatis absolute in mundo non mutatur nec augescendo nec decrescendo (8) (La quantita di realtà assoluta nel mondo non muta n� crescendo, nè diminuendo). Viene dimostrato cioè, a partire dal principio di ragion determinate, la confusione fra principio metafisico e principio scientifico che è ancora chiaramente mantenuta. Viene però negato il principio leibniziano degli indiscernibili "rerum totius universitatis nullam alii per omnia esser similem" (non si dà alcuna cosa nell'universo intero simile per tutto a un' altra) e che ogni ente debba avere un effetto (nihil esse sine rationato quodcumque est sui abere consqeuentiam'. (9) (non vi è nulla senza razionato ossia ciò che comunque esiste ha una conseguenza).

Nella sezione 3a afferma due principi:
1) "nulla substant is accidere potest nutatio, nisi quatenus cum aliis connexae sunt, quarum dependentia reciproca mutuam status mutationem terminant" (10) (nessun mutamento può avvenire nelle sostanze se non per quanto sono in connessione con le altre:e' proprio questa dipendenza reciproca a determinare una mutua mutazione di stato).

2) "Substantiae finitae per solam ipsarum exsistentia nullis se relatationibus respiciunt, nulloque pIane commercio continetur nisi quatenus a communi esistentiae suae principio,divino nempe intellectu mutuis resectibus conformatae sustinetur" (11) (le sostanze finite non hanno, in base alla mera loro esistenza, nessuna relazione tra loro e non apparterebbero assolutamente ad alcun sistema di scambio se non fossero sostenute da un principio comune di esistenza ,cioè l'intelletto divino in modo da essere conformate a relazioni reciproche).

Si afferma cioè, da una parte che i rapporti fra le cose avvengono perch� vi è una reIazione fra di esse e che d'altra parte, non vi sarebbero relazioni se le cose non derivassero da un unico ente: respinge quindi l'occasionalismo metafisico, l'armonia prestabilita, ma d' altra parte la causa ultima dei rapporti fra le cose, viene fatta risaIire a Dio.

Secondo Rovighi, "Kant resta essenzialmente un Leibniziano, anche Leibiz fondava in Dio i rapporti fra le monadi e sopra tutto Kamt è leibniziano nella dottrina dello spazio e del tempo. . . . . Newton , continua ad essere in penombra". ( 12)
Notiamo che, in seguito invece, la sua concezione sarà intesa come giustificatrice della scienza newtoniana.

Come nota Herman-J de Vleeschauwer : "Secondo Leibniz lo spazio è l'effetto delle cose, per Newton invece è presupposto delle cose. E' errato pensare che Kant segua Leibniz in questo periodo in quanto professa anche lui la relatività dello spazio. In effetti ancora qui adotta una teoria intermedia: segue Leibniz nella relatività dello spazio come ordine realizzato nello spazio ma nondimeno, si avvicina a Newton negando che questo ordine sia effetto della pura esistenza . Lo spazio è quindi l'effetto delle leggi dinamiche della natura". ( 13)

Ci vorrà ancora una lunga strada perch� Kant traduca, in termini filosofici, la rivoluzione scientifica da Newton: ma il cammino ormai è iniziato; Kant lo percorrerà non senza involuzione ma fino in fondo.

Come osserva acutamente Vanni Rovighi, se le soluzioni della Diliucidatio appaiono confuse, "questo giudizio è forse il risultato di una confusione latente in noi stessi che nell'affrontare questo periodo lo valutiamo, quasi senza saperlo, alla luce delle soluzioni che sono state date più tardi agli stessi problemi. Se ci fosse possibile dimenticare tutto quanto Kant ha scritto dopo il 1770 la Delucidatio ci apparirebbe indubbiamente non contraddittoria, come spesso si pretende".(14)

A noi però pare che la lettura delle opere, del periodo precritico, vada fatta proprio in funzione del periodo critico, per cogliere in esse gli aspetti, quei concetti base che mettano in luce il formarsi del periodo critico e quindi gettino maggiore luce sul pensiero critico stesso.
Ed è ovvio che se la produzione Kantiana si fosse interrotta nel 1770 noi ora non saremmo qui a occuparcene.

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(1) Tonelli G.,Elementi metodologici e metafisici in Kant dal 1745 al 1768, edizioni di Filosofia.,Torino, 1959,pag. 127
(2)Kant Principiorum primorum cognitionis matasfysicae nova dilucidatio,1755 in scritti precritici a cura di Carabellese cognitionis metaphysicae nova. dilucidatio, 1755 -1953 pag. 4
(3)lbidem pag. 5
(4) op.cit. pag. 14
(5) ibidem pag. 5
(6) ibidem pag. 17
(7) ibidem pag. 32
(8) ibidem pag. 35
9) ibidem pag. 5
(10) ibidem pag. 38
(11) Ibidem pag. 42
(12) Vanni Rovighi :Introduzione allo studio di Kant, La scuola Editrice, Brescia ,1968, pag. 53
(13) Herman-J de Vleeschauwer, L'evoluzione del pensiero di Kant, Laterza,1976 pag. 28
(14) ibidem pag. 61

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FALSA SOTTIGLIEZZA

 

NeI 1762 Kant compose una piccola opera, radicalmente critica, del valore della logica aristotelico- scolastica paragonata a un colosso che ha la testa nelle nuvole dell'antichità e i piedi di argilla.
Si tratta di "Die falsche SpitzfirIdigkeit der vier syllogistichen Figuren erwiesen"(la falsa sottigliezza delle quattro figure del sillogismo), la quale appare intesa a demolire la pretesa propria
deI razionalismo di Leibniz e Wolf, di poter dedurre tutto il sapere da un unico principio logico.

Infatti, il punto piu interessante dell'operetta è, come osserva Vanni Rovighi ( 1), la netta opposizione alla pretesa di dedurre tutta la realtà dal principio di contraddizione.
Si tratta di uno scritto compilato in poche ore (come riferisce Kant stesso), ma chiaramente frutto di una assidua e lunga meditazione.
Il Torelli (2) lo giudica "un coerente sviluppo delle dottrine logiche già accennate nella" Nova dilucidatio": viene infatti ribadito l'assunto basilare che, partendo dal principio di identità,non possono essere raggiunte le verità fondamentali che invece possono essere attinte tramite "gesunder Verstarld, gesunder vernunft" (un sano giudizio,una sana ragione, insomma una recta ratio a,volerla dire con termine tradizionale scolastico).
La metafisica viene quindi riconosciuta come indipendente dalla logica, non attingibile con gli strumenti della conoscenza razionale.
Si prefigura pertanto, l'autonomia della Ragione metafisica il che però, non significa che Kant voglia negare valore alla logica, come ossserva Oggioni, (3) la logica deve essere vivificata dal giudizio sul dato concreto:vi è insomma il richiamo all'empirismo che Oggioni definisce "rudimentale"in contrapposizione alIe inutili sottigliezze scolastiche.

Esaminiamo quindi, i punti essenziali dello scritto (4).
Inizia il discorso affermando che, giudicare significa comparare una nota con una cosa (predicato con un soggetto). La precettistica del sillogismo è quindi, ridotta a due punti essenziali che esprimono la stessa legge del pensiero, secondo il quale, in un confronto fra due giudizi "nota notae est nota rei ipsius" e "repugnans notae repugnat rei ipsi".
Nei paragrafi seguenti (dal 2 al 4), si dimostra come il principio sopra esposto, riduce il sillogismo a un giudizio mediato e quindi possa semplificare e chiarire la portata logica formale del sillogismo stesso.
Nel paragrafo 5 vi è la conclusione: la sillogistica tradizionale che schematizza figure e modi del sillogismo, è frutto di una inutile sottigliezza:non che le regole tradizionali siano false, ma si possono raggiungere gli stessi risultati con facilità applicando il principio che il sillogismo è un giudizio mediato.

Nella conclusione, Kant cerca di spingere la sua analisi sulle fondamenta gnoseologiche della conoscenza mediata.
Il giudizio viene ridotto all'apprensione immediata di una connessione immediatamente data e perciò, non dimostrabile: la deduzione quindi, collega fra di loro due cognizioni empiricamente date, ma non può dimostrare le connessioni logiche sulle quali si fonda.
Giudizio e ragionamento costituiscono, quindi, la conoscenza propriamente detta, superiore, intellettiva, razionale.
Secondo Oggioni, (5) questa teoria è caratterizzata da tre aspetti fondamentali:
1) antitradizionale o antidogmatico, in quanto non riducibile ad una pura operazione di analisi concettuale;
2) sintetico-empiristico, in quanto il giudizio connette due contenuti forniti dell'esperienza;
3) anti-fenomenistica o anti-psicologistico, in quanto il giudizio non è passività, bensì operazione logica di distinzione e connessione.
A noi pare che nel lungo cammino verso il criticismo, Kant abbia percorso un altro tratto di strada: la metafisica non può essere ricavata per deduzione e, d'altra parte poi appare chiaro che un
giudizio in ultima analisi deve basarsi su una apprensione immediata, empirica.
Vero e' che non siamo certamente ancora al Criticismo: infatti l'attività sintetica del soggetto viene ancora considerata come un riflesso della esperienza e non come ordine posto dal soggetto.
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1) Vanni Rovighi S., Introduzione allo studio di Kant, La scuola Editrice,Brescia ,1968, pag. 78
(2)Tonelli G. ,Elementi metodologici e metafisici in Kant dal 1745 al 1768, edizioni di Filosofia,Torino, 1959 pag. 204 e segg.
(4)La falsa sottigliezza delle quattro figure solligistiche ,trad. di G Mangione, in "rivista critica di storia della filosofia, 29,1965
(5) Qp. cit. pag. 59 e segg.

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SOGNI DI UN VISIONARIO

Nel 1765, Kant compose un'opera che, per il genere, è unica nella sua produzione.
In quegli anni aveva trovata una notevole diffusione e successo, un'opera della svedese SWEDENBORG, dal titolo "Arcana coelestia". In essa l'autore asseriva di essere in contatto con il mondo degli spiriti dei quali riportava i messaggi. Kant allora in risposta scrisse "Traume eines geistersheres erlautert durch die Traume der Metaphisik" (sogni di un visionario chiarito con i sogni della metafisica) . Si tratta di una satira, a volte scherzosa, a volte sferzante, che vuoI mettere in mostra tutta la inconsistenza di tali visioni per risalire quindi, ed è questo il punto essenziale che a noi interessa, alla impossibilità di una metafisica intesa come scienza. In tal modo uno dei presupposti del Criticismo viene a emergere dalla ormai lunga meditazione Kantiana.

Esaminiamo brevemente l'opera.
Essa è preceduta da una prefazione che indica il senso generale dell'opera. Si pone subito la inconoscibilità del mondo metafisico, solo oggetto di sogni e non di indagine scientifica: "Il regno delle ombre è il paradiso dei sognatori.Quivi essi trovano una terra sconfinata dove stabilirsi a piacimento. Esalazione ipocondriache, chiacchiere da balia e miracoli claustrali, non fanno mancare loro il materiale di costruzione. I filosofi ne disegnano la pianta e la rimutano o la rigettano come è loro abitudine". (1)

Segue quindi, una frecciata avvelenata al cattolicesimo che va spiegata, a nostro parere, non solo come l'espressione del Luteranesimo e del Pietismo che è l'orizzonte spirituale nel quale sempre Kant si mosse che era (e resta) assolutamente ostile a ogni idea di miracolo e di intervento "diretto" del divino nel mondo umano, ma anche e più specificatamente, come rigetto di una fondazione scientifica, di una metafisica di derivazione tomistica. Per il tomista Dante, si può conoscere delle macchie lunari con lo stesso metodo con il quale si conosce delle essenze angeliche ed infatti egli ne tratta nello stesso luogo, ma per Kant invece la distinzione fra scienza e metafisica è ormai avvertita chiaramente. L'atteggiamento della Chiesa Cattolica viene visto some impostura: "Solo la Santa Roma ha ivi delle province che rendono molto: le due corone del regno invisibile, sostengono la terza come il caduco diadema della sua sovranità temporale e le chiavi che schiudono due porte dell'altro mondo, aprono al tempo stesso, le casse di quello presente. Siffatti diritti del regno degli spiriti, quanto questo è dimostrato con le ragioni della politica, si levano molto al di la di tutte le impotenti obiezioni dei pedanti sapienti e il loro uso e abuso è già troppo venerabile per sentire la necessità di esporsi a scellerato esame".(2)

Si afferma quindi decisamente, la impraticabilità della via scientifica alla metafisica in quanto non è possibile n� conferma, n� smentita senza ragione: "Il non credere, senza ragione, nulla del molto che viene raccontato con qualche apparenza, è un pregiudizio altrettanto sciocco quanto il credere senza esame tutto ciò che la voce comune dice" (3) e, pertanto, in ricerche di tal genere, nulla si trova di quanto non c'è nulla da trovare. E così racconta Kant di se stesso: l'autore riconosce con una certa mortificazione di essere stato così ingenuo di essersi messo a indagare la verità di alcuni racconti di tale specie. Egli trovò, come ordinariamente dove non si ha da cercare nulla, egli non trovò nulla" (4).

L'opera quindi si divide in due parti: nella prima dogmatica e speculativa, si rigetta ogni possibilità di affermazione o negazione intorno a fatti attinenti al mondo degli spiriti, mentre nella seconda si tratta più specificatamente delle pretese esperienze di SHEDENBORG.
Nel 1° capitolo della prima parte, egli rileva le contraddizioni e le difficoltà di concepire lo spirito, in rapporto allo spazio che rende impossibile la rappresentazione effettiva di uno spirito "Tali nature spirituali sarebbero presenti, nello spazio in modo che questo nonostante tale presenza rimanga penetrabile per esseri corporei, giacch� la presenza di quelle, importerebbe bensì una attività nello spazio ma non un riempimento. E d'altra parte, come spiegare la influenza fra spirito e corpi "Come mai una sostanza immateriale si troverebbe sulla via della materia .. .. e come potrebbero le cose corporee esercitare effetti su un essere estraneo, il quale non opporrebbe loro la impenetrabilità?" (4)
"In realtà non sappiamo cosa sia uno spirito" e si può pertanto ammettere la possibilità di esseri immateriali senza tema di venir contraddetti, sebbene anche senza speranza di poter dimostrare questa possibilità e quindi " nella confutazione di opposti argomenti il che è per i dotti l'abilità nel dimostrare uno la ignoranza dell'altro". (5)

Nel 2° capitolo le critiche ai racconti dello Swendernborg si fanno precise: non rientra nel nostro assunto esaminarle: solo notiamo, considerati impossibili, essi diventano parto di una mente folle, sogni appunto di un visionario.
Il terzo capitolo costituisce la conclusione dell'opera. Da una parte si conclude sulla impossibilità di una conoscenza non basata sui dati sensibili "quando certe pretese esperienze non si possono ridurre a legge sensibile concorde per la maggior parte degli uomini e quindi proverebbe soltanto una irregolarità nella testimonianza dei sensi (come è appunto il caso dei racconti spiritici che circolano), è consigliabile soltanto di troncarle: giacch� allora la mancanza di accordo e di uniformità toglie ogni forza probativa alla conoscenza storica e la rende incapace di servire di base ad una legge dell'esperienza su cui
l'intelletto possa giudicare"
( 12) e ancora "la ragione umana non fu fornita di ali potenti a sufficienza per vagliare così alto tra le nubi, i segreti dell'altro mondo".(13)

Nel 2° capitolo è interessante l"accenno alla possibilità di una moralità ancorata alla volontà universale, paragonata alla legge di gravitazione di Newton "così Newton la sicura legge degli sforzi di ogni materia ad avvicinarsi reciprocamente chiamò gravitazione...... così non dovrebbe essere possibile rappresentarsi come conseguenza di una forza attiva con cui le nature spirituali influiscano una sull'altra?" (6)
Nel momento cioè, nelle quali si vede l'impossibilità di fondare l'eticità sulle nebbie della metafisica si cerca la strada, poi percorsa per intera nella Critica della Ragion Pratica di affermare la autonomia della morale e la sua possibilità di fondare essa stessa la metafisica."
(7)

Nel 3° capitolo si rivendica il carattere universale della scienza in contrapposto a visioni che non vengono espressamente e perentoriamente dichiarate fallaci, ma che restano chiuse in una credenza personale, non suscettibile di fondazione super-individuale di fronte agli architetti dei diversi mondi campati in aria dei quali ciascuno tranquillamente occupa il suo con esclusione degli altri standosi uno nell'ordine che Wolff ha costituito con poco materiale di esperienza, ma più concetti surrettizi e l'altro quello che Crusius ha prodotto dal nulla con la magica forza di alcune parole, pensabili e impensabili; dinanzi alla contraddizione delle loro visioni pazienteremo finch� questi signori siano usciti dai loro sogni". (8)

Si accentua il carattere di sogno della metafisica "Aristotele afferma che, vegliando, noi abbiamo un mondo comune ma, sognando, ciascuno ha il suo. A me sembra che si possa invertire l' ultima posizione e dire:quando tra diversi uomini, ciascuno ha il suo proprio mondo, è da presumere che essi sognino" (9).

Nel capitolo IV, la conclusione fondamentale, richiama i limiti della conoscenza ". .che della vita della natura, i diversi fenomeni e le loro leggi sono tutto quanto ci è dato di conoscere, ma che il principio di questa vita, cioè la natura spirituale che non si conosce ma si suppone non può mai essere pensata positivamente perch� non se ne possono trovare i dati in tutte le nostre azioni". (10)
La conoscenza, in altri termini, non può prescindere dai dati dell'esperienza.

La seconda parte tratta delle pretese esperienze mistiche di Swedenborg, aprendo la strada a una fondazione dell'etica, a prescindere da un mondo soprasensibile.
Nel capitolo primo è interessante ancora la sottolineatura dell'ansia, della conoscenza che entra in conflitto con i limiti della possibilità "La debolezza dell'umano intelletto, unita al suo desiderio di sapere, fa si che a principio si raccolgano indifferentemente verità e inganno, ma a poco a poco i concetti si affinano e una piccola parte rimane, mentre il resto viene buttato nella spazzatura". (11)
La credulità umana nasce insomma sempre da un bisogno incomprimibile di conoscere, anche se solo la ragione critica ci mostra i limiti della nostra conoscenza.

Nel 2° capitolo le critiche ai racconti di J Swedeborg si fanno più precise: non rientra nel nostro assunto esaminare: solo notiamo che considerati impossibili essi diventano parto di una mente folle, sogni appunto di un visionario.

Il 3° capitolo costituisce la conclusione dell'opera. Da una parte si conclude sulla impossibilita di una conoscenza non basata sui dati sensibili "quando certe pretese esperienze non si possono ridurre a una legge sensibile concorde per la maggior parte degli uomini e proverebbero soltanto una irregolarità nella testimonianza dei sensi (come è appunto il caso dei racconti spiritici che circolano) è consigliabile soltanto di troncarle: giacchè allora la mancanza di accordo e di uniformità,toglie ogni forza probativa alla conoscenza storica e la rende incapace di servire di base ad una legge dell'esperienza su cui l'intelletto possa giudicare"(12) e ancora "la ragione umana non fu fornita di ali potenti a sufficienza per tagliare così alto tra le nubi i segreti dell'altro mondo".(13)

L'opera, nel complesso, fu giudicata dal Fischer una manifestazione di un Kant sarcastico verso i problemi della metafisica, di un Kant ormai scettico del tutto, disincantato verso tali problemi: in verità nella stessa opera, è pure riportata la sua confessione più profonda : "la metafisica della quale io ho in sorte di essere innamorato, quantunque solo raramente possa gloriarmi del suo favore".

Come giustamente, a nostro parere, afferma Herman-J de Vleeschauwer "Kant attesta qui la certezza assoluta che possiede circa la falsità della metafisica Wolfiana e contemporaneamente, confessando l'amore per la metafisica e una certa esitazione per sua possibilità come scienza".
L'errore metodologico fondamentale, consiste nell'applicazione del metodo sintetico delle matematiche applicato, senza discernimento a scienza di fatti. Ne consegue che non è LA metafisica ad essere rinnegata ma, UNA metafisica in particolare, quella che ha il difetto metodologico riconosciuto". (14)

De Vleeschauwer ritiene pure, che la critica alla metafisica fosse dovuta più che a una influenza scettica di Hume, alI' idea della autonomia della morale dalla metafisica proposta da Rousseau autore, del quale in quel periodo Kant era assiduo lettore ed ammiratore.
"Rousseau, molto più di Hume, è responsabile del preteso scetticismo di Kant che , in fin dei conti, è solo un pessimismo passeggero".(15)

A noi pare veramente che non si tratta di discutere se in quel momento possa pensarsi a un'influenza maggiore del Rousseau o di Hume, ma piuttosto di notare il progressivo disvelarsi del concetto Kantiano di ragione che procede secondo il suo proprio cammino e questo e quell'autore letti in quel momento, debbano considerarsi, non gli ispiratori ma le occasionali conferme di un suo cammino autonomo.
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(1) Sogni di un visionario chiariti con sogni della metafisica in Scritti precritici a cura di P...Carabellese ed Laterza, Bari ,1953 pag.367
(2) ibidem pag. 367
(3) ibidem pag. 368
(4) ibidem pag. 378
(5) ibidem pag. 379
(6) ibidem pag. 386
(7) Guzzo, A., Kant precritico, Bocca editori, Torino,1924 pag. 386
(8) op. cit. pag. 393
(9) op. cit. pag. 393
(10) op. cit. pag. 404
(11) Op. cit. pag.408
(12) Op. c i t .pag.425
(13) op. cit. pag.427
(14)Herman-J de Vleeschauwe~, L'evoluzione del pensiero di Kant, Laterza,1976 pag. 42
(15) ibidem pag. 44

SU

DISSERTAZIONE DEL 70

Viene generalmente indicata con il termine di "Dissertazione del 70" l'opera che Kant scrisse appunto in quell'anno per ottenere la nomina a professore "ordinario" di logica e metafisica.

Il titolo originario dell'opera è: "De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis dissertatio" ed essa segna la conclusione del periodo pre-critico: con essa la meditazione Kantiana giunge al un punto di maturazione: passeranno però altri undici anni perchè Kant possa finalmente comporre la prima delle sue opere maggiori: la Critica della Ragion Pura

La dissertazione costituisce dunque la conclusione di una lunga meditazione alla fine della quale sono state poste le basi del Criticismo, anche se forse il passo più importante cioè la inattingibilità della metafisica non è stato ancora compiuto definitivamente.

Ma esaminiamo brevemente l'opera:
Nella Sezione Prima che comprende i paragrafi 1 e 2 Kant intende spiegare la nozione stessa di mondo. In essa è essenziale la composizione e la scomposizione delle parti "ma cio non si verifica se non quando si ritorni dal tutto dato a tutte le parti possibili cioè per mezzo della analisi che a sua voIta impIica la condizione del tempo" (1)
Pertanto Kant ritiene impossibili le progressioni infinite in quanto non possono essere pensate in un tempo finito. Ciò pero non lo porta a dichiararli assurdi in quanto " non è ugualmente impossibile ciò che essendo oggetto della ragione pura semplicemente non è sottoposto alle leggi della conoscenza intuitiva" ( 2).
Appare già quindi una divergenza fra sensibile e intelligibile e sono avvertiti i limiti del sapere umano: tuttavia ciò che supera l'intuizione sensibile non pare del tutto fuori dalla conoscenza : la Sezione Prima conclude infatti con queste parole "Chi si vuole trarre fuori da questa spinosa questione tenga presente che la coordinazione di parecchi elementi sia successiva che simultanea non riguarda il concetto intellettivo del tutto ma soltanto le condizioni della intuizione sensibile; cosi anche se esse non sono suscettibili in modo sensitivo non cessano per questo di essere concetti dell'intelletto: per percepire pero questo basta che elementi coordinati siano in qualche modo dati e che tutti siano pensati come relative unità" (3)

La Seconda Sezione affronta la distinzione fra sensibilità e intuizione, fra uso logico e uso reale dell'ntelletto, aspetto della "Dissertazione" che è maggiormente interessante per il nostro assunto
Al 3° paragrafo dà una chiara definizione di sensibilità (sensualitas) e di intelligenza (rationalitas). La prima viene definita come "ricettività del soggetto per mezzo della quale è possibile che le condizioni rappresentative di esso siano modificate in un determinato modo alla presenza di un oggetto" mentre la seconda "è la facoltà del soggetto per messo della quale esso può rappresentarsi quelle cose che per le loro qualità non possono colpire i sensi" La conoscenza sensitiva viene quindi definita "fenomeno" e quella intellettiva "noumeno"(4).

Come si noterà le definizioni restano in un ambito realistico: nel 3 paragrafo si chiarisce che la sensazione è effetto dell'oggetto ma tuttavia presuppone "una legge insita nella mente che serve a coordinare fra loro le sensazioni nate alla presenza dell"oggetto" (5) e nel par. 5 si ribadisce che "alla conoscenza sensibile appartiene pertanto sia la materia che è la sensazione in considerazione della quale le conoscenze sono chiamate sensibili, sia la forma ,in virtù della quale,anche se la si trova senza alcuna sensazione, le rappresentazioni sono chiamate sensitive"(6).

Da ciò scaturisce quelli che kant definisce uso logico e uso reale dell'intelletto: "L'uso dell'intelletto è duplice: al primo di essi sono assegnati i concetti stessi sia delle cose sia delle relazioni e questo è l'uso reale: al secondo invece comunque essi siano assegnati semplicemente sono subordinati gli inferiori ai superiori (per le note comuni) e sono messi in relazione tra loro secondo il principio di contraddizione e questo è detto logico"(7)

Subito dopo Kant precisa che "L'uso logico dell'intelletto è comune a tutte le scienze non cosi" l"uso reale" Non è quindi il connettere fra di loro le nozioni logicamente che qualifica come intellettuale : le conoscenze sensitive sono infatti sempre logicamente connesse." (8). Si precisa infatti la distinzione fra
apparenza ed esperienza: "l'apparenza è ciò che prevede l'uso logico delI'intelletto mentre la seconda è la conoscenza riflessa e nasce da più apparenze comparate con l'intelletto."(8).

Conseguentemente "Dall'apparenza all'esperienza non vi è altra via che quella della riflessione secondo l'uso logico dell' intelletto" In sostanza quindi Kant ha esposto, ci pare, il caposaldo del suo concetto di Ragione: la apparenza diviene conoscenza nella misura nella quale ad essa si applicano le categorie logiche.

Nel paragrafo 6° viene tratta una importante conclusione " a torto si definisce il sensitivo come ciò che è conosciuto piuttosto confusamente e l'intellettuale come ciò di cui si ha conoscenza distinta "(11).

Di fronte quindi al razionalismo si respinge la riduzione dei gradi del conoscere solo a una differenza di distinzione con la conseguente concezione della conoscenza sensibile come una conoscenza intellettiva confusa. Infatti Kant ribadisce che "possono darsi conoscenze di cose sensitive completamente distinte e intellettive molto confuse"
Molto interessanti gli esempi che vengono fatti subito dopo: "la geometria e la metafisica: la prima infatti è considerata conoscenza sensibile è ritenuta perfettamente chiara mentre la metafisica, cosa intellettiva rimane sempre su un piano non distinto in quanto essa si affatichi a dissipare le nebbie della confusione che offuscano l'intelligenza comune, sebbene non sempre con lo stesso felice successo che ha la geometria" ( 12).

Sono qui esposti quindi altri capisaldi del concetto di ragione Kantiana:la non subordinazione della conoscenza sensibile a quella intellettiva, la chiarezza della geometria contrapposta. alle nebbie della metafisica, la classificazione della geometria come scienza sensitiva in opposizione alla concezione analitica del razionalismo.
Per quanto riguarda poi l'origine dei principi logici ritiene che "dovremmo cercare nei sensi ma nella natura stessa l'intelletto puro non come concetti innati ma astratti dalle leggi insite nella mente, riflettendo nelle sue attività in occasione dell'esperienza e perciò acquisiti "( 13 )
Alcuni autori (fra cui De Vleschaweuwer) parlano di un influsso Leibniziano a proposito di tale origine perch� in fondo si parla pur sempre di idee che si trovano sempre nella mente ma a noi sembra che trascendentalità delle forme della conoscenza propria della ragione Kantiana non viene enunciata ma, in sostanza, ci pare che ci sia insita nella affermazione prima riportata:
"insita nella mente , riflettendo sulle sue attività in occasione di esperienza".

Dopo che nel paragrafo 8° ha distinto nell'intelletto un uso elenchico (cioè purificatore delle sensazioni dall'accidentale) e un uso dogmatico (cioè di indicazione dei modelli) troviamo al paragrafo 10° una importante affermazione sulla conoscibilità dell'intellegibile:"non è data agli uomini una intuizione di cose intellettive ma solamente una conoscenza simbolica e l'intellezione ci è permessa soltanto mediante concetti universali in astratto e non mediante un singolare in concreto" (14).

Come osserva opportunamente Lamacchia "questa è una dichiarazione determinante nella filosofia Kantiana. L' intelletto umano non conosce le cose per intuizione ma ne coglie ma soltanto concetti universali in astratto:la mente infatti può intuire qualcosa in concreto soltanto come oggetto nelle condizioni spazio-temporale"( 15).

La Sezione Terza viene generalmente ritenuta la più importane in quanto enuncia la teoria dello spazio e del tempo come condizioni soggettive della percezione sensibile che è forse la teoria che più colpisce chi si avvicina all'opera Kantiana. A parte qualche variazione sostanzialmente viene qui anticipata la trattazione del problema che viene fatta nella Estetica trascendentale e pertanto rimandiamo ad essa.

Nella SEZIONE QUARTA sostanzialmente si afferma che l'unità del mondo sensibile costituita da spazio e tempo deve avere come fondamento una unità nel mondo intellegibile
"La mente umana è colpita dagli oggetti esterni e il mondo si manifesta ad essa indefinitivamente solo nella misura. in cui la mente è sorretta con tutte le cause dalla stessa potenza infinita di un unico essere"( 16)
Sembra quindi una ripresa sia pure timida dei temi metafisici con un passaggio dal mondo del fenomeno a quello soprasensibile. Tuttavia subito dopo conclude "ma sembra più prudente date le conoscenze a noi concesso dai limiti del nostro intelletto scegliere un posto di rifugio piuttosto che avventurarci nell'alto mare di tali indagini mistiche, come fece il Malebranche, il cui pensiero è di poco lontano da quello che qui si espone: noi vediamo tutte le cose in Dio" (17)
Vi è in queste parole a nostro parere insieme la constatazione della impossibilità della metafisica e la profonda nostalgia di essa.

Nella SEZIONE QUINTA si tratta del metodo per la conoscenza delle cose sensitive e intellettive. In questa opera rimane quindi la dualità fra mondo intellegibile e mondo sensibile Tuttavia, come osserva il De Veeschuuwer " Quanto alla teoria del mondo intellegibile Kant espone ancora qualcosa di solamente provvisorio, ben lontano dalla definitivita." ( 18)
Il mondo sensibile viene nettamente distinto da quello della metafisica. Infatti nelle scienze del mondo sensibile l'uso DA' il mondo mentre mentre nella metafisica il metodo deve PRECEDERE la scienza. Infatti l'uso dell'intelletto in quelle scienze i cui concetti fondamentali e gli assiomi sono dati dall'intuizione sensitiva è se non un uso logico, cioe quello mediante il quale soltanto subordiniamo le une alle altre le conoscenze tra di loro in quanto l'universalità, conformemente al principio di contraddizione e le conseguenze dell'intuizione pura agli assiomi dell'intuizione" (19).

Non sembra quindi che vi sia pericolo di errore . Secondo de Vleeschauwer "il risultato è il concetto di esperienza o quello dell'oggetto empirico, costituito dalle percezioni materiali, dalla sottomissione di queste alle leggi originarie dell'intuizione (lo spazio e il tempo ) elevato a concetto grazie all'uso analitico o
logico dell'intelletto, Questo uso garantisce quindi la conoscenza delle cose empiriche ma solamente in quanto esaminiamo in esse le apparenze sensibili"
(20).

Era d'altra parte alla base della speculazione Kantiana la esigenza fondamentale di garantire la validità delle conquiste scientifiche del tempo
Osserva VANNI ROVIGHI "Kant si rendeva conto che le leggi della meccanica non erano tali che il negarle comportasse contraddizione: d'altra parte, affascinato come era dai risultati della nuova scienza cosi fecondi nei confronti delle interminabili dispute della metafisica li riteneva innegabili, e qui vediamo in
nuge il concetto di giudizio sintetico a priori, concetto che sarà svolto nella Critica della Ragion Pura: quello cioè di un giudizio (più esattamente bisognerebbe dire di una proposizione) che è innegabile pur senza essere tale che il negarla implichicontraddizione"
(21).

Invece nella metafisica l'errore è possibile; infatti:"nella filosofia pura, quale è la metafisica il cui uso dei principi è reale, cioè i concetti primitivi delle cose e delle relazioni e gli assiomi stessi sono dati originariamente per mezzo dello stesso intelletto puro e poichè non sono intuizioni non sono immuni da errori, e tutto ciò che si tenta prima di avere accortamente esaminato e fermamente fissato i suoi principi sembra che sia concepito arbitrariamente e che debba essere respinto tra i vani giochi della mente"(22).

In sostanza come osserva De Vleeschauwer "in opposizione formale con Leibniz, Kant fonda la alterità dei due mondi sulla distinzione generica fra le due facoltà in questione e fra le loro forme e principi . La distinzione graduaIe chiaro-oscuro viene sostituita dalla distinzione generica recettivo - spontanea . Ad una facoltà le cose sono date, l'altra le pensa di testa propria"(23)
Viene cosi definito il procedere kantiano inteso da una parte a legittimare il metodo delle scienze naturali considerato valido ed invece a contestare la possibilità stessa di una metafisica almeno fondata sugli stessi principi delle scienze naturali.
In particolare Kant vede il pericolo che principi validi solo per il mondo sensibile siano considerati in assoluto, come validi anche per il mondo intelleggibile.
Ne vengono individuati tre assiomi che erroneamente possono sembrare estensibile al di fuori degli oggetti sensibili:
1) Tutto cio che è , è in qualche luogo e in qualche tempo: si disputa cosi DOVE possa essere Dio:
2) Ogni quantità è finita e tutto ciò che è impossibile è contraddittorio
3) Tutto ciò che esiste in modo contingente in qualche tempo non è esistito

Ribadisce, cioe, Kant l'errore della confusione fra metodi della scienza naturale e della metafisica che è poi un tratto fondamentale del suo concetto di Ragione.
La conclusione è che "se un giorno tale metodo con una indagine più accurata sarà condotto a perfezione esso servirà da propedeutico e gioverà moltissimo a tutti coloro che vorranno penetrare nei recessi della metafisica" (24)

Nel complesso l'opera è stata variamente valutata. Secondo alcuni la metafisica viene chiaramente accettata e pertanto siamo in opposizione non solo rispetto alla fase critica ma anche ad altre opere precedenti. Per esempio afferma De Vleeschauwer "d'ora in poi questi prolegomeni epistemologici permetteranno a Kant di elaborare un metodo positivo della metafisica, la scienza dei principi che governano l"uso reale dell'intelletto grazie ai quale conosciamo l'essenza ontologica degli esseri. Il principio generale del metodo da seguire consiste nel liberare l'intelletto dal condizionamento sensibile che lo minaccia. Il contrario quindi dei TRAUME, il contrario di Newton? Ebbene, si!" (25).

Per altri però la differenza dai Traume non è poi tanta. Secondo VANNI ROVIGHI "puo sembrare che vi sia una grande differenza fra la "Dissertazione" del 70 e i "Sogni di un visionario" del 1776: nel contenuto la differenza non è molta e si può spiegare con il diverso carattere dei due scritti: l'una, una dissertazione accademica in cui bisogna andare con i piedi di piombo e non esporre una teoria se non è scientificamente elaborata: l'altro un saggio scritto in occasione di fatti dei quali tutti parlano, uno scritto in cui si esprime liberamente il proprio pensiero, anche se di questo pensiero non si possono ancora dare giustificazioni scientifiche" (26).

D'altra parte in effetti non tanto si delinea un metodo metafisico quanto si tratta della possibilità di esso, Ancora ritiene VANNI ROVIGHI: "il metodo che deve precedere la metafisica è in realtà il metodo della ragion pura... Kant confessa esplicitamente di non essere ancora venuto in chiaro di questo metodo e dice che si limiterà solo a considerare una parte, quella che riguarda il pericolo di confondere, di contaminare conoscenza sensibile e conoscenza intellettuale" (27).

A noi pare che in effetti sia innegabile che Kant ammetta in questo scritto la possibilità della metafisica in senso tradizionale ma che in realtà tale possibilità, accettata a rigor di logica, sia pur sempre sostanzialmente lontana dallo spirito dell'autore: in sostanza stando alla lettera, la metafisica è possibile ma, stando allo spirito, essa viene respinta.
Illuminante a tale proposito appare una osservazione di VANNI ROVIGHI "La Sezione Quarta dedicata all'uso dogmatico occupa quattro pagine scarse, contro nove pagine nella Sezione Quinta dedicata all'uso confusivo dell'intelletto. Si aggiunga inoltre che delle quattro pagine dogmatiche una e mezzo è dedicata a due argomenti dei quali uno "non demostratum." e l'altro "ultra terminos certitodinis apodictae" Restano meno di tre pagine in rigorosamente dogmatiche in tutta la Dissertazione"
Possiamo concludere con il ritenere che il concetto di Ragione Kantiano, pertanto, è sì pronto ma non ancora viene enunciato
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( 1) Kant, 1a forma e principi del mondo sensibile e del mondo intelligibile ,trad. di Ada Lamacchia ed Liviana, Padova 1969 pag 42
2) ibidem pag '44
(3) ibidem pag 51
(4) ibidem pag 53
(5) ibidem pag 54
(6) ibidem pag 55
(7) ibidem pag 56
(8) ibidem pag 56
(9) ibidem pag 57
(10) ibidem pag 58
(11) ibidem paga 58
(12) ibidem paga 58
(13) ibidem pag 60
(14) ibidem pag 62
(15) ibidem paga 63 nota
(16) ibidem pag 92'
(17) ibidem pag. 93
(18) Herman-J d e Vleeschaulwer, L'evoluzione del pensiero di Kant, Laterza,1976 pag 58
19) Op.citata pag 96
20) Op. cit. pag 59
21) Vanni Rovighi. S. Introduzione allo studio di Kant, La Scuola editrice Brescia 1968 pag 57
del mondo sensibile e del Lamacchia ed. a Liviana pag 123) op, cit, pag. g6 I op. cit. pag. 5S I op. c i t. pag. III op. cit. pag. 6e op. cit. pag. 199 op. cit. pag. gg op. cit. pag. leg

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ESTENSORE:
Prof. Giovanni De Sio Cesari

http://www.giovannidesio.it/


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